I media ufficiali occidentali e mediorientali stanno freneticamente dipingendo la riduzione pianificata del contingente russo in Siria come una sconfitta militare ed un tradimento del proprio alleato chiave; ma esattamente chi sta tradendo chi?

Il presidente Putin ha annunciato che la Russia inizierà a ridurre la propria forza militare in Siria il 15 marzo, data generalmente conosciuta come le Idi di Marzo e come infausto giorno in cui l’imperatore Giulio Cesare fu accoltellato a morte dai propri stessi alleati.

Anche se potrebbe essere stata scelta innocentemente, la data è carica di simbolismo ed è decisamente adatta per descrivere il cambio nelle dinamiche in gioco in Medio Oriente.

In questo peculiare giorno dell’anno, quando le cose sono in genere diverse da come potevano sembrare inizialmente, quella che sta venendo generalmente ritratta come un “sconfitta” e un “tradimento” è in realtà tutt’altro, mentre quelli che stanno prematuramente esultando sono, ironicamente, le stesse forze che dovrebbero essere più preoccupate di tutti.

Dopo circa duemila anni che le Idi di Marzo sono entrate fatalmente nella storia, non è più l’imperatore romano ad essere tradito dai propri alleati ma bensì i turchi e i sauditi che stanno venendo accoltellati alla schiena dagli americani.

Il ripiegamento

I presidenti Putin e Assad hanno preso di comune accordo la decisione di diminuire la presenza di truppe russe in Siria, concordando sul fatto che l’operazione di antiterrorismo avesse ormai raggiunto gli obbiettivi prefissati di “combattere il terrorismo e di restaurare la sicurezza e la stabilità in molte regioni della Siria”.

In particolare, il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha dichiarato che il proprio paese ha “compiuto più di 9.000 missioni di volo” che hanno contribuito ad aiutare “le truppe siriane nella liberazione di 400 città e più di 10.000 km quadrati di territorio”.

I lettori sono invitati a leggere l’ultimo articolo del Saker nel caso siano interessati ad una dettagliata analisi dei risultati raggiunti dai russi fino ad ora; il presente articolo invece procederà ora a descrivere l’intento dietro il ripiegamento e dietro le misure d’emergenza messe in gioco per difendere la Siria da qualsiasi aggressione di larga scala contro di essa.

Dal campo di battaglia alla sala riunioni

La dichiarazione russa è stata sincronizzata in modo da coincidere con la ripresa dei dialoghi di pace di Ginevra III, e chiaramente serve a far capire che la Russia sta raddoppiando il proprio impegno diplomatico per risolvere la guerra in Siria.

La leadership del paese ha ricordato al mondo più e più volte che l’unica soluzione all’ormai prolungato conflitto è quella diplomatica, con i soli siriani ad avere il diritto di decidere come questa soluzione si attuerà.

Una ripartizione territoriale de-iure è assolutamente fuori discussione e per di più proibita dalla Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma tra molti serpeggia il timore che possa comunque verificarsi una ripartizione de-facto nel caso si attui una forma di federalismo.

E’ forse per questo motivo che al momento il governo e la popolazione siriana non sono favorevoli a questo approccio, e per i lettori curiosi che si stanno chiedendo cosa possa esserci di tanto male nel federalismo, l’autore li invita a leggere la sua ricerca precedentemente pubblicata sul tema, disponibile sul sito del National Institute for Research of Global Security russo.

Dopo cinque mesi e mezzo di campagna, l’operazione aerea antiterroristica russa ha portato a termine l’erculeo compito di far approdare la guerra alla Siria alla sua fase finale, che corrisponde all’appena ripreso lungo processo negoziale.

Lo scontro è così passato dal campo di battaglia alla sala delle riunioni, ma nello spiacevole caso che agenti stranieri spingessero i propri tirapiedi politici a sabotare i dialoghi in corso, e iniziare di nuovo le ostilità su grande scala, la Russia ha comunque pronte nella propria manica alcune misure d’emergenza per assicurarsi che la Siria non rimanga in pericolo.

Controbilanciare i rischi della scommessa:

Stando alle previsioni ottimistiche del governo russo, la ripresa dei negoziati di pace spianerà la strada ad un accordo finale nella guerra siriana, ma i russi non sono degli ingenui. Ecco come la Russia sta controbilanciando i rischi della propria scommessa nel caso i dialoghi di pace siano inaspettatamente rovinati, facendo precipitare di nuovo la Siria in una guerra all’ultimo sangue:

* Basi

Mosca manterrà la base aerea di Hmeymim a Latakia e la base navale di Tartus nell’omonima provincia, e quest’ultima sarà usata per monitorare l’applicazione degli accordi per la cessazione delle ostilità in Siria.

* Risorse

Anche se la maggior parte delle risorse aeree stanno lasciano il campo di battaglia, non c’è niente che impedisca loro di tornare se il deteriorarsi della situazione lo richiedesse; inoltre la flotta russa del Caspio è più che capace di usare missili da crociera Kalibr per sostenere una proiezione di forza esterna al teatro bellico senza nemmeno lasciare il territorio nazionale.

* Strategia

Nell’improbabile ma comunque catastrofica eventualità che Turchia e Arabia Saudita invadano la Siria con forze convenzionali, la Russia ha la capacità di rispondere istantaneamente alla loro aggressione con missili strategici e da crociera mentre pianifica una successiva più pesante linea d’azione.

