Il militarismo americano sotto la presidenza di Donald Trump sta alzando la sua orribile testa come mai prima. Gli attacchi missilistici USA stanno massacrando la popolazione civile in Iraq e in Siria con una tale sete di sangue che sorprenderebbe anche l’osservatore più assuefatto.
I generali dell’esercito e James Mattis, il capo del Pentagono dell’amministrazione Trump, stanno chiedendo una maggiore potenza di fuoco statunitense da dispiegare in Yemen [in inglese], anche se il più povero paese nella regione araba è già stato devastato da due anni di aggressione saudita appoggiata da Washington.
L’ultima mossa è parte di una più ampia strategia americana [in inglese] per combattere ciò che Washington chiama “l’intromissione iraniana” nella regione. Ironico che lo dica il più grande e distruttivo “ficcanaso” del pianeta.
Poi ovviamente c’è la rinnovata minaccia dell’uso della forza degli USA nel Pacifico asiatico nei confronti della Cina sulla disputa del Mare cinese, e della Corea del Nord [in inglese].
E non dimentichiamoci che Trump, pur avendo anche invocato [in inglese] in precedenza relazioni amichevoli con la Russia, sembra essere una voce solitaria nella sua amministrazione. Il suo Vice Presidente Mike Pence, così come il Segretario della Difesa James Mattis e l’Ambasciatore di Trump alle Nazioni Unite Nikki Haley, hanno parlato tutti provocatoriamente di aggressione russa nei confronti dell’Europa.
Trump sta spingendo per uno stanziamento economico folle per le forze armate (con un aumento di 54 miliardi di dollari l’anno cioè del +10%) su un già gigantesco budget di 600 miliardi di dollari l’anno.
L’amministrazione Trump sta anche allentando le restrizioni sull’esportazione delle armi in Arabia Saudita e in altre dittature del Golfo Persico, come il Bahrain. Tutti i dubbi che Washington possa aver pubblicamente espresso sulla questione dei diritti umani in quei regimi dispotici, sono stati superati dall’amministrazione Trump per promuovere spudoratamente la macchina da guerra americana.
Ma aspettate un attimo: Trump non aveva promesso un nuovo inizio quando si auto-promuoveva per la Presidenza? Durante la maggior parte della sua campagna elettorale per la Casa Bianca ha denunciato le disastrose guerre oltremare della sua rivale democratica Hillary Clinton e del suo predecessore Barak Obama.
A gennaio, nel suo discorso di insediamento dal sapore populista, Trump aveva detto che era finito il tempo in cui l’America imponeva il suo potere agli altri paesi nel mondo. Ha giurato di “make America great again” [in inglese, “rendere di nuovo grande l’America”], focalizzando da quel momento in poi la sua economia sulla base della ricostruzione delle infrastrutture USA e ridando vigore alle comunità “dimenticate” e impoverite dell’America.
Ma per quanto riguarda il militarismo americano e gli interventi in paesi esteri, evidentemente siamo alle solite, solo aumentate. Per l’imperialismo americano non è semplicemente business come al solito: sotto Trump, la macchina da guerra USA sta ferocemente accelerando.
Si pensava che Trump fosse un “fuori casta” [in inglese] per Washington, che avrebbe fatto le cose diversamente dalle amministrazioni precedenti. In particolare il magnate-diventato-politico aveva detto che avrebbe sfruttato il suo auto-dichiarato fiuto per gli affari per mettere l’America su una nuova strada di rinascita e di cooperazione internazionale.
E c’è il sospetto che così Trump abbia vinto sugli esperti di informazioni e sia stato eletto a novembre. I cittadini americani erano totalmente stufi di decenni di aggressività bellica [in inglese] e hanno votato Trump perché volevano un governo che desse priorità alle loro richieste di lavoro e servizi pubblici. E’ la ragione per cui molti di loro hanno rifiutato la Clinton e l’establishment politico americano, la cui politica estera era troppo spesso sinonimo di abuso su altri paesi attraverso la potenza militare americana.
Siamo solo a metà dei primi 100 giorni di Trump alla Casa Bianca ed è già brutalmente ovvio che l’elettorato americano è stato preso in giro da un ciarlatano. Militarismo, morte e distruzione americani stanno entrando in una nuova e sanguinosa fase. Dopata.
