Non succede spesso di essere d’accordo con le dichiarazioni dell’ex direttore della CIA John Brennan. Tuttavia, il suo tweet [in inglese] sull’omicidio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh, secondo il quale si è trattato di “un atto criminale e del tutto insensato. Espone al rischio di ritorsioni letali e di un altro conflitto regionale. I vertici iraniani dovrebbero avere la saggezza di attendere il ritorno sullo scenario globale di una leadership americana che sia responsabile, e di non cedere all’impulso di rispondere contro colpevoli percepiti” sembra moderato e ragionevole. E lo è, almeno fino alla seconda frase, che è un chiaro attacco a Donald Trump ed una lode alla futura amministrazione Biden, della quale Brennan potrebbe ambire di far parte.

Se si pensa che John Brennan ha dato esecuzione alla lista degli americani designati dal presidente Barack Obama ad essere ammazzati dai droni, diventa difficile capire quale sia la sua posizione morale rispetto all’uccisione di Fakhrizadeh. Brennan, uno dei maggiori critici di Trump, probabilmente dietro agli sforzi clandestini di minarne l’elezione e il mandato, ha scambiato una serie di tweets con il senatore repubblicano del Texas Ted Cruz, poi degenerati in uno scambio di insulti. Cruz ha risposto “È singolare che un ex capo della CIA stia dalla parte degli zeloti iraniani che cantano ‘morte all’America’. E condannare Israele per riflesso condizionato. Cos’ha da dire Biden in merito?”. Il che ha prodotto la seguente risposta di Brennan: “come al solito travisi i miei commenti. Il tuo disprezzo della legge e il tuo approccio semplicistico a gravi questioni di sicurezza nazionale dimostrano che non sei degno di rappresentare il buon popolo del Texas”.

Fakhrizadeh, il “padre del programma nucleare iraniano” è stato assassinato [in inglese] su una strada vicino alla città di Absard, ad Est di Tehran. Secondo i primi resoconti lo scienziato iraniano, a lungo nel mirino di Israele, anche nel dibattiti pubblici, viaggiava in un SUV insieme alla moglie, alle guardie del corpo e all’autista. Rapporti iniziali suggeriscono che dalla parte opposta della strada era parcheggiata una camionetta Nissan con un carico, almeno a prima vista di legna, che invece nascondeva una bomba forse azionata da un satellite di sorveglianza. Resoconti iniziali e testimonianze oculari sostengono che l’esplosione ha immobilizzato il veicolo di Fakhrizadeh, dopodiché c’è stato l’assalto con armi automatiche da parte di cinque o sei uomini usciti da un veicolo che seguiva il SUV. Tuttavia, secondo l’agenzia di stampa ufficiale iraniana FARS [in inglese] l’attacco è stato eseguito da una mitragliatrice nascosta nella camionetta, poi esplosa, ed azionata automaticamente in remoto senza alcun coinvolgimento di personale. Si pensa che le guardie del corpo e l’autista siano stati uccisi nella sparatoria. Fakrhizadeh è stato ferito gravemente ed è morto in ospedale poco dopo. Foto del SUV mostrano finestrini in frantumi, macchie di sangue, fori di proiettile ed altri danni provocati probabilmente da una bomba.

Le agenzie di stampa iraniane stanno riportando [in inglese] che almeno uno degli assalitori è stato arrestato e, se questo è il caso, di sicuro verrà fatto parlare. Inoltre, sembra che nella sparatoria due degli assalitori siano stati uccisi il che, se confermato, significa che potranno essere identificati. È chiaro che dietro l’attacco c’è un’attenta pianificazione, notevoli risorse, e la disponibilità di informazioni particolarmente difficili da ottenere, specialmente considerato che il governo iraniano adottava misure di sicurezza anche per i dettagli degli spostamenti di Fakhrizadeh.

