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Il sito web del canale televisivo russo “Tvzvezda” ha pubblicato una serie di articoli sulla Grande Guerra Patriottica del 1941-1945 dello scrittore Leonid Maslovsky, basati sul suo libro “Russkaya Pravda”, uscito nel 2011.

In questi articoli d’autore, Maslovsky rivela “i miti di un nemico immaginario, la Russia, e gli eventi della Grande Guerra Patriottica che mostrano la grandezza della nostra vittoria”. L’autore dice poi che nei suoi articoli “svelerà l’inutile ruolo tenuto dagli Stati Uniti nei preparativi tedeschi per la guerra contro l’Unione Sovietica”.


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Massacro a Char’kov: come il “brillante leader” Chruščëv uccise migliaia di soldati

L’equilibrio di forze sul fronte Tedesco-Sovietico nel Maggio 1942 era il seguente: l’Armata Rossa aveva 5,1 milioni di soldati (senza contare le forze di difesa aerea e la Marina), quasi 3900 carri armati, 44.900 cannoni e mortai e circa 2200 aerei da combattimento.

L’esercito Nazista aveva 6,2 milioni di soldati, 3229 carri armati e semoventi d’assalto, 57.000 cannoni e mortai e 3395 aerei da combattimento. Si noti che la Germania e i suoi alleati avevano 1 milione e 100.000 soldati e ufficiali in più rispetto alle nostre forze terrestri. La superiorità numerica delle truppe tedesche e alleate rimase in essere dal primo giorno di guerra fino al 1943.

Ma già nell’estate del 1943 il numero di truppe dell’Armata Rossa superava il numero delle truppe tedesche di 1,8 milioni di uomini. E alcune persone dicono che le armate dell’URSS persero più truppe della Germania e dei suoi alleati!

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Nell’estate del 1942 la Germania aveva cannoni e aerei superiori. Avevamo una leggera superiorità in fatto di carri armati, ma i carri leggeri costituivano ancora una gran parte delle nostre unità.

Il raggruppamento più grande di truppe tedesche (più di 70 divisioni) era nell’area di Mosca. L’1 Maggio 1942 sul fronte Tedesco-Sovietico operavano 217 divisioni (circa il doppio delle divisioni delle forze armate Sovietiche) e 20 brigate nemiche, ovvero circa l’80% di tutte le forze terrestri della Germania e dei suoi alleati, assieme a tre delle cinque flotte aeree tedesche. In connessione con questo fatto, lo Stavka [L’alto comando Sovietico, NdT] non spostò le sue truppe dalla direzione ovest verso sudovest.

E qualunque cosa si dica, secondo me, questa fu la decisione migliore, così come quella di piazzare riserve strategiche nelle aree di Tula, Voronež, Stalingrado e Saratov.

La maggior parte della nostra energia e delle risorse era concentrata ad ovest e sudovest. In fin dei conti, una tale distribuzione di forze condusse alla sconfitta della Germania, o piuttosto dell’esercito europeo, e perciò è inappropriato parlare di errata distribuzione delle nostre truppe nell’estate del 1942. Fu grazie a questa distribuzione di truppe che ottenemmo l’opportunità a Novembre di radunare forze sufficienti per sconfiggere il nemico a Stalingrado e riuscire a rifornire le nostre truppe durante le battaglie difensive.

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Mentre i Tedeschi erano impegnati a Kerč’, il comandante del Fronte Sudoccidentale, Semën Timošenko, arrivò allo Stavka con una proposta per condurre un’importante offensiva a Char’kov, e inviò un piano d’operazioni. Semën Timošenko e Nikita Chruščëv insistettero sull’esecuzione del piano. Stalin accettò di condurre operazioni con forze del Fronte Sudoccidentale, coinvolgendo truppe del Fronte Meridionale. In questo caso, la nostra intelligence svolse ancora una volta male il suo lavoro, e Timošenko non sapeva che i Tedeschi, il 18 Maggio, avevano preparato l'”Operazione Fridericus-1″ per eliminare il saliente di Barvenkovskij, così da poter utilizzare l’area per concentrare le truppe per il futuro attacco ad est.

