Di primo acchito, l’idea che l’occupazione statunitense della Siria sia fondamentale per impedire il ritorno del cosiddetto “Stato islamico” (ISIS) sul territorio siriano non convince.
Le regioni ad ovest del fiume Eufrate, dove l’ISIS era fiorito, sono state definitivamente riconquistate dall’Esercito Arabo Siriano e dai suoi alleati russi e iraniani, ovviamente senza alcun sostegno da parte degli Stati Uniti e, di fatto, nonostante l’impegno di Washington ad ostacolare le operazioni di sicurezza di Damasco.
Damasco e i suoi alleati russi e iraniani hanno dimostrato che l’ISIS può essere definitivamente sconfitto. Tagliando le linee di rifornimento dell’ISIS che si propagavano sul territorio NATO della Turchia ed oltre i confini con la Giordania e l’Iraq, le forze siriane sono riuscite a reprimere concretamente gli sforzi dell’organizzazione terroristica di ristabilirsi a ovest dell’Eufrate.
Il fatto stesso che l’ISIS sopravviva nella sola regione del paese attualmente sotto occupazione statunitense solleva molte domande non solo sulla sincerità o sull’efficacia degli sforzi di Washington nell’affrontare e sconfiggere l’ISIS, ma insinua anche il dubbio che in realtà si stia deliberatamente sostenendo la capacità combattiva dell’organizzazione terroristica onde avere il pretesto per l’occupazione americana continuata ed illegale del territorio siriano.
Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti lo specifica meglio.
Un recente rapporto (qui l’intera versione PDF) [in inglese] pubblicato dallo stesso Ispettore Generale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DoD) afferma:
Secondo il Dipartimento della Difesa, malgrado le forze siriane appoggiate dagli Stati Uniti abbiano continuato la lotta per riconquistare le restanti roccaforti dell’ISIS in Siria, esso conserva una forza consistente grazie a combattenti temprati alla battaglia e ben disciplinati che “potrebbero riemergere in Siria” se non si esercita una continua pressione di contrasto al terrorismo. Secondo il Dipartimento della Difesa, l’ISIS è ancora in grado di coordinare offensive e contro-offensive, oltre che di operare come un focolaio di insurrezione periferica.
Il rapporto afferma inoltre:
Attualmente, l’ISIS sta rigenerando funzioni chiave e capacità più rapidamente in Iraq che in Siria, ma senza la pressione di contrasto [contro il terrorismo], l’ISIS potrebbe risorgere in Siria entro sei-dodici mesi, e riconquistare un territorio limitato nella media vallata del fiume Eufrate (MERV).
Con “pressione di contrasto al terrorismo”, il rapporto in particolare intende il mantenimento dell’occupazione statunitense sia della Siria che dell’Iraq, nonché il continuo sostegno militare e politico alle milizie alleate che gli Stati Uniti stanno usando per estendere la loro occupazione della Siria.
Il rapporto stesso osserva che l’ultima roccaforte dell’ISIS esiste specificamente in territori che sono de facto sotto occupazione o protezione degli Stati Uniti ad est del fiume Eufrate, dove le forze governative siriane sono state ripetutamente attaccate sia da milizie appoggiate dagli Stati Uniti che dalle stesse forze americane.
La sola menzione nel rapporto dell’ISIS che sta “riguadagnando più rapidamente funzioni chiave e capacità in Iraq che in Siria”, nonostante gli Stati Uniti non progettino alcun ritiro dall’Iraq, sembra suggerire quanto gli USA siano al momento impotenti o semplicemente disinteressati dall’affrontare e sconfiggere l’ISIS. Così come dimostra perché l’ISIS sia il pretesto più convincente per giustificare l’altrimenti ingiustificata e continuata occupazione di Washington in Siria e in Iraq.
La relazione del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti espone la debolezza e la illegittimità della “indipendenza curda”
Il rapporto è tutto fuorché l’ammissione che i militanti sostenuti dagli Stati Uniti in Siria non abbiano la capacità di resistere alla minaccia dell’ISIS senza il costante sostegno di Washington. Il sostenere che l’ISIS sia tutt’altro che sconfitto e che potrebbe “risorgere” entro un anno senza il sostegno degli Stati Uniti, evidenzia la debolezza e la illegittimità di queste forze e delle loro ambizioni politiche di “indipendenza” perseguite nella Siria orientale.
Una Siria orientale dominata dai curdi, ma che non ha le capacità militari ed economiche per consolidare il controllo sulla regione senza la presenza e il sostegno continuo delle truppe statunitensi, mina ulteriormente la credibilità del progetto curdo ad est dell’Eufrate di Washington.
Il governo siriano, al contrario, ha dimostrato la capacità di riaffermare il controllo sul territorio e di impedire il ritorno dei gruppi estremisti, compreso l’ISIS.
Se gli Stati Uniti si fossero veramente dedicati alla distruzione dell’ISIS, è chiaro che avrebbero sostenuto le forze nella regione non solo in grado di raggiungere questo obiettivo – ma che sono anche state, finora, le uniche forze nella regione a farlo.
L’ISIS come pretesto per l’occupazione perpetua negli Stati Uniti
In realtà, l’obiettivo degli Stati Uniti sia in Siria che in Iraq è quello di minare la forza e l’unità di entrambi i paesi, isolando e circondando progressivamente il vicino Iran. Gli stessi Stati Uniti hanno creato deliberatamente l’ISIS e i numerosi gruppi estremisti che combattevano al suo fianco.
