Di MJ

La sera di Capodanno una storia vera sulla falsariga di Hansel e Gretel (nell’originale “babes in the woods”, ndt) è apparsa nei media: due dolci giovani italiane dagli sguardi innocenti da tempo sparite nell’oscura Siria sono riapparse come prigioniere del fronte al-Nusra, umili, con gli occhi rivolti a terra, avvolte da panni neri.

Tutto iniziò quando Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, studentesse universitarie di 20 e 21 anni, scoprirono la crisi umanitaria siriana. Si attivarono per aiutare i bambini siriani, fecero tutte le cose giuste in un’ottica progressista: firmarono petizioni, parteciparono a dimostrazioni, aggiunsero le loro personali voci a quelle dei Media del Mondo Libero, urlando “bisogna fare qualcosa”. Chiunque, letteralmente, annuì: “qualcosa” doveva essere fatto e quel “qualcosa” significava trasformare la NATO nell’aviazione dell’Esercito siriano libero.

Le giovani donne furono intervistate, appassionatamente avvolte nelle bandiere dell’ESL – le tre stelle lo indicano, a differenza del più modesto modello di Assad che ne contiene solamente due.

L’Italia è ovviamente l’approdo che i siriani cercano di raggiungere dopo che le famiglie hanno dovuto vendere le loro case per pagare i trafficanti di esseri umani e spedire un figlio in Europa, figlio che dovrebbe – insha’Allah – avvicinarsi il più possibile all’Italia prima che i passatori lo buttino a mare o che il malmesso barcone affondi. Così potrà inviare soldi alla famiglia evitando che muoiano tutti di fame: dunque molti siriani giungono in Italia.

Greta and Vanessa marciarono, parlarono, si agitarono promuovendo, furono intervistate. Si incontrarono con siriani connessi con organizzazioni terroristiche, italiani connessi alla NATO, e i servizi segreti del Belpaese. Vennero fotografate alle manifestazioni mostrare un cartello inneggiante a un gruppo islamista siriano, in un’altra foto sullo sfondo si vedeva una bandiera ucraina: la guerra alla Russia presenta molteplici fronti.

Nel giugno del 2014 Vanessa postò una lode al successo militare di “Jabhat a-Nusra”.

Un viaggio venne organizzato, venne deciso che le due attiviste sarebbero entrate in Siria passando dalla Turchia con il giornalista Daniele Raineri.

Daniele Raineri, un giornalista con accesso alla Siria

Il 20 aprile 2014 il Presidente François Hollande dichiarò che la Siria continuava a usare armi chimiche: “Abbiamo alcune informazioni ma non abbiamo le prove
The Economist osservò: “L’uso del cloro è difficile da provare. Non è bandito dalla Convenzione sulle Armi Chimiche [CWC – Chemical Weapons Convention, ndt] e non permane, rendendo difficile il ritrovamento di tracce nel suolo che possano dimostrarne l’uso.

In ogni caso il 29 aprile The Telegraph pubblicò un pezzo intitolato “Le armi chimiche siriane: la prova che il regime di Assad compie attacchi chimici sui bambini”. L’articolo spiegava che “test chimici condotti dal Telegraph ora confermano che gas cloro e ammoniaca sono stati diffusi con barili lanciati dagli elicotteri.”

Una conclusione piuttosto bizzarra da raggiungere analizzando alcuni lerci sacchetti di plastica che un agente aveva portato in Turchia: come ha potuto il chimico definire che l’eventuale cloro improbabilmente presente sui sacchetti provenisse dal gas delle bombe di Assad e non da pastiglie di cloro trafugate dalla sua piscina?
Ovviamente la comunità internazionale necessitava di un audace agente che si recasse sul posto: ecco spuntare Daniele Raineri che per anni era stato corrispondente dal Medio Oriente per Il Foglio, quotidiano conservatore/economico. Conoscitore delle faccende islamiche twitta @DanieleRaineri. L’11 maggio pubblica un pezzo su The Telegraph con la fotografia delle bombe al cloro che il Presidente Hollande andava cercando: così per i Media del Mondo Libero il caso era chiuso.

L’OPAC

Il Telegraph fu lieto di annunciare che l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) aveva confermato che “il regime di Bashar al-Assad avava fatto uso sistematico di armi chimiche contro la popolazione civile. Ovviamente il giornalista del Telegraph non aveva letto interamente il rapporto di una sola pagina che riportava: “in Siria sostanze tossiche sono state ripetutamente usate come armi

In ogni caso l’OPAC riportò di aver “cercato di recarsi a Kafr Zeta per raccogliere prove sul campo nel caos seguente l’apparente utilizzo ma venne impedito dal farlo quando il convoglio fu attaccato”. La missione di rilevamento dei fatti [Fact Finding Mission, ndt] decise quindi di procedure con interviste a testimoni in luoghi sicuri al di fuori della Siria.

Il rapporto del’OPAC presenta notevoli similitudini con l’altro intenzionalmente non-esauriente rapporto sul volo MH17 prodotto dall’Ente per la Sicurezza olandese [Dutch Safety Board (DSB)]: in entrambi i casi gli investigatori affermarono di essere stati attaccati senza mostrare interesse nel capire chi li avesse attaccati, entrambi decisero di investigare il crimine lontani dai luoghi dove si era prodotto e entrambi non hanno più comunicato nulla da allora.

