(Prima di questa, leggere la Parte I°, la Parte II°a e la Parte II°b)
[NdT: i collegamenti rimandano a pagine in inglese]
Poche cose sono certe nella vita, ma se c’è una cosa che gli osservatori della geopolitica possono quasi sicuramente aspettarsi, è che gli USA troveranno un modo per far pagare diabolicamente alla Russia il subitaneo capovolgimento che Mosca ha inflitto alle sue fortune strategiche in Medio Oriente. Sebbene non sia una lista esaustiva, gli scenari seguenti sono i più realistici.
Senza un ordine preciso, essi sono:
Il voltagabbana curdo
I Curdi si sono schierati coraggiosamente con la Coalizione dei Giusti (COR) ed hanno aumentato di molto la vitalità dell’organizzazione, ma la velocità con cui lo hanno fatto porta a chiedersi se possono essere “convinti” (cioè comprati) a ritornare alla loro alleanza unipolare con la stessa rapidità. Finora non c’è niente di tangibile che punti in questa direzione, e tutto il ragionamento è una pura congettura (sebbene radicata nell’esperienza), ma può esser prevista una situazione in cui, dopo la fine della guerra anti-ISIL, il Governo Regionale Curdo (KRG) e Baghdad tornino ai ferri corti su Kirkuk e sull’accordo per la suddivisione dei ricavi petroliferi. In un tale evento, il KRG potrebbe ricorrere ancora una volta alla retorica indipendentista come metodo per ricavarne guadagni rispetto a Bagdad, ma stavolta (aiutato da Americani ed Israeliani) potrebbe intraprendere passi definitivi per raggiungerne l’obiettivo, come potrebbe essere un referendum che Washington, Tel Aviv e compagnia bella riconoscerebbero immediatamente come valido, senza considerare quanto ciò potrebbe influenzare negativamente le loro relazioni bilaterali con la Turchia (che, anzi, potrebbero aver voglia di provocare specialmente se un colpo di Stato pro-Euroasiatico fosse veramente avvenuto).
Per la COR, le conseguenze di questo scenario sarebbero estremamente destabilizzanti, poiché darebbe origine alla creazione di un “Israele geopolitico” che potrebbe influenzare le regioni di Siria ed Iran abitate dalle stesse etnie. Inoltre, esso condurrebbe alla frammentazione trilaterale dell’Iraq, vista l’improbabilità che la rimanente porzione sunnita-sciita, con le sue bollenti differenze interne, possa rimanere intatta ed ancor più se una guerra Curdo-Irachena, forse a causa di Kirkuk, dovesse improvvisamente uscirne fuori. Per tale possibilità, non è prevedibile che la nazione restante sia in grado di unirsi abbastanza da combattere contro la “Prussia del Medio Oriente”, e la tensione risultante potrebbe facilmente dividere la sua popolazione al punto da renderne la ulteriore separazione non solo inevitabile ma anche desiderabile da tutti. Da queste considerazioni, diventa molto importante che Russia ed Iran influenzino il governo centrale iracheno per spingerlo ad accettare una porzione delle richieste ragionevoli del KRG durante il dopoguerra. Ed è importante che i leader curdi si sentano abbastanza fiduciosi nelle loro controparti di Mosca e Tehran in modo da non far loro accettare contemporaneamente, tradendole, ogni accordo con gli USA.
Il gioco dei rifugiati
Prima o dopo, la stabilizzazione della Siria non potrà che risultare inevitabilmente nel tentativo di rimpatrio da parte della UE della maggior parte delle centinaia di migliaia di richiedenti asilo. Ogni cittadino siriano ha il diritto legale al ritorno nella propria patria, ma la situazione è, in pratica, leggermente più complicata. Proprio come i rifugiati in uscita sono stati usati come arma contro la Siria, anche quelli che ritornano potrebbero esserlo. Per esempio, molti Siriani fuggiti dal loro paese verso la Turchia o la UE non sostengono il loro legittimo governo eletto democraticamente (il che non è per forza lo stesso per quelli andati in Libano), ed obbligarli a ritornare a casa contro il loro volere potrebbe creare tensioni con i Siriani patriottici che sono rimasti. E non c’è solo questo, basta pensare semplicemente ai numeri coinvolti, più di 4 milioni all’estero secondo gli ultimi calcoli, e si vede che il loro ritorno in un breve periodo di tempo potrebbe sopraffare le autorità di qualsiasi paese. Quindi, la Siria deve essere avvertita sul possibile uso come arma dei rifugiati rimpatriati, e deve perciò preparare un sistema organizzato per la loro ricezione in modo da evitare ogni destabilizzazione che potrebbe esserci.
