È agosto, il Giorno dell’Indipendenza Ucraina, e anche l’anniversario del disastroso ritiro di Biden da Kabul. Washington sa benissimo che queste immagini dolorose (gli afghani aggrappati al carrello degli Hercules) stanno per essere presentate nuovamante, in vista delle elezioni di novembre.

Perché gli eventi in Ucraina stanno andando male per Washington, e il lento e calibrato rullo compressore dell’artiglieria russa fa a pezzi l’esercito ucraino. L’Ucraina chiaramente non è stata in grado di rafforzare le posizioni assediate, né di contrattaccare e di mantenere il territorio riconquistato. L’Ucraina ha usato HIMARS, artiglieria e droni per colpire alcuni depositi di munizioni russi, ma finora si tratta di episodi isolati, che sono più che altro “giochi” mediatici, piuttosto che costituire un cambiamento nell’equilibrio strategico della guerra.

Quindi, è ora di cambiare la “narrazione” e, nel corso dell’ultima settimana, il Washington Post si è impegnato nel curarne una nuova. In sostanza, il cambiamento è abbastanza semplice: l’intelligence statunitense, in passato, può aver sbagliato in maniera disastrosa, ma questa volta ci ha “azzeccato”. Avevano avvertito del piano d’invasione di Putin. Avevano perfino i piani dettagliati delle forze armate russe.

Primo cambiamento: Il team Biden ha avvertito Zelensky più volte, ma l’uomo si è rifiutato ostinatamente di ascoltare. Di conseguenza, quando l’invasione ha colto Zelensky alla sprovvista, gli ucraini nel loro complesso erano irrimediabilmente impreparati. Messaggio: La colpa è di Zelensky.

Non parliamo poi dell’eclatante omissione, in questa narrazione, di otto anni di preparazione della NATO per un mega-attacco nel Donbass, destinato ad attirare una risposta russa. Non c’è bisogno della sfera di cristallo per capirlo. Le strutture militari russe erano ferme da mesi a circa 70 km dal confine ucraino.

Secondo cambiamento: l’esercito ucraino sta “svoltando”, grazie alle armi occidentali. Davvero? Messaggio: Non si può ripetere la debacle di Kabul, né si può tollerare un crollo a Kiev fino a dopo le elezioni di metà mandato. Quindi, ripetete con me: LUcraina sta girando langolo; tenete duro, mantenete la rotta.

Terzo cambiamento, da un editoriale [in inglese] del Financial Times: L’economia russa si è dimostrata più resistente del previsto, ma le sanzioni economiche “non hanno mai rischiato di far crollare la sua economia”. In realtà, i funzionari statunitensi e l’intelligence di Stati Uniti e Regno Unito avevano previsto proprio che un crollo finanziario e istituzionale russo, in seguito alle sanzioni, avrebbe innescato turbolenze economiche e politiche a Mosca di tale portata da far vacillare la presa di Putin sul potere, e che una Mosca dilaniata dalla crisi politica e finanziaria non sarebbe stata in grado di portare avanti efficacemente una guerra nel Donbass – e quindi Kiev avrebbe prevalso.

Questa è stata “la linea” che ha convinto la classe politica europea a puntare tutto sulle sanzioni. Il Ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha dichiarato [in inglese] “una guerra economica e finanziaria totale” contro la Russia, in modo da innescarne il collasso.

Quarto cambiamento (ancora il FT): Gli europei non si sono preparati a sufficienza per i conseguenti aumenti dei prezzi dell’energia. Devono quindi perseverare maggiormente nel ridurre le entrate della Russia, “ritoccando ulteriormente” il prossimo embargo petrolifero. Messaggio: LUnione Europea deve aver frainteso. Le sanzioni non hanno mai rischiato di far crollare leconomia russa. Anche loro non hanno preparato la popolazione ad aumenti dei prezzi dellenergia a lungo termine; è colpa loro.

Sebbene questo cambiamento di prospettiva possa essere comprensibile dal punto di vista dell’interesse degli Stati Uniti, per l’Europa si tratta di una “doccia fredda”.

Helen Thompson, docente di economia politica all’Università di Cambridge, scrive [in inglese] sul FT:

In Europa, i governi vogliono alleviare la pressione sulle famiglie… [lasciando che] la paura per l’inverno imminente faccia diminuire la domanda. Dal punto di vista fiscale, ciò significa finanziamenti statali per ridurre l’aumento delle bollette energetiche… Ciò che non è disponibile è un mezzo rapido per aumentare l’offerta fisica di energia [enfasi aggiunta].