Sperando in un bilancio di forze e mezzi alla pari, che era in essere all’inizio dell’offensiva, le nostre truppe finirono nel fitto dell’imminente offensiva estiva delle armate tedesche. Alla consegna del rapporto dello Stato Maggiore Generale il 17 Maggio 1942, Stalin propose di fermare l’offensiva a causa dell’impatto dei Tedeschi da sud. Timošenko e Chruščëv assicurarono che la situazione a sud sarebbe tornata presto alla normalità. Il 18 Maggio Stalin parlò di nuovo con Timošenko e ricevette di nuovo blande rassicurazioni.

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Solo la sera del 18 Maggio Timošenko e Chruščëv diedero l’allarme e cominciarono a chiedere la cessazione dell’offensiva. Stalin era oltraggiato. Chiesero la fine dell’offensiva per gli stessi motivi per i quali Stalin li aveva avvisati. Fino a quel momento avevano obiettato e continuato l’attacco, e la sera del 18 Maggio cominciarono a far loro le parole di Stalin. Dopo alcune ore, Stalin diede il permesso per la cessazione dell’offensiva su Char’kov, capendo che era troppo tardi.

Il 19 Maggio il gruppo d’assalto delle nostre truppe che avanzavano su Char’kov venne fermato da Timošenko. Come risultato dell’irresponsabile offensiva, le tre armate dei fronti Meridionale e Sudoccidentale subirono gravi perdite. Le truppe d’assalto del Fronte Sudoccidentale vennero circondate. Le forze della 32a Armata salvarono 22.000 soldati dall’accerchiamento. Parte dei soldati e degli ufficiali riuscì a rompere l’accerchiamento in piccoli gruppi e a rifugiarsi sulla riva orientale del Severskij Donec.

Timošenko e Chruščëv avrebbero dovuto essere processati, ma se la cavarono con poco. Stalin si prese la colpa perché era stato lui a permettere che cominciasse l’attacco a Char’kov.

A metà Giugno il Fronte Sudoccidentale, sotto i colpi delle truppe tedesche, fu costretto a ritirarsi due volte oltre il Fiume Oskol. La Seconda Battaglia di Char’kov durò dal 12 al 29 Maggio 1942. La sconfitta a Char’kov, e poi in Crimea, dimostrò che nell’estate del 1942 i Tedeschi erano diventati ancora una volta più forti di noi.

Come risultato, non facemmo sloggiare i Tedeschi da Char’kov, i Tedeschi ci spinsero via dal saliente di Barvenkovskij, e perdemmo un’importante testa di ponte operativa sul Severskij Donec. Le truppe dei fronti Sudoccidentale e Meridionale subirono gravi perdite umane e d’equipaggiamento. I nostri storici non analizzano questi eventi, e scrivono che, secondo il comando militare tedesco, nelle battaglie di Char’kov i Tedeschi catturarono 240.000 prigionieri.

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Le analisi mostrano che il comando tedesco durante tutta la guerra non disse mai la verità sul numero dei nostri prigionieri che vennero catturati. E se gli credete, allora nel 1941 i Tedeschi catturarono tutti gli ufficiali e i soldati dell’Armata Rossa. In realtà, il nostro esercito riuscì a distruggere le divisioni e armate fresche tedesche che andavano e venivano dall’Europa. L’Inghilterra e gli Stati Uniti osservarono con calma come sanguinavamo nel combattimento. A loro favore c’era il fatto che i Tedeschi non sparsero meno sangue di noi, e il 19 Novembre 1942 ne sparsero più di noi.

Il numero dei nostri soldati e ufficiali catturati a Char’kov viene esagerato di molto. I Tedeschi in realtà non indicano il numero di prigionieri presi, e i loro calcoli esagerarono il numero iniziale dell’organico delle nostre armate che avanzavano su Char’kov. Qui la 6a Armata e la task force del Fronte Sudoccidentale, che arrivavano dal saliente di Barvenkovskij, e anche l’attacco secondario a Char’kov della 28a Armata proveniente da Vovčansk, sferrarono il colpo principale. I Tedeschi includettero nel numero dei prigionieri anche i soldati della 9a Armata del Fronte Meridionale che tenevano posizioni difensive contro gli attacchi da sud, vicino a dove si trovava sulla difensiva la 57a Armata.

