“NO PASARAN!” E’ così che si presenta la Banda Bassotti, formazione musicale fortemente legata alle proprie radici romane ma “internazionalista” per vocazione e missione. La “banda” infatti è da più di 30 anni un gruppo che oltre a fare musica fa soprattutto politica, e guarda oltre i confini della nostra nazione e anche del nostro mondo “occidentale”.
La storia comincia tra amici e compagni nei cantieri romani negli anni 80’: da “Brigata di Lavoro” – impegnata in iniziative di solidarietà come quelle per il popolo palestinese, nicaraguense e salvadoregno – il passo per diventare Banda Bassotti è facile e naturale. Così come facile e naturale è la scelta musicale, quella cioè della tradizione punk-rock e ska, che sigilla il connubio tra politica, impegno sociale e musica.
La Banda Bassotti comincia a muoversi sulla scena romana con delle collaborazioni, e incide il primo album nel 1991. Dopo esperienze in Salvador e nei Paesi Baschi, la Banda nel 2001 registra dal vivo, al Centro sociale Villaggio Globale di Roma, “Un altro giorno d’amore”, il cd che porta il gruppo ad affrontare un tour mondiale. Ogni meta diventa – anche e soprattutto- una dichiarazione politica: così per Venezuela, Messico, Cuba, Spagna e recentemente il Donbass.
La Banda Bassotti è sempre presente nelle manifestazioni e sui palchi dove si radunano quei gruppi, e quegli appassionati, che rimangono “fedeli alla linea”, che non può prescindere dalla visione politica del mondo e dall’impegno sociale quotidiano. Cioè quella coerenza che sbiadisce se guardiamo l’attuale panorama musicale (anche di dichiarata ispirazione punk) e che si confonde nell’informazione manipolata dei nostri tempi.
A maggio 2017 la Banda Bassotti è partita per la terza “Carovana antifascista” diretta in Donbass. Oltre a suonare a Lugansk per il primo maggio, hanno visitato le zone interessate dal conflitto e portato aiuti concreti alla popolazione. L’impegno non si ferma qui: a luglio la Banda sarà a Bruxelles per ribadire al Parlamento Europeo la gravità della situazione in Donbass.
S.I.: com’è nato l’interesse – politico e umanitario – per il Donbass?
B.B. Siamo molto attenti a ciò che accade nel mondo e in Italia. Le prime notizie su Maidan, arrivarono negli ultimi mesi del 2013, e come sempre accade ci raccontavano di giovani democratici, di una ventata di democrazia in Ucraina. Possiamo dire che a Maidan abbiamo visto le stesse identiche cose che ci raccontano delle manifestazioni di piazza in Venezuela di questi giorni. Lo stesse menzogne che ci hanno raccontato delle rivolte siriane. In questo i media occidentali e ora anche internet, sono bravissimi. Lanciano campagne mediatiche enormi per raccontare una menzogna enorme che poi si tramuta in una verità. Insieme alla cosiddetta ventata di democrazia però, qualche compagno mandava in rete anche foto di nazisti in piazza a Maidan. La pagina Facebook di “Con l’Ucraina Antifascista” raccontò poi quello che stava succedendo in piazza. Siamo entrati in contatto con Flavio Pettinari che era il gestore della pagina, è da lì ci siamo attivati.
S.I. Da qui è quindi nata la “carovana antifascista”. Ci potete raccontare com’è andata?
B.B. La notte del 2 maggio 2014 arrivarono in rete le prime foto del massacro di Odessa. La Casa dei Sindacati incendiata, ragazzi e anziani bruciati vivi da un branco di assassini nazisti. Un numero imprecisato di Antifascisti è stato ucciso a tre ore da Roma. Il nazismo bussava alle nostre porte. Ci siamo telefonati, abbiamo fissato una riunione e deciso di organizzare la Carovana Antifascista della Banda Bassotti. Non era la nostra prima esperienza Internazionalista, e sapevamo che la nostra grande Famiglia composta da Compagni in tutto il mondo non ci avrebbe lasciati soli. Difficoltà enormi e ostacoli ma moltissima Solidarietà ci ha spinti avanti. Purtroppo una parte di una sinistra che ormai crede a quello che gli raccontano in TV, ci ha criticato.
