– Marco Bordoni –
C’è un paese che ha un glorioso passato imperiale, messo in crisi dall’esplosione dei nazionalismi dell’ottocento. Un paese che ha cercato a lungo di europeizzarsi ed occidentalizzarsi ma che è stato messo alla porta con condiscendenza dall’Unione Europea che, dopo avere molto promesso e altrettanto preteso, ha trasformato in emarginante ogni modulo astrattamente integrativo. Un paese che alla fine ha trovato un equilibrio attorno ad una guida forte che ha portato ordine e rilanciato l’economia. Questo paese non è amato dall’Unione Europea dove i pregiudizi che lo vogliono autoritario e sottosviluppato dilagano, senza che le persone che lo conoscono bene perché lo frequentano riescano a smentirli facendo notare che comunque, in quel paese, l’economia è solida e si tengono periodiche elezioni. Dopo un grande periodo di recupero delle proprie tradizioni e di fioritura economica il paese di cui parliamo è entrato in una difficile fase di turbolenza internazionale ed ha difeso i propri interessi in maniera ferma e spregiudicata. Le difficoltà, come spesso succede, hanno solo aumentato il consenso di cui gode la leadership.
Di che paese parliamo? Anche se molti avranno pensato alla Russia, ospite fisso di queste pagine, questa descrizione si attaglia benissimo anche alla Turchia, e fa specie che tanti amici della Russia, con la vista annebbiata dal comprensibile sdegno per la “pugnalata alla schiena” turca non notino queste palesi analogie. Oggi molti invocano ritorsioni terribili ed eludono il contesto: cosa può fare la Russia per colpire gli interessi turchi più di quanto non stia facendo?
Riavvolgiamo di qualche anno il filmato: la Turchia è stata uno dei protagonisti della crisi siriana. Più che assecondare la strategia statunitense ha costretto il socio di maggioranza a stelle e strisce ad accodarsi alla propria. Flirtando oscenamente con il Califfo e manovrando i ribelli fondamentalisti nelle regioni nord occidentali della Siria i Turchi hanno esteso non poco la propria influenza regionale, acquistando una quota rilevante nel tacito consiglio di amministrazione che gestisce gli affari siriani ed iracheni, arginando le ambizioni dei rivali nell’area, e gestendo con successo l’indipendenza di fatto che aree sempre crescenti del Kurdistan si stanno guadagnando. Attraverso la fratellanza musulmana hanno allargato il respiro della propria azione politica all’Egitto ed alla Libia, mentre i rapporti con Azerbaidjan e Turkmenistan, che si basano sia sulle tradizioni che sulla convenienza del risiko energetico, proiettano Istambul verso l’Asia centrale. E’ facile farsi venire nostalgie imperiali, se si vive nella seconda Roma.
Poi, però, dopo il discorso di Putin all’Assemblea Generale del 29 settembre, sono arrivati i Russi, e la musica è cambiata drasticamente. La ribellione “democratica” nelle provincie di Idlib e Latakia è in grave difficoltà bersagliata dai colpi della aviazione di Mosca. Ad est l’esercito governativo siriano ha preso a strappare lembi crescenti di territorio al Califfato e minaccia seriamente di interromperne la continuità territoriale con la Turchia, e con essa i lucrativi traffici in essere, peraltro già compromessi dai raid del Cremlino. Come se questo non bastasse le dinamiche attivate da Putin, i cui effetti sono stati accelerati ed accresciuti dagli attentati di Parigi, hanno costretto gli Stati Uniti a imbastire in quattro e quattr’otto qualcosa che assomigliasse ad una azione concreta contro lo Stato Islamico, per impedire che il suo eventuale crollo lasci l’intero campo ad avversari regionali.
