Questa è la traduzione in lingua italiana della nuova intervista rilasciata dall’analista politico Americano Andrew Korybko alla giornalista Marija Kotovska dell’agenzia Macedone NetPress, che è stata pubblicata in esclusiva, nella sua originale interezza, in lingua inglese, dal sito Oriental Review.
Korybko delinea una panoramica generale della Guerra Ibrida nei Balcani, illustra le linee di tensione locali, etniche e politiche, sollecitate dagli attori internazionali interessati, mette in guardia la comunità Albanese in Macedonia dal farsi adoperare come un agente di destabilizzazione, e confronta il Primo Ministro Macedone Nikola Gruevski con… Vladimir Putin.
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D: Secondo certe informazioni nei media sia Macedoni che Serbi, i servizi di controspionaggio Russi mettono in guardia dall’intenzione dell’Occidente di provocare una Guerra dei Balcani, con una spirale di violenza che si dispiega a Skopje, a Banja Luka ed a Belgrado. La loro idea è di “mostrare” che i governi della Macedonia, della Republika Srpska, e della Serbia sono “deboli”, ed hanno bisogno di “aiuto” straniero, o di un intervento, o come altro vogliono chiamare i tentativi di manipolare e di controllare altri paesi e nazioni. Può condividere con i nostri lettori maggiori informazioni a questo riguardo ?
Grazie ancora Marija, per avermi dato l’opportunità di parlare con i vostri lettori; è sempre un onore. Mi piacerebbe cominciare ricordando a tutti l’assetto geopolitico dei Balcani Centrali che ho proposto l’anno scorso, nel quale suggerivo che la Republika Srpska, la Serbia e la Repubblica di Macedonia, sono destinate nei prossimi anni a condividere lo stesso destino strategico. Questo perché nessuno di questi stati fa parte dell’Europa Unita o della NATO, ed anche perché due di loro – Serbia e Macedonia – hanno in programma di ospitare progetti multipolari di Russia e Cina per infrastrutture di collegamento transnazionali, e cioè rispettivamente un gasdotto ed una ferrovia ad alta velocità.
Ho già abbondantemente spiegato in precedenti interviste ed articoli perché questi mega progetti siano così importanti, ma per riassumerlo una volta di più, la loro positiva conclusione darebbe alle Grandi Potenze multipolari la facoltà di arrivare fin dentro il cuore dell’Europa, ed aiuterebbe a spostare la UE più vicino all’ordine mondiale emergente, e lontano da quello, guidato dagli USA, che esiste ora.
Proprio per questa ragione di trasformazione globale, i Balcani Centrali sono, secondo il mio pensiero, la regione più importante d’Europa oggi, ed uno dei luoghi più cruciali nel mondo intero.
Gli Stati Uniti stanno perseguendo una politica a doppio binario nei confronti dei Balcani Centrali, cercando contemporaneamente di acquisire un’influenza di controllo sopra i tre stati che sono nel mirino, ma anche lavorando per destabilizzarli completamente. Potrebbe sembrare schizofrenico agire nello stesso tempo con due obiettivi apparentemente contraddittori, ma in realtà c’è parecchia logica in questo, se vi prendete la briga di ragionarci.
A Washington piacerebbe poter prendere il controllo di questi governi, in modo da poter poi esercitare un’influenza indiretta sul progetto proposto dalla Russia del gasdotto Balkan Stream, e sul progetto della Cina della ferrovia ad alta velocità Via della Seta Balcanica, o addirittura cancellarli completamente, ma se non dovesse riuscirci, non avrebbe alcuno scrupolo a gettare questi paesi nel caos, allo scopo di contrastare questi progetti.
In questo senso gli USA cercano di ottenere una strategia win-win, per mezzo della quale, o avere il controllo di questi megaprogetti Balcanici, o distruggerli, strategia che in entrambi i casi lavora per il prioritario tornaconto strategico unipolare di Washington.
Tutta l’attuale instabilità e l’incertezza che ci sono nei Balcani Centrali, sono perciò collegate a questo imperativo strategico che gli USA stanno portando avanti così attivamente nella regione. Oltre ad adoperare delle tecniche “normali” di Guerra Ibrida, come la destabilizzazione informativa ed economica, gli USA stanno ricorrendo anche a tecniche “anomale”, come la Crisi dei Migranti che è transregionale, ed altre misure più specifiche per ciascuno degli stati nel mirino.
Tutto quello che io sto per dire ai nostri lettori a questo riguardo, è descritto in modo dettagliato nella mia collana su Oriental Review “La Legge delle Guerre Ibride”, in cui ho ultimamente cominciato a pubblicare la Porzione Balcanica delle mie ricerche.
Iniziando con la Republika Srpska, gli USA sostengono le misure separatiste, unilaterali ed aggressive del loro agente, Sarajevo, miranti alla revisione degli Accordi di Dayton, per ridurre progressivamente la sovranità, costituzionalmente sancita, di Banja Luka, con l’obiettivo di cancellarla dalla mappa.
