La scorsa settimana il sovrano saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud ha compiuto una visita a Mosca, con un seguito di cento persone, per tenere incontri con il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro Dmitry Medvedev. Diversi incontri hanno avuto luogo con il Principe della Corona e Ministro della Difesa Mohammed bin Salman, il Ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, il Ministro dell’Energia e con il responsabile della fondazione sovrana del Regno che è responsabile degli investimenti esteri di Riyad. Fin dall’inizio era chiaro perché il re saudita aveva deciso di venire a Mosca per la prima volta dal 1926. Oggi solo due questioni sono di importanza vitale per Riyad: l’Iran e le sue politiche nella regione, ed il prezzo del petrolio. Tutto il resto è secondario per l’Arabia Saudita.
I Sauditi temono Teheran perché credono che l’influenza sciita stia crescendo in tutta la regione, poiché la Repubblica Islamica dell’Iran sta attuando un piano per creare un arco sciita che unisca l’Iran, l’Iraq, la Siria, il Libano, il Bahrein, lo Yemen e la Provincia Orientale dell’Arabia Saudita che ospita una minoranza sciita. Riyad è veramente preoccupata dalle strette relazioni bilaterali esistenti tra Russia e Iran, specialmente nel campo della cooperazione militare. Da più di un decennio Riyad ha cercato di persuadere Mosca a tagliare tutti i legami militari con la Repubblica Islamica dell’Iran in cambio di massicci acquisti di armi che sarebbero stati effettuati dall’Arabia Saudita in Russia. Quando Mosca sostenne le sanzioni anti-iraniane nel quadro delle Nazioni Unite nel 2010, e si rifiutò di rispettare l’obbligo di fornire sistemi antiaerei S-300 alle forze armate dell’Iran, l’Arabia Saudita non rispettò i propri obblighi. Ovviamente, in seguito, non ci furono altri investimenti dall’Arabia Saudita in altre aree dell’economia russa.
Nel 2013 la Russia è stata visitata dal capo dei servizi speciali sauditi, il Principe Bandar, che ha promesso al presidente Putin di “neutralizzare” tutte le minacce terroristiche durante le Olimpiadi di Sochi, e di autorizzare l’acquisto di armi russe in Arabia Saudita, oltre ad investire miliardi di dollari nell’economia russa. In cambio voleva che la Russia abbandonasse il suo sostegno all’Iran, specialmente in Siria. Ma nonostante ciò, nel sud della Russia c’è stato ancora un brusco aumento degli attacchi terroristici.
Lo sviluppo dei legami economici con l’Arabia Saudita è stato promosso dal Fondo di Investimento Diretto Russo della Vneshekonombank [in inglese], creato per attirare investimenti dai paesi arabi del Golfo Persico (GCC). Per sei anni, il suo capo ha viaggiato attraverso i sei stati membri del CCG, ma tutto quello che è riuscito ad ottenere sono state delle generiche promesse da diversi funzionari, fra i quali quelli dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, del Qatar e del Kuwait. E fu solo all’inizio del 2017 che la posizione della Russia con gli stati del Golfo Persico cominciò a migliorare, soprattutto a causa dell’accordo sulla regolamentazione dei prezzi del petrolio tra Mosca e Riyad, nell’ambito OPEC. Un ruolo importante in questo è stato giocato dal Ministro dell’Energia Alexander Novak, che ha contribuito ad organizzare la possibile visita di re Salman a Mosca. La visita è stata innescata anche da una crisi interna all’interno del GCC, che è scoppiata lo scorso giugno. L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e un certo numero di paesi arabi hanno bruscamente interrotto tutti i legami con il Qatar, accusandolo di sostenere il terrorismo e l’estremismo. Anche la sconfitta che i militanti sponsorizzati dall’estero hanno subito in Siria ha svolto un ruolo in questa visita, così come i fallimenti della coalizione militare saudita in Yemen, dove gli Houthi sostenuti dall’Iran sono riusciti ad organizzare una feroce resistenza. Tutti questi fattori continuano a vuotare le casse della tesoreria dell’Arabia Saudita.