L’assassinio ha avuto luogo proprio due settimane dopo la conferma da parte dell’intelligence che il secondo in grado di Al Qaeda, Abdullah Ahmed Abdullah, e sua figlia sono stati uccisi il 7 agosto con un attacco armato da assassini su una moto, che si dice essere stati forniti da Israele. L’assalto sarebbe stato portato a termine su richiesta degli Stati Uniti, a seguito del presunto coinvolgimento di Abdullah negli attacchi mortali del 1998 a due ambasciate americane nell’Africa orientale. La congettura che Iran ospiti al-Qaeda era già stata usata dall’amministrazione Trump per giustificare le crescenti pressioni sull’Iran, e potrebbe eventualmente venire utilizzata anche come parte di un casus belli.

I due assassinii non sono collegati direttamente, salvo forse che per segnalare ai vertici iraniani che non sono al sicuro nemmeno nel loro paese, protetti da guardie del corpo. L’asserzione che Fakhrizadeh guidasse il programma segreto iraniano di armamento nucleare, regolarmente avanzata da Israele e dagli USA, non gode generalmente di molto credito presso la maggioranza delle autorità. L’Iran è firmatario del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, al contrario di Israele che oltretutto possiede armi nucleari, e le sue strutture sono soggette a frequenti ispezioni a sorpresa.

Anche l’attacco al comandate delle Forze Quds, il generale Qassen Soleimani, lo scorso gennaio da parte di un drone americano, è stato inteso più come un avvertimento sulle possibili conseguenze di comportamenti sconsiderati, piuttosto che l’eliminazione fisica di una singola persona. Quali che fossero i programmi dei quali Fakhrizadeh e Soilemani erano a capo, andranno avanti anche senza di loro. In ogni caso l’assassinio di iraniani collegati ai programmi nucleari odierni e del passato è una politica di Israele dal 2010. Sarebbero una dozzina gli scienziati e tecnici iraniani ammazzati [in inglese]. I cosiddetti “assassinii mirati” sono un elemento costante della strategia di “difesa nazionale” di Israele. A parte gli iraniani, sono stati assassinati almeno 70 palestinesi.

Anche se appare chiaro che sia stato Israele ad ordinare gli omicidi, è plausibile che a livello concreto gli attacchi siano stati eseguiti da Mojahedin el Kalk, o MEK, una setta marxista emersa al tempo della rivoluzione iraniana contro lo Scià. Il gruppo terrorista era virulentemente antiamericano, ed ha ucciso diversi funzionari americani. Il MEK è una strana creatura ibrida che si atteggia ad alternativa per il governo dell’Iran, ma è disprezzato da quasi tutti in Iran. Invece è molto amato dall’élite di Washington, che vorrebbe rimpiazzare i mullah con soggetti più arrendevoli verso l’Occidente ed Israele.

Il MEK è guidato dal suo leader Maryam Rajavi come una setta, ed impone ai membri regole che ne limitano e controllano il comportamento. Secondo questo editoriale [in inglese] essere membri del MEK equivale alla schiavitù in tempi moderni. Attualmente il gruppo opera dall’Albania, dove ha sede in un complesso di 84 acri con il sostegno coperto degli USA. Inoltre, a Parigi ha come copertura l’ufficio del braccio politico che si è autoproclamato Consiglio Nazionale della Resistenza in Iran.

Il MEK, che è finanziato dall’Arabia Saudita, inscena eventi negli USA e in Europa elargendo generose prebende a politici del tipo di John Bolton, Rudy Giuliani ed Elaine Chao per fare dei peana di un quarto d’ora sull’organizzazione e su tutto quello che fa. Distribuire soldi a chi conta nel giro della Beltway si è dimostrato un successo, tanto che nel 2012 Hillary Clinton ha tolto il MEK dalla lista delle organizzazioni terroriste del Dipartimento di Stato. Il MEK trova sostegno a Washington anche perché viene usato come risorsa terroristica in chiave anti-iraniana da parte di Israele, come ad esempio gli assassinii compiuti a Tehran. È Israele, infatti, che dirige la maggior parte degli attacchi terroristici del MEK all’interno dell’Iran.

