(Prima di questa, leggere la Parte I°)
[NdT: i collegamenti rimandano a pagine in inglese]
La prima parte dell’articolo ha toccato gli elementi definitivi che costituiscono il cambio di paradigma prodotto dalla Coalizione dei Giusti (COR), quindi è giunto il momento di esaminare le conseguenze geopolitiche di questo sviluppo, che ha cambiato le regole del gioco. Ogni osservazione tratta: o con una osservazione analizzata, o con uno scenario previsto, e ciascuna è fondamentale per comprendere il “Nuovo Medio Oriente” che sta prendendo forma sotto l’amministrazione russa. La prima sezione si dedica alla crescente COR tra il Libano e l’Iran, mentre la seconda guarda ai pilastri geopolitici americani che si stanno sgretolando, Arabia Saudita e Turchia.
L’Asse della Resistenza Repubblicano è rinato
L’autore ha scritto su questo scenario due volte, una a gennaio, e l’altra lo scorso mese (ma è stata pubblicata questa settimana) e si occupa della resurrezione geopolitica dell’Asse della Resistenza tra Iran, Iraq e Siria. La previsione precedente suggeriva che l’Iran potesse giocare un ruolo stabilizzatore nel convincere i curdi ad abbandonare i loro desideri secessionisti, e l’ultima previsione si basa su quell’idea, evidenziando il ruolo cruciale che un’entità curda pro-Resistenza (sia essa indipendente o ancora parte dell’Iraq) occuperebbe nel realizzare questo scenario. Inoltre, l’analisi più recente ipotizza che, avendo tutte e tre le entità la comune denominazione di Repubblicanesimo (sia esso Laico o Islamico), c’è una certa sinergia ideologica tra di loro, il che rende ancor più naturale la loro collaborazione, e può portare anche all’inclusione del Libano, se mai si stabilizzerà veramente. La COR può pertanto essere vista come una seconda ripetizione dell’Asse di Resistenza Repubblicano, ma questa volta molto più solido nel suo status geopolitico, come risultato dell’entrata ufficiale della Federazione Russa. Nel contesto della Nuova Guerra Fredda, ciò rende la coalizione il nemico militare numero uno degli USA, essendo l’unica forza che sta letteralmente contrattaccando i suoi prestanome, e che si dedica a spazzare via loro e i loro burattinai dalla cruciale regione mediorientale.
Il Kurdistan fa la sua scelta
Continuando con il tema della criticità dei curdi per la ricostruzione dell’Asse della Resistenza nel Medio Oriente, c’è bisogno di dichiarare subito che i loro leader hanno fatto una scelta chiara a favore della COR. Passando da clienti unipolari ad alleati multipolari, i curdi hanno giocato un ruolo primario per garantire la realizzabilità della coalizione e assicurare la sua unità interna a dispetto delle aggressioni terroristiche contro di essa. La Russia è stata influente per far succedere questo, dal momento che i suoi sforzi diplomatici mirati negli scorsi due mesi sono largamente responsabili della Svolta Curda. Se ciò non fosse accaduto, il pericolo geopolitico di uno Stato cliente curdo pro-americano, che sarebbe sorto al di fuori della campagna anti-terroristica della coalizione, sarebbe restato in sospeso sul mondo multipolare come l’ultima Spada di Damocle. Di conseguenza, i curdi di certo meritano la loro giusta parte, e si dovrebbe render loro onore per aver coraggiosamente rifiutato la visione che gli USA avevano per loro, ed aver invece trasferito la loro fiducia alla COR. In ultima istanza, Washington non può esserne felice, ma è per lo più incapace di fare qualsiasi cosa a riguardo, perché il suo cane d’attacco turco è invischiato in una sempre più intensa guerra civile in casa propria, e non è per niente in una posizione da cui possa proiettare grandi forze oltre i confini (la cosa più realistica che possa fare per ora sono stati i suoi più recenti assalti su piccola scala via terra e via aria).
