Nel libro “la mia gioventù nel fuoco” sono raccolti lavori di studenti, futuri giornalisti della facoltà di filologia della Università Nazionale di Donesk. In questi pezzi gli studenti condividono le loro osservazioni sugli eventi accaduti nel Donbass negli ultimi tre anni. Abbiamo deciso di tradurre un capitolo dell’antologia (che vi proponiamo in tre puntate), per permettere anche ai lettori italiani di conoscere “la gente straordinaria del Donbass”. Abbiamo già pubblicato la Prima Parte e la Seconda Parte.
La gente straordinaria del Donbass
di Nikita Makarenkov e Pavel Khanarin (da La mia gioventù nel fuoco, pag. 116)
Bambini della zona del fronte

Donetsk – volontari portano regali ai bambini che vivono sulla linea del fronte
Alla vigilia di Capodanno siamo andati in una delle zone più pericolose della città, una zona molto vicina al fronte, dove ci hanno accompagnato dei volontari.
“Faremo i regali a quasi 40 bambini” – ci ha detto durante una telefonata Anatolij Baeshko, uno degli attivisti.
Abbiamo pensato, com’è possibile trovare bambini in un posto così pericoloso, dove non si dovrebbero trovare nemmeno gli adulti? Ma, com’è venuto fuori più tardi, ce n’erano tanti. Un fotografo, un programmatore, un designer e perfino un canadese trasferitosi a Donetsk si sono riuniti con uno scopo. Con i loro soldi hanno comprato dei regali, proponendoci di consegnarli ai bambini costretti ad abitare vicino all’aeroporto. Accettiamo senza pensarci due volte. Partiamo verso mezzogiorno, di solito a quell’ora non si spara. Anche i bambini si svegliano. Ci accompagna un tassista che conosce bene il posto. Vladimir ci abita fin da piccolo. Come tutti i tassisti parla volentieri.
“Non avrei mai potuto immaginare che la mia casa si sarebbe trovata in mezzo a questa baraonda” – commenta davanti alle rovine che si vedono dalla macchina.
“Ci hanno detto che qui sono rimaste molte famiglie con bambini, è vero?”
“Sì, ce ne sono diverse. Sono tornati pensando che sarebbe stato tutto tranquillo, ma si sbagliavano. Anche i vecchi sono rimasti, ma dove possono andare?”
Seguiamo la macchina dei volontari. La nostra prima fermata è in via Bashkirskaja, a circa un chilometro dall’aeroporto.
“Questa per me è una zona costosa – ci dice l’autista. – E’ pericolosa, e quindi venirci costa di più, ma per voi faccio uno sconto perché fate un’opera buona”.
Scendiamo. La neve scricchiola sotto i piedi. Il portone è tutto crivellato dalle schegge dei proiettili, ma non c’è da stupirsi. Seguiamo Anatolij e i suoi amici. Vicino al portone ci aspetta un uomo. Mentre ci accompagna in casa racconta che per tutta la vita ha costruito questa casa.
“Prima della guerra ho rifinito tutto, ci ho messo tanti sforzi e tanti mezzi” – ci dice. “Abbiamo goduto la casa nuova solo per un anno, poi è cominciata la guerra”.
Entriamo nel soggiorno. C’è un bambino piccolo, che si spaventa vedendo tanta gente, e cerca di scappare. Il padre lo ferma.
“Su, ti hanno portato i regali” – gli dice il padre, e lo prende in braccio.
“C’erano tempi in cui sparavano all’impazzata di notte, tremava tutta la casa. Allora svegliavo mia moglie e ci riparavamo nel corridoio – ricorda il marito premuroso. – Poi ci siamo abituati e non ci alzavamo nemmeno più: mia moglie dormiva e io giocavo col mio tablet”.
Alexandr è arrivato a Donetsk dalla città abkhasa di Tkvarcheli. Allora era la sua patria in guerra. Non avrebbe mai potuto immaginare che una città industriale operosa come Donetsk sarebbe stata coinvolta in un conflitto. Il netturbino crede che la Russia sosterrà le Repubbliche fino alla fine, come la sua Abkhazia.