Fino ad oggi sono state usate misure forti, ma solo informative ed istituzionali, di Guerra Ibrida, ma è scontato che nel futuro prossimo saranno introdotte strategie più pressanti. Per esempio, noi possiamo già osservare gli inizi di un movimento di Rivoluzione Colorata, che comincia a prendere forma a Banja Luka ed in altre fra le città maggiori della Republika Srpska, e questo sviluppo è stato naturalmente preordinato in modo meticoloso, e non è per nulla un evento occasionale.
Inoltre, con l’aggressione istituzionale-informativa che viene condotta contro la Republika Srpska dal centro federale, e con la pressione che viene esercitata localmente da parte del nascente movimento della Rivoluzione Colorata, l’ultima cosa di cui la Republika ha bisogno adesso, è una tensione etnico-religiosa tra la sua maggioranza Serbo-Ortodossa e la minoranza Bosniaca / Turco-Musulmana, ma è proprio ciò che sembra che stia prendendo forma adesso.
Ricordando che nell’area, negli anni scorsi, ci sono stati molti incidenti terroristici di piccola entità, così come pochi altri che sono stati bloccati prima che potessero causare danni, è evidente che i terroristi islamici e gli elementi pro-Daesh stanno cercando di riportare la Bosnia in generale, e più in particolare parti della Republika Srpska, sulla linea del fronte del jihadismo militante.
Per di più la Turchia sta tacitamente favorendo questo andazzo, come si può capire dalla recente visita a Banja Luka dell’ex primo ministro Ahmet Davutoglu. Non solo egli ha presenziato alla cerimonia di riapertura di una moschea storica – che, benché venduta sui media Occidentali come foriera di un allentamento delle tensioni, ironicamente è invece servita solo ad esacerbarle – ma addirittura ha detto: “io sono venuto qui per parlare dal mio cuore, non solo a nome mio, ma anche a nome di 78 milioni di Turchi che io qui rappresento. Voi avete 78 milioni di amici che sono con voi e che vi sostengono quando voi siete tristi e quando voi siete felici”.
È evidente che il governo Turco non sta solo proclamando una volta di più che è ritornato nella regione, ma anche che vuole attivamente giocare un ruolo di punta e centrale nel realizzare il modello unipolare dello Scontro di Civiltà di Samuel Huntington, per dividere e governare l’Emisfero Orientale. La Turchia lo sta facendo, promuovendo in modo aggressivo il Salafismo (e cioè l’imposizione dell’Islam in tutti i settori della vita) nei Balcani, proprio in quelle aree dove questo può fare più danni alle relazioni inter-cittadine, come nella capitale della Republika Srpska.
Inoltre la possibile organizzazione di viaggi senza bisogno di visto tra Unione Europea e Turchia, che Ankara vuole ottenere, non farebbe che radicare questa tendenza, formalizzando la Crisi dei Migranti, e lasciandola libera di sfogarsi, ancora contro i Balcani, con specifico riguardo alla Bosnia filo-Turca.
L’obiettivo è quello di suscitare il maggior numero possibile di divisioni interne, in luoghi che hanno solo da poco iniziato il processo di guarigione in modo da grattare via le croste della guerra civile e forzare la Bosnia a sanguinare di nuovo. La visione della Fratellanza Musulmana di Erdogan è di trasformare i Balcani in Medio Oriente, e lui e l’organizzazione terroristica a lui affiliata vedono una Bosnia, che ha identità differenziate, come ancora più vulnerabile alla destabilizzazione fomentata dall’estero, di quanto lo sia mai stata neppure la Siria di prima della guerra.
Geopoliticamente, la Turchia e la sua fanteria Salafita della Fratellanza Musulmana e di altri gruppi terroristi, pensano che la Bosnia è la perfetta bomba a tempo che loro potrebbero attivare per instaurare una Guerra di Civiltà su larga scala tra l’Islam e la Cristianità, tutto nello sforzo congiunto di far tornare indietro la storia e riportare l’influenza Turco-Salafita fino alle porte di Vienna.
Visto dove si trova, un’esplosione di guerra civile in Bosnia avrebbe ovviamente conseguenze dirette per il resto dei Balcani e di tutta l’Europa. Oltre che trascinare forse la Serbia e la Croazia in un rinnovato stato di guerra per procura, in questo campo di battaglia della terra in mezzo a loro, la Bosnia potrebbe anche diventare un centro della jihad, facilmente accessibile, per i Musulmani radicalizzati d’Europa, e per i nuovi arrivati migranti, trasformando così la Bosnia nella “Siria Europea” per tante vie diverse.
E poi c’è la Serbia, che è un caso completamente diverso sia dalla Bosnia, sia dalla Macedonia. Qui, in mezzo ai Balcani Centrali, gli Stati Uniti si sono procurati un punto d’appoggio davvero strategico, anche se non è ancora così solido come Washington vorrebbe che fosse. Per essere schietto, la leadership Serba si è arresa alla NATO, a seguito del recente accordo di transito, che dà all’organismo militare, pieni ed indiscutibili diritti di far passare le sue forze armate attraverso il paese, per qualsivoglia motivo.