Il dibattito interno in Iran è finito
La firma dell’accordo nucleare iraniano ha temporaneamente rivelato le divisioni interne all’élite del paese, con quelli che l’Occidente chiama “I fautori della linea dura” che denunciano il fatto che contenga troppe concessioni, mentre i “moderati” ne lodano il pragmatismo. Proseguendo oltre, l’Iran è entrato in un periodo di schizofrenia politica: si corteggiano gli investimenti occidentali nello stesso momento in cui l’Ayatollah Khamenei ha riaffermato che l’atteggiamento del suo paese nei confronti degli USA è rimasto invariato. Questa dicotomia opaca ha condotto l’autore a chiedersi, assieme ad altri, se forze “moderate” filo-occidentali siano riuscite a prendere segretamente il potere, e nel retroscena abbiano dirottato l’orientamento geopolitico iraniano. Anche se sicuramente esistono differenze politiche negli strati superiori della società iraniana, la partecipazione del paese alla COR indica senza dubbio che i “fautori della linea dura” (nella realtà, le forze più pragmatiche dal punto di vista geopolitico) sono quelle che decidono, con grande sollievo per il mondo multipolare. Volendosi avventurare a spiegare come abbiano raggiunto la cima, è molto probabile che la spiegazione più accurata sia quella di F. William Engdahl, secondo cui l’influenza militare e tecnica russa, incorporata nella politica iraniana starebbe sovrastando, sul piano strategico, tutte le tentazioni economiche da parte occidentale, e, anche se ci sono ancora dubbi riguardo all’impatto che il prossimo ritorno dell’Iran nel mercato energetico globale avrà sulla Russia, pensiamo che questi siano stati oggetto di discussioni tra le due parti.
Torna il Gasdotto dell’Amicizia
Uno dei dividendi geopolitici che la Guerra alla Siria avrebbe dovuto garantire all’Occidente e ai suoi alleati regionali, era la non fattibilità dell’Oleodotto dell’Amicizia Iran-Iraq-Siria; ma con l’imminente ripristino dell’ordine negli ultimi due Stati, è molto probabile che il progetto possa in effetti tornare in vita. Ciò è ancora più probabile sinché l’Europa occidentale continuerà a cercare una fonte energetica alternativa alla Russia, specialmente adesso che la guerra Turco-Curda ha fatto sorgere gravi interrogativi sulla sicurezza delle linee TANAP e TAP. Per questo, sembra che stia per accadere una svolta geo-energetica in cui le linee TANAP e TAP sembrano non più realizzabili, ed invece appare realistica l’ipotesi del Gasdotto dell’Amicizia. Le ricadute in termini di diritti di transito che l’Iraq e la Siria riceverebbero per il passaggio dell’oleodotto, potrebbero essere di grande aiuto nella ricostruzione del dopoguerra, oltre all’impegno di lealtà che ognuno di loro ha già preso nel ravvivare questo progetto di fratellanza. Supponendo che sorga l’opportunità per la sua creazione fisica (cosa che è molto probabile, considerando che la COR avrà successo), si pone la questione su quanto un grande afflusso di gas sul mercato globale impatterebbe sulla strategia energetica globale russa.
La fornitura di grosse quantità di gas iraniano è una minaccia che in futuro potrebbe portare perfino al potenziale allontanamento tra Russia e Iran, ma con ogni probabilità sembra che Mosca abbia già considerato questa possibilità in anticipo e abbia raggiunto una qualche forma di intesa con Teheran. Dopotutto è logico concludere che, una volta che Iran e Siria siano tornati alla piena stabilità, l’Iran naturalmente assumerebbe la guida nella creazione del Gasdotto dell’Amicizia, a maggior ragione nel contesto della realtà che seguirà la soppressione delle sanzioni. Il gasdotto non sarà costruito subito, naturalmente, e ciò dà alla Russia il tempo di pensare ad un modo per rendersi flessibile, continuando nella già prevista tendenza a diminuire la dipendenza del proprio bilancio dall’export di energia e diversificarsi in misura maggiore verso il mercato asiatico. Si aggiunga a questo il fatto che il gasdotto esporterà GNL [Gas Naturale Liquefatto, NdT], prodotto per il quale c’è un mercato molto ristretto concentrato principalmente nell’Europa Occidentale, e si può capire come questo non comprometterebbe la domanda del gasdotto Balkan-Stream, molto critico dal punto di vista geo-energetico, evitando così il potenziale di una competizione commerciale poco amichevole tra i due Alleati. Una nota finale su quest’argomento, la Russia si è attivata nell’espansione delle proprie relazioni economiche tramite un vasto pivot Sud-Eurasiatico (che comprende anche l’Africa orientale), ciò significa che la sua precedente relativa dipendenza dall’export energetico (normalmente mal rappresentata) continuerà ad essere di minore importanza via via che il paese si impegna in nuovi, innovativi, e geograficamente estesi metodi per espandere la propria influenza.