I dati tedeschi non sono veri, prima di tutto perché non tutte, ma solo parte delle forze delle tre armate venne circondata (secondo Vasilevskij e i nostri storici vennero tutte circondate dalle truppe d’assalto); secondo, le nostre truppe dopo l’attacco tedesco combatterono per quasi due settimane feroci battaglie ed ebbero grosse perdite; terzo, alcuni dei nostri soldati uscirono dall’accerchiamento e perciò il numero dei prigionieri presi dai Tedeschi non può essere superiore a 20.000 uomini. Centinaia di migliaia di persone catturate è un numero troppo elevato.

Penso che assieme ai morti abbiamo perso circa 80.000 soldati in questa battaglia. Dobbiamo ricordare che all’epoca il nostro esercito aveva un organico di molto inferiore (spesso quasi il doppio) di quanto autorizzato. Secondo la mia opinione, indipendentemente da se avessimo mantenuto la difesa del saliente di Barvenkovsky o, come accadde, avessimo cominciato l’offensiva di Char’kov, saremmo crollati e avremmo ceduto il passo, perché le nostre truppe, esauste per via del combattimento nell’offensiva che liberò centinaia di migliaia di metri quadrati di terra nativa, avevano bisogno di riposo e di rincalzi di uomini, munizioni ed equipaggiamento. Dopo aver perso la Seconda Battaglia di Char’kov, perdemmo la testa di ponte sul Severskij Donec – il saliente di Barvenkovskij.

Il Comando Supremo aveva bisogno di riserve più grandi per pianificare operazioni offensive. Perciò, lo Stato Maggiore Generale non pianificò alcuna operazione offensiva importante nell’estate del 1942. Ma contro le forze tedesche, che superavano l’Armata Rossa di 1,1 milioni di uomini, non potevamo rimanere in difesa a lungo sulla direttiva dell’attacco principale, e fummo costretti a ritirarci sotto la minaccia di accerchiamento.

Era impossibile compensare le tare numeriche col numero di artiglieria, aerei e altre armi, dato che le operazioni di evacuazione avevano appena cominciato ad operare a piena capacità, e l’industria militare europea era superiore all’industria militare dell’Unione Sovietica.

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E la minaccia d’accerchiamento era reale. “Il 28 Giugno il gruppo di forze Naziste del Colonnello Generale von Weichs partì all’offensiva dalle aree ad est di Kursk. Il comando Nazista contava su questo attacco e sulle offensive da Vovčansk a Voronež per circondare e distruggere le truppe del Fronte di Brjansk, coprendo la direttrice per Voronež, e poi rivolgersi verso sud, con un assalto aggiuntivo nei pressi di Slavjansk, per distruggere le truppe dei fronti Sudoccidentale e Meridionale, e per aprire la strada verso il Volga e il Caucaso settentrionale”, scrive Aleksandr Vasilevskij.

I comandanti di questi fronti erano, rispettivamente, Filipp Golikov, Semën Timošenko e Rodion Malinovskij. In seguito il Fronte di Brjansk venne diviso in due: Fronte di Brjansk e Fronte di Voronež. Il 14/07/1942 il Tenente Generale Nikolaj Vatutin venne nominato al comando del Fronte di Voronež.

Durante la decisione sulla scelta del comandante di fronte, Vatutin lavorava come Vicecapo dello Stato Maggiore Generale. Stalin avrebbe assegnato il posto di comandante del Fronte di Voronež a tutti i candidati che si sarebbero offerti a Vasilevskij, insieme a Vatutin. “All’improvviso Nikolaj Fëdorovič si alzò (scrive il Capo dello Stato Maggiore Generale Aleksandr Vasilevskij) e disse:

“Compagno Stalin! Nomini me comandante del Fronte di Voronež”.

“Tu?” E Stalin alzò le sopracciglia.

Io supportai Vatutin, anche se mi dispiacque lasciarlo andare dallo Stato Maggiore Generale.

Stalin fece una pausa, mi guardò e disse:

“Va bene. Se il compagno Vasilevskij è d’accordo con te, non mi dispiace”.

E così Nikolaj Vatutin divenne il comandante del Fronte di Voronež, poi Fronte Sudoccidentale, che, subordinato alla forza principale delle nostre truppe, sconfisse i Tedeschi a Stalingrado.

Il problema della distruzione dei tre fronti venne affidato al Gruppo d’Armate “Sud” tedesco, che poi venne diviso in due gruppi d’armate: Il “B”, sotto il comando del Feldmaresciallo Fedor von Bock, e l'”A” – sotto il comando del Feldmaresciallo Wilhelm List. Si erano distinti per le loro atrocità in Jugoslavia e Grecia.

