Con l’amministrazione Trump che si è di recente concentrata principalmente sulla politica interna – anche se l’inchiesta russa di Mueller continua a pendere sulla testa di Trump – il potere e l’influenza degli Stati Uniti in Medio Oriente sono in ritirata, a seguito delle politiche senza successo e/o fallite realizzate dall’amministrazione Obama, che hanno portato ad un vuoto di potere che deve essere riempito, ed è emerso un paese disposto a prendere il posto dell’America.

Come scrive oggi Bloomberg [in inglese], “gli israeliani e i turchi, gli egiziani e i giordani – stanno tutti tracciando un sentiero verso il Cremlino, nella speranza che Vladimir Putin, nuovo padrone del Medio Oriente, possa assicurare i loro interessi e risolvere i loro problemi”.

Ed ora, nientemeno che l’Arabia Saudita è l’ultima a fare delle aperture amichevoli verso il Cremlino, quando il re saudita Salman visiterà Mosca mercoledì [4 ottobre], il primo monarca del regno petrolifero a farlo. Al vertice del suo ordine del giorno ci sarà il tenere a bada l’Iran, uno stretto alleato russo che viene visto come un nemico mortale dalla maggior parte degli stati del Golfo Persico.

Come concede Bloomberg, fino a pochissimo tempo fa, Washington era l’unica destinazione per quei leaders. Ora, però, “il potere americano sulla regione è percepibilmente in declino” un risultato del successo dell’intervento militare russo in Siria, che non solo è riuscito a schiacciare la minaccia del locale Stato Islamico, ma ha anche mantenuto in carica il presidente Bashar al-Assad dopo anni di insistenza americana perché andasse via.

“Ha cambiato la realtà, l’equilibrio del potere sul terreno”, ha dichiarato Dennis Ross, l’ex negoziatore capo americano per la pace in Medio Oriente, che ha assistito diversi presidenti, da George H. W. Bush a Barack Obama. “Putin è riuscito a far diventare la Russia un fattore determinante in Medio Oriente. È per questo che si assiste ad un flusso costante di visitatori mediorientali che vanno a Mosca”.

"Putin Is The New Master Of The Middle East"

Il presidente russo Vladimir Putin (a sinistra) stringe la mano al principe ereditario saudita e ministro della difesa Mohammad bin Salman durante un incontro al Cremlino, a Mosca, il 30 maggio 2017./AFP PHOTO/POOL/Pavel Golovkin.

C’è anche la questione economica: come scrive Russia Today [in inglese], un fondo russo-saudita che investirà nel settore energetico sarà annunciato durante la prossima visita del re saudita a Mosca, ha detto il ministro russo dell’energia Aleksandr Novak al Canale TV Al Arabiya. Secondo Novak, l’accordo di base per creare il fondo da 1 miliardo di dollari è già stato raggiunto.

Novak ha dichiarato che la Russia è “concentrata sullo sviluppo della cooperazione con l’Arabia Saudita non solo in ambito OPEC, ma anche al di fuori di essa”, incluso il settore energetico, il settore elettrico e il settore energie rinnovabili. Inoltre, Mosca e Riyad dovrebbero annunciare una nuova piattaforma di investimenti e progetti di produzione. La settimana scorsa, il Direttore Generale del Fondo per gli Investimenti Diretti russi (RDIF) Kirill Dmitriev ha elogiato gli importanti risultati nella cooperazione tra l’RDIF e il PIF (Fondo per gli Investimenti Pubblici) dell’Arabia Saudita.

Nel 2015 i due fondi sovrani hanno concordato un partenariato, istituendo una piattaforma congiunta da 10 miliardi di dollari e stilando diversi investimenti. L’RDIF ha inoltre firmato un accordo di cooperazione con l’Autorità per gli Investimenti Generali dell’Arabia Saudita (SAGIA) per cercare congiuntamente progetti di investimento in Russia. La SAGIA dovrebbe portare le società russe sul mercato arabo.

Però il successo di Putin porterà dei problemi, poiché, considerato che le richieste contrastanti si accumulano, non sarà facile far tornare a casa soddisfatti tutti i visitatori. “Più si tenta di adottare una posizione di trattativa con tutte le parti, più si scopre che è difficile giocare a quel gioco”, ha detto Ross.

