Un’ indagine ad ampio raggio del mercato delle armi dai Balcani, soprattutto a beneficio di coloro che si chiedono come e da dove i terroristi in Siria e negli altri paesi del Medio Oriente ricevano i loro armamenti.

Nella notte del 28 novembre 2015, mentre Belgrado dormiva tranquillamente, all’aeroporto Nikola Tesla scaldava i motori un enorme aereo cargo IL-76, appartenente alla società bielorussa Ruby Star. La sua stiva era piena di armi destinate alle guerre che infuriavano lontano dalla capitale serba. Nella foschia dell’alba il gigante si staccò pesantemente dalla pista e si diresse verso la città di Jeddah, in Arabia Saudita.
 Era solo uno degli almeno 68 voli che nel corso di 13 mesi hanno trasportato armi e munizioni per i paesi del Medio Oriente e la Turchia, che a loro volta spedivano gli armamenti ai combattenti delle sanguinose guerre civili in Siria e Yemen. Queste sono le conclusioni di un’indagine congiunta del Balcan Investigative Report Network (BIRN) e del Centro per lo studio della corruzione e la criminalità organizzata (OCCRP). Questi voli sono solo una piccola parte degli affari da 1,2 miliardi di euro, conclusi a partire dal 2012, quando gli eventi delle “primavere arabe” in alcuni paesi sono degenerati in conflitto armato.

L'aeroporto di Belgrado

L’aeroporto di Belgrado

Negli ultimi due anni, mentre migliaia di tonnellate di armi partivano verso il sud, centinaia di migliaia di profughi fuggivano verso nord da conflitti che hanno portato via più di 400.000 vite. Ma anche se i paesi Balcanici e altri paesi europei hanno sbarrato la strada ai rifugiati, il flusso dei rifornimento bellici via mare e via aerea per il Medio Oriente continua a restare in funzione e a generare enormi profitti. Secondo gli esperti di armamenti e di diritti umani, questo commercio è quasi certamente illegale.

“Le informazioni a nostra disposizione testimoniano di un sistematico dirottamento di armamenti a gruppi armati accusati di gravi violazioni dei diritti umani. Se questo è vero, allora questo commercio contrasta con il trattato sul commercio delle armi delle Nazioni Unite e con altri regolamenti internazionali, e dev’essere immediatamente interrotto”, ha affermato l’esperto sul controllo delle armi di Amnesty International Patrick Wilken, che ha studiato i dati raccolti dai giornalisti. Ma quando sono in ballo centinaia di milioni di euro e le fabbriche di armi fanno gli straordinari, per gli Stati non c’è alcun motivo per interrompere questo business. Anche se ci sono molte prove che le armi finiscono nelle mani di gruppi armati siriani e altri, accusati di ampie violazioni dei diritti umani e di atrocità, le licenze per l’esportazione di armi, che dovrebbero rappresentare una garanzia sui destinatari finali delle merci, continuano a essere rilasciate.

Robert Stephen Ford, Ambasciatore degli Stati Uniti in Siria dal 2011 al 2014, ha dichiarato a BIRN e OCCRP che questo commercio è coordinato dalla CIA, insieme alla Turchia e ai Paesi del Golfo Persico attraverso centri in Giordania e in Turchia. Tuttavia, in pratica, secondo Ford, spesso le forniture di armi aggirano questa procedura. Nel corso di un anno di indagini, BIRN e OCCRP hanno studiato i dati delle esportazioni di armi, le relazioni delle Nazioni Unite, i dati dei voli e dei contratti di commercio delle armi. Si è accertato che nella regione dilaniata dalla guerra vengono spediti, da Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Montenegro, Romania, Serbia e Slovacchia, migliaia di lanciarazzi, mitragliatrici, granate, cannoni anticarro e mitragliatrici di grosso calibro. Dal momento dell’escalation del conflitto in Siria nel 2012, questi otto paesi hanno approvato consegne di armi e munizioni in Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Turchia per almeno 1,2 miliardi di euro.

1,2 miliardiB

Export di armi verso il Medio Oriente, per paese.

