Andrej Babitsky: i russi non andranno via dal Donbass, da qui partirà la ricostruzione della nuova Ucraina
L’inviato di guerra russo, giornalista e saggista Andrej Babitsky ora vive e lavora a Donetsk, ed è sicuro che i russi non lasceranno mai il Donbass. Non ha escluso la possibilità che la UE e la Russia riconoscano l’esito del referendum del 2014 nel Donbass. Ma il futuro dell’Ucraina il giornalista lo vede in una Federazione, in cui il Donbass costituirà una nuova base per la ricostruzione del Paese.
News Front: Il 1° settembre doveva cominciare il cessate il fuoco. Cosa sente lei dalla finestra? E’ veramente tutto tranquillo, è il quinto giorno di silenzio?
Babitsky: A quanto ho capito, i bombardamenti si sono fermati. Questa è la seconda volta, per quanto ricordi. Anche all’inizio dello scorso anno scolastico erano cessati i bombardamenti di artiglieria, anzi tre giorni prima del 1° settembre; quest’anno, esattamente nella notte del primo settembre, i cannoni hanno smesso di sparare. E finora, tutto sommato, il silenzio si mantiene.
News Front: Andrej, lei ha visto diverse guerre, diversi conflitti civili. Una volta arrivato nel Donbass si ritrova in un altro conflitto. Quanto è simile questa guerra ad altre guerre civili, e che differenza c’è tra di loro? Cosa distingue questa guerra da quella in Cecenia?
Babitsky: Beh, nella guerra cecena, come ho detto più volte, i ceceni devono essere paragonati agli ucraini. Anche quella era una guerra etnica e separatista per l’identità nazionale, ed è costata molto cara ai russi della Cecenia: la maggior parte di loro, anzi quasi tutti, sono stati costretti a lasciare la regione, e molti di loro sono stati uccisi. I ceceni di allora non sono molto diversi nella loro motivazione e ideologia da quegli ucraini che sostengono la guerra nel Donbass. In questo senso c’è una somiglianza paradossale tra le due guerre. Per quanto riguarda le altre guerre, sì, forse c’è da fare un paragone con la Transnistria e l’Abkhazia e l’Ossezia. Ma vorrei dire tuttavia che la guerra nel Donbass ha una sua peculiarità. La definisco come la prima guerra dei russi per la propria identità, per i propri valori. Sì, di solito viene ricordata la Transnistria, ma direi che la Transnistria ha combattuto piuttosto per l’identità sovietica. In sostanza, si trattava di una regione multinazionale, ed è evidente che alla lotta per il passato sovietico si sono uniti sia gli ucraini sia i moldavi che vivevano là. Qui, abbiamo una regione etnicamente più uniforme. Qui la gente capisce chiaramente ciò di cui la vogliono privare, il che da tempo causava un conflitto latente; ma da quando Kiev ha voluto giocare il tutto per tutto, la gente si è sollevata imbracciando le armi, perché ha capito che avrebbe dovuto privarsi della sua identità russa, che qui è molto sentita.
News Front: Adesso Kiev manda il messaggio che non appena i russi lasceranno il Donbass, e i separatisti-terroristi deporranno le armi, allora l’Ucraina comincerà a ricostruire il Donbass. Ma per quanto ho capito, quasi tutta la gente che vive oggi qui, nelle repubbliche di Lugansk e di Donetsk, finirà nella migliore delle ipotesi nei campi di filtrazione. Vediamo le regioni di Donetsk e Lugansk sotto controllo ucraino. Lì in questi anni non è arrivato un centesimo del denaro americano. Anche se si poteva fare della parte ucraina del Donbass un esempio di ricostruzione.
Babitsky: Non ha senso discutere su ciò che non può essere raggiunto in linea di principio. E’ chiaro che il Donbass, nella parte che è stata liberata, non potrà mai fare parte dell’Ucraina. Sarà un centro di attrazione per altre regioni ucraine. Un’attrazione non necessariamente territoriale ma, per così dire, spirituale. Per quanto riguarda il fatto che “i russi se ne andranno”: i russi non se ne andranno! Perché i russi vivono qui. Dove possono andare? Anche gli aiuti dalla Russia, credo, non saranno mai sospesi, in nessun caso. La situazione, ovviamente, si evolverà. L’Ucraina si trova sull’orlo del collasso economico, ma anche di quello politico – vediamo che il potere è in gran parte nelle mani della piazza. Il suo sistema politico non corrisponde alla situazione reale. Il presidente è estremamente debole, e non è in grado di controllare le bande che hanno dato fuoco alla televisione di Kiev [la Inter TV], tuttavia ha poteri formalmente enormi. Il Paese è lacerato da queste contraddizioni e difficoltà economiche, al suo interno si è formato un groviglio di forze in competizione per il potere, e mi sembra che proprio il Donbass sia il territorio in cui la stabilità e l’ordine prevalgono. Non senza problemi, ovviamente. Ma credo che le difficoltà di crescita siano fisiologiche. Erano previste nel progetto di costruzione dello Stato da zero. Ho la sensazione che quei territori ucraini, finiti in uno stato di caos, si sentiranno attratti dal modello funzionante dell’ordine e del governo. Per questo, mi sembra che il Donbass sia come un centro di aggregazione, non dell’Ucraina russa, no. Semplicemente dell’Ucraina. Quell’Ucraina che in breve sentirà il bisogno delle normali condizioni di vita umane: quando il governo funziona, quando non si ha paura di camminare per le strade. Credo, visto che la situazione cambia rapidamente, che entro un anno, due, tre, vedremo in Ucraina una situazione del tutto nuova.