“Allora Eltsin si rendeva conto che se la Georgia si fosse separata dalla Russia, si sarebbe trovata in ogni caso sotto qualcun altro. E ci sarebbero state basi militari nemiche. Perciò, cercò di regolarizzare i rapporti. Putin da tempo avrebbe ripreso il Donbass, ma teme le sanzioni –esprime il suo punto di vista Alexandr– Ma non ci abbandona nessuno. Immaginate che qui entrerà l’esercito ucraino? Ci saranno delle grosse purghe, ci porteranno via sui convogli e qui manderanno la gente da Lvov, Uzhgorod e le altre città dell’ovest. Per loro è meglio che al confine con la Russia ci sia gente ostile.”
Alexandr ha dei parenti in Ucraina, una parte sostiene le Repubbliche, l’altra gli è ostile.
“Da molto tempo non sento mio fratello a Kiev, lui sostiene il Donbass. Dice che non è giusto che l’esercito ucraino ci spari addosso. Una nostra zia al contrario afferma che siamo noi a sparare. Le ho risposto che abito qui vicino a Putilovka, vicino all’aeroporto, e capisco meglio di lei da dove si spara”.
L’uomo è stanco di spiegare ai suoi parenti, fissati sul Maidan, che cosa realmente succede a Donetsk, ma loro non vogliono sentire.
“Una volta mia zia mi ha detto che è contenta che suo figlio partecipa all’operazione antiterroristica nel Donbass. Ero scioccato, mi arrabbiai moltissimo e le dissi: come lo vuoi seppellire, come si deve o come la nonna (la nonna è stata cremata)? Lei cominciò a strillare e suo figlio le prese il telefono e mi urlò come un pazzo: quando arriverò nel Donbass sarai il primo a essere fucilato!”
Alexandr in risposta l’ha invitato a Donetsk come ospite perché possa sentire di persona chi spara sui civili, l’esercito ucraino o le milizie delle Repubbliche.
“Forse avrebbe capito che vuol partire per andare a uccidere gente pacifica. Ma mi ha interrotto dicendo: No, è pericoloso venire da voi. Allora gli ho chiesto: quindi partire armato correndo il rischio di essere ucciso non è pericoloso, e venire a trovarci lo è? Ha attaccato il telefono. Qualche tempo dopo si è saputo che non è andato da nessuna parte, e adesso lo vogliono nascondere in Russia dalla mobilitazione”.
Un’abitante di Vesiolyj pascola le mucche vicino all’aeroporto.
«L’aeroporto internazionale Prokofiev sospende temporaneamente l’attività» – fu annunciato il 26 maggio 2014. Da allora sono passati due anni. Stiamo per andare da quelle parti, perché gli abitanti di quel posto devono ricordare meglio degli altri i primi giorni di guerra.
Seguiamo il percorso abituale – la via degli Stratonauti. Niente è cambiato qui durante la nostra assenza: le stesse case distrutte, i cumuli di detriti lungo i margini delle strade. C’è un silenzio surreale, da far venire i brividi, non si sentono neanche gli uccelli. All’improvviso avvertiamo un rombo. Ci avviciniamo e vediamo gli operai che falciano l’erba. Molto strano.
“Non avete paura a lavorarci? C’è solo un chilometro dall’aeroporto” – chiediamo.
“Ci siamo abituati, – risponde Alexandr – ci è già capitato, di lavorare sotto i bombardamenti”.

Le mucche di Nadezda Ivanovna nei prati attorno all’ aeroporto di Donetsk
Entriamo nel paesino di Vesioloje. Si trova a un chilometro dall’aeroporto distrutto. Le posizioni ucraine sono molto vicine. Presso un cortile scorgiamo delle mucche. Appartengono a Nadezhda Ivanovna, un’abitante del paese. Non ha mai abbandonato la casa. All’inizio della guerra ha giurato di non abbandonare la propria casa. E’ una pensionata che aveva due mucche: Maia e Rosa, adesso si sono aggiunti due vitellini – Ryzhik e Ciornyj.