Ma la cifra reale è probabilmente molto più alta. Per quattro degli otto paesi non sono disponibili informazioni sulle licenze di esportazione nel 2015, e per ben sette di essi nel 2016. I quattro paesi destinatari sono i principali fornitori di armi a Siria e Yemen, e prima del 2012 mai o quasi mai avevano acquistato armi in Europa centrale e orientale. E il flusso di rifornimenti non va rallentando, essendo state approvate nel 2015 alcune delle maggiori transazioni.

Le armi provenienti dall’Europa centrale e orientale, identificate in più di cinquanta foto e video pubblicati sui social network, vengono usate non solo dalle unità dell’ “Esercito Siriano Libero”, sostenuto dall’Occidente, ma anche dai combattenti di gruppi islamisti, come “Ansar al-Sham”, “Jabhat Fatah al-Sham” (precedentemente noto come “Jabhat Al-Nusra”, formalmente separatosi da al-Qaeda il 29 luglio), dall’ISIS, dai gruppi di sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad, e dalle forze sunnite in Yemen.

In un video della Prima Divisione Costiera, un gruppo di ribelli siriani affiliati all’Esercito Siriano Libero mostra missili GRAD di fabbricazione bulgara, usati il 30 giugno 2016 nei pressi di Kinsabba, città nella Siria nord-occidentale.

Il 12 giugno 2016, un utente di Twitter, @Aswed_Flags, che, secondo il suo profilo, conduce “reportage in diretta dalla Siria” e pubblica regolarmente foto e video dei combattimenti, ha pubblicato una fotografia in cui si vede una mitragliatrice di grosso calibro nuova, ancora imballata, la Coyote M02, prodotta nello stabilimento serbo Zastava arms.

Secondo il rapporto dello “Studio sulle armi nei conflitti” (l’organizzazione che monitora le armi nelle varie zone di guerra), nel mese di giugno 2014 le Unità di Protezione Popolare curde (YPG) si sono impadronite, in una battaglia contro i militanti dell’ISIS presso Tell Hanzir nel nord della Siria, di due lanciagranate anticarro da 90 millimetri M-79 Hornet di fabbricazione jugoslava.

Le marcature su alcuni campioni di armi recanti origine e data di produzione indicano che una quantità significativa di esse è di fabbricazione recente, anche del 2015.

Secondo i rapporti dell’Onu sul commercio e i comunicati degli esportatori nazionali di armamenti, degli 1,2 miliardi di euro (importo dei contratti per l’esportazione di armi e munizioni) sono già stati pagati 500 milioni.

La frequenza e il numero dei voli cargo (la BIRN e l’OCCRP sono stati in grado di identificarne almeno 68 in poco più di un anno) mostrano un flusso continuo di armi dagli aeroporti dell’Europa centrale e orientale verso vari aeroporti militari del Medio Oriente.

Gli aerei da trasporto maggiormente utilizzati per questi voli, gli IL-76, possono trasportare fino a 50 tonnellate di carico, ossia circa 16.000 Kalashnikov AK-47 o tre milioni di proiettili. Altri aerei, in particolare i Boeing 747, sono in grado di trasportare almeno il doppio di questo carico. Ma armi e munizioni non sono trasportate solo per via aerea. Solo dal dicembre 2015, i giornalisti hanno individuato almeno tre spedizioni effettuate da militari americani dai porti del Mar Nero, che hanno permesso la consegna nei porti del Mar Rosso e della Turchia di circa 4700 tonnellate di armi e munizioni.

L’europarlamentare svedese Bodil Valero ha definito “vergognoso” questo commercio. “Forse per loro [Bulgaria, Slovacchia e Croazia] non si tratta di una vergogna, ma io credo che in realtà dovrebbero proprio vergognarsi”, ha dichiarato la Valero, presentando l’ultimo rapporto dell’Unione europea sul commercio di armamenti: “I paesi che vendono armi in Arabia Saudita e negli altri paesi del Medio Oriente e del Nord Africa non fanno una corretta valutazione dei rischi, violando così le normative europee e nazionali”.

OCCRP e BIRN hanno parlato con i rappresentanti dei governi di Serbia, Slovacchia, Croazia, Montenegro e Repubblica Ceca, che hanno tutti sostenuto di rispettare i loro impegni internazionali. Alcuni hanno sottolineato che l’Arabia Saudita non è in nessuna lista nera internazionale per le esportazioni di armi. Altri hanno detto che i loro paesi non sono responsabili se le armi finiscono poi nelle mani sbagliate.