Ancora una volta si deve sottolineare che qualsiasi ritorno dei rifugiati, in grande scala ed in un breve periodo di tempo, non sarebbe volontario ma artificialmente imposto dalla UE, in cui molti membri si sono stancati di ospitare i rifugiati e vorrebbero solo che tornassero a casa. È abbastanza interessante che, prima dell’intervento anti-terrorista della Russia, David Cameron, il Primo Ministro del Regno Unito, abbia parlato di lanciare una campagna militare contro la Siria per creare una situazione che supponeva essere più favorevole al ritorno dei rifugiati (cioè, nella mentalità occidentale, dopo il cambio di regime). Quindi, tenendo questo a mente, ora che la campagna militare della Russia contro l’ISIL sta letteralmente rendendo il paese più vivibile mediante l’eliminazione degli assassini terroristi che lo infestano, è possibile che il Regno Unito, e peraltro forse la maggior parte della UE, possa ritornare alla retorica del mandare a casa i rifugiati, posto che riconosca nelle condizioni interne alla Siria sufficienti “ragioni plausibilmente giustificate” a permetterlo. Questo dovrebbe implicare il riconoscimento de facto del legittimo governo di Siria da parte delle nazioni ospitanti i rifugiati, ma perfino se lo facessero, sarebbe solo una tattica temporanea per permettere loro di inondare il paese con qualcuna delle centinaia di migliaia di cittadini che nel frattempo sarebbero già giunti in Europa.
Divide et Impera: Iran vs Russia
Anche se fisicamente impediti a fare alcunché per rompere la convergenza strategica tra Russia e Iran contro l’ISIL, gli USA ed i suoi organi d’informazione (quelli esplicitamente filo-americani e anche quelli che in maniera più velata agiscono da suoi portavoce) possono costruire false narrative di una competizione tra i due, in Siria e/o in Iraq, con la segreta speranza di massimizzare i sospetti che uno dei due possa nutrire nei confronti dell’altro, al punto da creare un “dilemma di sicurezza” che generi una effettiva caduta della fiducia reciproca. Sembra poco probabile che tutto ciò possa accadere in breve tempo, ma se l’ISIL si rivelasse più duro da sloggiare di quanto inizialmente immaginato, e la campagna della COR si trascinasse più a lungo di quanto ci si aspettasse, si creerebbero le condizioni per cui voci di questo genere potrebbero trovare orecchie attente a Mosca ed a Teheran.
La centrale nucleare di Bushehr costruita in Iran con l’assistenza tecnica russa.
La Russia e l’Iran sono più vicini oggi di quanto lo siano mai stati a causa della loro collaborazione militare contro l’ISIL, ma c’è ancora una possibilità che le differenza tra i due (che l’autore ha esaurientemente illustrato in un articolo in quattro parti sul tema) possano nuovamente tornare in superficie col tempo. Ciò diventa ancora più probabile se gli USA e i suoi alleati tedeschi, francesi e britannici, trovassero un modo per calunniare l’Iran accusandolo di violare l’accordo nucleare, come forma contorta di vendetta geo-economica per la sua presa di posizione a fianco della Russia nella Nuova Guerra Fredda. Quando si ripensa a come queste grandi economie hanno rinunciato ai soldi che stavano facendo in Russia per lealtà agli USA, non riesce difficile pensare che possano fare altrettanto coi profitti che ancora devono ricevere dall’Iran. La semplice minaccia di farlo e possibilmente tornare al regime delle sanzioni (e la trappola della Rivoluzione Colorata che questo potrebbe attivare) potrebbe essere sufficiente a persuadere i “moderati” filo-occidentali a prendere parte ad una importante lotta di potere dietro le quinte per accaparrarsi il controllo della Repubblica Islamica, sottraendolo alla fazione geo-politicamente più pragmatica (quelli che l’Occidente chiama i “fautori della linea dura”), o in modo meno drammatico, di spingere via l’Iran dalla sua collaborazione militare con la Russia, verso un ruolo più passivo nella COR.
