Nota: a fine novembre sono stato intervistato dal sito russo Geofor. Ecco la traduzione in lingua inglese di questa intervista.

GEOFOR: Sig. Raevskij, non appena le navi da guerra americane hanno lasciato il Mar Nero, sono arrivati gli inglesi. A quanto pare, stanno per ricominciare le “esercitazioni non programmate” di navi NATO e ucraine. Di nuovo, vicino ai confini marittimi della Federazione Russa. Inoltre, un paio di scafi militari americani sono stati consegnati a Odessa (sebbene, educatamente parlando, non siano proprio nuove). Come analista militare con esperienza nell’intelligence, come valuta il grado di minaccia di questa incessante dimostrazione di forza in termini di possibilità di provocare un conflitto militare con conseguenze di vasta portata?

Andrej Raevskij: Da un punto di vista militare, valuto zero il grado di minaccia diretta di queste forze. In primo luogo, qualsiasi nave entri nelle acque del Mar Nero può essere istantaneamente distrutta da un certo numero di sistemi di difesa costiera russi e/o dalle forze aerospaziali russe. Quindi, il loro grado di minaccia è zero. In secondo luogo, sono dotate di missili Tomahawk piuttosto obsoleti. Hanno una velocità di volo relativamente bassa, e non rappresentano una grande minaccia per i sistemi di difesa aerea russi.

D’altra parte, c’è una minaccia indiretta da queste navi della NATO. E molto seria. Stanno dando di gomito agli ucraini nello stesso modo in cui nel 2008 hanno dato di gomito a Saakashvili in Georgia. Danno a Kiev la sensazione sbagliata di essere sotto un ombrello, sotto la protezione della Marina degli Stati Uniti o, diciamo, dei bombardieri della NATO, il che è un totale inganno e illusione, ma questo è il vero pericolo.

GEOFOR: La Russia ha la capacità di proteggersi in caso di lancio di Tomahawk? E come viene percepito questo al Pentagono e nel quartier generale della NATO? Nello stesso contesto: cosa c’è, secondo lei, dietro la decisione del presidente russo di respingere l’offerta del Ministero della Difesa di tenere le sue esercitazioni non programmate nel Mar Nero in contemporanea con gli Stati Uniti e la NATO? Come sarà percepita nell’establishment politico-militare di Washington – come fiducia nelle capacità dell’esercito russo di rispondere adeguatamente ad azioni provocatorie o come desiderio di non portare all’estremo una situazione potenzialmente pericolosa?

Andrej Raevskij: Sì, certo, la Russia può difendersi. Come ho appena detto, si tratta di missili da crociera relativamente lenti e obsoleti, che non rappresentano un grande pericolo per la difesa aerea integrata multistrato della Crimea, del sud della Russia e dell’intero Distretto Militare Meridionale della Federazione Russa. Basta ricordare com’è stato l’attacco missilistico degli Stati Uniti alla Siria, dove la maggior parte di essi [i Tomahawk] è stata abbattuta non dal contingente russo in Siria – questo è molto importante da sottolineare – ma dai siriani con il loro sistema di difesa aerea relativamente più semplice.

E quindi non credo che tutti questi Tomahawk minaccino molto la Russia.

Aggiungo anche che se gli Stati Uniti e la NATO volessero colpire la Russia con i Tomahawk, sarebbe meglio per loro uscire dal Mar Nero e andare nel Mar Mediterraneo e allontanarsi alla massima distanza – giusto per non essere immediatamente affondati.

La decisione di Putin di non effettuare manovre simultanee nel Mar Nero, a mio avviso, è assolutamente ragionevole.

A Washington è probabile che questo faccia l’impressione, in un certo senso, di una messinscena: Shoigu dice: “Sono pronto”, e Putin fa un passo da pacificatore. Questo è ciò che in Occidente si chiama “Poliziotto buono – Poliziotto cattivo”. In realtà, sono, ovviamente, uniti in termini di sviluppo di principi e strategie per proteggere la Russia da possibili aggressioni.

GEOFOR: E ora un po’ di più sull’Ucraina e la situazione intorno ad essa. Gli analisti russi trovano molte analogie nella situazione in Ucraina di oggi e in quella che c’era in Georgia alla vigilia dell’agosto 2008. Come definirebbe i fattori (interni ed esterni) che potrebbero portare Kiev a decidere di aprire un conflitto armato? E questo a cosa porterà l’Ucraina e l’Europa nel suo insieme? Chi, alla fine, può essere il beneficiario?

Andrej Raevskij: Sì, la situazione è molto simile. E direi anche che la situazione in cui si trova Zelenskyj è peggiore di quella in cui si trovava Saakashvili.