 L’Arabia Saudita, la regina delle armi

La fornitura di armi provenienti dall’Europa centrale e orientale può essere tracciata sin dall’inverno 2012. Allora decine di aerei carichi di armi e munizioni risalenti ai tempi della Jugoslavia hanno cominciato a volare da Zagabria alla Giordania, effettuando consegne pagate con denaro dell’Arabia Saudita. Poco dopo apparvero le prime testimonianze video dell’uso di armi croate nei combattimenti in Siria.

Shopping List

Il ruolo dei Sauditi

Secondo un articolo del New York Times del febbraio 2013, durante una visita a Washington nell’estate del 2012, un alto funzionario croato aveva offerto di inviare in Siria vecchie armi delle riserve governative. Poco dopo Zagabria contattò i sauditi, che cominciarono a finanziare le consegne, mentre la CIA coadiuvava occupandosi della logistica dei trasporti aerei, iniziati successivamente nello stesso anno.

Le autorità croate hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento nell’invio di armi alla Siria. Tuttavia, l’ex ambasciatore USA in Siria, Ford, ha confermato alla BIRN e all’OCCRP le informazioni che il New York Times aveva ricevuto da una fonte anonima, circa le modalità di conclusione di questo affare, aggiungendo di non poter discutere più dettagliatamente di quest’argomento.

Questo è stato solo l’inizio di un flusso senza precedenti di forniture di armamenti dall’Europa centro-orientale verso il Medio Oriente. Successivamente, il canale si è allargato, e altri sette paesi hanno cominciato a vendere le armi delle loro riserve.

Gli esportatori locali vendevano armi e munizioni dei loro paesi e contemporaneamente concordavano consegne di munizioni dall’Ucraina e dalla Bielorussia, cercando addirittura di comprare sistemi anticarro di fabbricazione sovietica nel Regno Unito: il mercato di armamenti si diffondeva come un gran bazar per tutta l’Europa. Prima degli eventi delle “primavere arabe” nel 2011, il commercio di armi tra Europa orientale e Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi e Turchia (i quattro paesi che forniscono un decisivo supporto alla frammentata opposizione siriana) erano insignificanti o del tutto inesistenti, come dimostra l’analisi dei dati sulle esportazioni.

Nel 2012 è cambiato tutto. Da allora al 2016, otto paesi dell’Europa orientale hanno approvato l’esportazione di armi e munizioni verso l’Arabia Saudita per un valore di almeno 829 milioni di euro, come dimostrano i rendiconti nazionali ed europei sulle esportazioni di armi e altre fonti governative.

Dal 2012 la Giordania ha ottenuto licenze di esportazione per 155 milioni di euro, gli Emirati Arabi Uniti per 135 milioni di euro, e la Turchia per 87 milioni, portando così l’importo complessivo a 1,2 miliardi di euro.

L’altro importante fornitore dell’opposizione siriana, il Qatar, non appare tra le licenze di esportazione dall’Europa centro-orientale.

Jeremy Binnie, 
esperto di armamenti in Medio Oriente del giornale Jane’s Defence Weekly, considerato la fonte più affidabile di informazioni su questioni di sicurezza e difesa, sostiene che la maggior parte delle armi esportate dall’Europa orientale era verosimilmente destinata alla Siria, e in quantità minori allo Yemen e alla Libia.

“Le forze armate di Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi e Turchia usano, con poche eccezioni, armi e munizioni di fanteria di fabbricazione occidentale, non sovietica”, ha rivelato Binnie. “Di conseguenza, è probabile che la maggior parte delle merci comprate da questi paesi siano destinate ai loro alleati in Siria, Yemen e Libia”.

La BIRN e l’OCCRP hanno avuto accesso a documenti riservati del Ministero della Difesa della Serbia, così come ai verbali di una serie di incontri interministeriali tenutisi nel 2013. Da questi documenti risulta che il ministero temeva che le consegne in Arabia Saudita potessero essere dirottate illegalmente verso la Siria. Allo stesso tempo, il ministero segnalava che i sauditi non utilizzavano le armi provenienti dai paesi dell’Europa centro-orientale, ma rifornivano da lungo tempo l’opposizione siriana. Il ministero ha dapprima respinto la richiesta saudita, ma poco più di un anno dopo è tornato sulla sua decisione approvando la fornitura di nuove armi, giustificandola con l’interesse nazionale.