L’obiettivo dell’Occidente è sempre stato, e sempre sarà, la messa in opera di una qualche forma dura (Rivoluzione Colorata) o morbida (“moderata”) di cambio di regime a Teheran che disarmi l’establishment strategico-militare e apra la porta per il ritorno allo sfruttamento straniero di prima del 1979. Adesso che l’Iran ha definitivamente preso parte alla coalizione a guida russa anti-ISIL, questo obiettivo si è posto una volta di più come bersaglio primario per le agenzie di intelligence occidentali, che non si fermeranno di fronte a nulla per far sì che il paese annulli, o quanto meno attenui, il proprio impegno ed entri in contrasto con la Russia. Sicuramente ciò è più facile a dirsi che a farsi, specialmente vista la fiducia reciproca che Mosca e Teheran hanno mostrato nel corso del loro lavoro presso il centro informativo di Baghdad della COR, ma questa tattica sorniona di dividere l’Iran dalla Russia non può mai essere trascurata, o scartata a priori, e sarà uno dei trucchi che gli USA ed i suoi alleati cercheranno di usare. Come dettato da uno degli imperativi primari della geopolitica dell’Occidente nei confronti dell’Eurasia, si deve sempre dare per assunto che ci sia una minaccia perpetua, perfino se la sua intensità diminuisce (si spera) nel tempo.
Esplosione Balcanica
L’accresciuta presenza militare della Russia in Siria, la rende non solo una potenza mediorientale, ma anche Mediterraneo orientale (in grado di chiudere lo spazio aereo siriano). Approfondendo quest’ultimo punto, ciò rafforza la presenza del paese in prossimità dei confini meridionali della regione balcanica, che si relaziona all’intenzione di Mosca di eseguire un Balkan Pivot ed aumentare la propria influenza in quest’area dell’Europa trascurata dall’Occidente. Finora quindi, il “Terzo Round” della Nuova Guerra Fredda ha visto i patrioti macedoni sconfiggere la Rivoluzione Colorata e i tentativi di Guerra Ibrida di matrice albanese. Essi erano stati progettati dall’esterno per sabotare la stabilità del paese e impedirgli di essere usato come stato, ad orientamento multi-polare, per il transito dell’energia russa e della ferrovia ad alta velocità cinese. La prima battaglia per i Balcani è stata vinta, ma la guerra è lontana dalla fine, poiché ci sono tre aree principali di destabilizzazione che possono esplodere in qualunque momento: (1) un secondo tentativo di Rivoluzione Colorata/Guerra Ibrida in Macedonia prima o subito dopo le elezioni anticipate in primavera; (2) i problemi geopolitici della “Grande Albania” e della Bosnia se uscisse da una eventuale revisione dell’accordo di Dayton; e (3) la crisi dei profughi, devastante per la regione. Inoltre Victoria Nuland ha in cantiere i suoi giochetti riguardo il trasformare i Balcani in un manicomio, ma possono andare tutti a monte con una discreta probabilità.
Da questo paragrafo appesantito di citazioni, quello che deve arrivare al lettore è che la Russia ha concreti interessi geopolitici dietro la sua urgenza di ricollegare la propria civilizzazione a quella balcanica, invece gli USA stanno compiendo il massimo sforzo possibile per evitare che ciò accada, mentre cercano freneticamente dei modi per separare la regione dalla Russia, sia con mezzi istituzionali (come l’ingresso nella NATO del Montenegro e addirittura della Macedonia), sia fisicamente (Guerra Ibrida in Macedonia oppure una “rivolta dei profughi” in Serbia). Non si facciano errori su questo punto – Washington ha già piantato molte “bombe a orologeria” nei Balcani, pianificate per innescarsi nel prossimo futuro, la domanda da farsi è se la regione riuscirà a sostenere queste esplosioni destabilizzanti e in che modo (se un modo esiste) la Russia potrà essere d’aiuto in questa imminente ordalia geopolitica..
Essendo i Balcani il “ventre molle” dell’UE, che a sua volta è la più grande colonia eurasiatica degli USA, Washington combatterà selvaggiamente per evitare che la Russia riesca a stabilire un punto d’appoggio strategico così vicino alla sua “prostituta d’alto bordo”. Già in passato. riguardo alla sua “presa”, ha agito con un “eccesso di difesa”, al punto da organizzare un EuroMaidan per tener lontane una dall’altra (evento che è stato anticipato a causa della sconfitta USA del 2013 nel confronto d’apertura della Nuova Guerra Fredda in Siria), ma a seguito di una ritirata strategica dal Medio Oriente così imbarazzante, senza precedenti e sorprendente, probabilmente non risparmierà nessuno sforzo strategico e nessuna spesa per assicurarsi che, in questi tempi di tensioni geopolitiche, l’influenza russa non si muova di un pollice in direzione dei Balcani. Ciò non implica che la Russia si fermerà nel tentativo di avvicinarsi, o che Mosca alla fine non ci riuscirà, ma è molto probabile che il prossimo campo di battaglia della Nuova Guerra Fredda tornerà a essere situato nei Balcani, dopo essere stato in Medio Oriente (Siria) e in Europa dell’Est (Ucraina).