Questa crisi non è una conseguenza involontaria della pandemia o della brutale guerra della Russia contro l’Ucraina. Ha radici molto più profonde in due problemi strutturali. In primo luogo, per quanto questa realtà sia sgradevole per ragioni climatiche ed ecologiche, la crescita economica mondiale richiede ancora la produzione di combustibili fossili. Senza maggiori investimenti ed esplorazioni, è improbabile che nel medio termine l’offerta sia sufficiente a soddisfare la probabile domanda. L’attuale crisi del gas ha le sue origini nell’impennata del consumo di gas determinata dalla Cina nel 2021. La domanda è cresciuta così rapidamente che il gas era disponibile in Europa e in Asia a prezzi molto elevati.

Nel frattempo, la tregua dall’aumento dei prezzi del petrolio quest’anno si è concretizzata solo quando i dati economici della Cina sono stati poco incoraggianti. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, è molto probabile che la produzione globale di petrolio sia inadeguata a soddisfare la domanda già dal prossimo anno. Per gran parte degli anni 2010, l’economia mondiale ha potuto contare sul boom del petrolio di scisto… Ma lo scisto americano non può espandersi di nuovo allo stesso ritmo: la produzione complessiva degli Stati Uniti è ancora inferiore di oltre un milione di barili al giorno rispetto al 2019. Anche nel Permian [la regione nel Texas Occidentale al centro della “rivoluzione del fracking”], la produzione giornaliera per pozzo è in calo. Ulteriori trivellazioni in mare, come quelle aperte nel Golfo del Messico e in Alaska dall’Inflation Reduction Act, richiederanno prezzi più alti o investitori disposti a versare capitali indipendentemente dalle prospettive di profitto. Le migliori prospettive geologiche per una svolta simile a quella che si è verificata nel 2010 sono rappresentate dall’enorme formazione petrolifera di scisto di Bazhenov in Siberia. Ma le sanzioni occidentali fanno sì che la prospettiva che le maggiori aziende petrolifere occidentali aiutino la Russia dal punto di vista tecnologico sia un vicolo cieco geopolitico. In secondo luogo, si può fare ben poco per accelerare immediatamente la transizione dai combustibili fossili… La gestione delle reti elettriche con carichi di base solari ed eolici richiederà progressi tecnologici in materia di stoccaggio. È impossibile pianificare con certezza quali progressi si concretizzeranno tra 10 anni, per non parlare dell’anno prossimo.

Il messaggio geostrategico che ne deriva è chiaro come il sole: è un avvertimento senza mezzi termini che gli interessi dell’Unione Europea non coincidono con quelli di un’America determinata a superare i prossimi mesi fino alle elezioni di metà mandato, con l’inasprimento delle sanzioni imposte alla Russia dall’Europa (le “sanzioni tecniche alla fine avranno il loro peso sull’economia russa”) e con l’Europa che continua a “tenere duro” con il suo sostegno militare e finanziario a Kiev.

Come osserva con semplicità il professor Thomson, “è essenziale anche una comprensione delle realtà geopolitiche… I governi occidentali devono scegliere se invitare alla miseria economica su una scala che metterebbe a dura prova il tessuto della politica democratica in qualsiasi paese, oppure affrontare il fatto che l’approvvigionamento energetico limita i mezzi con cui l’Ucraina può essere difesa”. In altre parole, o salvate la pelle della classe politica europea tornando al gas russo a basso costo, o rimanete allineati con Washington e sottoponete i vostri elettori alla miseria – e i suoi leader ad una resa dei conti politica che sta già cominciando.

Questo mette la Russia nella posizione di poter giocare le sue “carte migliori”: così, proprio come gli Stati Uniti, negli anni successivi all’implosione dell’Unione Sovietica, hanno sfruttato appieno la loro posizione di dominio militare e del dollaro, per incatenare gran parte del mondo nella loro sfera basata sulle regole, oggi la Russia e la Cina stanno offrendo al Sud globale, all’Africa e all’Asia una liberazione da queste “regole” occidentali. Stanno incoraggiando il “Resto del mondo” ad affermare la propria autonomia e indipendenza attraverso i BRICS e la Comunità Economica Eurasiatica.

La Russia, in collaborazione con la Cina, sta costruendo relazioni politiche diffuse in tutta l’Asia, l’Africa e il Sud globale, basate sul suo ruolo dominante di fornitore di combustibili fossili e di gran parte del cibo e delle materie prime del mondo. Per aumentare ulteriormente l’influenza russa sulle fonti energetiche da cui dipendono [in inglese] i belligeranti occidentali, la Russia sta mettendo insieme una “OPEC” del gas con l’Iran e il Qatar, e ha fatto anche delle aperture accoglienti all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti per unirsi nell’assumere un maggiore controllo di tutte le principali materie prime energetiche.

