A confronto dell’otto-volante politico/economico brasiliano, quelli di House of Cards sono giochi da asilo infantile.
Solo tre giorni dopo le imponenti manifestazioni che chiedevano l’impeachment della presidentessa Dilma Rousseff, e meno di due settimane dopo la, discutibile dal punto di vista legale, detenzione di quattro ore per sottoporre a interrogatorio l’ex presidente del Brasile Lula, quest’ultimo si prepara ad uno spettacolare rientro nel governo del Brasile come ministro, in effetti un super-ministro.
Questa è l’unica e sola mossa rimasta alla Rousseff nella scacchiera di una crisi politica ed economica senza precedenti. Prevedibilmente, verrà attaccata da tutti i fronti – dalle élite dei compradores fino a Wall Street – per aver abdicato in favore di Lula, che a sua volta verrà accusato di nascondersi dalla ormai biennale inchiesta per corruzione ‘Autolavaggio’.
Lula e la sua protetta Dilma hanno avuto martedì sera e mercoledì mattina a Brasilia due incontri faccia a faccia “o la va, o la spacca”, in cui hanno discusso i dettagli del suo ritorno. In prima battuta, sembra che Lula accetterà un posto nel governo solo a condizione di diventare Segretario Governativo – con l’incarico della strategia politica; in seguito diverrebbe parte di un nucleo decisionale che guiderebbe la politica brasiliana.
Ma dopo, secondo un ministro che ha richiesto di restare anonimo, è arrivata l’idea di Lula come Capo di Gabinetto – la posizione ministeriale più importante in Brasile.
Quello che è sicuro è che Lula è destinato a diventare una specie di ‘Primo Ministro’ – il che implicherebbe carta bianca per cambiare la traballante politica economica di Dilma e riconquistare a forza il contatto col la grande base sociale del Partito del Lavoratori, che sta soffrendo molto a causa dei gravi tagli alle spese sociali. Se Lula ce la fa – e questo è un enorme “se” – sarà in posizione perfetta per candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018, per la disperazione del vecchio complesso costituito dai media e dall’élite di destra.
Il futuro ruolo di Lula, dal punto di vista istituzionale, combinerà il coordinamento delle misure volte a far ripartire la crescita del Brasile con il riallineamento della base governativa nel notoriamente corrotto Congresso brasiliano. Sarà protetto dall’immunità nei confronti dell’inchiesta Autolavaggio – ma potrebbe essere comunque messo sotto inchiesta dalla Corte Suprema brasiliana.
Il ritorno del ragazzo?
Il compito di Lula è a dir poco una fatica di Sisifo. Su quanto capitale politico ancora possa contare colui che è stato l’uomo politico più ammirato del mondo (Obama: “E’ lui quello giusto”) ci sono seri dubbi. Anche un solo accenno alla possibilità della carica di primo ministro che era circolato a inizio settimana ha fatto precipitare il mercato azionario di San Paolo e ha riportato su il dollaro. La sua battaglia con la Dea del Mercato sarà un classico alla Mezzogiorno di Fuoco.
Lula ha sempre privilegiato i budget bilanciati e la credibilità governativa. Per esempio, quando arrivò al potere nel 2003, piazzò l’ex asso di BankBoston Henrique Meirelles alla Banca Centrale, e si mosse immediatamente in direzione dell’aggiustamento fiscale, risanando le spese e domando l’inflazione.
Lula non è contrario all’aggiustamento fiscale di per sé – cosa di cui il Brasile ha un disperato bisogno; il problema è che l’enorme aggiustamento già portato avanti da Dilma ha picchiato duro sulla classe operaia e sulla classe medio bassa, e ha comportato un’impennata delle assicurazioni contro la disoccupazione. Lula essenzialmente è contro l’eccessiva penalizzazione riservata ai lavoratori – che avrà l’unico effetto di deprimere l’economia ancora di più. La prova che ciò che aveva fatto nel 2003 fosse la cosa giusta – e che fosse parte di una partita preparata a lungo – è che il Brasile nel 2010 cresceva del 7,5 % l’anno.
Da animale da palcoscenico mediatico efficace quanto il Bill Clinton dei giorni migliori, Lula passerà ad un’offensiva di PR senza tregua – una cosa che l’amministrazione di Dilma semplicemente non padroneggia. Quando era al potere, spiegava sempre le sue scelte politiche in termini comprensibili all’uomo della strada, per esempio esortando la popolazione a fare acquisti e usare il credito che la sua amministrazione forniva. Ma questi erano i buoni vecchi tempi; adesso il Brasile è un sistema avvelenato in cui non ci sono consumi, né investimenti, né credito.