Caos in Asia Centrale
L’ultimo modo previsto in cui gli USA potrebbero vendicarsi significativamente della Russia per il suo grandioso capovolgimento di potere in Medio Oriente, è quello di colpire indirettamente i suoi interessi in Asia Centrale, nello specifico, lungo il confine afgano. È stato rivelato dal ministro della Difesa russo Sergei Shoigu che l’esercitazione strategica su scala ultra-larga dello scorso mese, Center-2015, aveva lo scopo sia di combattere l’ISIL in Medio Oriente, sia i talebani in Asia Centrale. Come scritto nella Parte I, se la Russia continua a fare un uso corretto delle tattiche di coalizione nel combattere contro le minacce regionali, può saggiamente evitare le insidie dello stratagemma Brzezinski Capovolto, ma rimane da vedere se Mosca potrà gestire simultaneamente due o più campagne separate in due regioni diverse (il Medio Oriente e l’Asia Centrale).
Se, per esempio, i talebani, l’ISIL, e/o un’ibrida combinazione di terroristi islamici, avesse successo nel conquistare del territorio lungo buona parte del confine dell’ex Afghanistan sovietico, e nel reclutare molti centro-asiatici per prendere posto nelle sue fila, come risponderebbe esattamente la Russia? Osservando questo scenario, potrebbe divenire velocemente un incubo logistico-diplomatico, e precisamente a causa dei tre separati comandi militari che potrebbero, potenzialmente (e forse anche contemporaneamente), venire coinvolti. Il Tajikistan è parte della CSTO, la quale naturalmente sarebbe sotto la direzione russa, ma l’Uzbekistan si è rimosso dal blocco esattamente nel 2012 così da essere meno legato a Mosca. Il Turkmenistan, che ha visto i talebani radunarsi costantemente, sempre più di frequente lungo il suo confine da poco fortificato, non è in nessun blocco militare e ufficialmente segue una politica di neutralità. Se ci fosse un’offensiva jihadista coordinata verso nord, dall’Afghanistan, contro tutti e tre i paesi (fatto che almeno al momento non sembra possibile per i talebani, a meno che l’ISIL non guadagni influenza su di loro), allora la Russia dovrebbe prevedibilmente trovare delle difficoltà nel gestire contemporaneamente tre possibili interventi aerei su modello di quello siriano, con la possibilità di una limitata componente da terra schierata dal Tajikistan.
Inoltre, tutti e tre i potenziali stati compagni d’armi della Russia sono suscettibili a certe vulnerabilità che potrebbero essere sfruttate da un’offensiva jihadista contro di loro. Il Tajikistan ha appena dovuto dare la caccia, ed uccidere, un corrotto viceministro della Difesa, che all’improvviso aveva messo insieme una gang terrorista che ha provato a rovesciare il governo, indicando la possibile presenza di più figure di alto livello contro il governo; l’Uzbekistan è una pentola ribollente di destabilizzazione che potrebbe traboccare in una bollente crisi di successione dopo la morte di Islam Karimov, ed entrare in una guerra tribale totale al modo somalo/libico; e l’isolato e militarmente inesperto Turkmenistan è geograficamente posizionato in un modo tale che lo rende un bersaglio molto facile per qualsiasi offensiva analoga a quelle dell’ISIL all’interno del suo accogliente paesaggio, un’offensiva che destabilizzerebbe automaticamente gli interessi strategici di Russia, Iran e Cina. Complicando ancor di più la questione, il Tajikistan e l’Uzbekistan sono in acceso antagonismo sin dall’indipendenza, ed è discutibile in che misura abbiano voglia di aver fiducia l’uno nell’altro al punto da cooperare militarmente sotto lo stesso comando, e ciò implica che la Russia dovrebbe molto probabilmente avere almeno due comandi separati per il Tajikistan e per l’Uzbekistan e il Turkmenistan.