E’ noto che i servizi di sicurezza sauditi impiegano principalmente armi occidentali, ma in quantità limitate sono utilizzate anche quelle dell’Europa centrale e orientale: in particolare, camion militari di produzione ceca e fucili mitragliatori rumeni. Tuttavia, anche la fornitura di armi destinate alle forze di sicurezza saudite può sollevare qualche dubbio, a causa del loro coinvolgimento nel conflitto in Yemen.

L’Olanda è stata il primo paese dell’Unione Europea a sospendere le esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita, per via delle vittime tra i civili nella guerra in Yemen, e il Parlamento europeo ha esortato a introdurre un embargo paneuropeo sulle esportazioni belliche.

La logistica dei trasporti: i voli cargo e i lanci col paracadute

Le armi provenienti dall’Europa centrale e orientale arrivano in Medio Oriente con aerei e con navi. Una volta stabilito quali aerei e navi le consegnano, i giornalisti sono riusciti a monitorare il flusso delle armi in tempo reale.

Un’attenta analisi delle tabelle orarie degli aeroporti, dei resoconti delle società di spedizione, dei dati di rilevamento dei voli e di fonti tra i controllori del traffico aereo ha permesso di individuare 68 voli effettuati per la consegna di armamenti destinate alle zone di conflitto in Medio Oriente nel corso degli ultimi 13 mesi. Gli snodi principali di questi trasporti sono Belgrado, Sofia e Bratislava.

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Le rotte del commercio

I voli più frequenti partivano da Belgrado, capitale della Serbia. Questi voli erano confermati come vettori di armi, e diretti alle basi militari dell’Arabia Saudita o degli Emirati Arabi, oppure venivano effettuati da regolari società di spedizioni di materiale bellico.

In aereo per il Medio Oriente

Nel corso degli ultimi 13 mesi, almeno 68 voli cargo provenienti da Bulgaria, Serbia, Slovacchia e Repubblica Ceca hanno trasportato migliaia di tonnellate di armi e munizioni in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Giordania. Questi tre paesi sono tra i principali fornitori di armi ai ribelli siriani.

A queste conclusioni si è arrivati con l’aiuto di un’analisi approfondita di orari aeroportuali, bollettini delle società di trasporto, tracciamento dei dati dei voli, fughe di notizie sui contratti per la fornitura di armi, certificati di destinazione finale e fonti riservate tra i controllori di volo. Secondo i dati della UE sul traffico aereo, i voli cargo dall’Europa dell’Est al Medio Oriente, soprattutto per gli aeroporti militari, erano estremamente rari fino alla fine del 2012, quando è cominciata una vasta fornitura di armi e munizioni.

Per questi voli sono utilizzati soprattutto aerei da trasporto IL-76. Possono trasportare fino a 50 tonnellate di armi – circa 16.000 Kalashnikov o tre milioni di proiettili. Altri aerei, in particolare i Boeing 747, sono in grado di trasportare due volte di più.

Dei 68 voli individuati, 50 sono stati ufficialmente riconosciuti come trasporti di materiale bellico:

  • la Direzione dell’aviazione civile della Serbia ha confermato che dal 1° giugno 2015 al 4 luglio 2016, 49 voli in partenza dalla Serbia o che vi hanno fatto scalo, trasportavano armi e munizioni. Questa conferma è stata ottenuta solo dopo molte settimane di rifiuti di rilasciare commenti, per motivi di riservatezza, e solo dopo che la BIRN e l’OCCRP avevano presentato varie prove, tra cui fotografie dei contenitori militari che venivano caricati sugli aerei all’aeroporto Nikola Tesla di Belgrado. Queste immagini sono state scattate in quattro date diverse.
  • Il rappresentante dell’Agenzia Nazionale delle Dogane della Bulgaria ha confermato un trasporto di armi effettuato dalla compagnia bielorussa Ruby Star Airways, partito dal piccolo aeroporto bulgaro di Gorna Oryahovitsa verso l’aeroporto di Turany a Brno, nella Repubblica Ceca, e poi verso Aqaba in Giordania.
  • Altri 18 voli sono stati segnalati come estremamente probabili per il trasporto di armi e munizioni in base a uno dei seguenti tre criteri: una storia di forniture belliche della società di trasporti, le coincidenze con i voli che trasportavano armamenti, oppure un aerodromo militare come destinazione:

