L’uscita della Gran Bretagna dall’UE è solo l’inizio. Dopo di che, non si potrà più parlare di un’ Europa Unita. Essa appare già divisa ed il suo futuro è estremamente incerto. Si può utilizzare l’esperienza dell’Unione Sovietica per comprendere meglio ciò che sta accadendo nell’UE? In che cosa sono simili ed in che cosa sono diversi questi due grandi progetti? Perché l’Unione Sovietica di fatto si è rivelata più durevole rispetto all’UE? In che cosa i leader sovietici si sono dimostrati più realistici e come invece l’avidità e la miopia dei politici europei stanno preparando il crollo dell’Unione Europea?
Di questi argomenti ci ha parlato Rotislav Ishchenko, direttore del Centro per analisi sistemici e previsioni, durante una diretta dallo studio Pravda.Ru.
La Brexit, per la quale hanno votato la maggior parte della popolazione della Gran Bretagna è stato il primo passo verso la disintegrazione dell’Unione Europea. L’Unione Sovietica è durata per quasi 70 anni. Invece l’Unione Europea ha cominciato a disintegrarsi molto prima. Cosa ne pensa? Possiamo parlare di una certa somiglianza tra questi due processi?
In una certa misura, tutti i processi sono simili. Si può fare un paragone con il crollo dell’impero romano e degli imperi cinesi, ma certamente vi sono degli aspetti differenti. L’Unione Sovietica esisteva come uno spazio economico integrato.
Dal mio punto di vista, il crollo dell’Unione europea non è iniziato con l’uscita del Regno Unito dalla UE, e neanche quando sono apparsi i primi movimenti euroscettici in Ungheria, Grecia, Italia, Spagna, Francia, etc … Ma appare in quel preciso momento, in cui l’UE ha stabilito una strategia di espansione verso i paesi dell’est. Perché da quel momento, in un unico sistema politico ed economico hanno cominciato a coesistere due economie diametralmente opposte. Nella ricerca di una scelta strategica nella risoluzione dei problemi l’Unione Europea ha optato per una politica di colonialismo interno. Più precisamente, i nuovi paesi membri orientali sono diventati delle colonie dei vecchi Stati membri dell’UE.
E’ stata completamente distrutta l’industria e sono state introdotte delle politiche economiche basate sulla monocoltura in agricoltura o su una precisa specializzazione produttiva economica.
Di fatto, questi paesi dell’est sono stati sottoposti ad una politica economica decisa dai paesi fondatori della UE, seguendo lo schema standard per cui i prestiti europei, detti “aiuti economici” (soldi in gran parte tedeschi ed in parte inglesi) venivano spesi dai paesi beneficiari principalmente per l’acquisto dei prodotti dell’industria tedesca.
In effetti, la BCE ha investito in modo indiretto sui produttori tedeschi, mandando i soldi nei paesi dell’ est ed innescandovi il processo dei consumi. Questo è radicalmente diverso da quanto avveniva in Unione Sovietica, in quanto l’URSS, al contrario, cercava di ottenere denaro dalle metropoli e dalle zone più sviluppate per investirli nelle aree arretrate e periferiche con l’obiettivo di creare lì delle strutture di produzione industriale e diminuire le differenze economiche tra il centro e le periferie.
La scomparsa dell’unità ideologica, che teneva insieme il sistema economico e politico degli stati sovietici, ha determinato l’inizio del processo di disintegrazione dell’Unione Sovietica. Infatti, a norma dell’articolo 6 della Costituzione (che è stato poi abrogato) il Partito Comunista aveva il ruolo di guida e direzione. Pertanto tutta l’organizzazione statale era basata sul partito; ed è quindi chiaro che una volta scomparso il partito ideologico come forza di consolidamento, l’Unione Sovietica ha iniziato a disintegrarsi.
Nell’Unione europea la forza ideologica non è scomparsa. In sostanza, tutti i paesi condividono le stesse idee liberali della linea politica ed economica. Tecnicamente si chiamano democrazie avanzate, modello considerato vincente. Tuttavia, ci sono state profonde ed irrisolvibili contraddizioni economiche all’interno dell’UE. Direi che ha cominciato a crollare per la stessa ragione per la quale si sono dissolti tutti gli imperi coloniali XX secolo.
La Francia ha combattuto attivamente per mantenere le colonie , mentre la Gran Bretagna ha quasi subito sciolto il suo impero coloniale per poi ricostruire un nuovo sistema di dominio attraverso dei meccanismi economici attivati nel Commonwealth britannico. Poi questo modello è stato seguito anche da altri ex imperi coloniali. Si può dire che l’Unione europea ha riutilizzato questo medesimo percorso nel processo di allargamento della UE inglobando i nuovi paesi membri dell’Est.
A che punto di disgregazione si trova UE?