Raggiungere un accordo

E’ irrealistico pensare che la Russia non si sia messa d’accordo con i propri alleati iraniani e di Hezbollah prima di prendere assieme alla Siria la decisione di effettuare il proprio ripiegamento coordinato. Allo stesso modo è ugualmente irrealistico pensare che gli strateghi russi non abbiano considerato quanto questo potesse influenzare l’equilibrio delle forze nella regione.

E’ impossibile che la Russia abbia deciso unilateralmente una tale mossa militare senza aver ottenuto in cambio qualcosa di analogo da parte degli americani e dei loro alleati, a prescindere da quanto questo scambio diplomatico possa essere passato inosservato agli osservatori inesperti.

Per esempio, la minaccia di un invasione saudita della Siria è drasticamente diminuita dopo le provocative esercitazioni militari su vasta scala “Northern Thunder” compiute nei mesi di Febbraio e di Marzo, e durante le quali Riyad ha schierato 20 paesi, 350,000 uomini, 2,500 aerei da guerra, 20,000 carri armati e 450 elicotteri lungo i suoi confini del nord per un periodo di 18 giorni. Dopo che i Sauditi si persero d’animo nel bel mezzo delle esercitazioni, anche la Turchia rinunciò ai propri piani, malgrado gli avvertimenti del ministro della difesa russo agli inizia di Febbraio sull’imminente pericolo che Ankara potesse invadere la Siria in quel periodo.

Ciò non ostante, quello che è successo non è poi così sorprendente, considerando che Lavrov aveva già predetto con certezza che gli Stati Uniti e la loro coalizione di alleati sarebbero riusciti a trattenere la Turchia. Lavrov era chiaramente al corrente di quel tipo di colloqui segreti di alto livello di cui raramente le masse sono messe al corrente in dettaglio, come tipicamente succede quando una grande potenza si muove in campo diplomatico. Ci sono seri motivi per credere che la Russia e gli Stati Uniti abbiano raggiunto a porte chiuse un qualche tipo di accordo tra gentiluomini. Il più chiaro indizio di ciò sembrerebbe essere l’importante dichiarazione di Lavrov del 14 Marzo riguardo alla disponibilità russa a coordinare le proprie azioni con gli Stati Uniti per liberare la città di Raqqa, dichiarazione che, è bene ricordarlo, è stata fatta appena poche ore prima che Putin annunciasse la sensazionale notizia del ripiegamento militare.

State in guardia dalle Idi di Marzo

Una volta dimostrato l’esistenza di colloqui diplomatici segreti sulla Siria tra Russia e Stati Uniti (come evidenziato dalla già citata dichiarazione a sorpresa di Lavrov), l’attuale attacco contro la Turchia e l’Arabia Saudita, senza precedenti nella storia americana, può ora essere visto in una luce completamente nuova, e analizzato per comprendere meglio quello che un ipotetico accordo tra Mosca e Washington potrebbe aver comportato.

Il cauto e riluttante appoggio americano dato ad Erdogan dopo l’abbattimento dell’anno scorso di un areo russo impegnato nelle operazioni di antiterrorismo in Siria, scatenò un mare di domande su che motivo potessero mai avere gli Stati Uniti per abbandonare la Turchia al proprio destino in un maniera del genere, ma dopo aver capito come l’intera faccenda sia riducibile alla questione curda, è lecito rispondere che gli Stati Uniti hanno in realtà tradito l’uomo forte turco.

Il rifiuto degli Stati Uniti di dare alla Turchia il via libera per invadere la Siria, esattamente come Lavrov aveva predetto, è stata la prova decisiva di cui Mosca necessitava per essere sicura che Washington fosse davvero sincera mentre barattava gli interessi di Ankara per il proprio tornaconto geopolitico di vasta scala.

Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, l’esauriente intervista a Obama pubblicata sulla rivista Atlantic il 10 Marzo presenta alcune critiche taglienti e senza precedenti al regno saudita. Il presidente americano ha implicitamente descritto i sauditi come “approfittatori” che dovrebbero “dividere il Medio Oriente con i propri nemici iraniani”, abbandonando così a tutti gli effetti il finora indiscutibile impegno di Washington ad appoggiare incondizionatamente i reali sauditi.

Ancora più sorprendente è poi il fatto che Obama non si sia nemmeno degnato di chiamare i sauditi suoi “amici”, preferendo invece sottolineare che la relazione con loro è “complicata” e conseguentemente impartendo un insulto pubblico impensabile fino ad allora all’intera famiglia monarchica.

A questo punto è inutile negare l’evidente e incontrovertibile fatto che gli Stati Uniti stanno vistosamente ricalibrando le proprie relazioni con la Turchia e con l’Arabia Saudita nel peggior modo possibile per entrambe le classi dirigenti, ed è invece molto più utile analizzare con il senno di poi come tutto questo sia potuto accadere e identificare il ruolo che la diplomazia russa potrebbe avere giocato nell’influenzare questa rivoluzionaria tendenza nell’ultimo anno.

I turchi e i sauditi hanno cantato vittoria troppo presto se pensavano che la Russia avesse “tradito” la Siria semplicemente perché ha diminuito la propria presenza militare nel paese. A causa di queste “Idi di Marzo” ci sono invece molte più prove che gli Stati Uniti abbiano in realtà accoltellato alla schiena entrambi i loro alleati, e che Obama l’abbia fatto nel tentativo puramente personale di fabbricare una storia sulla pace in Siria che gli permetta di lasciare ai posteri un buon ricordo della propria carriera.

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Articolo di Andrew Korybko pubblicato da Sputnik il 17 Marzo 2016
Traduzione in Italiano a cura di Gregorio Ventura per Sakeritalia.it

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