News front: Quando, secondo lei, inizieranno questi processi irreversibili in Ucraina? La Russia, l’Unione europea, lo stesso gruppo “Normandia” possono permettersi il lusso di accettare i risultati del referendum del 2014 nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk, dove la gente ha votato esattamente come in Crimea per l’indipendenza da quell’Ucraina, in cui ebbe luogo il colpo di Stato?
Babitsky: Io credo di sì. Questa situazione con il referendum si proietterà su qualche nuovo territorio. Mi sembra che sia la UE che la Russia siano estremamente interessate a che l’Ucraina non si impantani nel caos, e che la guerra fratricida di tutti contro tutti non si espanda su tutto il territorio. Poiché questa è una zona di transito del gas in cui la UE ha un bisogno vitale, e ne avrà ancora per un tempo molto lungo. Qui ci sono anche delle centrali nucleari, e qualche incidente lì può notevolmente rovinare la vita, sia alla UE che alla Russia. Il trattato di Minsk non funziona, ed è finito nella spazzatura, perché il formato “Normandia” è stato distrutto, e quindi l’Ucraina e la Russia dovranno pensare alle nuove condizioni per mantenere un minimo di stabilità in Ucraina. Credo che questo sarà fatto attraverso un ampliamento significativo dei diritti del Donbass. E non solo quelli del Donbass: sappiamo che altri territori, se fossero liberi dal controllo di Kiev, potrebbero andare nella stessa direzione. Per questo mi sembra che l’Ucraina del buon senso, sia russa che ucraina, avrà una nuova possibilità, non dico di prendere il potere nel Paese, ma almeno con l’aiuto della UE e della Russia di cercare di imporre le proprie regole a quella struttura che adesso è al potere.
News front: E’ chiaro che l’Ucraina non è la Cecenia. La Cecenia è una piccola povera repubblica montagnosa. L’Ucraina era una volta un enorme e ricco paese, di 52 milioni di abitanti. E allora potrebbe trovare qui il proprio Akhmad Kadyrov [il governatore ceceno, morto in un attentato nel 2004 ]? L’uomo sul quale scommettere. Non sarà filo-russo. Sarà una persona pro-ucraina di buon senso, in grado di dire: “Sono pronto ad assumermi le mie responsabilità, anche se non per tutta l’Ucraina, ma per gran parte di essa, e la rimetterò in ordine”.
Babitsky: No, io escludo questa possibilità. Solo perché stiamo parlando della Cecenia: è una regione molto compatta, con una sola etnia, anche se i ceceni sono numericamente la terza etnia in Russia. Tuttavia, lì è stato possibile mettere ordine con metodi duri. L’Ucraina è molto varia. E’, per così dire, una federazione fallita. Cioè, le regioni sono molto diverse tra di loro da ovest ad est. Infatti l’attuale caos ucraino col segno meno dà fondamentalmente l’idea di come dovrebbe essere varia un’Ucraina con un segno più. Sono molto diverse le regioni della ex Zaporozhskaya Sech [la repubblica dei cosacchi del Dniepr nei secoli 16°-18°] dall’ex Austro-Ungheria, dalla Piccola Russia, e dalla Nuova Russia. Per questo mi sembra che il federalismo sia una strada inevitabile per l’Ucraina. Io personalmente non credo che Akhmad Kadyrov fosse un politico di successo e senza problemi, per me non è un esempio. Ma, diciamo, le persone di buon senso, forti, intelligenti e influenti, che potrebbero dominare la situazione, saranno nelle regioni, non nella capitale.
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Intervista di Sergey Veselovsky pubblicata su News Front il 6 settembre 2016
Traduzione in italiano a cura di Elena per Sakeritalia.it
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