La Turchia sta per dispiegare sui suoi confini lanciarazzi di fabbricazione americana che saranno a tiro la città strategica di Aleppo. Questa mossa suggerisce che la Turchia stia sollecitando l’intervento militare diretto degli USA nella guerra in Siria.
Il pretesto immediato per l’acquisto di armi americane è il bombardamento della città di confine turca di Kilis nel fine settimana, apparentemente eseguito dal gruppo terroristico Stato Islamico (IS o Daesh), che ha provocato vittime.
Le autorità turche hanno dichiarato che i militanti hanno lanciato missili dal territorio siriano. Secondo le testimonianze cinque persone sono state uccise in attacchi separati.
“Il Primo Ministro turco Ahmet Davutoglu ha detto che verranno prese tutte le misure per impedire che Kilis subisca attacchi missilistici”, ha riferito il quotidiano Deutsche Welle.
La fonte giornalistica tedesca ha anche riportato che il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha affermato che gli High Mobility Artillery Rocket System (HIMARS) saranno operativi in poche settimane.
“Il nostro obiettivo principale è cacciare il Daesh da un’area di confine lunga 98 chilometri… Quando questo obiettivo verrà raggiunto, si verrà a creare naturalmente una zona sicura per i rifugiati siriani”, ha aggiunto il Ministro degli Esteri.
Il sistema missilistico americano estende di molto le capacità di tiro della Turchia in Siria. Pare che l’artiglieria turca già sul posto abbia una gittata di soli 40 Km, mentre i missili guidati HIMARS possono arrivare fino a 300 Km.
La cosa degna di nota riguardo a questi numeri è che il campo di battaglia chiave della città di Aleppo è a meno di 60 Km dalla città turca di Kilis dove verrà dispiegato l’HIMARS, ben all’interno della sua gittata.
La domanda sorge spontanea: il regime turco del Presidente Recep Tayyip Erdogan sta cercando di spingere il suo alleato americano della NATO nella guerra in Siria?
Aleppo – la seconda città siriana dopo la capitale Damasco – si trova in un momento decisivo di questa guerra che dura da cinque anni. L’Esercito siriano Arabo del Presidente Bashar al-Assad, col cruciale appoggio militare delle forze russe e iraniane e delle milizie Hezbollah, sta guadagnando terreno contro le fazioni armate anti-governative, che hanno assediato parti della città da quando il conflitto è esploso nel 2011.
La maggior parte delle fazioni che si trovano ad Aleppo appartiene ai gruppi terroristici Fronte al-Nusra e Daesh, collegati ad Al-Qaeda. Altri gruppi correlati includono il Jaish al-Islam e Ahrar al-Sham, che la Russia vuole che l’ONU classifichi come organizzazioni terroristiche. Questi ultimi due gruppi fanno parte in modo incongruo anche alla cosiddetta opposizione politica, l’Alto Comitato per i Negoziati (HNC), che questa settimana si è allontanato dai “colloqui di pace” di Ginevra.
Se Aleppo tornasse sotto il controllo totale del governo, la sconfitta della miriade di gruppi terroristici significherebbe la fine della guerra in Siria. La città perciò è l’ultimo baluardo per le fazioni armate.
L’alta posta in gioco ha messo sull’avviso anche i sostenitori stranieri di questi gruppi terroristici.In quanto principali sponsor occulti, sono in particolare la Turchia e l’Arabia Saudita ad avere più da perdere se Aleppo cade. Il loro investimento nella caduta del governo Assad, con miliardi di dollari, verrebbe reso inutile.
Anche Washington, Londra e Parigi sono politicamente e militarmente complici nella sponsorizzazione della guerra segreta per il cambio di regime, ma si può supporre che siano i loro clienti regionali, la Turchia e l’Arabia Saudita, ad avere più da perdere dalla sconfitta.
Il governo americano ha dichiarato che stava considerando un Piano B in caso di fallimento dei colloqui a Ginevra. Questo comporterebbe un aumento delle forniture di armi, inclusi missili antiaerei, ai “ribelli” all’interno della Siria.
Questa settimana il Presidente Barack Obama ha rivelato che gli USA stavano inviando altri 250 membri delle forze speciali perché si unissero ad una coorte di 50 militari già presenti in Siria. Quest’invio di uomini è stato vagamente descritto come “in aiuto dei ribelli contro i terroristi dell’IS”. Ma come sempre i dettagli sull’identità di questi ribelli sono sfuggenti.
Il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha accusato la Turchia di voler far naufragare i colloqui di Ginevra attraverso la sua “influenza decisiva” sull’HNC.
