[NdT:i collegamenti presenti nell’articolo, se non specificato altrimenti, rimandano a pagine in inglese]
Il piano statunitense per costruire un “Nuovo Medio Oriente”, annunciato durante la fallita guerra di Israele contro il Libano del 2006, è stato completamente deviato dall’intervento antiterrorista russo in Siria, che ha cambiato le regole del gioco. Sebbene non siano mai stati forniti dettagli ufficiali su come sarà questo “Nuovo Medio Oriente”, in molti hanno capito che seguirà i contorni distruttivi dei “Confini di Sangue” [NdT:in italiano] di Ralph Peters, in cui l’intera regione è fatta a pezzi seguendo linee di confine etniche e settarie, in uno scenario Yinon-esco [NdT:in italiano]. In effetti, la realizzazione di questa strategia è una delle ragioni principali per cui sono state scatenate le Rivoluzione Colorate nel teatro di guerra della “Primavera Araba” e la guerra contro la Siria, ma tutto questo sta dando prova di essere inutile, ora che la Russia ha brillantemente rovesciato l’iniziativa ed è divenuta, indiscutibilmente, l’attore principale nel Medio Oriente.
Il “Fulcro Mediorientale” di Mosca è mirato a restaurare nella regione i principi dell’ordine che Washington ha trascurato così gratuitamente, dato che cercava ciecamente di distruggere lo status quo e ricreare il Medio Oriente in modo caotico, secondo i suoi propri desideri. Ad ogni modo, essendo cambiata drammaticamente la situazione, è giunto il momento di considerare un’altra visione del futuro, anche se è una in cui è la Russia, e non gli Stati Uniti, ad avere il ruolo di guida degli eventi.
La premessa dell’articolo si basa sul fatto che la COR, Coalizione dei Giusti (Russia, Siria, Iran, Iraq), avrà successo nella sua campagna di sterminio contro l’ISIS, e la Parte I procede descrivendo il cambio paradigmatico che gli Alleati hanno realizzato attraverso le loro azioni. Poi, la Parte II è divisa in due sezioni che rivelano le estese conseguenze geopolitiche di una vittoria della coalizione, con la prima che discute l’Arco di Resistenza che va dal Libano all’Iran, e la seconda che descrive la risultante destabilizzazione dell’Arabia Saudita e della Turchia. Infine, in risposta a questa sconfitta storica inflitta all’unipolarità, l’articolo conclude prevedendo i modi in cui gli USA cercheranno la vendetta geopolitica contro la Russia, per destituirla dal suo prezioso piedistallo all’incrocio dell’Afro-Eurasia.
Fuori il vecchio, dentro il nuovo
La Coalizione dei Giusti (COR) ha completamente capovolto il precedente ordine guidato dagli USA in Medio Oriente, e ben poco resterà dell’architettura strategica creata da Washington negli ultimi venticinque anni, non appena la sua campagna sarà conclusa. Ecco gli elementi più degni di nota che definiscono questo cambio di paradigma:
La leadership russa
Per prima cosa, la differenza più visibile è che la Russia ha assunto il ruolo chiave per stabilire l’agenda della regione, ed è Mosca, non Washington, che sta influenzando il cambiamento più tangibile nel Medio Oriente. Questo sviluppo non è sorto dal nulla, perché, nonostante le reazioni sorprese di molti osservatori (soprattutto quelli occidentali), il peso regionale della Russia stava costantemente crescendo da decenni, attraverso la direzione di due collaborazioni ultra-strategiche con la Siria e l’Iran. Quella con l’Iran è relativamente nuova e risale principalmente all’inizio degli anni 2000, ma la relazione con la Siria è iniziata nei primi anni Settanta, ed è straordinariamente l’unica amicizia dell’era sovietica ad essere uscita indenne dal declino russo degli anni Novanta. Attraverso il simultaneo rafforzamento e il fare leva su entrambe queste collaborazioni bilaterali, unitamente alla loro strategica sovrapposizione (la collaborazione strategica Siria-Iran), un grande legame di interessi è stato stabilito, preparando in tal modo lo sfondo strategico per la COR e il contrattacco multilaterale contro il “Nuovo Medio Oriente” statunitense di distruzione caotica. A differenza degli Stati Uniti, la Russia guida di fronte, non da dietro, e questo esempio coraggioso ha dato energia alla sua coalizione e fatto aumentare le speranze dell’intero mondo multipolare.