Purtroppo per Erdogan l’unico attore disponibile nell’aerea utilizzabile dagli statunitensi per la propria improvvisata azione di contrasto all’IS si sono rivelate proprio quelle formazioni curde il cui contenimento è una priorità per la Turchia. In sostanza oggi (tanto più dopo la levata d’ingegno di martedì scorso, il cui primo effetto sarà escludere l’aviazione turca dai cieli siriani) la Turchia vede minacciati seriamente tutti i frutti della propria (discutibile) politica estera, con il rischio di trovarsi circondata da potenze ostili in un teatro vitale in cui Ankara ritiene (a torto o a ragione) di potere avere voce in capitolo.
L’agguato del 24 novembre è un gesto che si può ben inserire nel contesto della politica spregiudicata e a tratti banditesca di Erdogan. Ma è anche un sintomo del fallimento di questa politica. E’ stato un atto in qualche modo concordato con gli Stati Uniti, l’altra potenza a cui i piedi di Putin nel piatto siriano hanno scompaginato molto disegni? E’ probabile: di certo una crisi russo turca in questa fase non nuoce ai disegni di Washington.
Proprio per questo è però importante per la Russia (che a differenza di Turchia ed Ucraina è una potenza con priorità globali, non solo regionali) mantenere il sangue freddo. Se esistesse una soluzione capace di cancellare la Turchia dalla carte geografiche senza conseguenze, certo questo rimedio risolverebbe diversi problemi alla Russia: non ultimo quello del transito vitale della flotta del Mar Nero attraverso gli stretti. Tuttavia, non solo questa soluzione non esiste, ma la Turchia rimarrà un interlocutore indispensabile su troppi tavoli perché alla Russia convenga iniziare una vera e propria guerra non dichiarata. Con questa azione i Turchi si sono auto esclusi dalla Siria: se le cose andranno come possono e devono i sogni imperiali di Erdogan si tramuteranno nell’incubo di un risorto impero persiano che si affaccia sul Mediterraneo e di una vasta confederazione curda che circonda il Kurdistan turco su tre lati.
Politicamente parlando, una batosta più che sufficiente a ripagare un’azione criminale e sconsiderata e a togliere il vizietto delle cattive frequentazioni a quella che è (e resterà a lungo) una importante potenza regionale che aspira legittimamente ad avere una voce in capitolo.
L’aspirazione ad avere una voce in capitolo non le era certo negata, anzi. L’offerta di Putin del Turkish Stream andava proprio nella direzione di valorizzarne il ruolo di attore di primo piano ma in una prospettiva di collaborazione con gli altri attori dell’area. Un ruolo che necessitava di una visione laica capace di unire le diverse confessioni dell’Islam come era riuscito a fare Mustafa Kemal che aveva dato un impianto laico, multiconfessionale e multietnico alla “nazione turca” dopo la caduta dell’impero. Era in questa direzione che Putin, con la sua proposta, voleva dirottare la politica di Erdogan, invece delle attuali pretese di dominio imperiale dell’area con l’uso dello strumento confessionale per affermare l’ideologia radicale dei fratelli musulmani a scapito delle nazioni sciite, diventando così stretto alleato di coloro che portano il caos e destabilizzano l’intera area con lo strumento di un terrorismo criminale e sanguinario.
Il tentativo onesto e in fondo amichevole di orientare positivamente la politica estera di Erdogan facendone così un partner vero nella costruzione di un equilibrio internazionale multipolare, si è dimostrato non applicabile al carattere delinquenziale del suo profilo, molto più affine, non a caso, agli alleati neoconservatori dell’amministrazione americana e ai sionisti israeliani. Ora dopo la pugnalata alle spalle è guerra aperta con il fratello musulmano Erdogan.
