L’“Oleodottistan” ha una lunga storia, ma con la sua Nuova Via della Seta, la Cina è destinata a far cambiare le cose.

Il Mar Caspio è un hub importante in un sistema eurasiatico di metanodotti e corridoi commerciali.
Questo mese in Azerbaigian si sono tenute le elezioni presidenziali. Prevedibilmente, l’attuale leader Ilham Aliyev ha vinto il suo quarto mandato consecutivo con un 86% di voti che rimanda alla dinastia dei Kim.
I supervisori internazionali dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani hanno sottolineato “il diffuso disprezzo delle procedure obbligatorie, numerosi casi di gravi irregolarità e mancanza di trasparenza”; la commissione elettorale azera ha risposto che tali osservazioni erano “infondate” [in inglese].
Quindi l’intera questione è semplicemente svanita. Perché? Perché, da una prospettiva strategica occidentale, la petro-autocrazia post-sovietica dell’Azerbaigian è semplicemente intoccabile.
Molto ha a che fare con l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (BTC), facilitato dal defunto Zbigniew “Grande Scacchiera” Brzezinski durante la prima amministrazione Clinton per bypassare l’Iran. Il BTC ha di fatto scatenato il capitolo energetico del Nuovo Grande Gioco che ho chiamato Oleodottistan [in inglese].
Ora Baku nutre grandi speranze per il suo nuovo porto nella landa desertica di Alat [in inglese] (“Il tuo hub in Eurasia!”), collegato contemporaneamente all’Occidente (Turchia e Unione Europea), al Sud (Iran e India) e al Nord (Russia).
Alat è progettato anche come uno dei principali centri logistici/manifatturieri/di connessione della Nuova Via della Seta, alias Iniziativa della Cintura e della Strada [BRI]. La sua posizione strategica superiore è a cavallo del corridoio centrale di connettività della Nuova Via della Seta; dei collegamenti con la nuova ferrovia Baku-Tblisi-Kars, che collega il Caucaso con l’Asia centrale; e anche dei collegamenti con il Corridoio di Trasporto Internazionale Nord-Sud [entrambi i link i n inglese] che collega la Russia all’India attraverso l’Iran.
I corridoi di trasporto sono di gran moda. Per l’Azerbaijan, il petrolio e il gas possono durare solo fino al 2050. Quindi la priorità da ora in avanti è progettare la transizione verso la creazione di un hub logistico; in realtà, il principale hub del Mar Caspio.
Gli opposti (caspici) si attraggono?
La spinta di Baku rivisita e spinge in prima linea il ruolo dell’Oleodottistan e dei corridoi di connettività nell’integrazione eurasiatica. Il quadro generale potrebbe infine indicare una “terza via”, legata all’Europa, per le esportazioni di energia dal Caspio, al momento concentrata soprattutto su Russia e Cina.
Il Turkmenistan si sta promuovendo attivamente quest’anno come “cuore della Grande Via della Seta”. Tuttavia, è concentrato più sulla rinascita dei siti della Via della Seta che sulla connettività digitale.
Eppure, Ashgabat ha anticipato la Nuova Via della Seta quando nel 2009 è stato inaugurato il Gasdotto Asia Centrale-Cina [in inglese] da 1.800 chilometri, che va dal Turkmenistan allo Xinjiang attraverso l’Uzbekistan e il Kazakistan, trasportando 55 miliardi di metri cubi all’anno.
Ashgabat e Mosca hanno avuto una tortuosa [in inglese] querelle che alla fine ha portato Gazprom a cessare completamente le importazioni di gas turkmeno in Russia più di due anni fa.
Ed è così che Pechino, e non Mosca, ha finito per configurarsi come principale cliente energetico e partner commerciale dell’Asia centrale.
A causa delle sue pratiche idiosincratiche, il Turkmenistan alla fine non è mai riuscito a diversificare i suoi mercati di esportazione. Ha operato il passaggio dalla Russia alla Cina ma non è riuscito a conquistare il redditizio mercato europeo.
Per anni a Bruxelles il bisogno di diversificazione energetica dell’UE dalla Gazprom è stato un mantra – anche se le nazioni che ne fanno parte non sono in grado di accordarsi su meri orientamenti di una politica energetica comune.
Le aziende europee nel migliore dei casi stanno sviluppando [in inglese] importanti giacimenti petroliferi in Kazakistan. Ma sul fronte dell’Oleodottistan dell’“oro blu”, finora nessun gas dall’Asia centrale fluisce verso l’Europa.
Le esperienze traumatiche del passato sono esemplificate dalla soap opera Nabucco [in inglese]: un oleodotto dal Turkmenistan attraverso il Caspio alla Turchia e oltre, che alla fine non sarà mai costruito.