La Guerra d’Indipendenza Irachena
Uno degli elementi più importanti del “Nuovo Medio Oriente” a guida russa è l’inclusione dell’Iraq nella COR, che può essere letto come niente meno che il desiderio di questo paese di liberarsi dalla dominazione per procura americana e provare per la prima volta dal 2003 la sensazione della vera indipendenza. La maggior parte degli iracheni, e in special modo il loro governo (come si può dedurre dalla loro partecipazione alla COR), sono consapevoli del fatto che gli USA abbiano finora utilizzato l’ISIS come maglio strategico per realizzare i “Confini di Sangue” di Ralph Peters, e si tratti di sunniti, sciiti o curdi, sembra che ne abbiano avuto abbastanza. Oltre tredici anni di distruzione totale e innumerevoli promesse disattese bastano per rendere vacillante la lealtà delle più temerarie forze pro-americane, e l’esperienza irachena è il più evidente esempio globale dei gravi pericoli che incombono sui “partner” di seconda fascia, non occidentali, dell’America. La Guerra d’Indipendenza Irachena, che è ciò che rappresenta la sua partecipazione alla COR e la campagna anti-ISIS, è una potente dimostrazione che perfino i più abusati tra gli stati controllati hanno un reale potenziale per contrattaccare, posto che ci sia la volontà politica ai livelli più alti e che la popolazione sia veramente stufa del precedente stato delle cose.
In Siria si chiude il cerchio
La Siria, lo scenario dell’attuale attenzione mondiale, per ironia del destino si trova a essere il primo campo di battaglia della Nuova Guerra Fredda, e ciò, in un certo senso poetico di giustizia, fa sì che la resistenza geopolitica più epica che gli USA abbiano mai affrontato si trovi proprio lì. Lo stratagemma usato dal Pentagono nel tentativo di accaparrarsi il completo controllo della regione per mezzo delle “Primavere Arabe” è stato la salva di inizio della Nuova Guerra Fredda; gli USA avevano pianificato di imporre cambi di regime caotici per tutta l’Asia Centrale e arrivare da lì agli R&D, gli Stati Resistenti, cioè Russia, Cina e Iran. Non c’è bisogno di aggiungere che tutti e tre gli Stati hanno capito il tentativo di prendere il controllo che gli USA stavano compiendo, anche se sono stati lenti nel coordinare le loro risposte, e se non fosse stato per la fiera e patriottica resistenza siriana a questo schema, è possibile che oggi sarebbero in una posizione contemporaneamente molto meno vantaggiosa e molto più disorganizzata per contrastarlo.
I sacrifici della Siria hanno impedito all’onda di marea del terrore di abbattersi sugli stati R&D, e la gratitudine russa ha trovato la sua espressione nell’intervento diplomatico del 2013 che ha evitato una campagna americana di bombardamenti contro il paese. Ciò ha concesso agli stati R&D un po’ più di tempo per prepararsi prima del successivo e imminente assalto, ma ha anche involontariamente spinto gli USA a fare la mossa di attuare i piani di cambio regime in Ucraina con un anno d’anticipo rispetto a quanto originariamente programmato. Questa mossa vendicativa aveva lo scopo di “punire” la Russia per la figuraccia globale che aveva fatto fare agli USA in Siria, ed è ciò che la maggior parte delle persone, sbagliando, pensano che abbia segnato l’inizio della Nuova Guerra Fredda, trascurando che è stato in Siria, non in Ucraina, che si è combattuta la prima battaglia. Incidentalmente, il cerchio si è chiuso, e lo stadio più importante di questa Nuova Guerra Fredda attualmente ha luogo in Siria, dove la COR schiaccia gli strumenti terroristici dell’egemonia unipolare e fa da levatrice alla nascita dell’ordine mondiale multipolare, e più che probabilmente, il suo successo non si fermerà al solo Medio Oriente.
Inseguire il Male
La più grande incertezza che gli strateghi americani devono affrontare è esattamente quanto si spingerà oltre geograficamente la COR nella sua battaglia contro il terrorismo globale. Il focus attuale è ovviamente sul teatro siriano-iracheno, ma dopo la conclusione di questa campagna, si dovrà realisticamente valutare se gli Alleati potranno ripeterne il successo in Libia o in Afghanistan, a condizione ovviamente che arrivi una richiesta ufficiale dai governanti di quei paesi. Una nota incoraggiante: ha un enorme significato che subito dopo l’intervento anti terrorismo della COR in Siria, Kerry abbia lanciato un appello urgente nei confronti dei leader della Libia (de jure e de facto) affinché formino un governo il più presto possibile per impedire all’ISIS di estendere il proprio controllo sul paese. Ci si può immaginare che gli USA siano seriamente preoccupati riguardo alla possibilità che una COR allargata, che stavolta comprendesse l’Egitto (che ha già in passato compiuto degli interventi limitati in Libia), possa agire in quello stato fallito per espellerne le forze controllate dal Pentagono e salvare il paese dal copione dei “Confini di Sangue”, delineato nel New York Times, di una frammentazione dello stato in tre parti.
Per quanto riguarda l’Afghanistan, se l’ISIS riuscisse a stabilirvi un punto d’appoggio abbastanza affidabile, è possibile che Kabul, avendo testimonianza diretta dell’efficienza degli attacchi aerei a fine anti-terroristico della COR in Siria, possa richiedere una simile assistenza per rimuoverlo. Se ciò accadesse, sarebbe il chiodo finale sulla bara del caos USA in Asia centro-meridionale, poiché quello Afghano sarebbe il segnale dell’inizio di un’altra guerra d’indipendenza finalizzata alla rimozione della presenza americana. Assieme ai servi, se ne andrà il padrone, quindi potremo aspettarci che, non appena i terroristi verranno eliminati dalla Libia e dall’Afghanistan (potenzialmente con l’aiuto della COR), verrà indicate la porta anche agli USA, e questi due Stati potranno finalmente riguadagnare la sovranità perduta.
