Il Presidente della Russia Vladimir Putin: Come siete finiti in questo posto [Kovrov, nella regione di Vladimir]? Questa è solo una piccola città di provincia. In questi giorni, si possono trovare francesi in qualunque parte della Russia, in ogni villaggio. Tutto ciò è un bene e ci fa piacere vederlo.
Domanda (ritradotta): Signor Presidente ci può spiegare perché non è andato a Parigi?
Vladimir Putin: È molto semplice. Avevamo pianificato di tenere una cerimonia ufficiale a Parigi per l’apertura del centro di cultura e religione russa recentemente costruito. Però abbiamo valutato che questo non era il miglior momento per gli incontri ufficiali, data la reciproca incomprensione, per dirla con leggerezza, che abbiamo circa gli eventi in Siria, e in modo particolare sulla situazione di Aleppo. Ma noi siamo sempre aperti, naturalmente, a qualsiasi contatto e dialogo su questa materia.
Domanda: Questo è proprio quello che i francesi avevano sperato di fare, usare questa opportunità per discutere la situazione in Siria, ma è per questo che lei ha rinunciato alla visita.
Vladimir Putin: Vede, non è che noi abbiamo rinunciato alla visita, ma ci è stato semplicemente detto che la ragione principale per la visita, cioè l’apertura del centro religioso e culturale, non era appropriata in questo momento. Ma se la ragione principale per la mia visita a Parigi non è appropriata, allora troveremo probabilmente altre occasioni per incontrarci e discutere sulla Siria. Noi non abbiamo posto alcuna limitazione riguardo questa materia e siamo aperti al dialogo.
Ci è stato semplicemente fatto sapere che adesso non è il momento opportuno per gli eventi che erano stati programmati, questo è tutto. Noi non abbiamo rinunciato alla visita.
Domanda: Molti rappresentanti occidentali, inclusi [il Segretario di Stato Statunitense John] Kerry, [il Ministro degli Esteri Francese Jean-Marc] Ayrault e perfino [il Presidente Francese] Francois Hollande hanno usato una retorica dura contro la Russia riguardo le incursioni aeree su Aleppo, quelle che hanno colpito obiettivi civili e perfino ospedali. Alcuni hanno perfino usato espressioni come “crimini di guerra”. Quale è la sua risposta ad essi?
Vladimir Putin: direi che questa è retorica politica senza molto significato, e non prende in considerazione la situazione reale in Siria. Lasciatemi spiegare cosa intendo.
Credo profondamente che qualche responsabilità per quel che sta accadendo nella regione in generale e in Siria in particolare sia da attribuirsi ai nostri partner occidentali, soprattutto agli Stati Uniti e i suoi alleati, inclusi i principali paesi europei.
Ci si ricorda di come tutti corsero al sostegno delle primavere arabe? Dov’è ora tutto quell’ottimismo? Come sono andate a finire? Ci si ricorda di com’erano la Libia o l’Iraq prima che queste nazioni e le loro organizzazioni fossero distrutte come entità statali uniche dalle forze dei nostri partner occidentali?
Sicuramente queste non erano esempi di democrazie nel senso che noi oggi diamo a questa parola, e probabilmente c’era una necessità ed una possibilità di influenzare le organizzazioni di questi stati, le strutture dello stato e la natura di quei regimi. Ma, qualunque fosse il caso, questi stati non mostravano segni di terrorismo, essi non erano una minaccia per Parigi, per la Costa Azzurra, per il Belgio, per la Russia o per gli Stati Uniti.
Adesso, essi sono le sorgenti delle minacce terroristiche. Il nostro obiettivo è quello di risparmiare la stessa sorte alla Siria.
Conosco la vostra domanda sui rifugiati. Volevate chiedere questo, vero? Anche se non è così, lasciatemi spiegare lo stesso questa situazione. Ricordiamoci che il problema dei rifugiati è iniziato molto prima che la Russia cominciasse i suoi sforzi per normalizzare e stabilizzare la situazione in Siria. La migrazione di massa delle persone provenienti da grandi estensioni del Medio Oriente ed anche dall’Africa e dall’Afghanistan è iniziata prima che cominciassero le nostre operazioni in Siria.
Non ci sono giustificazioni per accusare la Russia di essere la responsabile del problema dei rifugiati. Il nostro scopo, al contrario, è quello di creare le condizioni affinché le persone possano ritornare alle loro case.
