Il 31 gennaio del 1943 a Stalingrado entrò in vigore l’ultimatum del comando sovietico per un immediato cessate il fuoco e la resa totale del distaccamento sud delle truppe tedesche. Alle ore 13 il feldmaresciallo Paulus fu catturato dai soldati sovietici.
Qui riportiamo il destino successivo del feldmaresciallo Friedrich Paulus, comandante della 6° armata, che subì una completa disfatta alle porte di Stalingrado.
Il generale Paulus fu promosso a feldmaresciallo poco prima di essere catturato dai soldati sovietici. Concedendogli questo titolo, Hitler sperava che non si sarebbe arreso, convinto com’era che i feldmarescialli non si sarebbero mai arresi. Si aspettava veramente che Paulus si sarebbe suicidato in tal caso. Tutto ciò non avvenne, e la mattina del 31 gennaio 1943, il comando sovietico ricevette una richiesta di resa da parte del feldmaresciallo. Prima di essere catturato, l’ultima collocazione del suo quartier generale fu il palazzo dei grandi magazzini di Stalingrado, nei sotterranei del quale fu preso prigioniero dalle forze sovietiche.
Al momento della sua cattura, il feldmaresciallo era molto ammalato. Fu inizialmente inviato in un ospedale e in seguito finì in un campo di prigionia al Monastero di Sant’Eutimio, a Suzdal.
Paulus mantenne le proprie idee nazionalsocialiste per lungo tempo. Considerava la creazione della “Unione degli Ufficiali Tedeschi” pro-sovietica come un grave tradimento. Il suo atteggiamento nei confronti delle idee naziste subì un cambiamento dopo il tentativo di assassinio di Hitler. I cospiratori furono trattati brutalmente, tra di loro c’erano amici del feldmaresciallo. La lettera proveniente da sua moglie fu l’ultima goccia che fece traboccare il vaso, e determinò un cambiamento radicale delle sue vedute. L’8 agosto del 1944, un appello di Paulus al popolo tedesco fu trasmesso alla radio. In esso, invitava al salvataggio del paese e a rinunciare a Hitler. Egli firmò con le proprie mani anche un volantino contro la guerra. Pochi giorni dopo Paulus aderì alla “Unione degli Ufficiali Tedeschi” e in seguito al Comitato Nazionale per una Germania Libera.
I nazisti risposero immediatamente alle sue azioni: fu messo in prigione il figlio di Paulus che aveva combattuto a Stalingrado col grado di capitano, mentre moglie e figlia furono messe agli arresti domiciliari.
Con la fine della guerra, la sua situazione rimase immutata. Come molti generali “di Stalingrado”, continuò a rimanere imprigionato. Nel 1946 Paulus si spostò alla volta della Germania, dove prese parte al processo di Norimberga. Vi partecipò in qualità di testimone. Dopo di ciò egli visse per molti anni nell’URSS, ad Ilyinsky, Mosca (secondo alcuni documenti, a Zahoransky). Il “prigioniero personale” di Stalin fu impegnato in auto-apprendimento, lesse letteratura di partito, si preparò per tenere discorsi davanti ai generali sovietici. Il feldmaresciallo aveva un proprio medico, un cuoco e un assistente militare. I parenti dalla Germania gli spedivano regolarmente lettere e pacchi postali.
Dopo la morte di Stalin, a Paulus fu permesso di partire per Berlino. Quando si incontrò con il capo della Repubblica Democratica Tedesca V.Ulbricht, diede garanzie alle autorità che sarebbe rimasto a vivere solo nella parte Est della Germania. Il suo luogo di residenza fu la città di Dresda. A Paulus fu assegnata un’auto, un assistente militare, e il diritto di portare armi personali. Il Centro di Storia Militare fu inagurato nel 1954, e Paulus contribuì a renderlo possibile. Da quel momento iniziò la sua attività d’insegnamento: alla “Scuola Superiore Popolare per la Polizia di Caserma” (il futuro esercito della Repubblica Democratica Tedesca) tenne delle letture sull’arte militare e produsse analisi sulla battaglia di Stalingrado.
Friedrich Paulus morì il 1° febbraio 1957. Accadde alla vigilia del 14° anniversario della sconfitta del suo esercito vicino a Stalingrado.
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Articolo di Stalker Zone pubblicato su Stalker Zone il 3 febbraio 2020
Traduzione in italiano di Michele Passarelli per SakerItalia
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