L’ultimo thread sulla Siria osservava [in Inglese]:
A sud di al-Bab l’esercito siriano si sta spostando verso l’Eufrate. Si porrà sul percorso delle forze turche verso al-Raqqa e Manbij.
Questo movimento è terminato. Le forze di invasione turche sono ormai bloccate [in Inglese] e non possono muoversi più a sud. Avrebbero dovuto impedire all’esercito siriano e ai loro alleati russi di muoversi direttamente su al-Raqqa, e avrebbero dovuto impedire all’YPG dei Curdi siriani e ai suoi alleati americani di spostarsi più ad est.
Per la prima volta dall’inizio della guerra, le linee di rifornimento tra la Turchia e lo Stato Islamico sono interrotte!
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Erdogan spera ancora nel sostegno degli Stati Uniti per i suoi piani per al-Raqqa, ma dubito che l’esercito degli Stati Uniti sia disposto a rinunciare ai suoi ben considerati sicari curdi in cambio di un esercito turco indisciplinato [in Inglese], nello scompiglio generale e con poco spirito combattivo. Erdogan ha rimosso tutti gli ufficiali e sottufficiali che lui percepiva come non al 100% in suo potere, cosa che ora gli si sta ritorcendo contro: non ha più i mezzi militari per perseguire le sue politiche belliche.
L’anno scorso Erdogan si era alleato con la Russia e l’Iran, dopo un fallito tentativo di colpo di Stato contro di lui (coadiuvato dagli Stati Uniti?). Si è sentito lasciato solo dagli Stati Uniti e dalla loro riluttanza nel sostenere i suoi piani in Siria. Dopo l’elezione di Trump, Erdogan ha percepito [in Inglese] un futuro cambiamento nelle politiche degli Stati Uniti. Si è dimostrato il voltagabbana definitivo ed è tornato ad allearsi con Stati Uniti. È la sua fiducia in un cambiamento della politica degli Stati Uniti a spingere le sue ultime mosse e annunci.
Elijah Magnier riferisce che le sue fonti a Damasco hanno le stesse impressioni di Erdogan riguardo Trump. Esse credono [in Inglese] che Trump avvierà una forte escalation in Siria e sosterrà le mosse turche contro lo Stato siriano.
Ma sono le forze armate americane che guidano la strategia nel gabinetto Trump. Il Pentagono non ha voglia [in Inglese] di una grande operazione di terra in Siria. Il piano che ha offerto a Trump [in Inglese] è ancora lo stesso piano che ha offerto a Obama: lavorerà con le forze curde per sconfiggere lo Stato islamico ad al-Raqqa. È degno di nota anche il fatto che un direttore del think tank finanziato dal Pentagono RAND Corporation è pubblicamente a favore [in Inglese] di una migliore cooperazione con la Russia in Siria. Il vecchio piano della RAND [in Inglese] di una Siria decentralizzata con zone sotto “amministrazione internazionale” (vale a dire occupate dagli Stati Uniti), probabilmente non è più operativo.
Recentemente Erdogan ha annunciato che la sua prossima mossa in Siria sarà rivolta contro Manbij, tenuta dall’YPG. Poco dopo, sui social network sono state pubblicate immagini di truppe statunitensi a Manbij che esponevano bandiere degli Stati Uniti. Il messaggio era chiaro: state lontano da qui o vi troverete in guai seri.
Lunedì gli aerei dell’aeronautica irachena hanno attaccato posizioni dello Stato Islamico in Siria orientale. L’attacco ha fatto seguito alla cooperazione in materia di intelligence tra Siria e Iraq. È più facile raggiungere quella zona per l’Iraq che per gli aerei siriani di stanza vicino al Mediterraneo. Questa collaborazione continuerà: in Iraq occidentale le milizie integrate nell’esercito iracheno sono pronte a prendere d’assalto Tal Afar, che, assieme alla Mossul assediata, è l’ultima grande posizione dello Stato Islamico nella zona. Gli USA avevano programmato di lasciare che i combattenti dello Stato Islamico fuggissero da Mossul e Tal Afar verso la Siria, e conquistassero le posizioni del governo siriano a Deir el-Zor, ma la cooperazione Siro-Irachena ha impedito questo movimento. Il tentativo statunitense di separare la guerra contro lo Stato islamico in Siria e Iraq non è riuscito, e qualsiasi tentativo di utilizzare di nuovo lo Stato Islamico come mezzo per distruggere la Siria incontrerà la resistenza dell’Iraq, dove gli Stati Uniti sono sempre più impegnati. I comandanti statunitensi in Iraq saranno ben consapevoli di questa minaccia.
A mio parere le osservazioni più belligeranti di Trump sulla Siria, le zone sicure e l’escalation militare, sono solo retorica. Sono le sue posizioni di negoziazione con la Russia e l’Iran, non sono le sue politiche, che sono guidate da posizioni più realistiche. Obama bilanciava le opinioni più guerrafondaie sostenute dalla CIA, da Hillary Clinton e dai Neoconservatori con la riluttanza dei militari di impegnarsi in un’altra grande guerra. Trump seguirà le opinioni del Pentagono, che sembra siano rimaste invariate, anche più di Obama. Pertanto, non ritengo che l’escalation aggressiva sia la strada che percorrerà Trump. Alcune truppe aggiuntive statunitensi potrebbero aggregarsi alle forze curde all’attacco di al-Raqqa, ma ogni grande azione da parte delle forze turche o israeliane non sarà perdonata, perché la grande invasione statunitense della Siria a loro sostegno non avverrà.
Nel frattempo l’esercito siriano si sta muovendo su Palmira e potrebbe presto recuperarla dalla Stato Islamico. Una nuova unità addestrata dai Russi, il 5° Corpo, guida l’avanzata e finora ha fatto una buona impressione. Con Palmira riconquistata l’esercito siriano sarà libero di muoversi più a est verso al-Raqqa e Deir el-Zor.
Erdogan potrebbe ancora ottenere una sorta di “zona di sicurezza” nell’area della Siria settentrionale che ora è occupata dalle sue forze, ma Damasco sosterrà le forze dei guerriglieri curdi e arabi contro ogni occupazione turca e le forze turche in Siria continueranno ad essere in un sacco di guai. Erdogan non riceverà l’appoggio attivo degli Stati Uniti per ulteriori mosse volte a conquistare territorio siriano. Il suo cambio di casacca, per due volte, è stato inutile e ha gravemente minato la sua posizione.
Anche Netanyahu e la lobby israeliana vogliono una “zona di sicurezza” [in Inglese], ma nel sud della Siria e sotto il comando giordano. Ciò consentirebbe a Israele di occupare più territorio siriano lungo le Alture del Golan. Ma le zone vicino al Golan e verso Da’ra sono occupate da al-Qaida e da gruppi allineati con lo Stato Islamico. Questi gruppi sono un grave pericolo per l’instabile stato giordano. Non c’è nulla da guadagnare per la Giordania in qualsiasi mossa che comprenda una “zona sicura”. Allo stesso modo i militari degli Stati Uniti non avranno alcun interesse nell’aprire un vaso di Pandora nel sud della Siria. Come Erdogan, Netanyahu sarà probabilmente lasciato solo con i suoi sogni.
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Articolo pubblicato da Moon of Alabama l’1 marzo 2017.
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[Le note in questo formato sono del traduttore]
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