– Dieci aerei sono atterrati all’aeroporto Principe Sultan ad Al-Kharj (Arabia Saudita) e nella base aerea di Al Dhafra ad Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti). Ciò indica la probabile presenza di armi o munizioni su questi aerei. Inoltre, tra le spedizioni di armi confermate dalla Direzione dell’aviazione civile della Serbia, 14 voli erano diretti verso gli stessi aeroporti.

– Sette voli dalla Slovacchia e dalla Bulgaria sono stati effettuati dalla compagnia aerea giordana International Air Cargo, che fa parte della Royal Air Force di Giordania. E’ stato comunicato che la compagnia ha effettuato consegne di armi e munizioni dalla Croazia alla Giordania nell’inverno 2012. Il colonnello bulgaro in pensione ed esperto di antiterrorismo Slavcho Velkov, che mantiene ampi contatti con i militari, ha riferito alla BIRN e all’OCCRP che i voli da Sofia per Amman “trasportavano armi in Arabia Saudita, in gran parte per il conflitto siriano”. Inoltre, la Direzione dell’aviazione civile della Serbia ha confermato il trasporto di armi, nello stesso periodo, con uno dei voli della compagnia.

– Uno dei voli è stato effettuato dalla compagnia aerea bielorussa TransAVIAexport Airlines, nota da lungo tempo come vettore di armamenti. Nel 2014, questa compagnia è stata ingaggiata dal trafficante di armi serbo Slobodan Tesich per il trasporto di armi provenienti da Serbia e Bielorussia verso aeroporti libici controllati da diversi gruppi di miliziani. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2015, questi fatti sono stati esaminati da un Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite che ha rilevato potenziali violazioni delle sanzioni. Inoltre, la Direzione dell’aviazione civile della Serbia ha confermato il trasporto di armi con cinque voli di questa compagnia aerea nello stesso periodo.

Molti di questi voli hanno fatto scalo in Europa centrale e orientale. E’ lì che probabilmente sono stati fatti i carichi bellici prima di dirigersi verso la destinazione finale. Le statistiche della UE sui voli contengono ulteriori prove della vastità delle operazioni. In particolare, tali statistiche mostrano che, a partire dall’estate 2014, aerei che partivano da Bulgaria e Slovacchia hanno consegnato negli aeroporti militari dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi, precedentemente identificati dalla BIRN e l’OCCRP, 2.268 tonnellate di carico. Ciò corrisponde a 44 voli di IL-76, l’aereo più utilizzato per tali trasporti.

La distribuzione delle armi tra le fazioni

Le armi acquistate per la Siria dall’Arabia Saudita, dalla Turchia, dalla Giordania e dagli Emirati Arabi Uniti, sono poi instradate verso due centri segreti (chiamati ufficialmente “Centri Operativi Militari”, MOC) in Giordania e in Turchia, secondo quanto riferito dall’ex ambasciatore Usa in Siria, Ford.

Questi centri, dove operano dipendenti dei servizi speciali e militari dei paesi del Golfo, della Turchia, della Giordania e degli Stati Uniti, coordinano la distribuzione delle armi ai vari gruppi dell’opposizione siriani da essi controllati. Lo dice il Carter Center, un gruppo di esperti con sede ad Atlanta (USA), uno dei cui reparti si occupa del monitoraggio del conflitto siriano.

“Ogni paese che partecipa agli aiuti all’opposizione armata si riserva il diritto di decidere quali fazioni sostenere in Siria” ha rivelato Ford.

Si è riusciti a ottenere ulteriori informazioni sulle modalità con cui l’esercito saudita rifornisce di armi i ribelli siriani grazie a documenti delle società di trasporti finiti in mano ai giornalisti.