Più concretamente, questo potrebbe prendere la forma di un invio di unità della NATO dalla Croazia, attraverso la Serbia, in rotta verso la provincia Serba occupata del Kossovo, come mezzo per intimidire il governo Macedone e rafforzare i terroristi Albanesi. Gli Stati Uniti sono stati capaci di ottenere un tale diritto senza precedenti dal governo Serbo, perché avevano corrotto la maggioranza dei membri più influenti del governo, che a sua volta ha adoperato i media nazionali, influenzati dagli USA e dalle ONG, per tranquillizzare la popolazione e convincere con l’inganno molti di loro ad accettarlo.
Gli USA hanno acquisito questa influenza sopra le autorità (Serbe), grazie alle loro strette relazioni con Vucic (il Primo Ministro, NdT), che, – anche se non ha aderito alle sanzioni anti Russe – è piuttosto amichevole con l’Occidente e con tutto ciò che vi è associato.
Anche se lui dice che la Serbia non aderirà mai alla NATO, questo è in realtà un punto controverso al momento, perché il blocco militare ha già tutto quello che potrebbe mai realisticamente desiderare dalla Serbia, grazie al suo diritto di transito legalmente sancito, ed alla forte influenza sul governo in carica, e senza aver offerto in cambio nessun vantaggio reale o percepito, se non aver dato delle pacche sulla schiena a Vucic, ed avergli detto “Bravo!”.
Per essere onesti, tuttavia, gli Stati Uniti hanno dovuto registrare un po’ la vite, e dare a Vucic un assaggio di quello che sarebbe successo se lui non avesse accettato il loro “affare”, e questo è successo quando un gruppo di musulmani bosniaci arrabbiati ha tentato di ucciderlo, a Srebrenica, la scorsa estate.
Anche se scomodamente era vicino al Occidente anche prima di allora, è stato dopo questo evento che Vucic si è sottomesso ai suoi “partner” Occidentali ed è diventato il collaborazionista che egli è ora, anche se va ricordato che egli conserva ancora qualche traccia di speranza di “indipendenza” grazie alla cooperazione tecnico-militare, agli interessi commerciali, ed alle relazioni diplomatiche del suo paese con la Russia.
Benché la Serbia abbia ancora relazioni strategiche con la Russia, che simbolicamente rappresentano la volontà della maggioranza dei suoi cittadini (anche se potrebbero sostanzialmente essere intensificate in tutti i campi), gli USA potrebbero fare pressione su Vucic perché faccia marcia indietro rispetto a questi impegni, ed entrare in una disastrosa falsa “scelta di civiltà” in stile Ucraino, scegliendo tra l’Occidente e la Russia.
Il prepararsi a fare questo, non solo potrebbe suscitare problemi in Bosnia attraverso i metodi che ho appena citato ed anche incoraggiare un’aggressione ibrida della Croazia contro la Serbia (o direttamente contro la Serbia, o per delega attraverso la Bosnia e Republika Srpska), ma potrebbe anche, ovviamente, riattivare il flagello regionale della “Grande Albania”, cosa che si sta già minacciando di fare nei confronti della Repubblica di Macedonia.
Se si decide di adottare un approccio “più mite” per intimorire Belgrado, si potrebbe continuare ad alimentare le tensioni delle minoranze, a cui la Romania e la Bulgaria hanno recentemente accennato, per quanto riguarda i loro “compatrioti”. Quest’ultima opzione è la meno dirompente sul breve periodo, ma potrebbe portare a ripercussioni a lungo termine molto pesanti, frammentando ulteriormente la cittadinanza Serba sulla base di divisioni etniche favorite dall’estero, rendendo così meno facile che dei membri patriottici della popolazione possano riuscire a sollevarsi pacificamente per opporsi ai loro governi per lo più filo Occidentali, perché essi avrebbero prima molte più sfide immediate e locali con cui confrontarsi (per esempio le insoddisfatte ed indisciplinate minoranze Rumene e Bulgare).
E da ultimo, per quanto riguarda la Macedonia, il paese, con i più cruciali problemi di tutti i Balcani, è devastato da trame multiple di Guerra Ibrida, alcune delle quali sono già maturate, mentre altre si stanno sviluppando in modo latente e sono pronte per i successivi sviluppi. Molti dei miei precedenti articoli ed interviste riguardanti la Macedonia hanno parlato della minaccia di una Rivoluzione Colorata, che crea la copertura per “La Grande Albania”, che è proprio quello che sta accadendo adesso davanti ai nostri occhi.
Proprio di recente sono arrivate dalla comunità Albanese e dai media internazionali influenzati dagli USA e dalle ONG che la sostengono, delle chiacchiere riguardo una possibile “federazione” della Macedonia, che in effetti equivarrebbe ad una spartizione interna, premessa di una spartizione formale internazionale. Niente di tutto questo accade per caso, dal momento che gli attacchi contro le testimonianze culturali e storiche del paese, dimostrano che c’è una guerra concertata, intrapresa contro l’identità della Macedonia, il tutto con l’intento di seminare divisioni e creando apposta un problema etnico divisivo, prima di proporre la “soluzione” già predisposta, del “Federalismo Etnico” suggerito dall’Occidente.