L’Azerbaigian e il Turkmenistan sono in realtà forti concorrenti sulle sponde opposte del Caspio. Baku è rimasta deliziata dal fallimento di Nabucco, perché ha incrementato le prospettive di vendita all’Europa del proprio gas proveniente dall’esteso giacimento di Shah Deniz. Il problema chiave del Nabucco era il mistero che circonda la reale capacità di produzione di gas del Turkmenistan, considerando che la maggior parte del suo gas è ora diretto verso la Cina.
Un fattore complicante è che qualsiasi oleodotto che attraversa il Caspio non ancora legalmente definito (è un mare o è un lago?) non è ben accolto né dalla Russia né dall’Iran.
La Gazprom ha i propri piani per aumentare la propria quota del mercato europeo tramite il Nord Stream e il Turkish Stream. L’Iran mira a irrompere finalmente sui mercati europei attraverso un possibile gasdotto dal massiccio giacimento South Pars in cooperazione con il Qatar, una versione rinnovata del gasdotto Iran-Iraq-Siria [in inglese] che fu una delle ragioni principali della guerra in Siria.
Il TAP incontra il TANAP
Quindi, alla fine, l’unica mossa realistica dell’Oleodottistan in termini di connessioni del gas caspico con i mercati europei è destinata a essere il piccolo Gasdotto Trans-Adriatico (TAP) [in inglese] da 4,5 miliardi di euro, che trasporta 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Il TAP, lungo solo 878 km (550 km in Grecia settentrionale, 215 km in Albania, 105 km nel Mare Adriatico, 8 km in Italia meridionale), dovrebbe essere attivo entro il marzo 2020.
Il TAP sarà una sorta di estensione del molto più ambizioso Gasdotto Trans-Anatolico (TANAP) [in inglese] da 8 miliardi di dollari, che spedirà il gas dallo Shah Deniz 2 azero alla Turchia occidentale, come configurato dal cosiddetto Corridoio Meridionale del Gas. TAP e TANAP si collegheranno al confine greco-turco.
È illuminante confrontare il fatto che l’Azerbaigian scommetta sull’Europa mentre il Turkmenistan punta sulla Cina.
E poi c’è il Kazakistan – che implementa la propria politica estera “multi-vettore”, che coinvolge Russia, Cina, Stati Uniti e Unione Europea.
Considerato che Astana è allo stesso tempo un nodo chiave della Nuova Via della Seta, membro dell’Unione Economica Eurasiatica (EEU) e membro dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), accoglie con favore gli investimenti delle major europee e dei colossi petroliferi statunitensi.
In prospettiva, Pechino sta godendo di un vantaggio strategico come principale partner commerciale di tutti gli “stan” centro-asiatici ad eccezione del Kazakistan, mentre Mosca mantiene i suoi molteplici ruoli come fornitore di sicurezza, partner commerciale, fonte di investimenti esteri, datore di lavoro per milioni di persone dell’Asia centrale espatriate, e centro del soft power (il russo è la lingua franca in Asia centrale, e la TV e la cultura russa sono onnipresenti).
E questo avrà tutto un ruolo nel quadro dell’interpolazione tra Nuova Via della Seta e Unione Economica Euroasiatica.
Ma che dire di Iran e Turchia nel quadro generale?
L’Azerbaigian, come nazione caspica, mantiene profondi legami etnici e linguistici con la Turchia. Eppure Baku premia il laicismo in stile Atatürk – il che lo mette in contrasto con il neo-ottomanesimo con tinte islamiche del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Il principale fattore di complicazione è che Ankara e Mosca stanno collaborando sul Turkish Stream – in sostanza una mossa in stile Oleodottistan dalla Siberia verso l’Europa al di sotto del Mar Nero, in concorrenza diretta con le esportazioni di gas dell’Azerbaigian.
L’Iran da parte sua sprigiona un’ampia influenza culturale e linguistica in tutta l’Asia centrale. In effetti, la Persia, storicamente, è stata la principale entità di tutta l’Asia centrale. L’Iran è tanto una potenza centro asiatica quanto dell’Asia sud-orientale (ciò che l’Occidente chiama Medio Oriente).
Ma in un ambiente della Nuova Via della Seta modellato dalla costruzione di strade, ferrovie, ponti, gallerie, oleodotti e reti in fibra ottica, il vero giocatore che cambierà le carte in tavola in Asia centrale continuerà ad essere la Cina – presumibilmente più di Turchia, Iran e Russia.
Le aziende cinesi possiedono già circa il 25% della produzione petrolifera del Kazakistan e praticamente tutte le esportazioni di gas del Turkmenistan. E vedono Baku come un importante nodo della Nuova Via della Seta.
Chiamatelo una sorta di revival digitale della Dinastia Tang, quando l’influenza imperiale cinese si estendeva attraverso l’Asia centrale fino all’Iran nordorientale. Qualcuno scommette sul fatto che il Caspio diventerà presto un lago cinese?
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Asia Times il 20 aprile 2018.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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