Lanciando l’irrealistico ultimatum di un obbligatorio passo indietro di Assad, i presunti negoziati sono destinati ad infrangersi contro un muro.
Questo esito apre poi all’opzione del Piano B americano. Bisogna notare che il gruppo dell’HNC ha accolto con entusiasmo l’annuncio di Obama dell’invio di più forze speciali, anche se queste foze verranno presumibilmente dispiegate per “combattere l’IS” – col quale le fazioni dell’HNC sono intimamente collegate.
La posizione di Washington è complessa e contraddittoria. Si, è vero, il Segretario di Stato americano John Kerry ha lavorato con Mosca per realizzare un cessate il fuoco il 27 Febbraio, e i conseguenti colloqui politici a Ginevra. Ciononostante, l’obiettivo americano è sempre stato il cambio di regime in Siria.
E in segreto varie branche delle forze militari statunitensi, soprattutto la Central Intelligence Agency, sono state coinvolte nell’organizzazione e nella fornitura di armi a forze mercenarie sul terreno da loro manovrate, incluso il gruppo terroristico Daesh, nonostante dichiarassero ufficialmente di combatterlo.
Sia la Turchia che l’Arabia Saudita stanno da tempo spingendo Washington ad intervenire di più in Siria per affrettare il raggiungimento dell’obiettivo di cambio di regime contro Assad.
Quello che l’imminente dispiegamento dei lanciarazzi americani sul confine turco fa presagire è che Erdogan e il suo regime di Ankara stiano gettando l’amo affinché Washington si impegni militarmente nel conflitto.
Ovviamente il pretesto apparente è “proteggere” i residenti di Kilis dal Daesh e stabilire una “zona sicura” oltre il confine per i rifugiati siriani.
Ma nessuno di coloro che hanno compreso totalmente il nefasto ruolo della Turchia nel conflitto siriano ci crede. Come ha ampiamente dimostrato la sorveglianza militare russa, la Turchia è il principale fornitore dei terroristi per quanto riguarda armi, combattenti e percorsi per il contrabbando di petrolio.
Non solo l’intelligence russa, ma anche i giornalisti turchi hanno portato alla luce la complicità criminale del regime di Erdogan – ed è per questo che due redattori del quotidiano Cumhuriyet, Can Dundar e il suo collega Erdem Gul, stanno attualmente rischiando l’ergastolo se condannati per le accuse inventate di “spionaggio”.
E quindi, chi ha realmente sparato quei colpi a Kilis lo scorso fine settimana uccidendo diversi civili? Chi ha veramente fatto fuoco sulla città dozzine di volte nei mesi recenti? Il Daesh o qualcuna delle propaggini terroriste ad esso correlate?
Questa affermazione non è plausibile perché il regime turco di Recep Erdogan e i suoi servizi segreti statali (il MIT) sono sponsor di questi terroristi.
Il che fa puntare verso operazioni di false flag eseguite dalle forze turche colluse con i terroristi al loro servizio, per fornire un pretesto.
Va ricordato che due anni fa l’allora Ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu venne intercettato e registrato mentre discuteva con i capi dell’intelligence su come creare un “casus belli” con la Siria. “Creerò un motivo per la guerra ordinando un attacco missilistico sulla Turchia”, disse Davutoglu. La seguente pubblicazione del nastro con la registrazione spinse il suo capo Erdogan ad impedire l’accesso a Youtube nel paese.
Cosa anch’essa significativa, le ultime atrocità a Kilis sono avvenute lo stesso fine settimana in cui la Cancelliera tedesca Angela Merkel stava visitando un centro rifugiati nella vicina città turca di Gaziantep. La Merkel ha immediatamente appoggiato la nuova richiesta di Ankara per la creazione di “zone sicure” all’interno della Siria in seguito ai morti di Kilis.
La politica di Washington sulla Siria sembra non tralasciare nulla. Cambio di regime, armi cedute in segreto, collusione con i terroristi, cessate il fuoco, colloqui di pace, Piano B e così via.
Quello che il regime di Erdogan sembra cercare ad arte è spingere Washington al Piano B, e da qui ad un intervento militare più profondo in Siria. Erdogan ha bisogno di salvare i suoi agenti jihadisti dalla sconfitta ad Aleppo facendo schierare la potenza di fuoco americana.
Ma lo svitato Erdogan potrebbe finire col provocare una guerra totale tra Stati Uniti e Russia. E questo forse è proprio ciò su cui stanno scommettendo questo megalomane e i suoi compari sauditi.
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Articolo di Finian Cunningham pubblicato da Sputnik Int. il 27 Aprile 2016
Traduzione a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.it
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