Fino ad ora le “forze di opposizione”, controllate dagli USA, sono “in pausa”, perché devono riposizionarsi dopo la mossa a sorpresa di rinviare le elezioni del 5 giugno, e di riconvocare il disciolto parlamento a maggioranza VMRO (la Vnatrešna Makedonska Revolucionerna Organizacija – Organizzazione Rivoluzionaria della Macedonia Interna, è un’organizzazione politica sorta nel 1893 a Salonicco per liberare la Macedonia dal giogo dell’allora esistente Impero Ottomano, il cui attuale leader, Nikola Gruevski ha vinto tutte le ultime quattro elezioni politiche tenutesi a partire dall’anno 2006 – NdT), ma una volta che loro ed i loro mandanti stranieri si saranno ricalibrati alla nuova realtà che c’è sul terreno, ci si aspetta che vorranno continuare a fare pressioni per destabilizzare il paese e fondere il movimento della Rivoluzione Colorata con quello nazionalista della Grande Albania.
Insieme, entrambi questi gruppi potranno facilmente proporre la “federalizzazione”, come parte della loro piattaforma congiunta, con il sottile sottinteso che se il governo non dovesse capitolare davanti alle loro richieste (che prima o poi ovviamente comporterebbero il cambio del nome costituzionale della Repubblica di Macedonia, per riflettere in prospettiva la nuova entità federalizzata) allora la situazione potrebbe velocemente diventare violenta e condurre ad un’altra esplosione del terrorismo di matrice Albanese.
Gli Stati Uniti ed i loro alleati sul terreno avevano preparato questo tipo di minaccia “win-win” da puntare contro le autorità Macedoni, ma poi il Presidente Ivanov ed il governo, grazie a quest’ultimo annuncio, hanno brillantemente cambiato la situazione ed hanno disgregato la convergenza tra la Rivoluzione Colorata ed i movimenti nazionalisti Albanesi.
In risposta, lui ed il governo hanno guadagnato del tempo strategicamente prezioso, mentre entrambe queste forze anti-governative sono costrette ad adattarsi alla nuova situazione e modificare le loro strategie meticolosamente pianificate. Cambiando bruscamente la situazione politica, in particolare in un modo così intelligente come la riconvocazione del parlamento a maggioranza VMRO, il Presidente Ivanov e il Presidente del Parlamento hanno scongiurato un’escalation imminente del movimento per il cambio di regime e quella che sarebbe altrimenti stata la sua imminente progressiva evoluzione da una Rivoluzione Colorata a una guerra non convenzionale (o lo svilupparsi di una Guerra Ibrida, in riferimento alla originale teoria originale dell’autore in questa materia).
Per mettere tutto in una prospettiva geopolitica più ampia e tornare ai temi prima citati, all’inizio di questa intervista, la Repubblica di Macedonia è in prima linea nella Nuova Guerra Fredda e nelle connivenze unipolari degli Stati Uniti che cercano contemporaneamente o di sabotare o di ottenere il controllo dei progetti di infrastrutture di collegamento transnazionali attraverso i Balcani Centrali, proposte dal mondo multipolare.
Quello che sta accadendo in Macedonia determinerà il corso degli eventi anche più “a monte”, nel senso che se si continua a resistere con successo all’aggressione asimmetrica della Guerra Ibrida degli Stati Uniti, e Washington si rende conto che non può guadagnare un’influenza di controllo sul paese, e di conseguenza sui progetti che attraversano il suo territorio, allora o cercherà di distruggere completamente la Macedonia in un impeto vendicativo di “politica della terra bruciata” (per impedire a Russia e Cina di usarlo come uno stato di transito collaborativo) e / o intensificherà i suoi schemi di destabilizzazione contro la Republika Srpska e la Serbia.
D: Adesso è più che chiaro che alla maggior parte delle ONG Occidentali in Macedonia, ma anche negli altri paesi, viene assegnato il compito di rovesciare i governi recalcitranti, che non sono disposti a rompersi la schiena per piegarsi alle richieste di Washington e di Bruxelles andando contro i loro interessi nazionali. Al tempo stesso abbiamo gli ambasciatori Occidentali che cercano di interferire e di controllare ogni aspetto degli affari interni del paese, mentre funzionari Occidentali hanno chiarito che loro non intendono accettare lo svolgimento delle elezioni, cioè che vogliono continuare ad ignorare la volontà della maggioranza del popolo Macedone. Cosa ne pensa lei del modo in cui la Macedonia sta combattendo questo secondo tempo della Rivoluzione Colorata?
La prima cosa che ho bisogno di dire è che il popolo Macedone ha dimostrato un notevole autocontrollo nel resistere alle molte provocazioni della “opposizione”. Io non riesco neanche ad immaginare quanto una persona media si debba sentire arrabbiata dopo avere visto i suoi luoghi storici prediletti profanati e vandalizzati come è avvenuto nel mese scorso. Sono sicuro che colpisce il cuore di ogni singolo Macedone, ma tutti i cittadini patrioti sanno che qualunque persona civile nel mondo è altrettanto disgustata di quello che sta vedendo. Non ho dubbi che i cittadini di molti altri paesi risponderebbero con la violenza a queste provocazioni, e cadrebbero esattamente in quello che vogliono sia la “opposizione”, sia i loro protettori stranieri, e dunque io ho molto rispetto per il popolo Macedone che si guarda bene dall’abboccare a queste esche tentatrici.