Il presidente degli Stati Uniti Trump ha impedito a Riyad di mettere in scena un colpo di Stato a Doha, costringendo Riyad a tentare nuovamente la carta russa. Ovviamente, nessun analista serio può credere che l’Arabia Saudita, la cui sicurezza dipende dagli Stati Uniti, abbia cercato qualsiasi cooperazione seria con Mosca. Washington voleva abbattere Putin e l’ordine politico che egli rappresenta a tutti i costi, ed è improbabile che permetterà all’economia della Russia di essere aiutata dagli investimenti finanziari dell’Arabia Saudita.
Il compito strategico dell’Arabia Saudita è quello di ottenere il massimo isolamento dell’Iran, il che significa che Riayd è impegnata nell’ennesimo tentativo di attirare i leader russi con generose promesse, nel tentativo di raffreddare i rapporti tra Mosca e Teheran. Per raggiungere questo obiettivo, i Sauditi sono pronti per un enorme bluff. Molto probabilmente, non hanno bisogno dei sistemi antiaerei russi, che il Re saudita ha promesso di acquistare. Ma se gli acquisti possono consentire all’Arabia Saudita di raggiungere il suo compito principale – perché non comprare i sistemi S-400? Inoltre, i sauditi possono anche accettare una zona di influenza russa in Siria qualora gli elementi iraniani dovessero essere completamente espulsi da questo stato.
Gli investimenti sauditi nell’economia russa sono parte degli stessi tentativi di indurre la Russia ad un voltafaccia con Teheran. Le casse saudite sono quasi vuote a questo punto, e Riyad deve ancora comprare 100 miliardi di dollari di armi come i suoi funzionari hanno promesso al Presidente Trump durante la sua visita in Arabia Saudita dell’estate scorsa. Finora Riyad promette di acquistare 3 miliardi di dollari di armi in Russia. Se vogliamo confrontare questo numero con 100 miliardi di dollari di armi statunitensi, si può notare che l’Arabia Saudita prevede di acquistare 30 volte più armi dai produttori statunitensi. Analogamente, mentre l’Arabia Saudita presumibilmente investe 10 miliardi di dollari nell’economia russa, essa investe più di un trilione di dollari nell’economia statunitense.
Eppure, bisogna ammettere che i sauditi stanno assegnando i loro fondi abbastanza razionalmente. Per la Russia, l’Iran è senza dubbio un ostacolo nel conflitto siriano. La lunga lista di contraddizioni tra Teheran e Mosca sulla situazione in Siria viene raramente discussa nei media per ovvie ragioni. Ma senza l’Iran e i suoi alleati come gli Hezbollah, le milizie sciite irachene ed i volontari afghani, il governo di Assad non sopravviverebbe più di tre mesi. È anche vero che tutte queste forze soccomberebbero rapidamente senza l’appoggio aereo della Russia in Siria. Inoltre, l’Iran è una parte importante dei negoziati dietro le quinte per quanto riguarda il cosiddetto “flusso turco”. I turchi sono categorici nella loro riluttanza a concedere a Gazprom i diritti esclusivi per lo sfruttamento degli oleodotti. È per questo motivo che su quattro oleodotti pianificati due di essi sono ancora in discussione, anche se Gazprom è molto insistente nei negoziati. Affinché il “flusso turco” diventi una cosa reale, esso deve comprendere anche il trasporto di gas dal Qatar e dall’Iran. Questa condizione imposta dal leader turco Tayyip Erdogan mantiene Mosca molto prudente su questo delicato argomento.
Ma in ogni caso la visita del re saudita è importante, perché significa che Mosca svolge un ruolo importante in Medio Oriente, e che è una forza con la quale fare i conti. Tuttavia, nel prossimo futuro, Riyad non volterà le spalle agli Stati Uniti, poiché qualsiasi tentativo di Riyad di perseguire i propri obiettivi sarà immediatamente bloccato dai suoi alleati più tradizionali. Ma se l’Arabia Saudita investe nella Federazione Russa almeno i 10 miliardi di dollari promessi e comincia ad acquistare armi da Mosca, questo sarebbe un risultato sufficiente dopo dieci anni di promesse vuote, specialmente se l’Arabia Saudita cesserà il suo sostegno alla cosiddetta opposizione siriana, cosa che deve ancora fare. Quindi, in linea di principio, la visita ha prodotto risultati positivi, anche se solo in termini di retorica e promesse positive. L’unica domanda rimasta è se questa volta queste promesse avranno un seguito di passi concreti.
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Articolo di Petr Lvov apparso su New Eastern Outlook l’ 8 ottobre 2017
Traduzione in italiano di Hajduk per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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