Trump ha confuso le categorie convenzionali della politica americana: non era conservatore o liberale, e neppure una delle recenti incarnazioni, cioè neoconservatore e neoliberale. Invece, il miliardario agente immobiliare di New York si è presentato come “non-politico” e “uomo del popolo”.
Tutte queste presunte variazioni nella politica americana sono illusorie: sono solo teste diverse dello stesso mostro, l’imperialismo USA. Come l’Idra, la figura mitologica greca, il mostro americano è semplicemente un solo corpo con diverse teste che spuntano.
Il militarismo grottesco è come funziona l’idra americana. E’ una parte fondamentale e oversize del capitalismo americano: senza militarismo, l’economia americana appassirebbe e morirebbe; similmente, senza guerre e distruzione, il militarismo americano si atrofizzerebbe.
Questa è la ragione per cui Trump e la sua nuova amministrazione contraddicono così tanto ciò che aveva detto in precedenza a proposito di mettere fine alle iniziative militari oltreoceano degli USA. Sotto le condizioni prevalenti del capitalismo americano – che finanza le corporazioni con la generosità del contribuente [in inglese] – l’America non può essere altro che un mostro bellicoso.
Tutti gli indicatori indicano che la presidenza Trump sia la più militarista di tutti. E a causa della sua natura ambigua, questo presidente potrebbe anche rivelarsi il più pericoloso.
Un ambito in cui Trump dava l’impressione di essere relativamente progressista, era il suo dichiarato desiderio di normalizzare le relazioni con la Russia e il suo presidente Vladimir Putin [in inglese]. “Non sarebbe bello se andassimo d’accordo con la Russia?” Trump aveva detto in precedenza, con una nuova sembianza di buon senso che lo aveva contraddistinto rispetto alla solita mentalità russofobica di Washington.
Tuttavia, anche su tale questione, le apparentemente amichevoli intenzioni di Trump si sono seriamente raffreddate. La continua campagna politica e mediatica negli Stati Uniti sulla presunte interferenze nelle elezioni presidenziali, sta gradualmente uccidendo ogni possibilità di normalizzazione tra le due superpotenze nucleari. E quindi Trump sembra aver ultimamente abbandonato le sue precedenti aperture verso Mosca.
Castrata l’amichevole politica di Trump verso la Russia sotto la pressione a cui è sottoposta, in pratica rimane un’amministrazione la cui principale caratteristica è militarismo, militarismo e ancora militarismo.
La spiacevole conclusione è quindi che il potere americano sia incorreggibile: il potere americano, comandato dalla logica capitalistica, è congenitamente guidato dalla guerra. La testimonianza della storia lo prova: dal 1776, durante i suoi 241 anni di esistenza come stato moderno, gli Stati Uniti sono stati in guerra per più del 95% del tempo.
Nessun altro paese dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ha violato il diritto internazionale con tale regolarità e barbarismo. Nessun’altra nazione ha le mani così insanguinate per guerre, golpe, eversioni e sotterfugi come gli Stati Uniti di America.
Donald Trump può avere usato la retorica promettendo un nuovo, pacifico e prosperoso inizio per gli Americani, ma – come un tipico magnate affarista immobiliare – le sue parole si sono rivelate false.
Trump è solo un’altra testa spuntata sul corpo dell’idra americana.
Il processo elettorale tradizionale negli USA è evidentemente inutile, se si vuole arrivare ad un cambiamento reale per il meglio. La popolazione americana, guidata dalle necessità democratiche dell’ampia maggioranza lavorativa nel paese, ha bisogno di insorgere, creare una nuova forma di politica e figurativamente uccidere la bestia del capitalismo americano. Per il loro bene e per quello del resto del mondo.
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Articolo di Finian Cunningham pubblicato da Sputnik il 31 marzo 2017.
Traduzione in italiano a cura di Elvia per SakerItalia
Io lo avevo detto che non era molto differente dai suoi predecessori. Egli è molto amico dei Clinton ed in campagna elettorale hanno fatto una bella farsa, trollando – come si suol dire oggi – la maggior parte degli elettori. Eleggere Trump equivaleva eleggere la Clinton e viceversa. Pertanto, non c’è da meravigliarsi su quello che sta accadendo oggi.