Certo, Mosca era una potenza importante in Medio Oriente durante la Guerra Fredda, armava gli stati arabi contro Israele, ma quando il comunismo crollò alla fine degli anni ‘80, stessa sorte l’influenza della Russia. Quando gli Stati Uniti invasero l’Iraq per abbattere Saddam Hussein, la Russia rimase a fare da spettatrice, incapace di andare oltre le proteste. Tuttavia, le carte in tavola hanno cominciato a cambiare nel 2013, quando gli USA, sotto Obama, hanno deciso di non attaccare Assad. Due anni dopo, Putin ha mandato truppe e aerei a difenderlo.

Per la maggior parte, gli alleati locali dell’America erano fermamente a favore della cacciata di Assad. Sono rimasti disillusi quando la potenza militare degli Stati Uniti non è stata dispiegata per costringerlo ad andarsene.

Il peso della Russia nella regione è cresciuto “perché Obama lo ha permesso”, ha detto Khaled Batarfi, professore presso la succursale dell’Università Alfaisal di Gedda, in Arabia Saudita. “Purtroppo si è ritirato da gran parte del Medio Oriente”.

Questa opinione è diffusa. È stata espressa esplicitamente il mese scorso dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha trascorso anni ad esortare un’azione americana contro Assad. I colloqui con gli USA “non hanno ottenuto risultati”, ha detto.

E, come già discusso in precedenza, la Turchia si è allineata con la Russia e l’Iran in un piano per disinnescare il conflitto. Sta “ottenendo risultati”, ha dichiarato Erdogan.

Due anni fa, le tensioni tra Putin ed Erdogan minacciavano di esplodere, dopo che la Turchia abbatté un jet russo sul confine siriano. Venerdì scorso, il presidente russo è volato ad Ankara per una cena con il suo omologo turco e “amico”, che ha accettato di acquistare i sistemi missilistici per la difesa aerea russi S-400, irritando gli altri membri della NATO.

Nel frattempo, con un rovesciamento assolutamente bizzarro, i sauditi, che hanno finanziato i ribelli che combattono contro Assad, i gruppi radicali separatisi da Al-Qaida, e secondo Hillary Clinton, lo stesso Stato Islamico, stanno cooperando con la Russia per indurre l’opposizione ad unirsi ai colloqui di pace – che probabilmente potrebbero cementare il leader siriano al potere, considerato anche che l’Arabia Saudita si è separata dal suo alleato militare di lunga data, il Qatar.

Gli alleati dell’America in Medio Oriente hanno perlopiù accolto con favore il cambio del presidente americano e le dure parole di Donald Trump contro l’Iran. Finora, però, egli ha aderito alla politica in Siria del suo predecessore, concentrandosi sul combattere lo Stato Islamico e non Assad.

Quindi, con l’abbandono dell’obiettivo del cambio di regime in Siria, le priorità sono cambiate. I sauditi e le altre potenze del Golfo Persico stanno sollecitando la Russia a ridurre il ruolo dell’Iran in Siria, dove Hezbollah e le altre milizie sciite sostenute da Teheran hanno fornito truppe d’assalto per l’offensiva di Assad.

“È meglio che la Russia non stia dalla loro parte. Questo è il messaggio chiave”, ha dichiarato a Bloomberg Abdulkhaleq Abdulla, analista politico con base negli Emirati Arabi Uniti. “Qui c’è il re, che rappresenta i paesi arabi del Golfo, che hanno parecchio peso geopolitico, che va in Russia. E la Russia deve tenerne conto”.

Tuttavia, le aspettative che il monarca saudita possa inserire un cuneo tra Russia e l’Iran verranno presto infrante: Putin non cambierà la sua posizione sull’Iran per soddisfare i desideri sauditi, secondo una persona vicina al Cremlino citata da Bloomberg. Anche il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha visitato la Russia quattro volte negli ultimi 18 mesi, ha scoperto che è difficile influenzare il leader russo.