L’OPAC è passato alla cronaca nel 2002 quando il suo Direttore Generale, il brasiliano Jose Bustani fu sollevato dall’incarico mentre negoziava un programma di ispezioni In Irak, progetto che si scontrava con i piani di John Bolton per qual paese. L’OPAC è ora diretto dal precedente ambasciatore turco alla NATO.
A Londra il Foreign Office (Ministero degli Esteri, ndt) è stato ben felice di poter completare il rapporto con la positiva conclusione sfuggita OPAC:

“Il sistematico e ripetuto uso di cloro nel nord della Siria e i verificati racconti di testimoni sulla presenza di elicotteri al momento degli attacchi lascia pochi dubbi sulla colpevolezza del regime di Assad”.

Le bombe

Eliot Higgins, “un esperto sulle munizioni usate nella guerra siriana ha detto che questo nuovo guerreggiare chimico a bassa intensità non è improvvisato ma accuratamente pianificato”.

Il che ci porta al problema del cui prodest? Perché mettere a rischio preziosi elicotteri ed equipaggi solo per recapitare munizioni a “bassa intensità”, quando sono disponibili razzi e artiglieria? Nell’attacco con il cloro sono state uccise solo una dozzina di persone, perché allora insistere nell’uso di un’arma così inefficace, quando si è rinunciato ai molto più efficaci gas nervini?

Ancor più importante, le fotografie di Raineri mostrano delle munizioni improvvisate, sul tipo di quelle usate in Iraq fin dal 2006. Tali bombe sono fatte aggiungendo una bombola di cloro ad una autobomba.

Tuttavia, i bravi ragazzi di Human Right Watch hanno deciso di avere tutte le prove necessarie a condannare la Siria; hanno presentato le foto di Raineri, corredandole con un video che “preso al bordo occidentale di Keferzita e scaricato su YouTube l’11 di aprile, mostra la discesa quasi verticale e lo scoppio di una munizione non identificata ma completamente coerente con una bomba a barile buttata da un elicottero”. Stranamente, non mi riesce di vedere nessun oggetto in caduta. Un sito islamista ha proposto una foto di un elicottero con due barili appesi ad esso, ma era un progetto photoshop alquanto ovvio.

HWR cita anche dei testimoni di barili caduti dal cielo. Io non li trovo sufficientemente persuasivi poiché:

  1. non sono state presentate testimonianze video;
  2. in tempo di guerra, non è difficile trovare falsi testimoni compiacenti “per Dio e la Patria”;
  3. in un’area in cui ai dissidenti si taglia la testa senza processo, il testimoniare perde valore.

Però, una semplice “teoria del complotto” può spiegare tutto: quando le scommesse in gioco sono abbastanza alte, i leader politici subiscono la tentazione di vedere i loro concittadini come soggetti sacrificabili. Forse “solo per la sete di libertà e giustizia”, i governanti devono ordinare operazioni sotto falsa bandiera. Nella storia recente, le decisioni di mettere i fini sopra i mezzi ci hanno dato il bombardamento delle file per il pane a Sarajevo, quello del mercato di Markale, gli attacchi col sarin del 2013 e quelli col cloro del 2014: tutti questi eventi sono stati solo motivi disperati per l’intervento degli angeli della NATO.

Un rapimento da parte dei “bravi ragazzi”?

Tutto l’ottimo lavoro svolto da Raineri venne messo a rischio dalle indecisioni dei leaders della NATO e dalla resistenza dei militari statunitensi. L’occhio fiero della NATO stava lasciando la Siria e fissandosi ancora una volta sulla Russia.

Fino allo stupendo successo dell’ISIL in Iraq, c’era ancora qualche speranza di vedere l’aeronautica degli Stati Uniti nei cieli della Siria, e si chiese a Daniele Raineri di accompagnare due giovani donne nell’occhio del ciclone. Al loro ritorno in Italia, le due giovani signorine, attraenti, energetiche e squillanti, sarebbero state adeguate come squadra di propaganda per gli islamisti moderati dell’FSA. Sapevano parlare, scrivevano bene, il loro aspetto e stile spiccava nella comune folla delle dimostrazioni; alcuni le vedevano come perfette “utili idiote”, pronte a girare per gli spettacoli televisivi. Varcarono il confine il 28 di luglio.

Erano ancora insieme il 31 luglio, in visita al capo del Consiglio Rivoluzionario di El Ismo, vicino ad Aleppo, dove le due donne furono trattenute; Raineri fuggì. Potrebbero essere cadute casualmente in una imboscata lungo la strada ma, come ospiti di un capo miliziano, sembra di più una loro vendita da parte di un leader della “opposizione moderata”. Né Raineri né il suo giornale hanno pubblicato dettagli dell’episodio.

Allo stato attuale delle cose, possiamo essere certi di non avere ulteriori informazioni finché un riscatto appropriato non sarà stato pagato dal governo italiano. Gli italiani bocceranno ogni sortita avventurosa tesa a liberare le signorine. I trascorsi dell’Italia, dopo anni di esperienza in Iraq, parlano chiaro: i prigionieri italiani non si abbandonano.

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Traduzione a cura di Emme, Fabio San per sakeritalia.it
Articolo apparso lunedì 5 Gennaio 2015

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