Secondo i documenti ottenuti da BIRN e OCCRP, la compagnia aerea moldava AeroTransCargo ha effettuato nell’estate del 2015 sei voli, trasportando non meno di 250 tonnellate di munizioni da basi militari in Arabia Saudita all’aeroporto internazionale di Esenboga ad Ankara, capitale della Turchia, considerato il punto di arrivo dei voli con armi e munizioni destinati ai ribelli siriani.

Pieter Wezeman, dell’Istituto internazionale delle ricerche per la pace di Stoccolma, una organizzazione di primo piano sul monitoraggio delle esportazioni belliche, ha supposto che questi voli facciano parte dell’operazione logistica per le forniture ai ribelli siriani.

Dai Centri Militari Operativi le armi vengono trasportate via terra al confine con la Siria oppure paracadutate dagli aerei.

Un comandante dell’Esercito libero siriano di Aleppo, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, ha riferito a BIRN e OCCRP che le armi provenienti dall’Europa centrale e orientale sono distribuite da una sede centrale in Siria. “A noi non importa da quale paese provengono, sappiamo solo che vengono dall’Europa orientale” ha affermato. “L’Arabia Saudita e la Turchia forniscono le armi direttamente ai gruppi islamisti che non hanno l’appoggio degli Stati Uniti, e talvolta hanno combattuto con fazioni sostenute dai Centri Operativi Militari“, ha aggiunto Ford.

Si sa anche che i sauditi hanno paracadutato armi ed equipaggiamento ai loro alleati in Yemen, probabilmente fucili mitragliatori di produzione serba.

Ford ha detto di non aver partecipato di persona ai negoziati con Serbia, Bulgaria e Romania sulle spedizioni di armi verso la Siria, ma ritiene che la CIA sia stata certamente coinvolta. “Se si parla di operazioni di questo tipo, è difficile immaginare che non ci fosse un certo coordinamento tra i servizi segreti. Tuttavia, tale coordinamento può essere limitato esclusivamente a tali canali”  ha aggiunto.

Gli Stati Uniti potrebbero avere un ruolo non solo nella logistica della consegna di armi ai ribelli siriani, acquistati dai paesi del Golfo in Europa orientale. Attraverso lo Special Operations Command (SOCOM) del Ministero della Difesa, gli Stati Uniti compravano nell’Europa orientale e fornivano all’opposizione siriana una quantità significativa di materiale militare nel quadro di un programma di formazione ed equipaggiamento, per il quale sono stati stanziati 500 milioni di dollari.

Dal dicembre 2015 il SOCOM ha noleggiato tre navi da carico e ha trasportato 4.700 tonnellate di armi e munizioni dal porto rumeno di Costanza e da quello bulgaro di Burgas verso il Medio Oriente, probabilmente nell’ambito delle forniture segrete di armi alla Siria.

Secondo i documenti di accompagnamento americani, il carico comprendeva mitragliatrici di grosso calibro, lanciagranate a razzo, armi anticarro e munizioni, mortai, granate, razzi ed esplosivi.

La provenienza delle armi fornite dal SOCOM è sconosciuta, e i materiali elencati nei documenti di accompagnamento sono disponibili presso vari magazzini dell’Europa centrale e orientale.

Poco dopo uno di tali rifornimenti, alcuni gruppi curdi sostenuti dal SOCOM, hanno pubblicato un’immagine su Twitter e Facebook dove si vede un magazzino nel nord della Siria pieno di scatole di munizioni, fornite con l’aiuto degli Stati Uniti. Il SOCOM non ha confermato né smentito che questi rifornimenti fossero destinati alla Siria.

Dal registro degli appalti pubblici americani si viene a sapere anche che dal 2014 al 2016 il SOCOM ha acquistato armi e munizioni in Bulgaria, per operazioni segrete e per i ribelli siriani, del valore di almeno 27 milioni di dollari (25 milioni di euro) e in Serbia per un importo non inferiore a 12 milioni di dollari (11 milioni di euro).

La crescita esplosiva del business

Il ricercatore sul controllo sugli armamenti Wilcken ha detto che l’Europa centrale e orientale ha goduto di un’ottima occasione di guadagno dal balzo della richiesta di armi a seguito delle primavere arabe.