Lo Stavka, visto che era necessario, rinforzò le truppe di questi fronti, e a causa di ciò, così come delle abili azioni dello Stato Maggiore Generale e delle truppe Sovietiche, i Tedeschi non riuscirono a raggiungere l’obiettivo di accerchiare e distruggere le divisioni, i corpi e le armate dei nostri fronti. Le nostre truppe partirono verso est sotto pesanti combattimenti.

Ecco come Konstantin Rokossovskij, nominato comandante della 16a Armata del Fronte di Brjansk, descrive una delle battaglie in direzione di Voronež il 5 Luglio 1942: “Nel territorio dove stava combattendo la 5a Armata Corazzata, la situazione stava deteriorandosi: il nemico continuava ad avanzare. Era urgentemente necessario far arrivare nuove forze. Decidemmo di far avanzare la linea del fronte col 7° Corpo Corazzato di riserva al comando di Pavel Rotmistrov.

In un posto d’osservazione nell’area dove gli eventi si stavano svolgendo, si poteva vedere l’intero corso della battaglia. Contribuiva a ciò il terreno piatto e sgombro. Il combattimento nemico con le nostre unità che stavano andando via e quelle che stavano spingendo sul loro avversario era chiaramente visibile. Si potevano vedere i carri nemici in piccoli gruppi su un ampio fronte, che sparavano un fuoco intervallato con i cannoni.

La fanteria tedesca si muoveva dietro di essi, abbassandosi di tanto in tanto e sparando un continuo fuoco automatico. In lontananza, sull’orizzonte, attraverso le dense nubi di polvere, si poteva osservare il movimento di nuove colonne di carri e altri veicoli.

La nostra artiglieria anticarro colpì in modo piuttosto preciso i carri in avanzata del nemico. Quando possibile cambiava posizione e apriva immediatamente il fuoco, rallentando l’avanzata nemica e coprendo la nostra fanteria in partenza, che rispondeva anch’essa con fuoco di mitragliatrice e mortai. Ma era ovvio che, entrando in battaglia con la sua forza principale, che si stava avvicinando da lontano, il nemico avrebbe facilmente distrutto le nostre unità.

Comunque, in quel momento arrivò parte del 7° Corpo Corazzato. Davanti ai nostri occhi, il corpo si girò e marciò risolutamente verso le principali forze corazzate del nemico, colpendole con tutte le nostre batterie, incluse quelle dei corpi corazzati e d’artiglieria. Particolarmente efficaci furono le scariche dei “Katjuša”.

Il campo di battaglia venne coperto da nuvole di polvere. Attraverso di esse scintillava un fioco lampeggiare di colpi d’arma da fuoco ed esplosioni di proietti. In molti luoghi si innalzavano colonne di fumo nero dai veicoli nemici in fiamme. La nostra fanteria si radunò e, assieme ai carri, caricò il nemico. Il nemico non poté resistere a questo feroce e rapido attacco. Dopo pesanti perdite, si ritirò.

Gli aerei nemici, eccetto per alcuni apparecchi, non parteciparono quasi al combattimento. Né lo fecero i nostri aerei. Tutti i nostri tentativi per progredire in quest’area non produssero risultati. Ma l’offensiva venne respinta. In queste battaglie venne ucciso il comandante della 5a Armata Corazzata, il Generale Lizjukov (i generali delle unità corazzate e dell’aviazione andavano all’attacco con i loro uomini). Si stava muovendo nella formazione da combattimento di uno degli assalti. Per ispirare i carristi, il generale caricò col suo carro KV, accorse contro uno schieramento dell’avversario e perse la vita”. I Tedeschi stavano avanzando rapidamente, cosa che venne facilitata dalla superiorità numerica e dalle condizioni naturali della regione.

Il 6 Luglio 1942 cominciarono combattimenti strada per strada per conquistare Voronež, dove le truppe Sovietiche tenevano la parte sinistra della città e la testa di ponte della parte destra. Gli occupanti Nazisti avevano cacciato tutta la popolazione civile dalle parti catturate di Voronež e uccisero oltre 2000 persone, che furono giustiziate a Piščane, alla periferia della città, e più di 500 feriti e malati che si trovavano nell’ospedale cittadino.

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Articolo pubblicato da FortRuss l’8 Aprile 2016
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.it

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