Ad agosto, Netanyahu ha detto a Putin che la crescente presenza dell’Iran in Siria è “inaccettabile”. A settembre ha detto alla CNN che gli iraniani stanno cercando di colonizzare la Siria con l’obiettivo di “distruggere e conquistare il Medio Oriente”.

La Russia, tuttavia, ha rifiutato la sua richiesta per una zona cuscinetto all’interno della Siria che avrebbe mantenuto le forze iraniane e di Hezbollah ad almeno 60 chilometri dal confine israeliano, ha detto una persona che ha familiarità con la questione a Mosca. Invece, la Russia ha offerto una zona di esclusione di 5 chilometri.

Assaporando la sua posizione di potere di nuovo mediatore, la Russia ha anche rifiutato la richiesta statunitense di rendere il Fiume Eufrate una linea di divisione tra truppe del governo siriano e le forze sostenute dagli Stati Uniti nella Siria orientale. Ciò ha portato ad una corsa per conquistare territorio ai combattenti dello Stato Islamico in ritirata in una regione di confine strategica e ricca di petrolio, e attualmente ciò si sta manifestando nello scontro per controllare Deir el-Zor [in inglese].

Allo stesso tempo, la Russia è riuscita a mantenere aperti dei canali di comunicazione con tutte le parti in causa, dall’Iran all’Arabia Saudita al gruppo radicale islamista palestinese Hamas ad Israele, ha dichiarato Ayham Kamel, direttore della sezione Medio Oriente e Nord Africa dell’Eurasia Group.

Anche se la Russia non ha ceduto sulla zona cuscinetto, ha un tacito accordo che consente ad Israele di effettuare attacchi aerei contro Hezbollah in Siria, ha dichiarato Andrej Kortunov, direttore generale del Consiglio per gli Affari Internazionali russo, un gruppo di ricerca istituito dal Cremlino.

Sta mediando, insieme all’Egitto, per porre fine alla divisione decennale inter-palestinese tra Fatah in Cisgiordania e Hamas a Gaza. Putin ha invitato le fazioni libiche rivali a Mosca, dopo che una serie di sforzi di pace da parte di altri paesi non è arrivata a nulla. La Russia è diventata un investitore leader nel Kurdistan iracheno ricco di petrolio, ed è stata una delle poche potenze mondiali a non a condannare il suo recente voto sull’indipendenza.

Quello che più sorprende è che in termini economici, la gara per conquistare l’influenza appare drammaticamente impari: il PIL dell’America è 13 volte quello della Russia. Tuttavia, questo non è sempre il fattore decisivo, ha dichiarato Aleksandr Zotov, ambasciatore di Mosca in Siria dal 1989 al 1994. “A volte succede che sul ring si presentino due pugili, uno è grosso con dei muscoli enormi, e l’altro è più piccolo, ma è agile e ha una tecnica migliore”, ha detto.

Per rendere le cose peggiori, l’agile volpe è riuscita, presumibilmente, ad influenzare le elezioni statunitensi grazie a 100.000 $ in pubblicità su Facebook, quando sia la campagna della Clinton che quella di Trump hanno speso centinaia di milioni.

Anche se l’economia è un fattore limitante per la Russia, Putin ha un altro vantaggio materiale sui presidenti americani secondo Paul Salem, vicepresidente del Middle East Institute di Washington. Non ha nessun Congresso di cui preoccuparsi, e nessuna elezione che rischia di perdere. Putin è stato in pista per quasi due decenni, un tempo lungo per la geopolitica, con una “leadership e un messaggio molto coerenti”, ha detto Salem.

“Dice quello che fa, fa quello che dice”.

L’ascesa della Russia è arrivata quando i politici americani si sono preoccupati di più dell’Asia e il pubblico americano si è stancato delle guerre del Medio Oriente – cosa che Obama e Trump hanno ammesso.

Indubbiamente “Washington rimane la potenza indispensabile nella regione”, ha detto Kamel dell’Eurasia Group. Ma il suo impegno con le alleanze tradizionali si sta indebolendo, ha detto, e questo ha incoraggiato i leader regionali a piazzare le loro puntate.

Come conclude Bloomberg, “tutti pensano al Cremlino”.

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Articolo pubblicato da Tyler Durden su Southfront il 4 ottobre 2017.

Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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