S.I. Oltre alla vostra testimonianza politica e musicale, la “carovana” è anche impegno “solidale”. In Donbass, dove siete tornati per la terza volta, avete portato aiuti alla popolazione. In che cosa consiste questo impegno e quali risultati avete visto dopo questo viaggio?
B.B. Riteniamo che un compito dei Comunisti sia sostenere le lotte dove i Comunisti e gli Antifascisti sono attaccati. La terza Carovana ha portato in Donbass per la terza volta una rappresentanza di molti paesi europei, dimostrando ancora una volta che il Popolo dei Lavoratori, dei disoccupati è a fianco della lotta del Popolo del Donbass.
S.I. E proprio durante la terza “carovana” in Donbass avete saputo che il Governo ucraino vi aveva incriminato per “terrorismo”, notizia che ha fatto particolare clamore…
B.B. La prima Carovana Antifascista è partita a settembre del 2014, e da quel momento ci aspettavano una comunicazione da parte del governo di Kiev. Ora ci chiamano terroristi per aver visitato il Donbass, per aver portato giochi e medicine. Nessun incriminato per la Strage di Odessa e per altri assassinii perpetrati dal governo di Kiev.
S.I. Tornando al vostro impegno politico, quali altre azioni politiche avete in programma?
B.B. Stiamo pensando e preparando altre azioni, ma non ci piace parlarne prima di renderle pubbliche.
S.I. A distanza di 30 anni dalla vostra formazione, il connubio tra impegno musicale e politico/sociale è sempre stato forte e costante. Voi come vivete questa vostra “storia”?
B.B. Il gruppo è nato come una sorta di piccolissimo collettivo, poi si è tramutato in un gruppo musicale. Suoniamo e cantiamo quello che vediamo, le nostre vite, le vite dei nostri Fratelli in giro per il mondo. La realtà che ci circonda è il tema principale del gruppo.
S.I. Il vostro attivismo vi porta inevitabilmente a confrontarvi con i media. Come vi rapportate rispetto al “mainstream”, non solo nell’informazione e nell’azione politica, ma anche nel contesto musicale e sociale?
Non abbiamo grandi rapporti con il mainstream, sinceramente ci auguriamo che nel mondo musicale, molti gruppi che affrontano temi politici e culturali, per così dire impegnati, siano coerenti e solidali con ciò che li circonda. Così da fare della cultura e della musica una barricata per il futuro delle nuove generazioni.
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Intervista a cura di Elvia Politi per SakerItalia
La Banda Bassotti è su facebook e youtube
Ci dobbiamo un attimo fermare e rilevare come questo sia un pezzo giornalistico come non se ne vedono ormai da almeno tre o quattro decenni. L’introduzione è appassionata come ben poche ma non cieca. essa è argomentativa ma non verbosa e non cede in nessun momento alla facile tentazione di fare una apologia di chi non ne ha bisogno per mostrare i suoi meriti artistici e sociali.L’intervista stessa, poi, fa una cosa di quasi eccezionale nel giornalismo moderno: pone domande costruite per ottenere delle vere risposte (quindi brevi ed aperte ma non vaghe) che attendono vere risposte articolate ma non divaganti. Domande che mostrano come vi non vi fosse una scaletta decisa a monte in buie redazioni e da buie linee editoriali ma l’intenzione di…fare una chiacchierata sincera tra compagni che centrasse l’argomento ed il problema: ovvero parlare chiaramente della Guerra Segreta nell’Ucraina Orientale e del fatto che chiunque tenti di infrangere la cortina di menzogne che è stata calata su di essa dall’Occidente venga demonizzato e diffamato. L’Intervistatrice, la signorina Politi, e l’intera redazione di Saker Italia ci hanno mostrato quanto di straordinario possa essere un gesto semplice quanto accendere una luce in una stanza buia dove tutti gridano e tutti inventano una propria Verità. Se questo non è il vero giornalismo, non saprei come altro definirlo.
Bello il pezzo ed anche il commento di Gianluca.