Fu in un comunicato del 2012, fuoriuscito dall’Agenzia per la Difesa degli Stati Uniti (DIA), che fu rivelata l’intenzione degli USA e dei loro alleati di creare quello che all’epoca era chiamato “Principato Salafita” nella Siria orientale. La nota affermava esplicitamente che (sottolineato):
Se la situazione si dipana, c’è la possibilità di stabilire un principato salafita, dichiarato o non dichiarato, nella Siria orientale (Hasaka e Der Zor), e questo è esattamente ciò a cui mirano i poteri a sostegno dell’opposizione, con lo scopo di isolare il regime siriano considerato come retroterra strategico dell’espansione sciita (Iraq e Iran).
Onde chiarire chi fossero questi poteri di supporto, la nota della DIA affermerebbe:
L’Occidente, i paesi del Golfo e la Turchia sostengono l’opposizione; mentre Russia, Cina e Iran sostengono il regime.
Il “Principato (Stato) Salafita (Islamico)” sarebbe stato creato proprio nella Siria orientale, come i politici americani e i loro alleati avevano deciso di fare. Venne poi denominato “Stato Islamico” e sarebbe stato usato in primo luogo per intraprendere una guerra per procura più massiccia contro Damasco e, quando questa fallì, divenne il pretesto per le forze militari statunitensi ad intervenire direttamente nel conflitto.
Diversi anni dopo, e con il quasi completo fallimento dell’abietta guerra per procura degli Stati Uniti in Siria, i residui frantumati dell’ISIS si nascondono esclusivamente in regioni ora sotto la protezione de facto delle forze statunitensi, e vengono usati come pretesto per ritardare o fermare del tutto qualsiasi ritiro significativo delle forze statunitensi.
Nell’annuncio del ritiro delle truppe USA dalla Siria da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e nei tentativi di fare marcia indietro, molti vedono l’emergere di una lotta tra la Casa Bianca e il Pentagono ma, molto più probabilmente, è il risultato di una politica estera che vacilla tra cattive opzioni e opzioni peggiori.
Finora, l’incapacità dei raid aerei israeliani di almeno penetrare le difese aeree siriane, se non di causare danni significativi sul terreno in Siria, ha ulteriormente messo in luce l’impotenza occidentale e complicato le prospettive di Washington verso il futuro.
La titubante politica turca nei confronti della Siria e le prospettive di un suo trascinamento in maggiore profondità sul territorio siriano per “rilevare” l’occupazione americana, come descritto nel rapporto dell’Ispettore Generale del Dipartimento della Difesa, non porterà ad altro che disperdere e impantanare le forze turche, creando fragilità che potranno essere facilmente sfruttate da chiunque sarà seduto ai negoziati di fronte ad Ankara.
È ancora incerto ciò che farà Ankara, ma dopo essere stata inizialmente partner partecipe nella guerra per procura in Siria creata dagli Stati Uniti, è stata poi lasciata a scegliere tra le sue sgradevoli, cattive e pessime opzioni.
È interessante notare che persino il rapporto dell’Ispettore Generale del Dipartimento della Difesa dice che la continuativa capacità offensiva dell’ISIS dipende da combattenti stranieri e da “donazioni esterne”, eppure non indaga mai l’origine dell’evidente sponsorizzazione di stato richiesta per sostenere queste cose. Nel rapporto DoD e nelle stesse azioni degli Stati Uniti vi è di tutto fuorché avvicinarsi alla difesa aperta dei resti dell’ISIS.
Mentre la prospettiva di rovesciare violentemente il governo siriano sembra essere quasi accantonata, gli Stati Uniti stanno ancora cercando di giustificare la loro presenza in Siria, e precisamente negli snodi che l’ISIS e le altre organizzazioni terroristiche usano per spostare combattenti e armi attraverso il paese: nel nord della Siria, nel sud-est della Siria, vicino al confine iracheno, e ad Al Tanf, vicino al confine tra Iraq e Giordania.
Se gli Stati Uniti cercassero di rafforzare i propri delegati sul terreno e di avviare un “ritorno” dell’ISIS, quello stesso scenario che affermano di voler impedire, il controllo su questi vitali punti di ingresso in Siria e in Iraq sarebbe di primaria importanza. Permettere loro di cadere nelle mani delle forze siriane e irachene per essere messi in sicurezza e isolati significherebbe, ironicamente, la fine dell’ISIS in entrambe le nazioni.
Mentre le parole di Washington proclamano il desiderio di sconfiggere l’ISIS, le sue azioni sono l’unico ostacolo tra l’ISIS e la sua totale sconfitta.
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Articolo di Tony Cartalucci pubblicato su New Eastern Outlook il 6 febbraio 2019
Traduzione in italiano di Pier Luigi S. per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
solo gli ingenui possono credere che gli USA si trattengono in. Siria per mostrare bandiera; la loro missione poggia su due target:
a) tenere desta la guerra asimmetrica che consente agli americani di impiegare parte della Produzione bellica USA che dev’essere distribuita in loco alla carne da macello il cui mantenimento sarà a carico dei Paesi arabi che hanno protetto l’ISIS in questi lunghi anni;
b) controllare e rendere agibili le linee della logistica per consentire alle forze ISIAS di spostarsi celermente
nel territorio siriano e tenere sotto pressione Siria-Russia ed Iran,
infine ;
c) in questa situazione Israele continuerà il giochino bellico con gli USA ai danni dei Siriani.