Inoltre, questi grandi produttori si stanno unendo ai grandi consumatori di energia per strappare i mercati dei metalli preziosi e delle materie prime dalle mani di Londra e dell’America, per porre fine alla manipolazione occidentale dei prezzi delle materie prime, attraverso i mercati cartacei derivati.

L’argomentazione avanzata dai funzionari russi agli altri Stati è estremamente attraente e semplice: L’Occidente ha voltato le spalle ai combustibili fossili e sta progettando di eliminarli del tutto – in un decennio o poco più. Il messaggio è che non è necessario aderire a questa masochistica “politica del sacrificio”. Potete avere petrolio e gas naturale – e a prezzi scontati rispetto a quelli che l’Europa deve pagare, aiutando il vantaggio competitivo delle vostre industrie.

Il “Miliardo d’Oro” [la parte più ricca dell’umanità, che coincide grossomodo con l’Occidente] ha goduto dei benefici della modernità, e ora vuole che voi rinunciate a tutto questo, esponendo i vostri elettori alle difficoltà estreme imposte da un programma verde così radicale. Tuttavia, il mondo non allineato ha bisogno almeno delle basi della modernità. Il pieno rigore dell’ideologia verde occidentale, tuttavia, non può essere semplicemente imposto al resto del mondo – contro la sua volontà.

Quest’argomentazione convincente rappresenta la strada per la Russia e la Cina per far passare gran parte del globo nel loro campo.

Anche alcuni stati – pur essendo solidali con la necessità di occuparsi del cambiamento climatico – vedranno nel regime ESG (Environment, Social and Governance) le chiare sembianze di un nuovo colonialismo finanziato dall’Occidente, con finanziamenti e crediti razionati solo a chi è pienamente conforme al Progetto Verde gestito dall’Occidente. In breve, si sospetta un nuovo spreco, che arricchisce principalmente gli interessi finanziari occidentali.

La Russia dice semplicemente: “Non deve essere così per forza”. Certo, il clima deve essere preso in considerazione, ma i combustibili fossili stanno vivendo una forte mancanza d’investimenti, in parte per ragioni ideologiche verdi, piuttosto che per il fatto che tali risorse si stanno esaurendo, di per sé. E, per quanto sgradevole per alcuni, il fatto è che la crescita economica mondiale richiede ancora la produzione di combustibili fossili. Senza ulteriori investimenti ed esplorazioni, è improbabile che nel medio termine l’offerta sia sufficiente a soddisfare la probabile domanda. Ciò che non è disponibile da nessuna parte è un mezzo rapido per aumentare l’offerta di energia fisica alternativa.

A che punto siamo? La Russia ha in corso una grande offensiva in Ucraina. E l’Europa spera di potersi defilare dall’imbroglio ucraino quasi inosservata, senza apparire apertamente in rotta con Biden, mentre Kiev implode progressivamente. Lo si vede già. Quante notizie sull’Ucraina in Europa? Quante notizie dai network? Il suggerimento è che “l’Europa possa semplicemente stare zitta e tirarsi indietro dalla debacle”.

Ma c’è un problema: prima di rinunciare alle pressioni sui Paesi dell’Unione Europea, Putin probabilmente insisterà ancora sul ritiro dell’influenza americana dall’Europa occidentale, o almeno sul fatto che l’Europa inizi ad agire nel proprio interesse in piena autonomia.

Non c’è dubbio che Putin avesse in mente questo quando ha lanciato la “Operazione Militare Speciale” in Ucraina. Deve aver anticipato la reazione della NATO nell’imporre le sanzioni alla Russia, da cui quest’ultima (inaspettatamente per l’Occidente) ha tratto grandi vantaggi. È l’Unione Europea ad essere stata duramente colpita, con una stretta che Putin può intensificare a piacimento.

Il dramma è ancora in corso. Putin ha bisogno di mantenere una certa pressione sull’Ucraina per mantenere la stretta. Probabilmente non è pronto a scendere a compromessi. L’inverno nell’Unione Europea sarà ancora più duro, con carenze energetiche e alimentari che potrebbero portare a disordini sociali. Putin si fermerà solo quando gli europei avranno provato abbastanza dolore da tracciare una rotta strategica diversa – e da rompere con gli Stati Uniti e la NATO..

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 Articolo di Alastair Crooke pubblicato su Strategic Culture Foundation il 30 agosto 2022
Traduzione in italiano di Confab per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore] 

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