Temo che il suo tasso d’approvazione sia tale che non abbia davvero nulla da perdere. La questione se Kiev deciderà su un conflitto armato aperto implica che Kiev abbia l’opportunità di risolvere qualcosa. Ne dubito molto. Senza ottenere il “via libera” dal “Comitato del Partito Regionale di Washington” Kiev non si muoverà. Quindi, se Kiev si muoverà, avverrà, perlomeno, in presenza di un ordine “tacito” – nemmeno di consenso – quando l’Occidente darà il comando “Attaccare!”. Poche persone in Occidente si preoccupano che Kiev venga poi “presa a calci in culo”.

Ma la cosa più importante in questo contesto è ricordare che l’obiettivo non è “liberare l’ORDLO dai moscoviti” (Nota: “ORLDO[in inglese] è l’attuale termine legale ufficiale ucraino per la LDNR) o “ripristinare la democrazia e l’integrità territoriale dell’Ucraina” e così via. L’obiettivo è costringere la Russia a invadere apertamente l’Ucraina e ad iniziare una guerra: in modo che non si possa negare, così da affogare totalmente i progetti energetici tra Russia e UE e rendere l’UE completamente dipendente, prima di tutto, dal gas di scisto e altri vettori energetici americani. E per raggiungere questi obiettivi, l’Ucraina non ha bisogno di alcuna vittoria, basta dire: “Ecco, questi malvagi “uomini verdi” di Putin hanno conquistato ancora più territorio! Oh, quanto sono cattivi!”

Possiamo dire che da un punto di vista militare la Russia vincerà molto rapidamente. Ma dal punto di vista politico, sarà una vittoria per gli Stati Uniti.

GEOFOR: Ritiene possibile che, con il supporto simbolico della NATO nel Mar Nero, nonché la presenza di vari istruttori americani, britannici e di altro tipo a terra, Kiev decida una provocazione militare non nel Donbass, ma nel Mar Nero? Dopotutto, è noto che tutti stanno aspettando l’offensiva militare ucraina nell’est del paese e perché, ad esempio, Zelenskyj non segue il percorso del suo predecessore Poroshenko, che ha inviato navi a sfondare lo Stretto di Kerch e, creando una situazione conflittuale, ha interrotto l’incontro già concordato tra Donald Trump e Vladimir Putin? Inoltre, si sta preparando il secondo incontro dei presidenti russo e americano quest’anno…

Andrej Raevskij: Sì, una simile provocazione nel Mar Nero è molto probabile. Basti ricordare quando le navi ucraine hanno cercato di passare lo Stretto di Kerch. Ed era senza alcuna presenza di americani. Certo, è possibile. Penso che non solo sia possibile, ma accadrà sicuramente.

E se ci sono davvero piani per organizzare un incontro tra Biden e Putin, allora gli ucraini hanno pochissimo tempo a disposizione. A dicembre gli americani convocheranno il loro “Forum per la Democrazia”, poi ci sono le vacanze…

Se ci sarà questo incontro [avvenuto il 7 dicembre scorso, NdT] – e non sappiamo se ci sarà – potrebbero esserci molte cose che potrebbero minarlo. Per i sostenitori della guerra – sia negli Stati Uniti che in Ucraina – questo è un momento molto importante da non mancare.

GEOFOR: E in conclusione. Se è probabile che le consultazioni russo-americane in corso (l’arrivo del Vicesegretario di Stato e del Direttore della CIA a Mosca, ad esempio) e il dialogo tra i due leader, che, si spera, avrà luogo, porteranno ad almeno una certa stabilizzazione, sia intorno al problema ucraino che nelle relazioni bilaterali. Quali problemi potresti evidenziare?

Andrej Raevskij: Queste consultazioni sono molto importanti, e questo è uno sviluppo molto desiderabile della situazione perché i funzionari americani di questo livello non sono andati due volte a Mosca per presentare una sorta di ultimatum.

Per presentare un ultimatum, puoi semplicemente usare un console.

Per fare ciò, non è assolutamente necessario inviare a Mosca i massimi rappresentanti delle autorità americane.

Le conversazioni che hanno avuto luogo – qualunque fossero – sono andate dritte al punto. E sono state serie. Finché entrambe le parti parlano, almeno non sparano. E questo è molto auspicabile.

E possiamo solo sperare che continuino in futuro.

Certo, gli americani sono il nemico più pericoloso per la Russia. Questo deve essere capito.

Questo non è un raduno con un menu “a base di vodka e aringhe” per fare quattro chiacchiere. Né è un incontro amichevole.

Ma questo è un dialogo diretto di chi può davvero prendere decisioni in una situazione difficile, e influenzare la situazione.

E per questo è molto importante.

Pertanto, non c’è bisogno di cadere nell’errore in cui cadono molto spesso gli americani quando dicono: “Non parliamo con questo e quello”. Non parliamo con i terroristi, non parliamo con stati e “regimi” che non riconosciamo. Questo è un errore molto grande.

Devi parlare con tutti, spesso anche coi nemici più feroci.

 

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Pubblicato il 5 dicembre 2021 su The Saker.is
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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