L’altra cosa che mi piacerebbe commentare sono le attività del GDOM (Movimento dei Cittadini per la Difesa della Macedonia), che ha fatto un lavoro sbalorditivo nel dimostrare i pro ed i contro della tecnica anti-Rivoluzione Colorata.
Per portare subito a regime il lettore, io ho pubblicato recentemente un’analisi esclusiva per The Saker, su come l’uso disciplinato e selettivo di alcuni aspetti della strategia della Rivoluzione Colorata potrebbe servire sia a contrastare questa tecnica (come in Macedonia), sia per fare una pacifica pressione sui governi che si avvicinano troppo pericolosamente all’Occidente (come in Serbia e specialmente in Montenegro).
Il GDOM ha dimostrato con successo che i piani di cambio di regime degli USA possono essere intelligentemente contrastati per mezzo di movimenti patriottici di “rafforzamento del regime” che rendono difficile la messa in atto delle Rivoluzioni Colorate, e rendono ancor più difficile, per gli elementi ostili stranieri, riuscire a dividere la società. Il GDOM ha mobilitato le comunità in tutto il paese, ed ha potentemente mostrato la differenza di supporto popolare tra i grandi gruppi nazionali di sostenitori del governo, e la sparpagliata combriccola di protestanti di “opposizione” al governo, presenti solo a Skopje.
Passando per un momento a considerare il comportamento del governo, anch’esso è certamente degno di lode per avere esercitato un analogo livello di paziente autocontrollo nel trattare con una “opposizione” così profanatrice. Mentre alcuni lo hanno criticato per non avere ordinato di dare una risposta più ferma ai criminali, queste voci potrebbero non essere consce del fatto che coloro che attuano le Rivoluzioni Colorate ed i loro sostenitori, sistematicamente cercano di provocare proprio queste reazioni del governo, allo scopo di alimentare in modo fraudolento un intenso risentimento anti-governativo (che sia vero, o presunto, o esagerato).
Ogni volta che dei governi minacciati da una Rivoluzione Colorata rispondono troppo duramente o con la forza ai danni dei rivoltosi, rischiano di cadere senza accorgersene in una trappola per cui le loro tattiche di dispersione della protesta ed altre simili risposte, sono fotografate, videoregistrate e largamente diffuse sui social media in modo fuorviante e decontestualizzato.
Più spesso che no, esse sono trasformate in promemoria e fatti di cronaca “virali” che pretendono di mostrare “brutalità non provocate di Governo / Polizia contro innocenti dimostranti disarmati!” anche se c’è una probabilità molto alta che la cosa non stesse affatto così. Il punto centrale di una tale farsa è di alimentare il sentimento anti-governativo tra la popolazione messa nel mirino, e la comunità internazionale (Occidentale), al fine di accelerare la Guerra Ibrida contro il paese e gettare delle false basi per l’imposizione di un regime di sanzioni punitive contro le autorità recalcitranti.
Finalmente, abbiamo la risposta politica del governo alla rivoluzione Colorata, che è ingegnosa, se posso dire così. Mentre l’annuncio di avere rinviato le elezioni del 5 giugno potrebbe avere colto di sorpresa qualcuno, ed inizialmente essere stato visto come una resa alla “opposizione”, in realtà non è proprio questo il caso, perché uno sguardo più attento a tutto ciò che è stato annunciato, rivela che viene così ripristinato il vecchio parlamento a maggioranza VMRO. Questo in effetti ha lasciato la “opposizione” senza una strategia qualsiasi, perché loro non avevano proprio previsto che il Presidente Ivanov avrebbe fatto questa mossa inattesa. Mentre sembrava cedere alle loro richieste rinviando le elezioni, egli in realtà li ha fregati, ripristinando il precedente governo. Loro non hanno più alcun potere, che ironicamente è quello che sarebbe successo comunque se le elezioni fossero state fatte, specialmente vedendo come il VMRO nei sondaggi pre-elettorali abbia superato nel rapporto di 3:1 l’SDSM (Socijaldemokratski Sojuz na Makedonija – Unione Socialdemocratica di Macedonia, è il partito antagonista del VMRO, a cui si appoggiano l’Unione Europea e gli Usa per guidare la Rivoluzione Colorata in corso. Il suo leader, Zoran Zaev aveva perso le elezioni del 27 aprile 2014 con il 26,22% dei voti, contro il 44,47% di Nikola Gruevski, e si era poi rifiutato di riconoscere la vittoria dell’avversario. NdT).
I forti movimenti patriottici della società civile che si sono riuniti a sostegno del governo, sono stati fondamentali nella sua decisione di ritornare al Parlamento originario, ed anche nel convincere le autorità che avevano l’appoggio della gente per farlo, che è l’essenza della vera democrazia.