E riguardo la situazione umanitaria ad Aleppo, abbiamo scordato tutti di come in Afghanistan le forze americane abbiano lanciato incursioni aeree che colpirono un ospedale e uccisero, fra gli altri, gente di Medici Senza Frontiere? Intere feste di matrimonio con centinaia di persone sono state bombardate in Afghanistan. Guardiamo quello che è recentemente successo in Yemen, dove un singolo attacco ha ucciso 170 persone e ne ha ferite 500 ad una cerimonia funebre.
La triste realtà è che dovunque avvengono le operazioni militari, la gente innocente soffre e muore. Ma noi non possiamo permettere ai terroristi di nascondersi fra quei civili usati come scudi umani. Noi non possiamo permettere loro di ricattare il mondo intero quando prendono ostaggi, uccidono o tagliano le teste alle persone.
Se vogliamo vincere la lotta al terrorismo, noi dobbiamo combattere i terroristi e impedire loro di prendere il sopravvento, non dobbiamo vacillare né ritirarci.
Domanda: Signor Presidente, il problema è che i Francesi non capiscono perché state bombardando questa gente che voi chiamate terroristi. Dopo tutto, è stato l’ISIS ad averci attaccato, ma non ci sono forze dell’ISIS ad Aleppo. Questo è ciò che i Francesi non capiscono.
Vladimir Putin: Mi lasci spiegare. È un altro gruppo terroristico, Jabhat al-Nusra, che controlla la situazione ad Aleppo. Questo gruppo è stato sempre considerato un’ala di Al Qaeda ed è incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dall’ONU.
Ciò che noi troviamo particolarmente deprimente e difficile da capire è il fatto che i nostri partner, specialmente gli Americani, siano sempre alla ricerca del modo per escludere questo gruppo dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Lasci che le dica il perché. A noi pare che i nostri partner stiano ripetendo sempre lo stesso errore, quello di voler usare il potenziale di combattimento di queste organizzazioni di terroristi e radicali per perseguire i propri fini politici, in questo caso combattere il Presidente Assad e il suo governo, e non realizzano che essi non possono essere messi semplicemente a riposo e fatti vivere sotto le regole civili dopo che hanno assaggiato la vittoria su qualcuno.
Abbiamo raggiunto ripetuti accordi con gli Americani riguardo il separare Jabhat al-Nusra e consimili dalle cosiddette sane forze di opposizione. Loro si son detti d’accordo sulla necessità di tale separazione. Come non bastasse, ci siamo perfino accordati su precisi limiti temporali, ma niente è stato fatto, da mesi ormai.
Recentemente abbiamo raggiunto un accordo per il cessate il fuoco, l’accordo per il D-day come dicono i nostri amici americani. Ho personalmente insistito che prima di tutto fosse risolta la questione della separazione di Jabhat al-Nusra e gli altri terroristi dalle sane forze di opposizione e, poi, si sarebbe potuto dichiarare il cessate il fuoco.
Ma gli Americani hanno insistito che prima si doveva dichiarare il cessate il fuoco e poi essi si sarebbero presi la briga di separare i terroristi dai non terroristi. Alla fine, come nostra concessione, ci siamo trovati d’accordo sulle loro proposte e il 12 settembre dichiarammo un giorno di tregua e di cessazione delle ostilità. Il 16 settembre, gli aerei americani lanciarono una incursione contro le forze armate siriane che uccise 80 persone.
Inoltre, subito dopo il raid aereo, l’ISIS lanciò una offensiva proprio in quegli stessi luoghi. I nostri colleghi americani ci dissero che l’incursione era stata fatta per errore. Questo errore è costato la vita ad 80 persone e, giusto forse per combinazione, l’ISIS è passata all’offensiva subito dopo.
Allo stesso tempo, nei bassi ranghi, al livello operativo, uno del personale militare americano ha detto, abbastanza francamente, che avevano impiegato numerosi giorni per preparare questa incursione. Come è possibile che sia stato un errore se erano diversi giorni che la stavano preparando?
È in questo modo che è stato rotto il nostro accordo sul cessate il fuoco. Chi ha rotto l’accordo? Siamo stati noi? No.
Domanda: Si sta discutendo la possibilità di una nuova guerra fredda, ma c’è almeno un Americano a cui lei piace, Donald Trump. Quale è la sua opinione su di lui? Le piace?