A proposito delle motivazioni contingenti che spingono gli USA ad accelerare l’attacco alla Corea del Nord Alberto Micalizzi scrive: “ l’unico modo per continuare a finanziare il deficit commerciale collocando dollari ed obbligazioni che il “libero” mercato sta dimostrando di non gradire più, è di creare le condizioni (una guerra che coinvolga Cina, Giappone, sud-est asiatico e Russia, attaccandone il crocevia, la Corea del Nord) per una sorta di “piano Marshall”, cioè una gigantesca operazione di indebitamento spacciata come aiuto alla ricostruzione post-bellica ma che in realtà costituisca l’embrione di un nuovo mercato di sbocco per le proprie obbligazioni.” Per il resto non credo che Trump sia una vittima, se così fosse potrebbe dimettersi a fronte del fatto di dover dar seguito a una politica opposta a quella del suo programma elettorale: interventismo in Siria, rafforzamento della NATO, minaccia a Cina e Russia e guerra non dichiarata alla Corea del Nord. Gli USA sono lo strumento principale di dominio nelle mani dell’élite mondialista, la cui società, lo stato e la politica, dall’omicidio dei Kennedy, sono del tutto nelle loro mani. Credere che ci siano dei fronti contrapposti o che ci sia la possibilità per un outsider di ricoprire posti di tale responsabilità significa fare il loro gioco. Un gioco ben organizzato iniziato con l’offerta alla CINA da parte del Regno Unito di fare della City un hub per la finanza cinese, il ché unito alla Brexit, ha fatto sì che ricevessimo l’impressione che il potere finanziario internazionale avesse subito una divisione al suo interno, impressione rafforzata dai proclami di Trump di volere abbandonare i trattati di libero scambio, puntando alla ricostruzione del tessuto industriale attraverso l’attuazione di una politica protezionista che insieme all’annuncio di non dare più sostegno alla NATO portava a rafforzare l’idea che una parte di quei poteri, difronte ai nuovi equilibri internazionali per l’alleanza sino-russa, avessero optato per dare un freno ai processi della globalizzazione. Non era così e analisti come William Engdahl e Pepe Escobar fin dall’inizio ci avevano messo in guardia. In realtà l’elezione del falso outsider serviva a dividere il fronte sovranista che si oppone alla mondializzazione. La lotta per la Casa Bianca tra Trump e la Clinton è stato un grande spettacolo messo in scena a beneficio del mondo intero. Tutti hanno partecipato come comparse e spettatori della grande sceneggiata, proprio come noi. Il gioco lo reggono in pochi, tutti gli altri sono solo dei burattini, intendo soprattutto i politici europei. A proposito delle proteste organizzate da Soros e del concomitante orientamento dei media americani c’è una notizia che chiarisce tutto: il genero di Donald Trump, Jared Kushner, l’alto consigliere del presidente, è da sempre in stretti rapporti finanziari con Georges Soros, quello stesso Soros che si è strenuamente battuto contro l’elezione del suocero e ha continuato a farlo anche dopo. Il tutto per favorire e rendere credibile la trappola in cui doveva cadere Putin e Xj jinping. In questi casi meno sono gli attori consapevoli più possibilità ha la storia di apparire veritiera ma considerando il ruolo avuto da Soros è plausibile che anche la Clinton abbia partecipato consapevolmente alla recita. Poi non ci dimentichiamo che Tillerson è stato a capo della ExxonMobil, un agente dei Rockfeller proprio come Henry Kissinger , il fautore della presunta “nuova” linea politica trumpiana. C’è una pratica dell’élite mondialista sempre in uso, quella di finanziare e sostenere tutte le forze in gioco per poi utilizzarle come pedine secondo i loro piani. La lezione che riceviamo, come insegna la storia delle “armi di distruzione di massa” irachene, le motivazioni che hanno portato al bombardamento della Libia e tutti gli altri episodi che conosciamo, rivoluzioni colorate e primavere arabe in primis, è che non dobbiamo assolutamente fidarci delle apparenze. Putin e Xj jinping, per nostra fortuna, non l’hanno fatto…