La parte occidentale di Aleppo, col suo milione e mezzo circa di abitanti, è sempre stata sotto il controllo del governo siriano, ma nell’ultimo paio di settimane si è ritrovata nell’incombente pericolo di cadere in mano degli jihadisti.

Grazie all’aiuto di nuove armi, munizioni e informazioni fornite dagli Stati Uniti e dagli stati del Golfo Persico, diecimila o più jihadisti radicali hanno attaccato la città di Aleppo, guidati da Al-Qaeda in Siria. Dopo alcuni giorni, sono riusciti a rompere le difese a sud-ovest e a creare un piccolo corridoio fino ad Aleppo est. L’area è sotto il loro controllo, assediata dalle forze governative.

Aleppo, come viene riportata sui media “occidentali”

Aleppo, come viene riportata sui media “occidentali”

Numerosi altri attacchi si sono susseguiti, e sono stati respinti a malapena dalle forze governative, un misto di unità locali della difesa e ausiliari dall’Afghanistan e dall’Iraq. Le loro difese sono sembrate poco adatte a fronteggiare l’assalto dei veicoli da suicidio seguiti dagli attacchi di massa della fanteria; il loro morale era basso e le posizioni che tenevano sono state abbandonate senza opportuna coordinazione.

Il governo siriano e i suoi alleati non hanno potuto usare gli elicotteri a sostegno della difesa poiché i MANPAD, missili antiaerei a spalla recentemente arrivati nelle mani degli jihadisti, minacciano ogni aeromobile che voli basso e lento.

Per fermare gli attacchi e preparare le contromosse è stato necessario attivare e gettare nella mischia le preziose riserve di élite, come gli Hezbollah e la Brigata Tigre dell’esercito siriano, che sono riuscite per ora a contenere gli attacchi degli jihadisti ma non hanno la massa necessaria per rispondere a tono.

I Russi hanno segnalato fin da aprile l’imminenza di una tale larga offensiva degli jihadisti, ma si sono trattenuti dall’agire finché duravano  i colloqui con l’amministrazione USA, la cui volontà di trattare era in gran parte un raggiro per sostenere l’attacco attualmente in corso.

L’offensiva jihadista mira a occupare l’intera città di Aleppo, e trae il suo nome da un uomo che nel 1979 fece una strage di allievi appartenenti ad una minoranza religiosa. Se gli jihadisti dovessero riuscire a vincere ad Aleppo è probabile che migliaia di civili moriranno, e ciò non si limiterà alle sole minoranze, perché Aleppo è una città sunnita e la guerra, contrariamente alla propaganda occidentale [in inglese], non è fra minoranze religiose e la popolazione sunnita, ma è fra i settori radicali sunniti e i loro confratelli tradizionalisti.

Circa due settimane fa i militari russi hanno apertamente preparato la risposta appropriata, con l’invio in Siria del loro più moderno aeroplano spia, il Tu 214R [in inglese], atto a raccogliere informazioni sugli obiettivi, in aggiunta ai due aerei da ricognizione Il-20M [in inglese] già stanziati là. Sono state approntate esercitazioni navali sia lungo la costa siriana che nel Mar Caspio, e accordi su misure di sostegno sono stati concordati con l’Iran.

Almeno sette navi russe, tutte capaci di lanciare i missili cruise Kalibr, sono state posizionate nel Mediterraneo orientale [in inglese] e nel Mar Nero, e, ieri, sono stati dispiegati nella base aerea iraniana di Hamedan i bombardieri strategici a lungo raggio Tu-22M e i bombardieri tattici Su-34. Dato che l’Iraq ha garantito il diritto di sorvolo, la rotta da Hamedan fino in Siria è più corta del 60% rispetto a quella partendo dalla Russia, così gli aerei saranno in grado di volare più spesso e con maggiore carico. Questa collaborazione aperta, annunciata pubblicamente da foto dalla base iraniana, manda un chiaro segnale alla “comunità internazionale”  dei sostenitori degli jihadisti, e la Cina ci ha messo del suo annunciando una stretta cooperazione [in inglese] con i militari siriani [in inglese].

Oggi, è stata lanciata una campagna di bombardamenti su larga scala contro le risorse di appoggio, rifornimento e riserva degli jihadisti all’attacco di Aleppo. Saranno bombardati tutti i principali punti di comunicazione, i quartier generali, i depositi e i punti di raduno ad ovest della zona fra Aleppo e il confine turco; sarà attaccato, probabilmente più volte, e distrutto ogni obiettivo fisso segnalato dalla ricognizione; saranno poi sottoposti ad attacco i convogli in movimento e gli altri bersagli di opportunità; la campagna continuerà per molti giorni.

Un tale attacco su grande scala nelle retrovie degli attaccanti non ha un effetto immediato sulla linea del fronte, ci si aspetta quindi alcuni rinnovati attacchi degli jihadisti sulla città di Aleppo vera e propria, allo scopo di distogliere l’attenzione dal massacro delle loro risorse nelle retrovie. Ma, dopo pochi giorni, i loro rifornimenti sulla linea del fronte finiranno e non ce ne saranno altri in arrivo. L’attacco generale su Aleppo vacillerà.

Tutto ciò non farà che bloccare la situazione in Siria poiché, in questo momento, il governo siriano non ha la capacità di riconquistare e mettere in sicurezza la grande area fra Aleppo, Idlib e il confine turco, e saranno necessari ulteriori cambiamenti nella situazione strategica per indirizzare la guerra in una o l’altra direzione.

Ma il probabile fallimento dell’attacco su Aleppo si sarà mangiato allora una gran quantità di uomini e mezzi, maggiore di quanto siano capaci di dispiegare gli jihadisti sostenuti dagli Stati Uniti e i loro alleati. Il centro di gravità della guerra si muoverà probabilmente da altre parti, lontano da Aleppo.

Tutto questo, naturalmente, dipende dalla fortuna e dagli altri imponderabili della guerra.

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Articolo di Bernhard apparso su Moon of Alabama  il 16 agosto 2016

Traduzione in italiano di Fabio_San per SakerItalia

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