Questi sono gli attori e, in prima battuta, il rasoio di Ockham potrebbe farci concludere che Israele ha ordinato al MEK di ammazzare Fakhrizadeh, ed il MEK ha eseguito. Ma in questo modo si rischia di dimenticare la politica di Washington. In primo luogo, Israele non avrebbe eseguito un assassinio di così alto profilo senza il consenso di Washington. E infatti, l’intelligence USA potrebbe avere benissimo avuto un ruolo chiave nella localizzazione dello scienziato iraniano. In secondo luogo, l’amministrazione Trump ha adottato una chiara politica di “massima pressione”, consistente in sanzioni che hanno strangolato l’economia iraniana, nel consenso tacito agli attacchi israeliani in Siria e altrove, e in azioni destabilizzanti tra le quali assassinii mirati che hanno lo scopo preciso di far sentire la leadership del paese vulnerabile e nervosa. Si tratta dell’applicazione di una dottrina strategica israeliana chiamata “Campagne tra le guerre”, il che significa un’aggressione costante, senza oltrepassare il limite del conflitto armato vero e proprio, diretta ad erodere la capacità nemica di combattere.

Non è da escludere [in inglese] il coinvolgimento diretto dell’amministrazione Trump nell’assassinio, tenuto conto che sta chiaramente tentando di inasprire l’avversione iraniana per un possibile accordo sul controllo degli armamenti o del nucleare con l’incombente squadra di Biden. E’ stato Trump stesso a ventilare [in inglese] la possibilità di bombardare l’Iran all’inizio del mese, anche se è stato dissuaso dalla sua squadra di sicurezza nazionale, ma l’esercito israeliano nel frattempo è stato messo in stato di all’erta nell’attesa di un eventuale attacco americano. Ci sono rapporti confermati che bombardieri B-52, capaci di trasportare bombe a penetrazione da 13,5 tonnellate per colpire obiettivi sottoterra a grande profondità, sono stati inviati [in inglese] nel Medio Oriente, presumibilmente in Qatar, dove si trova la principale base aerea USA nella regione. Con ogni probabilità verrebbero impiegati per distruggere il principale sito di sviluppo nucleare a Natanz.

Al momento Israele gode di una posizione di forza [in inglese]. L’Iran ha le risorse militari per rispondere all’omicidio, tra le quali i droni e missili sviluppati in casa ed usati nel settembre 2019 per devastare gli impianti petroliferi della compagnia statale araba Aramco ad Abqaiq e Kurais nell’Arabia Saudita orientale. Ma se reagisce all’assassinio in maniera così forte da scatenare un conflitto che inevitabilmente coinvolgerebbe gli Stati Uniti, allora sarebbe proprio quella guerra che Bibi Netanyahu ha cercato a lungo, cioè quella per distruggere l’Iran a costi minimi per Israele. Se l’Iran non risponde, è ovvio che Israele spingerà la Casa Bianca ad essere ancora più aggressiva nel tempo che rimane, mentre i falchi in Iran pretenderanno la fine di ogni accordo con le potenze occidentali. Tutto questo assicurerebbe il fallimento di ogni tentativo di Biden di rapportarsi con l’Iran per via diplomatica. La provocazione ultima degli USA sarebbe proprio quella di bombardare gli impianti nucleari iraniani. Impossibile? Forse, ma forse anche no. Il quotidiano israeliano Haaretz sta già riportando che “al presidente americano Donald Trump resta più di un mese prima di lasciare la Casa Bianca, e mentre se ne sta andando potrebbe incendiare lo scenario mondiale. Nell’accendere il fuoco sembra disposto ad usare “tutti i fiammiferi della scatola”. Il primo ministro Benjamin Netanyahu sarebbe più che contento di porgergli l’accendino.

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 Articolo di Philip Giraldi pubblicato su Strategic Culture il 3 dicembre 2020
Traduzione in italiano di DS per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore]

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