“La combinazione di vicinanza geografica e mancanza di controlli sulle esportazioni ha creato delle condizioni eccellenti per alcuni Stati balcanici, che permettono di trarre profitto da tale commercio, soprattutto perché in alcuni casi questi Stati sono segretamente aiutati dagli Stati Uniti” ha aggiunto: “L’Europa orientale ricostruisce l’industria bellica dei tempi della guerra fredda, che ricomincia a crescere ed essere redditizia”.

Il Primo Ministro serbo Aleksandar Vučić si è recentemente vantato che il suo paese potrebbe produrre cinque volte più armi di quanto faccia oggi, e nemmeno così potrebbe soddisfare la domanda. “Purtroppo, in alcune parti del mondo c’è una lotta più feroce che mai, e così in molti luoghi possiamo vendere tutto ciò che produciamo” ha detto. I produttori di armi bosniaci e serbi sfruttano al massimo le loro capacità produttive. Alcuni di loro introducono turni aggiuntivi, altri rifiutano nuovi ordini.

Gli alti funzionari sauditi, più abituati alle transazioni da milioni di dollari per l’acquisto di aerei da combattimento dai giganti dell’industria bellica occidentale, sono ora costretti a lavorare con piccoli broker delle armi in Europa orientale, che trattano i Kalashnikov e i lanciagranate con propulsione a razzo.

I vari mediatori, come il CPR Impex serbo e l’Eldon slovacco, svolgono un ruolo chiave nella fornitura di armi e munizioni per il Medio Oriente. Di regola, il contenuto dei rifornimenti non è noto, dal momento che gli affari commerciali riguardanti la vendita di armi sono solitamente avvolte dal segreto. Tuttavia, la BIRN e l’OCCRP sono riusciti a ottenere due certificati del destinatario finale e una licenza di esportazione, che mostrano la straordinaria portata delle consegne di armi per la Siria.

Ad esempio, il Ministero della Difesa dell’Arabia Saudita ha espresso l’interesse per l’acquisto di vari armamenti dall’esportatore serbo CPR Impex, tra cui centinaia di vecchi carri armati T-55 e T-72, milioni di munizioni, lanciarazzi e lanciagranate con propulsione a razzo. Le armi e le munizioni elencate sono prodotte nella ex Jugoslavia, in Bielorussia, Ucraina e Repubblica Ceca.

La licenza di esportazione rilasciata alla poco conosciuta società slovacca Eldon nel gennaio 2015, ha dato il diritto all’azienda di trasportare in Arabia Saudita migliaia di lanciarazzi e mitragliatrici di grosso calibro e quasi un milione di proiettili fabbricati in Europa orientale, per un importo di poco meno di 32 milioni di euro.

Un’analisi delle reti sociali condotta dalla BIRN e dall’OCCRP ha permesso di rintracciare armi fabbricate nella ex Cecoslovacchia ed ex Jugoslavia, oltre che in Serbia, Croazia e Bulgaria, sui campi di battaglia in Siria e in Yemen.

Gli esperti ritengono che questi paesi continuino a sfuggire alle loro responsabilità, mentre il canale di rifornimento delle armi continua ad alimentare il conflitto, che aumenta sempre più le sofferenze.

“La proliferazione delle armi nella regione ha portato a indicibili sofferenze umane, una grande quantità di persone sono state costrette a lasciare le loro case, e le parti in conflitto hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, tra cui rapimenti, esecuzioni, sparizioni forzate, torture e stupri” ha detto l’esperto di Amnesty International Wilcken.

Alla preparazione del materiale hanno partecipato anche Atanas Tchobanov, Dusica Tomovic, Jelena Cosic, Jelena Svircic, Lindita Cela, RISE Moldova e Pavla Holcova.
Le indagini a cura della BIRN sono nell’ambito del progetto “Paper Trail to Better Governance”.
BIRN – Balcan Investigative Reporting Network
OCCRP – Organized Crime and Corruption Reporting Project
Tutti i documenti impiegati nell’indagine si possono leggere alla BIRN’s online library BIRN Source (http://birnsource.com/en/folder/193) [in inglese].

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Articolo pubblicato da Colonel Cassad il 2 agosto 2016

Tradotto il italiano dal russo da Elena Petrova il 6 agosto 2016

[le note in questo formato sono del traduttore]

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