E inoltre, Lula è vincolato a riportare Meirelles – un favorito di Wall Street – alla Banca Centrale. Meirelles ha già anticipato che sarà essenziale fare riforme molto impopolari se il Brasile vuole riguadagnare la propria competitività.
Occhi puntati sulla Corte Suprema
Il cambio di gioco da parte di Lula non ribalterà tutta questa complessa scacchiera; piuttosto la renderà più imprevedibile. Fino allo scorso weekend il complesso egemone politico-mediatico-giudiziario strillava per l’impeachment della Rousseff. Ma nessuno sa cosa sarebbe un Brasile post-impeachment.
Nella congiuntura attuale, un impeachment della Rousseff – che formalmente non è stata accusata di nessuna malefatta – vuol dire un golpe bianco. Uno dei primi atti del ‘Primo Ministro’ Lula, un maestro di negoziazione, non appena prende posto alla scacchiera, sarà una – cos’altro – soluzione negoziata alla crisi che implicherà il mantenimento in carica dell’attuale amministrazione, di cui fa parte il Vice Presidente Temer, il cui partito PMDB, attualmente è alleato del Partito dei Lavoratori.
Parallelamente, il Procuratore Generale brasiliano ha già raccolto informazioni sul famigerato sniffatore di coca candidato perdente alle ultime elezioni presidenziali, il leader dell’opposizione di destra Aecio Neves, che tra l’altro possiede un conto corrente illegale in Liechtenstein a nome di sua madre. È destinato ad essere indagato in profondità.
Il procuratore generale – sulla base della delazione da parte dell’ex leader governativo in senato ai danni di un gruppetto di notabili – in effetti si sta attrezzando per indagare un’intera casta di migliaia di persone, da Lula e Temer, l’attuale Vice Presidente di Dilma, a Neves e l’attuale Ministro per la Pubblica Istruzione.
Contemporaneamente l’inchiesta Autolavaggio, hollywoodiana e fortemente politicizzata, continuerà a tutto gas nonostante gli obiettivi principali – l’impeachment della Rousseff e l’arresto di Lula – diventino più sfuggenti. La loro strategia chiave è palese: intimidire virtualmente tutti. La pubblica accusa federale dietro Autolavaggio vuole far saltare tutte le possibilità di accordo politico a Brasilia – anche a costo di precipitare il paese nella guerra civile e in un’altra depressione economica.
È anche evidente che senza un controllo efficace da parte della Corte Suprema Brasiliana delle miriadi di eccessi dell’inchiesta Autolavaggio, ci sono zero possibilità che il Brasile riemerga dalla sua tremenda crisi politico-economica.
Tutto ciò avviene nel momento in cui l’impeachment entra nella ‘fase Morto che Cammina’. Istituzionalmente, un procedimento rapido di impeachment potrebbe durare solo 45 giorni. Questo è tutto il tempo che Lula avrebbe per tessere un accordo provando al PMDB che l’amministrazione Rousseff è diventata economicamente sostenibile.
Prima della svolta data da Lula, riferendosi all’offensiva contro lo stesso Lula, Dilma e il Partito dei Lavoratori, lo storico Paulo Alves de Lima mi aveva detto, “Siamo alle soglie di una nuova contro-rivoluzione, di una democrazia ancora più ristretta, insopportabilmente pregna di arroganza e violenza istituzionale. Siamo prossimi a Pinochet, all’ideale di stato venerato dal neoliberismo Friedmaniano. Siamo alle soglie del fascismo di massa, una grossa novità per il Brasile.”
Lo spettro di Pinochet, della destra che conquista il potere proprio come in Brasile nel 1964 e in Cile nel 1973, per il momento potrebbe essere stato in parte esorcizzato: i prossimi giorni sono destinati a essere epici. Il Giudice Moro, l’Elliot Ness di Autolavaggio, alleato con l’impero mediatico di Globo, non risparmierà colpi per impedire ogni possibilità di accordo politico mediato da Lula a Brasilia. Perché ciò significherebbe Lula non solo Primo Ministro, ma – di nuovo – Presidente nel 2018. La guerra vera inizia adesso.
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Russia Today il 16 Marzo 2016
Tradotto in italiano da Mario B. per SakerItalia.it
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