Il salvataggio degli abitanti della capitale cinese da parte di Nikolaj Ignatyev fu di enorme importanza per la storia non solo della Cina, ma dell’intero Estremo Oriente russo.

A metà del XIX secolo, la Dinastia Qing aveva visto giorni migliori: il paese era in preda alla Rivolta dei Taiping, una massiccia ribellione contadina diretta contro la dominazione straniera e la dinastia regnante Manciù. Allo stesso tempo, durante le due Guerre dell’Oppio, la Cina subì enormi pressioni da parte delle potenze occidentali che cercavano di aumentare la loro influenza economica nel Regno di Mezzo.

Le forze meglio armate e addestrate di Gran Bretagna e Francia sconfissero facilmente l’esercito Qing, e all’inizio di ottobre 1860 erano alle porte di Pechino, pronte a devastare la capitale cinese. Fu in questa impresa critica che la città fu salvata dal plenipotenziario russo, il Maggior Generale Nikolaj Ignatyev, ma non solo per il bene dei cinesi.

Modellare l’Estremo Oriente

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Vittime della Seconda Guerra dell’Oppio del 1856-60.

L’inviato russo venne mandato in Cina con una missione quasi impossibile: persuadere da solo i cinesi a rispettare i termini del trattato di divisione territoriale precedentemente firmato con la Russia.

A metà del XIX secolo, approfittando della debolezza del suo vicino meridionale, la Russia aveva notevolmente rafforzato le sue posizioni in Estremo Oriente. Nel 1858, nella città di Aigun, concluse un accordo con i Qing in base al quale definiva il confine tra i due imperi lungo il fiume Amur fino al fiume Ussuri. La questione del confine dall’Ussuri alla costa del Pacifico venne lasciata per una data successiva.

L’Imperatore Yizhu, tuttavia, fece presto marcia indietro sul Trattato di Aigun e retrocesse i funzionari che lo avevano concluso. La linea ufficiale [in russo] era che “la riva sinistra non era stata ceduta al possesso russo”, ma “prestata” per l’insediamento di “poveri russi costretti a vagabondare a causa della scarsità di terra”.

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L’Imperatore Yizhu.

Il governo zarista, intento a trovare una soluzione pacifica, inviò Ignatyev a Pechino. Trascorse quasi un anno nella capitale imperiale tentando inutilmente di raggiungere una demarcazione finale tra i due stati e il riconoscimento dei diritti della Russia sui territori costieri, che di fatto le appartenevano.

Alla fine, il ministro degli Esteri russo Aleksandr Gorchakov propose al suo inviato il seguente piano: prendere contatto con le truppe britanniche e francesi e recarsi con loro a Pechino, dove si sarebbe presentato come mediatore e pacificatore, chiedendo la ratifica del Trattato di Aigun come ricompensa dai Qing.

L’arte della diplomazia

Nel maggio 1860, Ignatyev fece un viaggio segreto dalla capitale cinese al campo francese e britannico a Shanghai, dove conobbe il Barone Jean-Baptiste-Louis Gros e il Conte James Bruce, che erano stati rispettivamente incaricati da Parigi e da Londra, per garantire la sottomissione dei Qing e il diritto di commerciare liberamente l’oppio in Cina.

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Nikolaj Ignatyev.

Inizialmente, i diplomatici erano sospettosi del generale russo, ma egli dissipò rapidamente i loro scrupoli. Ignatyev li fuorviò affermando che tutte le controversie territoriali tra gli imperi russo e cinese erano state risolte, e che era lì solo come pacificatore.

Ignatyev si guadagnò così la fiducia degli alleati, divenendo per loro una preziosa fonte di conoscenza della Cina, da cui attingevano ripetutamente. Fornì loro dati statistici e topografici vitali, dettagli biografici dei funzionari Qing e persino una pianta della città di Pechino.

Inoltre, Ignatyev conquistò i cuori e le menti anche dei cinesi. La missione russa rimase volutamente un po’ indietro rispetto alle truppe britanniche e francesi, assistendo gli abitanti che avevano sofferto per mano dei soldati europei e tenendo incontri con autorità e commercianti locali. “È notevole come i villaggi che si trovano lungo le rive del fiume ci abbiano accolto come liberatori, non appena hanno riconosciuto che la nave era russa, vedendoci come pacifici e solidali con la Cina, e implorando protezione dalla alleati che li derubavano e li distruggevano…” ricorda [in russo] Ignatyev.

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James Bruce.

All’inizio di ottobre 1860, quando le truppe britanniche e francesi raggiunsero Pechino, Ignatyev era rispettato allo stesso modo da entrambe le parti. Il suo aiuto tornò utile nel momento critico.

Salvare la città

Dopo che i negoziati tra gli alleati e i rappresentanti del governo Qing si interruppero, parte della forza di spedizione anglo-francese cadde nelle mani dei cinesi e, dopo prolungate torture, fu giustiziata. Gli europei infuriati si vendicarono catturando e saccheggiando la residenza estiva dell’imperatore, l’Antico Palazzo di Yuanmingyuan, costringendo il suo occupante a fuggire dalla città.

Pechino era a un passo dall’essere saccheggiata su vasta scala quando il fratellastro del monarca e già sovrano di fatto, il Principe Gong, si rivolse a Ignatyev come mediatore. Il generale russo acconsentì, ma impose una serie di condizioni: ratifica del Trattato di Aigun e demarcazione del confine lungo il fiume Ussuri fino alla Corea.

Il saccheggio dell’Antico Palazzo d’Estate.

Dopo aver ricevuto il consenso, Ignatyev fece ogni sforzo per fermare l’offensiva e stabilire un dialogo tra le parti. Convinse [in russo] Gros e Bruce dicendo: “Se cade la Dinastia Qing, con chi firmerete un trattato? Chi vi pagherà le indennità di guerra? Invece, dovrete creare una nuova struttura di potere in Cina e sostenere nuove spese!”

Alla fine, dopo aver acconsentito all’inviato russo, gli inglesi e i francesi si sedettero al tavolo delle trattative. Dopo essersi assicurati dai cinesi ampi privilegi commerciali, inclusa la legalizzazione del commercio dell’oppio, lasciarono la capitale.

In segno di gratitudine per la sua assistenza nella risoluzione della crisi, i cinesi accettarono finalmente di negoziare con Ignatyev. Il 14 novembre 1860 fu conclusa la Convenzione di Pechino (Beijing), in base alla quale la Russia ricevette la proprietà delle terre sulla riva destra dell’Amur dalla foce dell’Ussuri alla riva del Pacifico (a est) e al confine con la Corea (nel sud). “Tutto questo senza spargimento di sangue, esclusivamente attraverso l’abilità, la perseveranza e il sacrificio di sé del nostro inviato…” osservò [in russo] il Governatore della Siberia Orientale Nikolaj Muravyov-Amurskij in una lettera a Gorchakov.

Il documento segnava il confine tra Russia e Cina, che, con alcune modifiche, rimane in vigore ancora oggi.

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Articolo di Boris Egorov pubblicato su Russia Beyond the Headlines il 26 novembre 2021
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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