“Le società giuste non possono essere governate dalle ricchezze o dagli eserciti, con le loro prospettive troppo limitate”. Platone.
Sembra che la battaglia di Aleppo sia destinata a non finire bene per i ribelli e gli jihadisti che occupano la città da ormai quattro anni, vivendo con i saccheggi delle case e delle attività dei sostenitori di Damasco, fuggiti molto tempo fa dalla città, con solo la macchina e poche valigie.
Avevo incontrato uno di questi profughi durante la Conferenza Contro il Terrorismo a Damasco, nel dicembre 2015. Era una delle interpreti e delle guide dello staff di Veteran’s Today. La sua famiglia, appartenente al settore manifatturiero, prima della guerra gestiva ad Aleppo quattordici diverse attività di media grandezza, ma le aveva perse tutte, macchinari e materiali caricati sui camion e portati in Turchia, ad arricchire l’esercito di parassiti che hanno prosperato con la guerra in Siria.
Non chiamo quella della Siria una guerra civile perché sarebbe un riconoscimento per quella sorta di teppaglia geopolitica internazionale che ha usato la Siria per farne un esempio di quello che potrebbe accadere a tutti coloro che non vogliono sottomettersi al loro dominio. E, come nella maggior parte delle “rivoluzioni colorate”, essi hanno usato le risorse locali come carne da cannone, ma i disordini erano fomentati dall’esterno, preparati e sostenuti da numerose nazioni e gruppi di interesse, pronti a trarre profitto da una futura Siria balcanizzata.
L’esercito siriano e i suoi alleati hanno finalmente circondato i ribelli e le forze jihadiste nella loro ridotta di Aleppo Est e hanno portato la battaglia verso quello che sembrerebbe essere il suo esito finale. Un premio straordinario, osservando il resoconto dei fatti dato dai media, è stato vedere come la stampa internazionale anti-siriana abbia lanciato la sua battaglia finale per infangare Damasco e l’esercito siriano, solo perché fanno quello che un governo eletto e un esercito leale dovrebbero fare…. difendere la nazione.
Nel caso della Siria, la lotta è stata non solo contro i ribelli dell’opposizione tradizionale, ma anche contro le nazioni occidentali e la NATO, alleatesi con l’Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia per smembrare la Siria in zone di influenza, in un vero e proprio ritorno ai vecchi giorni del colonialismo. E, visto che tutto questo non ha funzionato, le agenzie di intelligence occidentali e degli Stati del Golfo hanno scatenato una guerra del terrore su larga scala contro il popolo siriano per ribaltare la situazione a loro favore, ottenendo quasi il successo.
Ma i farabutti di cui sopra disponevano di un altro alleato istituzionale nella loro sporca impresa. I media occidentali sono diventati una vera e propria arma di pubbliche relazioni per aggredire la Siria e mantenere il regime di Assad e i suoi sostenitori sotto un costante assalto. Gestire un’operazione di cambio di regime, delegata a terroristi e della durata di anni, richiede una costante cortina fumogena, e ho avuto un posto in prima fila nel vederla raggiungere il culmine durante l’attuale battaglia di Aleppo.
Negli ultimi 10 giorni ha condotto un certo numero di interviste televisive, compresi due dibattiti su PressTV, avendo come interlocutori degli avversari del regime di Assad. Il primo era un professore della John Hopkins University di Washington, Daniel Serwer [in inglese] e l’argomento era la battaglia per Aleppo [in inglese]. Il secondo dibattito, alcuni giorni dopo, riguardava l’amnistia offerta da Assad ai ribelli di Aleppo [in inglese].
Entrambi questi signori sono stati dei veri e propri fattorini della propaganda e hanno usato le stesse argomentazioni che la maggior parte delle fazioni anti-Assad aveva inviato loro per email. Sembra che al prof. Serwer sia toccato il compito di addossare ad Assad la responsabilità dei 400.000 morti della guerra siriana, delle bombe-barile e, naturalmente, di tutti gli ospedali, che egli sostiene siano stati bombardati di proposito. Ha sostenuto anche che di ciò è responsabile anche l’aviazione russa, ma questa è una palese bugia, perché il Comando Aereo Russo ha dimostrato che l’organizzazione francese Medici Senza Frontire aveva diffuso un falso resoconto dei fatti, secondo cui ne sarebbero stati bombardati otto o nove nel giro di pochi giorni, ma dove una ricerca successiva aveva dimostrato che nella maggior parte delle città menzionate non vi era nemmeno un ospedale.
Il professor Sewer non ha voluto riconoscere che Aleppo sta venendo liberata, ma ha parlato di “una conquista da parte di una autocrazia”. Questa oltraggiosa dichiarazione non tiene conto di due elezioni, in cui Assad era stato rieletto a grandissima maggioranza. Ad una elezione avevo partecipato come osservatore, nel 2014 nella città di Homs, dove avevo visitato cinque seggi elettorali e dove avevo avuto mano libera nell’intervistare chiunque avessi voluto, compreso il governatore, Tala Barazi. L’episodio era stato un evento politico, ma anche la celebrazione di Assad e dell’esercito, per aver impedito che la nazione venisse sopraffatta dai terroristi jihadisti sostenuti dall’Occidente e dagli Stati del Golfo.
Il mio interlocutore nel secondo dibattito televisivo è stato un certo Michael Lane, che avrebbe dovuto essere il fondatore di una specie di pensatoio chiamato Istituto Americano per la Politica Estera, fondato nel 2004. Una veloce ricerca con Google su entrambi non ha prodotto assolutamente nulla, né sull’istituto né su Lane, al di fuori delle sue partecipazioni ai dibattiti su PressTV. Aveva il profilo di un mezzobusto messo lì apposta, con il suo background accuratamente rimosso da Internet.