A livello tattico le mosse del Presidente Ivanov sono arrivate proprio al momento giusto, ed hanno impedito che il movimento della Rivoluzione Colorata si saldasse con quello emergente dei nazionalisti Albanesi, per portare il paese molto vicino ad una violenta Guerra Ibrida. In questo momento sia le forze della Rivoluzione Colorata, sia quelle dei nazionalisti Albanesi sono rimaste senza alcuna concreta strategia perché i piani che loro avevano progettato in precedenza, sono completamente naufragati. Perciò devono aspettare nuovi ordini dagli Stati Uniti, che stanno freneticamente cercando di improvvisare una strategia temporanea per rispondere all’abile manovra del governo.
Riesaminando la reazione dell’Ambasciata Americana a questa faccenda, si può prevedere che Washington potrebbe cercare di andare avanti con i piani già menzionati di “federalizzazione” anche se forse non subito, ma solo dopo aver formulato un approccio più chiaro a questo problema. Il motivo per cui può essere fatta una simile previsione, è l’inclusione della frase altamente simbolica su come “ difficili riforme …devono essere inclusive e tener conto delle prospettive dei partiti di opposizione e della società civile”. Benché si possa interpretare questo come piegarsi alla “opposizione” della Rivoluzione Colorata, può anche essere visto come un segnale ai nazionalisti Albanesi, che erano già sul punto di fondersi con questo gruppo.
È importante adesso puntualizzare che non c’è nessuna ragione obiettiva perché alcuni Albanesi vogliano “federalizzare” (divisione dall’interno) il paese, se non per una sbagliata volontà nazionalista di cercare di replicare il tragico scenario del Kossovo e costruire la Grande Albania. Nessun gruppo di minoranza al mondo ha dei diritti meglio sanciti costituzionalmente degli albanesi che vivono nella Repubblica di Macedonia. L’unica spiegazione possibile perché alcuni membri di questa etnia potrebbero desiderare di mobilitarsi per avere privilegi ancora più generosi di quanti già ne hanno, e quindi rischiare di gettare il paese nel caos e perdere tutti i vantaggi che avevano, è a causa della influenza di attori esterni che non si curano sinceramente del loro benessere, come i nazionalisti con basi in Albania ed i governi Albanese, Turco e Americano.
Questi paesi non riconoscono il fatto che gli Albanesi di Macedonia hanno una migliore qualità di vita e più diritti garantiti costituzionalmente di qualunque altra comunità di Albanesi in qualunque altra parte del mondo ( inclusa l’Albania stessa ), ed invece cercano pericolosamente di indurli a credere che si trovino in una situazione esattamente opposta, e di essere vittime di “oppressione sistematica”.
Questi agenti provocatori cercano di influenzare gli Albanesi di Macedonia a riprodurre lo scenario del Kosovo, nel quale i Kosovari avevano sacrificato tutti i loro precedenti vantaggi al fine di avere un’entità separatista, “un mancato stato” che essi possono rivendicare nazionalisticamente come loro.
Nessun Albanese che si rispetti e che sia equilibrato avrebbe mai voluto che la sua comunità seguisse le orme aberranti del modello “Kosovo”, specialmente dopo che gli erano stati assicurati tutti i vantaggi istituzionali che loro hanno nella Repubblica di Macedonia e dunque l’unico modo per manipolare questa etnia ed indurla a lavorare per la sua stessa rovina, è quello di tenersi stretto il sogno irrazionale della “Grande Albania”, come mezzo per sfruttare le loro emozioni, e fargli fare mosse contrarie al loro stesso interesse.
Per quanto gli Stati Uniti ed i loro alleati (comprese le ONG) abbiano potuto far diventare eccitati ed arrabbiati alcuni membri della comunità Albanese, non c’è più per fortuna un evento che possa fare da innesco per esprimere la loro rabbia, né c’è un quadro coerente per renderla concreta. La rivoluzione Colorata ha dovuto prendersi una breve pausa, in attesa di istruzioni su come procedere nella nuova situazione strategico-politica che il presidente Ivanov ha creato, e le elezioni del 5 giugno scorso, che sarebbe diventato il giorno più drammatico delle loro proteste, sono ora state rinviate a tempo indeterminato.
In un colpo solo, il governo Macedone, con il pieno sostegno delle masse patriottiche che formano il suo supporto popolare, ha temporaneamente neutralizzato sia la Rivoluzione Colorata, sia coloro che si sono alleati nella prospettiva della “Grande Albania” – “Federalizzazione” – Spartizione dall’interno, privandoli entrambi della “scusa” per scendere in piazza, e così spogliandoli di ogni plausibile legittimazione che essi possano avere erroneamente pensato di poter avere agli occhi degli osservatori internazionali.
Non si può dire che entrambe queste minacce sono state risolte in modo permanente – ci sono ancora, e probabilmente molto presto ritorneranno a cercare di vendicarsi – ma esse per ora sono state messe da parte con quella che inequivocabilmente rappresenta una sbalorditiva vittoria da parte del governo Macedone, che ha sviato l’escalation della crisi della Guerra Ibrida progettata dagli USA.