“..Il tentativo onesto e in fondo amichevole di orientare positivamente la politica estera di Erdogan facendone così un partner vero nella costruzione di un equilibrio internazionale multipolare, si è dimostrato non applicabile al carattere delinquenziale del suo profilo..” (salvatore penzone)
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Carattere ‘delinquenziale’ di sicuro, probabilmente anche paranoico e megalomane. Putin è intervenuto in Syria esclusivamente per distruggere il terrorismo di (falsa) matrice islamica che sta infettando con cellule attive o dormienti, secondo necessità, il tessuto sociale europeo e quello russo attraverso il passaggio dalla Turchia. Come ha denunciato lo stesso Putin al G20, ci sono ben 40 stati che sostengono, aiutano e finanziano il terrorismo islamico, fra i quali, appunto, la stessa Turchia. C’è da riconoscere, comunque, che sia Erdogan, Davutoglu e Fidan (MIT) hanno sempre abbondato in dichiarazioni ufficiali a sostegno dell’Isis, il tutto nella complice indifferenza di Usa e Ue. Dal diario on line dell’avvocato lealista siriano Ziad Fadel sappiamo che, l’intervento turco contro l’aereo russo, è stato preteso da Abu Muhammad Al-Jawlaani, criminale di guerra e leader di Alqaeda / Nusra, che temeva di essere polverizzato dal bombardiere russo insieme al convoglio di armi che stava trasportando. Da qui l’immediato intervento degli F-16 turchi con il pretesto dello sconfinamento per salvare il prezioso carico, altro che “abbiamo avvisato 10 volte in 5 minuti” ! Il comunicato turco alla Nato è un capolavoro non di delinquenza, non di menzogna, ma di pura idiozia:
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“Questa mattina (24 novembre) 2 aerei SU-24, di nazionalità sconosciuta si sono avvicinati allo spazio aereo nazionale turco. Gli aerei in questione sono stati avvertiti 10 volte nel corso di un periodo di 5 minuti tramite il canale di emergenza richiedendo di cambiare la rotta verso sud”:
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Il giorno in cui i Turchi hanno abbattuto il SU-24,il Presidente russo ha dichiarato alla TASS: “Oggi, abbattendo il nostro aereo, praticamente ci hanno dichiarato guerra.La nostra pazienza è al limite con Erdogan e la sua banda criminale che è complice di tutte le atrocità commesse dai terroristi ISIS. Per evitare una guerra che nessuno desidera veramente, ho detto più volte agli americani di mettere la museruola al loro cane rabbioso in Turchia.., ” (24 novembre). Se Putin è arrivato a pronunciare pubblicamente queste parole, la guerra la farà veramente, magari in modo trasversale, sostenendo i gruppi dell’opposizione curda e usando le risorse dello spionaggio. Intanto Erdogan, dopo un ulteriore dimostrazione di arroganza nel corso della quale ha dichiarato che non chiederà scusa per il SU-24 abbattuto, è poi intervenuto a France 24 TV dove si è mostrato sorpreso perché il Presidente russo non gli risponde: “Se avessimo saputo che era un aereo russo forse avremmo avvertito in modo diverso…. Ho chiamato Putin, ma fino ad ora non ha mai risposto alla mia chiamata…” Già, chissà perchè..
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Per completare il ritratto delinquenziale di Erdogan occorre un’ ultima pennellata, il richiamo ad una delle sue prodezze compiuta nel 2013: ” Francia – Servizi segreti turchi implicati nell’assassinio di 3 donne militanti curde a Parigi. Dopo due anni di inchiesta giudiziaria il tribunale di Parigi sottolinea il coinvolgimento del MIT (servizi turchi) nell’assassinio politico commesso in Francia nel 2013…” E c’è anche chi vorrebbe far entrare la Turchia di Erdogan nella Ue: come possiamo perdere questa importante risorsa democratica per la stabilità dell’Europa ?
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http://www.globalproject.info/it/mondi/francia-servizi-segreti-turchi-implicati-nellassassinio-di-3-militanti-curde-a-parigi/19290
l’articolo di Bordoni,si focalizza sull’evidenza dei fatti; naturalmente poi occorre interpretarli perché ogni fatto ha un precedente ed una causa prima.