Vladimir Putin: A noi piace chiunque. L’America è una grande nazione e gli Americani sono gente interessante, amichevole e piena di talento.
Noi lavoreremo con chiunque sia eletto dagli Americani. Naturalmente è più facile lavorare con quelli che hanno voglia di farlo con te. Se Trump dice di voler lavorare con la Russia, noi lo apprezziamo, ma ci deve essere mutua onestà.
Vedete, tutti parlano degli accessi umanitario ad Aleppo, tutti cercano di convincerci che noi dovremmo realizzarli. Ma non c’è bisogno che provino convincerci, perché lo crediamo anche noi, crediamo che un convoglio umanitario debba essere mandato là. Ma come può essere fatto? C’è una sola strada da cui possono passare i convogli, con i militanti su un lato e l’esercito siriano sull’altro. Noi sappiamo della provocazione, l’attacco ad uno dei convogli, e sappiamo per certo che l’attacco è stato portato da un gruppo terroristico.
Noi abbiamo suggerito che i militanti e l’esercito siriano si ritirino entrambi dalla strada, fornendo così un transito sicuro per i convogli umanitari.
Tutti si sono trovati d’accordo e l’idea è stata pure messa su carta, e non è successo niente, nessuno dei nostri partner fa alcunché. Loro o non vogliono o non possono ritirare i militanti. Io non so qual’è delle due.
È stata fatta una proposta esotica, sto per sorprendere voi e il vostro pubblico. È stato proposto che le nostre unità armate, personale militare russo, siano dispiegate lungo la strada per assicurare il transito sicuro. I militari russi, gente coraggiosa e decisa, hanno detto che l’avrebbero fatto.
Ma io ho detto loro che questo può essere solo fatto insieme agli Stati Uniti e ho ordinato loro di fare la proposta. Noi l’abbiamo proposto e loro [gli Americani] hanno subito rifiutato. Essi non vogliono dispiegare proprie truppe là, ma non vogliono neanche ritirare indietro quei gruppi di opposizione, che sono in realtà dei terroristi. Cosa possiamo fare in questa situazione?
Dobbiamo accrescere la fiducia reciproca e ammettere che queste sono minacce comuni ed è solo insieme che potremo limitarle e sradicarle.
Noi abbiamo legami molto buoni con i servizi di controspionaggio francesi, essi lavorano veramente sulla stessa lunghezza d’onda. Ciò è vero per i nostri esperti dell’antiterrorismo e le loro controparti in Francia e in numerose altre nazioni europee. Ma non sempre è così.
Per esempio, mandiamo ai nostri partner americani delle informazioni e spesso non riceviamo nessuna risposta. Qualche tempo fa, mandammo delle informazioni sui fratelli Tsarnaev [autori poi dell’attentato alla maratona di Boston, il 15 aprile 2013]. Mandammo un primo documento senza ricevere risposta, ne mandammo un altro e ci risposero che non era affar nostro, che loro adesso erano cittadini statunitensi e che ci avrebbero pensato loro.
Il risultato fu un attacco terroristico negli Stati Uniti. Non è questo un buon esempio di come ci rimettiamo tutti se non cooperiamo in questa area sensibile?
Dovremmo essere occupati non con la retorica politica ma con la ricerca di soluzioni per la situazione, inclusa la Siria. Che soluzioni ci sono per essa? C’è una sola soluzione, convincere tutte le parti in causa a prendere la strada degli accordi politici.
Io ho raggiunto un accordo con il Presidente Assad, e lui ha accettato di percorrere la strada dell’adozione di una nuova costituzione e di tenere elezioni in base ad essa. Ma non siamo riusciti a convincere nessun altro a percorrere questa strada.
Se le persone non votano per il Presidente Assad, ci potrà allora essere un cambio di potere democratico, ma senza l’aiuto di interventi armati dall’esterno e sotto lo stretto controllo internazionale, sotto la supervisione dell’ONU. Io non capisco chi possa trovare inaccettabile questa soluzione.
È una soluzione democratica alla questione del potere nel paese. Noi continuiamo ad essere ottimisti e speriamo di riuscire, alla fine, a persuadere i nostri colleghi e partner che questa è la sola possibile soluzione al problema.
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Intervista di TF1 a Putin apparsa su PresidentOfRussia il 12 ottobre 2016
Traduzione in italiano di Fabio_San per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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