D: In questi ultimi tempi noi vediamo l’intero armamentario mediatico della propaganda Occidentale che attacca aggressivamente il governo del VMRO, e l’obiettivo principale sembra essere il suo leader Nikola Gruevski. Questa demonizzazione di Gruevski viene fatta in un modo molto simile a quanto è stato fatto per anni con il Presidente Russo Vladimir Putin. Per esempio loro chiamano Gruevski “dittatore”, benché il suo indice di gradimento sia di 6 volte maggiore di quello del leader dell’opposizione Zoran Zaev. Quali sono le rispettive caratteristiche che hanno reso sia Putin sia Gruevski dei “nemici” così grandi dell’Occidente?
La più importante caratteristica che l’ex-Primo Ministro Gruevski ed il Presidente Putin hanno in comune è che sono dei patrioti conservatori, nel senso che entrambi enfatizzano i valori tradizionali, la storia nazionale, e la difesa della sovranità dello stato. Entrambi i leader sono anche multipolari, nella loro visione globale e per la gestione preferenziale di partnership estere equilibrate.
Gruevski sta lavorando sia con l’Occidente (EU ed USA) sia con l’Oriente (Russia e Cina), e Putin sta facendo qualcosa di molto simile (a dispetto delle sanzioni anti-Russe – controllate dagli USA – dell’Europa). Per di più, i due personaggi sono entrambi molto orgogliosi, e non sono affatto propensi ad acconsentire ai voleri di chicchessia, all’infuori che dei popoli che essi rappresentano.
Né Gruevski, né Putin possono essere comprati, come Vucic, e neanche possono essere ricattati, come la Merkel, e questo irrita gli USA come nient’altro al mondo.
La guerra dell’informazione Occidentale contro l’ex Primo Ministro Macedone e contro il Presidente Russo è nient’altro che un vano tentativo di gettare fango su di loro personalmente, per screditarli politicamente. Gli Stati Uniti credono che una raffica di attacchi infondati nei confronti di entrambi i leader, alla fine porterà una parte crescente della popolazione ad accettarli come verità e poi a rinnegare gli ideali patriottici multipolari e conservatori che i due rappresentano.
Nulla di più lontano dal vero, tuttavia, perché, come tutti vediamo, Gruevski e Putin rappresentano la volontà dei loro popoli, e sono stati eletti democraticamente, proprio per questo motivo. Quando gli organi di informazione degli Stati Uniti e dei loro alleati attaccano l’uno o l’altro dei due leader, in buona sostanza attaccano i cittadini di questi stati e la civiltà di questi paesi, e questo spinge il popolo a sollevarsi ed a difendere i loro leader in un modo che è del tutto estraneo ed incomprensibile a qualunque Occidentale post-moderno che ha abbandonato la sua identità nazionale ed il patriottismo civico e di civiltà.
D: Proviamo a parlare un po’ del profilo dei sostenitori della cosiddetta “opposizione”. Abbiamo visto delle proteste in Macedonia, nelle quali la “opposizione” vandalizza e distrugge non solo monumenti, sculture, e costruzioni con i più importanti simboli della Macedonia, a cominciare dai tempi della Macedonia Antica, ma attacca anche i simboli Cristiani, come croci e angeli. Ricordando che le loro mosse sono state orchestrate e dettate dall’estero, quale è l’esatto messaggio che i loro protettori ci stanno mandando, quando distruggono i simboli Macedoni e Cristiani da una parte all’altra del paese?
Questi attacchi sono tutti orchestrati con un preciso intendimento, e cioè di fare la guerra all’identità Macedone, per preparare ulteriori cambiamenti del nome del paese, e la spartizione interna per mezzo del “federalismo”. Quello che tutti questi atti di vandalismo criminale hanno in comune, è che sono progettati per distruggere l’idea che la Macedonia è un’antica civiltà Cristiana, i tre cardini principali della sua identità, che ne fanno quello che essa è oggi.
Se si cancellano la storia millenaria della Macedonia, la sua eredità Cristiana, e le caratteristiche della sua civiltà, resta un’anonima entità politica amorfa, che può essere riplasmata in qualunque altra cosa che le forze internazionali dominanti vogliono che sia, proprio come è, al giorno d’oggi, lo stereotipo degli stati dell’Europa Occidentale.
Nel contesto attuale, i movimenti per il cambio di regime sostenuti dall’estero vogliono cambiare il nome costituzionale del paese, ma non ci riusciranno mai se i Macedoni sono ancora consci della loro unica identità, e ne rimangono chiaramente orgogliosi.
Al momento non c’è nessuna possibilità che una cricca di golpisti possa tentare questa strada, senza che nasca una resistenza civile contro di loro, quale non si era più vista dai tempi dell’occupazione Ottomana e di quella Fascista, ma se si annacquasse il senso di patriottismo della gente e loro non si preoccupassero della Macedonia o dell’essere Macedoni, allora sarebbe molto più facile “legittimare” questa trovata e forse anche un giorno tenere un referendum per “giustificarla”.