L’ancora di salvezza libanese
L’intervento militare russo in Siria ha alleviato l’enorme pressione sulle forze pro-governative ed ha reso più facili le loro operazioni. Ciò rende possibile che i combattenti di Hezbollah, non più richiesti nella stessa misura di prima, possano tornare in Libano per affrontare là una potenziale crisi interna senza conseguenze negative per l’Esercito Arabo Siriano. Non equivocate, Hezbollah ha giocato un ruolo molto importante nel sostenere le missioni anti-terrorismo di Damasco, solo che adesso il Libano, epicentro del movimento, sta affrontando la sua propria crisi esistenziale che può richiedere là un ruolo più attivo all’organizzazione, in un modo o nell’altro. Se la Russia non fosse intervenuta direttamente in Siria, per l’Esercito Arabo Siriano sarebbe stato molto più difficile gestire la linea del fronte nel caso in cui gli Hezbollah avessero dovuto ritirare improvvisamente la maggior parte delle loro forze dal paese per una qualsiasi ragione. Adesso, tuttavia, una tale vulnerabilità militare non esiste più come prima, e ciò dà agli Hezbollah una maggiore libertà di manovra militare per salvare il Libano senza dover penosamente scegliere fra aiutare la propria patria oppure la Siria.
Ora la flessibilità di Hezbollah nello spostare le sue unità dalla Siria al Libano secondo la convenienza, li aiuterà presumibilmente a gestire meglio la crisi del paese se questa dovesse acuirsi e se dovesse presentarsi tale necessità. Di complemento a ciò, la Russia ha giusto annunciato che fornirà una certa quantità, non specificata, di attrezzature militari alle Forze Armate Libanesi ed alla polizia locale per aiutarli nei loro sforzi di contrasto all’ISIS. Questo colpo di genio strategico aiuterà il paese ad affrontare qualsiasi minaccia terroristica che dovesse provenire dai suoi confini durante la prossima Offensiva Russo-Siriana di Liberazione, e servirà anche a rinforzare lo Stato per respingere ogni distruttiva presa di potere islamista che dovesse presentarsi sotto la guisa di simil-Rivoluzione Colorata. L’ancora di salvezza che la Russia ha perciò fornito allo Stato libanese potrebbe essere sufficiente non solo per portarvi finalmente un po’ di stabilità, ma anche a farne un membro del COR. Se quest’ultima ipotesi venisse davvero alla luce, allora l’Arco di Resistenza verrebbe a consolidarsi come un Arco Repubblicano, sottolineando ancor più le differenze ideologiche fra esso e le monarchie del sud affiliate al mondo unipolare. In più, la incorporazione del Libano dentro l’Alleanza lo aiuterebbe a sbarazzarsi delle influenze degli infiltrati pro-Sauditi che, nell’ultimo decennio, hanno introdotto di nascosto l’influenza del Regno dentro il paese e le sue istituzioni.
*****
Articolo di Andrew Korybko apparso su Oriental Review l’ 8 ottobre 2015
Traduzione in italiano di Fabio_San, Paola, Mario B. per SakerItalia.it
No comments!
There are no comments yet, but you can be first to comment this article.