“Mi ricordo l’inizio della guerra come se fosse ieri – racconta la donna. – Sono andata insieme a Rosa e Maia a raccogliere l’erba. Sento un rombo. E’ un elicottero. Le mucche sono impazzite e sono corse a casa, io pure, e l’elicottero ha cominciato a sparare, quel bastardo! Allora non potevo pensare che fosse una guerra!”
Era due anni fa, lunedì 26 maggio 2014. Durante l’intera giornata gli abitanti di Donetsk osservavano gli aerei e gli elicotteri sopra la città. Le reti sociali si sono riempite di foto e video dei mezzi militari, e la sparatoria si sentiva nei quartieri cittadini. La stazione ferroviaria fu parzialmente evacuata, i centri commerciali chiusi. L’accesso alla città era limitato e i cittadini erano invitati a non uscire di casa.
“Ho lavorato all’aeroporto per 35 anni, mia figlia ha seguito le mie orme e ha lavorato per 18 anni come controllore di volo, e anche mio nipote. Adesso tutta la famiglia ha perso il lavoro, le mucche sono l’unica nostra salvezza. Vendo il latte, così guadagno qualche copeco. Ma durante i bombardamenti più forti non davano più latte.
Come sono straordinari gli abitanti della zona del fronte di Donetsk! Nonostante i continui bombardamenti continuano le loro attività quotidiane. Tagliano l’erba là dove possono esserci le mine. Dicono che tutto deve essere pulito e in ordine, e per la quinta volta ricostruiscono i loro capanni distrutti.
“In due anni ci siamo abituati a tutto – ammette la donna. – Solo all’inizio ci nascondevamo dalle bombe”.
Notiamo che una delle mucche è ferita sulla coscia e sulla mammella, le fuoriesce perfino il latte.
“L’anno scorso ci siamo trovati per la prima volta sotto un vero bombardamento. Avevo appena portato le mucche nella stalla e non avevo ancora chiuso le porte che era esploso un proiettile” ricorda Nadezhda Ivanovna “Le schegge volano dappertutto, io rimango illesa ma la mucca viene colpita nella coscia e nella mammella. Quanto sangue c’era! La prima cosa che feci fu fasciare la mammella, il latte scorreva a fiumi”.
La donna ha estratto da sola le schegge, dice che era l’unica possibilità.
“Stavo cercando di toglierle una scheggia, e lei mi diede una zampata che mi fece svenire per mezz’ora. Poi mi ripresi ed estrassi sette schegge. Ma il latte gocciola tuttora”.
In lontananza si sentono le esplosioni. Le mucche non reagiscono, mangiano l’erba tagliata, in tutta tranquillità. Nadezhda Ivanovna dice che anche loro si sono abituate alla guerra.
“Circa due settimane fa ci fu una notte terribile, un bombardamento insopportabile. Intorno esplodeva tutto. Le mucche che muggiscono, i cani che ululano, ho passato tutta la notte con loro”.
La donna ci dice che per tutta la guerra non è scesa in cantina quasi mai.
“Abbiamo smesso quando abbiamo saputo quanta gente muore negli scantinati. La casa viene centrata in pieno e la cantina viene seppellita dai detriti, immaginate che morte terribile!”
Vediamo che la gente qui è più numerosa e più allegra. Come si dice, il tempo è il miglior dottore.
“Ci aiutiamo tra di noi, qui siamo tutti per uno e uno per tutti – dice Nadezhda Ivanovna. – Insomma, mano a mano, la vita si aggiusta”.
*****
Brano tratto da Aa. Vv. Iunost’ Moia V Ogne (La Mia Gioventù nel Fuoco)
Traduzione in Italiano a cura di Elena per SakerItalia.it
No comments!
There are no comments yet, but you can be first to comment this article.