Il discorso del Presidente Putin sullo stato della nazione [in inglese], a Mosca questa settimana, è stato straordinario. Pur essendo fortemente incentrato sullo sviluppo sociale ed economico nazionale, Putin ha messo in risalto, prevedibilmente, la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dal Trattato INF, e ha chiaramente delineato le linee rosse in merito alle possibili conseguenze della mossa.

Sarebbe ingenuo credere che non ci sarà una contromossa seria alla possibilità che gli Stati Uniti dispieghino lanciatori “adatti all’uso dei missili Tomahawk” in Polonia e Romania, a soli 12 minuti di volo dal territorio russo.

Putin ha tagliato corto: “Questa è una minaccia molto seria per noi. In questo caso, saremo costretti, voglio sottolinearlo, costretti a prendere delle contromisure”.

Più tardi, quella notte, molte ore dopo il suo discorso, Putin ha descritto le azioni degli Stati Uniti, ancora una volta, come una minaccia.

“Oggi è in corso un duro confronto ideologico simile a quello in corso durante la Guerra Fredda? No. Sicuramente abbiamo lamentele reciproche, approcci conflittuali verso alcune questioni, ma non è una ragione per far aggravare le cose fino ad una situazione di stallo a livello della crisi caraibica dei primi anni ‘60”.

Si trattava di un riferimento diretto alla Crisi dei Missili di Cuba del 1962, quando il presidente Kennedy si scontrò col sovietico Nikita Khrushchev sui missili dispiegati nei pressi del continente americano.

Il Ministero della Difesa russo, nel frattempo, ha assicurato con discrezione che linea diretta con il Pentagono è utilizzata come previsto, ogni settimana, e che il dialogo bilaterale sta “funzionando”.

Parallelamente, procedono anche i test di armi russe all’avanguardia, come il missile balistico intercontinentale Sarmat e l’ipersonico Khinzal, oltre alla produzione di massa dell’ipersonico Avangard. Il primo reggimento delle Forze Strategiche Missilistiche russe avrà l’Avangard entro la fine di quest’anno.

E poi c’è lo Zircon [in inglese], un missile ipersonico capace di raggiungere i centri di comando degli Stati Uniti in soli cinque minuti – lasciando esposta l’intera gamma di risorse militari della NATO.

Ciò che Putin intendeva nel suo discorso, sulla Russia che prende di mira i “centri del processo decisionale” era fondamentalmente collegato alla NATO, non al continente americano.

E ancora una volta, è fondamentale sottolineare che nessuno di questi sviluppi inquietanti significa che la Russia si impegnerà in un attacco preventivo contro lo spiegamento di missili statunitensi nell’Europa orientale. Putin è fermamente convinto che non ce n’è bisogno. Inoltre, la dottrina nucleare russa proibisce qualsiasi tipo di attacco preventivo, per non parlare di primo attacco nucleare.

La Casa del Sole (Nucleare) che Sorge

Per capire questo nuovo paradigma, ho fatto una lunga camminata per il quartiere Zamoskvorechye – “oltre il Fiume Moscova” – fermandomi sulla via del ritorno davanti alla Biblioteca di Stato russa per rendere omaggio al Gran Maestro Dostoevskij. E poi ebbi un’illuminazione; tutto ciò era interamente collegato a quello che era successo il giorno prima.

Il giorno prima del discorso sullo stato dell’unione di Putin, ero andato a visitare Aleksandr Dugin nel suo ufficio nel delizioso edificio sovietico in stile liberty dell’ex Ufficio Postale Centrale. Dugin, un analista politico e stratega con una mente filosofica raffinata, viene diffamato a Washington come l’ideologo di Putin. È stato anche preso di mira dalle sanzioni statunitensi.

Sono stato accolto nella hall dalla sua talentuosa figlia Darija, attiva in tutto, dalla filosofia alla musica alla geopolitica. Dugin era stato intervistato dal corrispondente della RAI Sergio Paini. Dopo la conclusione, ci siamo subito impegnati in una discussione sul populismo, su Salvini, sulla politica italiana e sui Gilet Gialli, in italiano. (Dugin parla fluentemente molte lingue).

Poi abbiamo raccolto quello che ci eravamo lasciati alle spalle, quando ero a Mosca lo scorso dicembre e ho parlato a lungo con Darija. Dugin era a Shanghai per un corso di relazioni internazionali all’Università Fudan (si veda qui e qui), e tenere lezioni alle università Tsinghua e di Pechino. Tornò molto impressionato dall’interesse del mondo cinese per il populismo, oltre che per il filosofo tedesco Martin Heidegger e i Gilet Gialli, nonché per i percorsi in evoluzione del partenariato strategico tra Russia e Cina.

Il dibattito sull’Eurasia

Quindi inevitabilmente abbiamo approfondito l’eurasiatismo e le strategie per l’integrazione eurasiatica. Dugin vede la Cina applicare una sorta di prospettiva di Spykman remixata alla componente “Via” dell’Iniziativa della Via e della Cintura” (BRI), che è marittima, lungo il rimland. Privilegia la componente “Cintura”, che è via terra, con uno dei principali corridoi che attraversano la Russia attraverso la ferrovia Transiberiana potenziata. Tendo a vederlo come un mix tra Halford Mackinder, il famoso accademico inglese, e l’influente scienziato politico americano Nicholas John Spykman; la Cina avanza verso ovest, sia sull’heartland che sul rimland.

L’ufficio di Dugin ha l’atmosfera di un think tank. Stavo cercando di informarlo su come il Brasile – sotto la “leadership” di Steve Bannon, che cammina e parla come se gestisse il clan presidenziale di Bolsonaro – sia stato trascinato in prima linea dagli Stati Uniti per contrastare la scacchiera dell’integrazione euroasiatica. All’improvviso, entra nientemeno che Alastair Crooke [in inglese]. Caso o sincronicità?

Alastair, con il suo consumato talento diplomatico, è, naturalmente, uno dei massimi esperti mondiali in Medio Oriente e in Europa – e molto altro. È a Mosca come ospite di una delle famose discussioni del Valdai Club sul Medio Oriente [in inglese], insieme a figure chiave della Siria e dell’Iran.

Presto tutti e tre ci siamo impegnati in una coinvolgente conversazione sull’anima dell’Islam, la purezza del Sufismo, i Fratelli Musulmani (quei favolosi amici della macchina dei Clinton), le vere intenzioni del Presidente Erdogan e dei qatarioti, e la sterilità – intellettuale e spirituale – della Dinastia Saudita Wahhabita e degli Emirati.

Siamo tendenzialmente d’accordo sul fatto che discussioni come questa, in corso a Mosca – e a Teheran, Istanbul, Shanghai – trarrebbero grande vantaggio dalla presenza di uno Steve Bannon progressista, capace di organizzare e promuovere un dibattito non ideologico sul multipolarismo.

Un giorno prima del duro monito di Putin contro ogni passo verso l’Armageddon nucleare, abbiamo discusso anche del mondo post-INF, ma con enfasi sull’integrazione eurasiatica post-Mackinder (e post-Brzezinski). E questo include le élite intellettuali russe e cinesi, che sanno che non possono permettersi di essere isolate dall’iperpotenza americana.

Ho accompagnato Alastair fino al suo hotel, oltre un Bolshoi illuminato in modo glorioso. Continuai a camminare, e mentre la Lubjanka scompariva alla vista, un artista di strada sul marciapiede suonava la versione degli Animals di “The House of the Rising Sun”. In russo.

Si spera che non preveda un sole nucleare che sorge.

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su The Saker il 23 febbraio 2019
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

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