Io non credo che questa strategia possa mai avere successo, ma quello che dico è che questa è l’idea dell’America , sia essa in realtà fondata, o no. A dire il vero, questa è proprio una delle tecniche di Rivoluzione Colorata più controproducente che io abbia mai studiato, perché inavvertitamente (ma prevedibilmente) ha rafforzato il contraccolpo patriottico contro gli agenti provocatori del cambio di regime sorretti dall’estero. È assolutamente inaudito per un popolo Balcanico distruggere la propria identità, con attacchi così violenti contro beni storici, che si verificano solo ogni volta che un gruppo lo fa contro l’altro, come quando gli Albanesi hanno fatto scorrerie, e distrutto chiese, cimiteri, e qualunque altra cosa che fosse correlata con i Serbi sopra la quale riuscissero a mettere le mani, nel Kosovo occupato (e lo stanno ancora facendo fino ad oggi).
Comunque per gli Albanesi non era questa la loro politica ufficialmente riconosciuta, anche se poi lo facevano in pratica. I soli gruppi che in un recente passato abbiano pubblicamente proclamato che la distruzione dei monumenti storici era una parte fondamentale della loro piattaforma politica, sono stati il Daesh ed i Nazisti Ucraini, così è chiaro a tutti da dove questi sicari della Rivoluzione Colorata traggono l’ispirazione, ed anche chi li sta dirigendo a fare tutto questo.
Lo voglio dire ancora una volta; non è affatto naturale, per nessun popolo – per non parlare di un popolo dei Balcani, con migliaia di anni di storia, come li hanno i Macedoni – distruggere le loro testimonianze culturali e storiche, solo a causa di una vertenza politica inventata, ma se si capisce che gli è stato imposto di fare questo, come parte dei grandiosi piani geostrategici di una potenza straniera, allora tutto quello che sta succedendo acquista molto più senso.
Tutti dovrebbero anche essere consapevoli che gli Stati Uniti hanno deliberatamente ordinato ai loro agenti delegati di deturpare e distruggere gli edifici storici e religiosi, gli oggetti ed i simboli, al fine di piegare la maggioranza Cristiana dei Macedoni ad accettare una prossima “federalizzazione” del loro paese, che farebbe diminuire il loro ruolo nella politica nazionale, per sostituirlo con quello della minoranza Musulmana Albanese.
Voglio essere molto chiaro, così che io non possa essere frainteso, o che volutamente qualcuno estrapoli le mie parole fuori dal contesto – Io non approvo in alcun modo i conflitti etnici, e penso che questo sia il tipo di violenza più distruttivo che possa mai capitare ad un paese, perché contrappone i propri cittadini uno contro l’altro, ma gli Stati Uniti stanno chiaramente cercando di provocare un conflitto tra i Macedoni- Cristiani e gli Albanesi Musulmani all’interno della Repubblica di Macedonia, e stanno utilizzando gli attacchi contro i valori storici e religiosi della “opposizione” pro-Rivoluzione Colorata, come uno dei mezzi per farlo scoppiare.
Nessuno sia tratto in inganno a pensare che un Albanese medio sia favorevole a tutto questo, e benché ci possano essere casi di un paio di provocatori che si comportano in un modo così barbaro, essi non rappresentano in nessun modo il sentimento della maggior parte di questa etnia. Ancora, quello che sta succedendo è chiaro, ed è che gli USA stanno cercando di sedurre i “cuori e le menti” degli Albanesi Macedoni, per indurli a partecipare in massa a questo teppismo anti-storico.
Tutti i cittadini della Repubblica – Macedoni ed Albanesi – devono stare in guardia contro questa minaccia e non cadere nella trappola di uno Scontro di Civiltà studiato a tavolino, che gli USA gli stanno tendendo. I Macedoni Cristiani devono astenersi da attacchi di rappresaglia contro edifici, oggetti e simboli Musulmani e Albanesi, se qualcuno di questo minoranza etnica viene sorpreso a portarli avanti contro la maggioranza, proprio come gli Albanesi hanno bisogno di resistere alla pressione degli Stati Uniti a commettere tali crimini ed invece rinnegare subito qualsiasi membro della loro comunità che fosse abbastanza stupido da farlo.
Tutte le etnie della Macedonia dovrebbero anche unirsi per aiutare le autorità cittadine a ripulire i disastri provocati dai vandali della Guerra Ibrida, perché questo sarebbe simbolicamente forte, ed avrebbe effetti a lungo termine per diluire le tensioni inter-cittadine che gli Stati Uniti cercano di provocare.
Andrew Korybko è un commentatore politico americano che attualmente lavora per l’agenzia Sputnik . Specializzando all’Università MGIMO, è autore della monografia “Hybrid Wars: The Indirect Adaptive Approach To Regime Change” (2015). L’intervista è stata rilasciata alla corrispondente Marija Kotovska dell’agenzia Macedone NetPress.
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Articolo di Andrew Korybko pubblicato da il 25 Maggio 2016
Traduzione in Italiano a cura di Luciano Ragazzi per SakerItalia.it
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