Ciò che trattiene la dirigenza della Russia attuale sia di quella che verrà è la questione degli Stretti, che fino ad oggi i commentatori della geo-politica non avevano messo in evidenza.
Ora la Russia sa che tale questione dovrà essere risolta quando cadrà,se cadrà l’impero USA.
Per ora la Russia sarà costretta a punire non tanto le Nazioni che la stanno ostacolando/danneggiando platealmente ma le singole persone che ne dirigono la politica estera soprattutto quando esse utilizzano le risorse dello Stato per interesse personale o di famiglia.
Erdogan probabilmente avrà qualche dispiacere ma se la sarà andata a cercare.
@Chiara
E per completare il quadro già sin troppo drammatico stamattina il quotidiano dei padroni riporta la notizia dell’assassinio del noto avvocato Curdo Tahir Elci
http://www.corriere.it/esteri/15_novembre_28/turchia-ucciso-capo-avvocati-curdi-diyarbakir-55ce040e-95bb-11e5-92c5-a69ccd937ac8.shtml
At tempi dell’assassinio del liberale Boris Nemtsov l’indignazione fu massima, chissà se anche stavolta i nostri “democraticissimi” politici europei si recheranno per posare un fiore alla sua memoria
Difficilmente porranno un fiore sulla sua tomba, questo è un altro “colpo di coda” di Erdogan, visto che ormai sembra
deciso che si creerà il Kurdistan, prendendo parte dell’Irak, della Siria, ma anche parte nord della turchia.
Almeno pare che sia questo l’obiettivo dei Francesi, appoggiato da varie potenze in crescendo.
@ samo79 – Gli Usa stanno investendo su Erdogan come il novello Hitler della 3a guerra mondiale per fargli destabilizzare la Russia e sequestrare l’Europa. ‘democrazia’ e ‘diritti umani’ restano gli slogan di copertura per sovvertire i governi non graditi come quelli di Gheddafi e di Saddam, dove ora, finalmente possono ammazzarsi democraticamente ed esercitare i loro diritti di predazione e usurpazione. Assad per loro è un dittatore sanguinario perché ha fatto giustiziare gli oppositori, ma la Casa Saud che taglia teste e mani a ritmo industriale ed Erdogan, macellaio per rappresaglia delle famiglie dei ribelli curdi, sono okkei… Il silenzio dei media europei sulle prodezze della brutta copia di Attaturk è impressionante: siamo solo pellirossa confinati in una riserva Usa denominata europa. Mi riferisco alla lettera inviata alla UE dai giornalisti turchi incarcerati ad Istanbul per aver scritto la verità sul passaggio dei camion pieni di armi dalla Turchia alla Syria.
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” Una lettera aperta ai leader Ue per chiedere di non chiudere gli occhi sulle «pratiche che violano i diritti umani e la libertà di stampa» della Turchia in cambio di un accordo sulla crisi migratoria. A inviarla dal carcere di Silivri a Istanbul, dove vengono detenuti da giovedì sera, sono Can Dundar ed Erdem Gul, direttore e caporedattore di Cumhuriyet, quotidiano di opposizione.L’appello viene lanciato alla vigilia del summit tra Ue e Turchia a Bruxelles. «Il primo ministro della Turchia, che incontrerete questo fine settimana, e il regime che rappresenta sono noti per le loro politiche e pratiche che violano i diritti umani e la libertà di stampa….. Speriamo sinceramente che l’incontro produca una soluzione duratura a questo problema… ”
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http://spondasud.it/2015/11/lettera-dal-carcere-dei-giornalisti-di-cumhuriyet-ue-non-chiuda-gli-occhi-sulla-turchia-10346
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Mi si stringe il cuore al pensiero che questi due giornalisti non asserviti al regime, possano sperare qualcosa dall’Europa, tanto valeva scrivere a babbo natale, sarebbe stato più efficace… 🙁