E aveva parlato del fatto che dell’amnistia proposta da Assad non ci si potesse fidare, chiamandola “un’offerta non verificata”. Ho ribattuto con il resoconto che abbiamo delle numerose amnistie offerte da Assad, tutte andate a buon fine, dove molti di quelli che hanno accettato sono stati incorporati nelle unità di difesa civile.
Lane ha cercato anche di vendere il concetto che gli sforzi umanitari avrebbero potuto facilmente avere successo se si fosse permesso all’ONU di gestire il tutto. Ho ribattuto che l’ONU non avrebbe potuto farlo nel bel mezzo di una grossa battaglia senza impegnare l’esercito siriano a fornire protezione contro auto/camion bomba e attentatori suicidi vari, e per impedire che i ribelli usassero (i civili come) scudi-umani per abbandonare la città. Abbiamo le prove che anche durante i primi cessate il fuoco, l’Occidente, la Turchia e l’Arabia Saudita hanno fatto affluire ancora più rinforzi, munizioni ed armi di nuovo tipo, come TOWS e MANPADS, usati poi per effettuare contrattacchi in tutta la Siria.
Anche i media corporativi hanno mostrato la loro vera faccia nei reportage da Aleppo. Il Guardian [in inglese] riporta un editoriale il cui scopo sembra essere quello di tentare di salvare i ribelli e gli jihadisti accerchiati facendo pressioni sulla Siria perché interrompa la battaglia. L’ONU potrebbe far arrivare cibo e rifornimenti per i civili, mentre i ribelli potrebbero essere riforniti dai loro vari sponsor ed essere così in grado di lanciare poi altri contrattacchi. La strategia è quella di continuare ad indebolire Assad attraverso una guerra infinita, senza riguardo per quante vite possano essere distrutte.
Il Guardian ha fatto l’impossibile per far apparire la situazione la peggiore possibile: “Non si tratterebbe solo di una sconfitta per i ribelli, forse di una sconfitta irreversibile per gli insorti, sarebbe l’inizio in Siria di una nuova catastrofe umanitaria di proporzioni mai viste…. Bisogna fare pressioni a livello internazionale sulla Russia [in inglese] perché imponga la ritirata alle truppe siriane, in modo che si possano risparmiare delle vite… La sua macchina della repressione non fa nessuna distinzione fra combattenti armati e civili”.
Sembra che gli editori del Guardian abbiano avuto l’incarico dall’intelligence blitannica di cercare di mettere il rossetto ad un maiale. Durante uno dei miei dibattiti avevo predetto che gli jihadisti di Aleppo avrebbero attaccato i corridoi umanitari per impedire ai civili che servono loro come scudi umani di usarli e, dopo solo un giorno, già facevano saltare auto-bomba e cannoneggiavano i corridoi.
I ribelli hanno portato contrattacchi contro le linee siriane nel tentativo di aprirsi dei propri canali di rifornimento. Sono loro che hanno rifiutato di aderire al processo di pace che prevede una soluzione politica, perché scommettono che i loro sponsor continueranno a garantire loro l’operatività bellica durante il finto cessate il fuoco.
Il colpo di Stato in Turchia potrebbe essere stato il punto di svolta per un mutamento (della politica) di Erdogan, che ha bisogno di concentrare tutte le sue risorse sul fronte interno e di sganciarsi dal conflitto siriano. Il suo intento principale ora sembra essere quello di prendersela con l’organizzazione internazionale di Gulen e i suoi principali sponsor, gli Stati Uniti. Ma Erdogan sembra imprevedibile in questo momento, visto il suo tentativo di ricattare l’EU con la sua richiesta di un regime di ingresso senza visto per ottobre, a cui oppone la minaccia di riaprire il flusso dei rifugiati.
Questa è, in ogni caso, una situazione difficilmente prevedibile, specialmente quando vediamo le relazioni russo-turche normalizzarsi, un qualcosa che era iniziato anche prima del colpo di Stato, e qualcuno afferma che questo avrebbe influenzato il suo svolgimento, visto che Erdogan ha ora accusato apertamente CIA e FBI di aver sostenuto il golpe.
I ribelli che hanno abbattuto un elicottero russo di ritorno alla base dopo una missione umanitaria potrebbero anche trafiggersi il cuore con un paletto di legno. Saranno trattati con fredda determinazione. Assad e i Russi sanno che i ribelli e gli jihadisti, una volta persa Aleppo, non avranno nulla per cui combattere e i loro sostenitori li abbandoneranno.
Se ne sarà andato il sogno saudita di gasdotti verso il Mediterraneo e l’Europa. Se ne sarà andato il sogno di una regione ribelle autonoma alle spalle di Damasco, che avrebbe potuto un giorno ospitare basi statunitensi, o anche della NATO, e bloccare il corridoio aereo fra Russia ed Iran attraverso l’Iraq.
Gli attacchi russi con i missili da crociera lanciati dal Mar Caspio non sono stati dimenticati, come non è stata dimenticata l’importanza di avere territorio amico e sicuro da sorvolare quando si proietta la forza militare. Questo è il motivo per cui la coalizione americana vuole che le forze ribelli continuino a mantenere il controllo di Aleppo.
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Articolo di Jim Dean pubblicato su New Eastern Outlook il 6 agosto 2016
Tradotto in italiano da Mario per Sakeritalia.it
[le note in questo formato sono del traduttore]
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