Facendo un bilancio di quanto detto prima, e osservando lo scenario più pessimistico di un’offensiva coordinata degli jihadisti contro ognuno dei tre stati centro-asiatici che confinano con l’Afghanistan, precisamente durante l’attivo coinvolgimento anti-terrorista della Russia in Siria, si presenterebbe una situazione considerevolmente difficile per i pianificatori strategico-militari russi. Dovrebbero certamente reagire al deterioramento degli sviluppi nella regione, ma, come spiegato sopra, potrebbe essere estremamente difficile farlo da un punto di vista logistico e diplomatico, nonostante abbiano una competenza militare più che sufficiente per portare a termine l’impresa. Questo non è necessariamente un Bzerzinski Capovolto (cosa che sarebbe un impegno sul posto che aggroviglierebbe la situazione da parte della Russia), è solo un eccessivo caricamento del sistema e una possibile interruzione dell’organizzazione. Questa manifestazione estrema su uno scenario tripartito, rimane la meno probabile fra le reazioni vendicative anti-russe che sono state esaminate e che potrebbero compiere gli Stati Uniti (anche se potrebbero impiegare una di esse presa separatamente, forse come un “test”), ma, vista la grandezza dei danni che può causare ai grandi interessi strategici russi, merita certamente di essere almeno presa in considerazione.
Pensieri finali
La COR che è stata creata dalla Russia in Medio Oriente ha il forte potenziale per trasformare in modo rivoluzionario le politiche globali, dando un duro colpo sulla pancia della “sfera di interesse” della unipolarità in precedenza privilegiata. Sconfiggere l’ISIL e gli altri gruppi terroristici in Siria e in Iraq rappresenterebbe un’importante vittoria per la multipolarità, dato che annienterebbe il più forte esercito asimmetrico degli USA e diminuirebbe la possibilità che possa mai essere usato con successo per destabilizzare gli stati di Resistenza e Ribellione di Russia, Cina e Iran. Si può dire che la Russia ha sorprendentemente “cambiato le regole del gioco” intervenendo in Siria su richiesta di Damasco, poiché sembra che questo abbia colto completamente alla sprovvista gli Stati Uniti e i suoi alleati regionali. Ora che questa azione ha creato dei fatti comprovati sul campo, si vede chiaramente quanto debole sia davvero la posizione degli Stati Uniti in Medio Oriente, specialmente da quando i suoi due precedenti pilastri del potere nella regione, l’Arabia Saudita e la Turchia, corrono il grave pericolo di crollare internamente davanti agli occhi del mondo. Il tempo straordinariamente breve in cui la Russia è riuscita a capovolgere lo stato di potere in Medio Oriente attraverso una campagna di bombardamenti relativamente limitata, testimonia la natura di tigre di carta del controllo unipolare in Medio Oriente.
Se l’impeto della COR permane, e i terroristi vengono tutti sconfitti completamente, allora è molto probabile che i crocevia dell’Afro-Eurasia diventeranno la testa di ponte strategica più cruciale per respingere il mondo unipolare. Ma, se questo accadrà, gli USA sicuramente non prenderebbero alla leggera una perdita tanto sorprendente, ed è assolutamente garantito che si ritirerà in modi in apparenza inaspettati. O attraverso il Rinnegamento dei Curdi, i Giochi dei Rifugiati, o attraverso un Dividi e Conquista tra l’Iran e la Russia, gli USA non lasceranno andare in modo pacifico la presa sulla regione, e potrebbero perfino fare ricorso ad attacchi indiretti agli interessi strategici della Russia nel teatro dei Balcani e/o dell’Asia Centrale, al fine di distrarre Mosca dal Medio Oriente ed aprire un varco da sfruttare, in cui inscenare una controffensiva. Se, ad ogni modo, la Russia e la sua Coalizione dei Giusti avranno successo nel rendere sicuro il Medio Oriente e ostacolare la stimata distruzione americana dei Balcani e dell’Asia Centrale, allora un nuovo ordine multipolare del mondo potrà incontrovertibilmente rimpiazzare il vecchio mondo unipolare.
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Articolo di Andrew Korybko apparso su Oriental Review il 10 ottobre 2015
Traduzione in italiano di Fabio_San, Paola, Mario B. per SakerItalia.it
la Russia,ormai sa come pensano gli strateghi dell’occidente ma,soprattutto,sa come operano per danneggiarla su più fronti.
La Russia sarà costretta ,prima o poi,( meglio prima che poi )ad adeguarsi alla prassi occidentale che si serve di idioti ideologizzati e mercenari per colpirla fuori dai suoi confini ma nei suoi interessi e/o cittadini.
Solo un danno corrispondente ,con gli interessi di penalità,potrebbe far desistere chi l’ha colpita in questi giorni in Egitto.