Questo è solo l’inizio del percorso. Teoricamente è ancora possibile una trasformazione. In generale, l’Unione Europea non ha abbastanza soldi per sostenere l’economia reale cosi come è stata impostata inizialmente. Una possibilità per ottenere denaro è quello di entrare nei nuovi mercati. Proprio per questo motivo negli ultimi decenni è stato popolare in Europa l’idea di una grande Europa, da Lisbona a Vladivostok, perché vi si intravedeva la possibilità di entrare nei mercati asiatici.
Come risultato di complesse vicende geopolitiche all’inizio del XXI secolo, questa idea è stata bloccata, in quanto gli stessi governi EU hanno prima sospeso una collaborazione estesa con la Russia e dopo hanno messo le sanzioni. Per questo, il processo di disintegrazione può essere interrotto soltanto con una nuova riforma dell’Unione Europea, ciò portando la sua economia in linea con le esigenze del tempo.
Ma poiché le élite europee, all’interno dei gruppi finanziari e politici non sono interessati ad un vero cambiamento strutturale, hanno cercato di spegnere il fuoco con ulteriori infusioni finanziarie. Così come è stata condotta negli Stati Uniti una politica di “allentamento quantitativo” l’Unione Europea ha finanziato l’economia greca e quella di altri. Di fatto, il default e la crisi è iniziata già da tempo. Questo gli ha permesso di stringere l’agonia, ma non ha consentito di alleviare le leggi della natura e dell’economia.
In realtà tutti i problemi dell’Unione Europea sono iniziati ancor prima dell’ultima ondata di allargamento con l’ingresso nella UE dei nuovi Stati membri dell’Europa orientale. Già con la prima ondata di allargamento, quando l’UE ha preso la Grecia, Spagna, Portogallo e altri paesi considerati poveri per gli standard europei, appaiono i primi problemi. Gli europei sono stati costretti ad ammettere che l’Europa funziona a due velocità.
Quando è diventato possibile, presto hanno incluso altri paesi ancora più poveri e provenienti da un diverso modello economico. Si ha quindi, la creazione di un’Europa non più a due ma a tre o anche quattro velocità. Anche l’Unione Sovietica ha avuto problemi simili; ma l’URSS rifiutò di prendere la Mongolia e la Bulgaria che volevano entrare. Perciò, i dirigenti sovietici avevano un senso delle proporzioni, avevano capito che sovraccaricare la nave può essere pericoloso. Ma ai leader europei manca forse questo istinto di autoconservazione?
L’Unione Europea non è in grado di integrare grandi aree popolate con economie più deboli e portarli simultaneamente al livello europeo. Si è già visto in quello che è avvenuto con l’unificazione della Germania, quando i ricchi della Germania Ovest sono stati costretti a condividere e a mandare il denaro nelle aree della ex DDR.
La prima versione dello sviluppo dell’Unione Europea è stata fondata con la strategia europea: ogni stato successivo dovrà gradualmente raggiungere gli indicatori economici medi dell’Unione, e solo allora potrà entrare nella UE. Con una diversa strategia, cioè con crescita economica più lenta e progressiva, i nuovi paesi membri della UE avrebbero mantenuto la propria integrità. Invece è stata scelta la seconda opzione, cioè quella di permettere il rapido ingresso prendendosi il vantaggio di derubare questi territori. A causa del trasferimento delle risorse dalle regioni di confine al centro economico europeo, la UE continua a fiorire in questi ultimi anni. Ma ora non c’è più nulla da derubare.
Tutta l’organizzazione politica dell’Unione europea è in linea di principio, simile alla cosiddetta “società democratica occidentale”, che implica un brevissimo orizzonte di pianificazione per i politici, che hanno un massimo di due mandati. Quindi, in realtà, per l’Unione Europea è stata la decisione quasi inevitabile per poter risolvere i loro problemi attraverso questa stessa espansione.
Che succederà ora secondo Lei?
C’è anche il problema di una possibile disintegrazione del Regno Unito stesso. Hanno ricominciato a parlare del referendum per l’indipendenza in Scozia e Irlanda del Nord. E ‘chiaro che l’Irlanda, che per tanto tempo cerca di completare l’integrazione del suo territorio, sarebbe a favore di questa idea. Va considerato che l’Irlanda è un membro dell’Unione Europea, mentre il Regno Unito non lo è più.
Allora sorge la domanda – che cosa fare con il Sud povero? La Gran Bretagna ha contribuito per circa il 13 per cento del bilancio europeo. Ora questo denaro lo dovrebbe dare la Germania, che già da tempo non è così felice perché deve sganciare sempre di più per finanziare le spese in tutta l’UE. Oltre ai tedeschi a dare il denaro in modo sostanzioso non c’è nessun altro. Quindi, molto probabilmente, il problema sarà risolto tagliando i finanziamenti alla periferia europea. E di qui si pone la questione: per quale motivo rimanere nell’ Unione Europea?
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Intervista di Dmitry Nersesov a Rotislav Ishchenko a cura di Yuri Kondratyev del 3 luglio 2016
Tradotto in Italiano di Oxana Lysenko per Saker Italia.it
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