Inoltre, come complemento allo scenario Afgano, se dovesse partire un qualche genere di minaccia terroristica dal paese in direzione dell’Asia centrale (molto probabilmente verso il Tagikistan), non ci sono dubbi che verrebbero immediatamente utilizzati attacchi aerei da parte della COR-CSTO agli ordini dei Russi. Analogamente, l’Uzbekistan potrebbe valutare la possibilità di richiedere l’assistenza multilaterale russa se incidenti simili accadessero ai propri confini e non riuscissero a mantenerne il controllo, ma solo in circostanze molto specifiche e se fosse assolutamente necessario per la propria sopravvivenza. Sarebbe un grosso problema se, in questo scenario operativo dell’Asia centro-meridionale, emergessero contemporaneamente molteplici minacce, che potrebbero mettere a dura prova i pianificatori strategici delle forze armate russe; di questo si parlerà nella Parte IV dell’articolo.
Frantumare i pilastri del potere statunitense
Non contando Israele, che è in una categoria speciale a parte, l’influenza statunitense sul Medio Oriente si è appoggiata su due principali pilastri di potere, Turchia ed Arabia Saudita, ma questo arrangiamento sta crollando per il ritorno nella regione della Russia. Con un colpo di scena del destino geopolitico, quelle nazioni che gli USA avevano in precedenza supposto essere le più stabili delle regione adesso sono quelle più sul ciglio della destabilizzazione, e, ironicamente, le due che gli USA hanno più cercato di destabilizzare, Siria e Iraq, sono adesso quelle che sembrano avere il futuro più stabile. Riguardo la prima, i goffi errori di valutazione di Erdogan hanno fatto ritornare la Turchia ad uno stato di guerra civile de facto, mentre la disastrosa guerra in Yemen dell’Arabia Saudita ha fatto nascere nei furfanti reali un piano per il cambio di regime, per tacere delle minacce dell’ISIL e della rivolta nella provincia orientale.
Guardando a Siria ed Iraq, una delle intenzioni geopolitiche del COR è quella di salvaguardare la sovranità e la integrità territoriale dei suoi membri, e l’eliminazione dell’ISIL è un grosso passo avanti nella realizzazione di questo obiettivo. Inoltre, considerando le precedenti paure del separatismo curdo, si può esser certi che l’assistenza militare della Russia ad entrambe ha calmato questo sentimento ed ha dato a Mosca un certo grado di influenza ad Erbil, il che può divenire utile per moderare qualsiasi pensiero secessionista che gioverebbe solo alla strategia USA. Col problema curdo affrontato ed i terroristi wahabiti in fuga, Siria ed Iraq possono guardare ai loro futuri con una vista più ampia rispetto alla Turchia sconvolta dalla guerra civile e l’Arabia Saudita divisa internamente e nella famiglia reale, e naturalmente ciò ha indebolito i piani strategici americani nel Medio Oriente più di ogni altra serie di eventi accaduti finora, e questo aspetto sarà trattato nella Parte II.
La sconfitta del Brzezinski Capovolto
L’applicazione della forza in Siria, attentamente suddivisa all’interno della COR – il sostegno russo rimane limitato alle missioni aeree, l’Esercito Arabo Siriano e le milizie curde si occupano in pieno della componente terrestre – si presenta come una via disciplinata per prevenire la tentazione del cambio di obiettivi durante la missione, cioè il nucleo del Brzezinski Capovolto. [NdT:in italiano]. Se la Russia e l’Iran riescono ad evitare questa trappola strategica, allora avranno annullato una delle più innovative linee guida degli Stati Uniti ed avranno guadagnato il molto necessario respiro per occuparsi delle future minacce alla sicurezza della regione. Più ci si riflette e più diventa chiaro che il modo per battere il Brzezinski Capovolto è quello di assemblare la opportuna coalizione di forze per intervenire nella zona del “pantano”. Se una delle due Grandi Potenze tenta di intervenire da sola e senza auto-moderazione, allora le sue probabilità di rimanerne vittima sarebbero di molto aumentate, ma nell’attuale caso della Siria (e presto, dell’Iraq), esse hanno dimostrato di essere più che abili a, con pazienza, orientare multilateralmente la situazione e ad evitare la trappola statunitense. Se esse mantengono questo stato mentale e questo comportamento inclusivo durante le operazioni (e non c’è ragione per pensare altrimenti), e se riescono ad applicare queste lezioni nei prossimi scenari tipo Brzezinski Capovolto come quello del Caucaso Meridionale o dell’Asia Centrale, allora la strategia di intrappolamento degli Stati Uniti, finora così flessibile, diventerebbe molto più rigida e molto meno impiegabile in futuro.
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Articolo di Andrew Korybko apparso su Oriental Review il 7 ottobre 2015
Traduzione in Italiano di Fabio_San, Paola, Mario B. per SakerItalia.it
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