Il 2016 ha stabilito un nuovo record per la storia delle esportazioni di Gazprom, la più grande società del gas della Russia: il suo presidente, Aleksej Miller, ha affermato che entro la fine dell’anno Gazprom avrà esportato un totale di 180 miliardi di metri cubi di gas verso paesi non facenti parte della CSI.

Gazprom aveva progettato di esportare solo tra i 166 e i 170 miliardi di metri cubi di gas nel 2016 (nel 2015 ha esportato 158,56 miliardi di metri cubi di gas ai paesi non-CSI).

Ma anche questo nuovo picco non è il limite: gli ultimi calcoli di Gazprom prevedono un ulteriore incremento delle esportazioni nel 2017, e il principale beneficiario sarà l’Unione Europea. I fattori chiave sono, in primo luogo, le condizioni climatiche (questo inverno in Europa promette di essere più rigido rispetto allo scorso anno), e l’aumento della domanda di gas in Europa a cui si è assistito in questi ultimi mesi a causa della produzione interna più bassa dei paesi dell’UE.

I maggiori consumatori di gas russo sono ancora la Germania (47,4 miliardi di metri cubi nel 2015), la Turchia (27 miliardi), l’Italia (24,4 miliardi), la Gran Bretagna (22,5 miliardi), e la Francia (10,5 miliardi), e le esportazioni di gas russo giocano un ruolo molto importante nel garantire la sicurezza energetica dell’Europa sud-orientale: nel 2015 la Bulgaria ha acquistato 3,1 miliardi di metri cubi di gas dalle società che compongono il Gruppo Gazprom, mentre la Grecia ha comprato 2 miliardi di metri cubi, la Serbia – 1,9 miliardi di metri cubi, e la Croazia – 0,6 miliardi di metri cubi.

Il prezzo di mercato per il gas russo ha avuto alcuni colpi di scena interessanti: vale la pena notare che tale cifra è salita con l’aumento dell’offerta, e questo dimostra ancora una volta che la stretta interdipendenza dei consumatori europei e dei fornitori energetici russi non tiene conto delle formule del mercato: la crescita simultanea sia dell’offerta che del prezzo è un fenomeno atipico in un contesto di mercato, tuttavia, dimostra ancora una volta che tutte le mosse volte a “sostituire” il gas russo o “eliminare” la Russia dal mercato del gas dell’UE potrebbero essere dirompenti per il settore energetico europeo.

I tentativi da parte di alcuni paesi di bloccare le forniture di gas russo sembrano particolarmente irrazionali in questo contesto, e ciò vale soprattutto per la Polonia, che si è precipitata alla Corte Europea per appellarsi alla decisione della Commissione Europea di consentire un maggiore accesso della Gazprom al gasdotto OPAL che collega il Nord Stream con la rete per il transito del gas dell’Europa centrale e occidentale.

I media polacchi citano il portavoce ufficiale del Ministero delle Finanze polacco, Joanna Wajda, che nelle sue relazioni afferma che Varsavia ha già chiesto [in Polacco] all’Unione Europea di sospendere l’attuazione della decisione della Commissione europea (CE). La reazione ufficiale della CE a questa proposta è ancora sconosciuta, ma sarà interessante vedere quale sarà.

Il gasdotto OPAL ha una capacità di 36 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ma il regolatore della rete tedesca ha permesso a Gazprom di utilizzare solo il 50% di suddetta capacità, il che significa che non può pompare più di 18 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La Commissione Europea ha stabilito nel mese di ottobre (decisione che dovrebbe entrare in vigore l’1 gennaio 2017) che Gazprom può fare un’offerta per il diritto di pompare altri 7,7-10,2 miliardi di metri cubi di gas attraverso questo gasdotto, utilizzando in tal modo un ulteriore 21-28% della capacità dell’OPAL.

Alla luce di questi sviluppi, è difficile capire la posizione presa dalla Polonia – e di chi è solidale con Varsavia su questo argomento (o che ha chiaramente sollecitato quel paese ad intraprendere tali iniziative) – se non come un deliberato tentativo di mettere a repentaglio la sicurezza energetica dell’Europa, al fine di continuare a far scorrere il gas attraverso l’Ucraina, in modo da non minacciare la sopravvivenza del regime di Kiev che è vicino al fallimento e in disperato bisogno di quelle entrate per sopravvivere. Questo obiettivo politico non prende in esame alcuna considerazione economica razionale.

La Polonia ha iniziato a criticare non solo la Russia e la Commissione Europea, ma anche la Germania riguardo alla questione del transito del gas attraverso l’Ucraina. Il sito di notizie on-line polacco Biznes Alert ha accusato [in Polacco] l’Agenzia Federale delle Reti tedesca (Bundesnetzagentur), che gestisce il funzionamento dei gasdotti, di essere collusa con Gazprom e le aziende tedesche che “commerciano il gas russo che passa attraverso l’OPAL”.

I politici e i media polacchi non mostrano molto ingegno nei loro tentativi di affermare che il sole è in realtà la luna. Tuttavia, se mettiamo su un piatto della bilancia la capacità di esportazione di Gazprom e il quadro reale dei mercati energetici in Europa, e sull’altro mettiamo le beghe politiche sulla questione delle esportazioni di gas attraverso l’Ucraina, è improbabile che i paesi europei agiscano contro i propri interessi, al fine di appoggiare i piani fatti da Varsavia e dai suoi burattinai d’oltreoceano. Dopo tutto, questo potrebbe essere un inverno davvero rigido.

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Articolo di Pëtr Iskenderov pubblicato su Strategic Culture il 27 dicembre 2016.

Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

[Le note in questo formato sono del traduttore]

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