Da qualche parte dev’essere successo qualcosa, per attirare tanta attenzione degli analisti statunitensi sulle minacce alla sopravvivenza stessa degli Stati Uniti nel caso la Russia dovesse utilizzare i suoi nuovi sistemi di armamenti.

Siamo sinceri: la Russia è più debole dell’America. Non prendiamo nemmeno in considerazione l’economia, dove la differenza, ahimè, è di qualche ordine di grandezza. Guardiamo gli aspetti puramente militari, eliminando, per migliorare la comprensione, il “grande livellatore” – le armi nucleari.

Il potenziale militare e di combattimento delle parti in conflitto si calcola, in generale, rapidamente e senza difficoltà.

Il potenziale di mobilitazione si basa sulla dimensione della popolazione, secondo cui gli Stati Uniti, con 300 milioni di abitanti, ci superano due volte, e insieme all’Europa come alleato NATO e a Giappone-Corea-Australia come alleati per la vita, nove o dieci volte: ci sono circa 1 miliardo e 250 milioni di persone dalla loro parte.

Anche il loro vantaggio in truppe e armamenti convenzionali è significativo. Non travolgente, ma di circa tre volte. Nella flotta è di un ordine di grandezza.

L’infrastruttura. Il nostro esercito è in gran parte stanziato entro i confini nazionali. Loro invece hanno schierato una rete planetaria di basi militari, oltre tutto molto ravvicinate ai nostri confini. Solo un esempio: i nostri Tu-95 strategici (60 unità) e Tu-160 (16 unità) non sarebbero sufficienti nemmeno per i 100 aeroporti statunitensi e degli alleati, se dovessero avere il compito di effettuare un bombardamento sulle basi nemiche.

Da qui segue il vantaggio dell’avere accesso al territorio del nemico. Ad essere ancora una volta sinceri, è necessario riconoscerlo immediatamente: le nostre flotte non lasceranno le acque adiacenti. La Flotta del Nord sarà distrutta al largo dell’isola di Jan Mayen e certamente non supererà tutti quegli stretti danesi e le Isole Faroer. La flotta del Pacifico non uscirà dal Mar del Giappone, e se qualche (unico) sottomarino fuoriuscisse dalla baia di Avacha in Kamchatka, non combinerebbe lo stesso un granché senza missili nucleari a bordo.

in questo senso le potenzialità americane sorpassano le nostre non in misura aritmetica o geometrica, ma all’infinito. Murmansk si trova a due passi dalla Norvegia, membro della NATO, Pietroburgo dall’Estonia, anche essa membro della NATO, l’Estremo Oriente potrebbe essere facilmente bloccato dalla Settima Fflotta ed è neutralizzato dai territori di Corea, Giappone (per quanto Tokio blateri a proposito del suo stato di neutralità) e (un po’) con Guam. Dalla Romania i missili da crociera “Tomhawk” possono arrivare a Mosca.

In una parola, per non costruire ulteriormente un cavallo sferico nel vuoto di un mondo libero dal nucleare, completiamo semplicemente questa triste rassegna con un brindisi in onore delle armi nucleari russe [Espressione scherzosa che rimanda al modo di presentare i problemi in fisica, quando si cerca di semplificare un problema; ora si è diffusa anche nel linguaggio parlato in Russia quando si vuole sottolineare qualcosa di paradossale e assurdo].

Il problema del primo e dell’ultimo colpo

Grazie alle armi nucleari, possiamo dormire in pace. Il principio della dottrina della difesa russa è: se in caso di conflitto con armi convenzionali le cose cominciano a trasformarsi in vere minacce alla sua esistenza, la Russia utilizzerà le armi nucleari. E quindi loro, i nemici cioè, semplicemente creperanno, come ha detto il nostro presidente.

Tuttavia, c’è un problema. I nemici – guarda caso – vogliono vivere. Quindi, rivolgono le loro cattive intenzioni principalmente alle armi nucleari, e hanno persino sviluppato il concetto di attacco preventivo globale non nucleare istantaneo, che farebbe fuori una parte significativa dei lanciamissili russi, basi missilistiche in generale, nonché qualche bunker di controllo e comando, qualche magazzino, e in generale tutto ciò che è necessario per prevenire un attacco nucleare di ritorsione. E per distruggere ciò che rimane sarà necessario il sistema di difesa missilistico. Per questo gli Stati Uniti si sono tirati fuori dal trattato sulla difesa missilistica.

Ora stanno spudoratamente infrangendo il trattato sui missili a medio raggio (INF). Qualcuno ha ancora qualche illusione sul perché venga fatto tutto ciò? Sì, per via della Cina. Ma la Cina non pone una minaccia esistenziale e di civiltà agli Stati Uniti. E’ la Russia la vera minaccia. In tutto il suo splendore. Così la pensano negli Stati Uniti.

Quindi la Russia – sempre da un punto di vista puramente militare – avrebbe due problemi fondamentali, naturalmente se si fosse arrivati, o almeno avvicinati, a una vera guerra calda. Il primo: eliminare la possibilità di infliggere danni significativi col primo attacco americano. Il secondo: escludere la sopravvivenza degli Stati Uniti dopo il loro primo attacco.

No, niente atrocità e nemmeno vendetta, per carità, soltanto un mero calcolo: strangolare la bestia nella sua tana, in modo che non possa infliggere un secondo colpo. È anche nell’interesse dell’umanità: bisogna lasciare abbastanza persone sul pianeta in modo che possano continuare la civiltà.

Tutto questo è una lunga introduzione per una breve frase: per questo servono gli apparecchi automatici sottomarini Poseidon. Sì, per salvare la civiltà.

Cosa può fare il Poseidon?

Recentemente abbiamo parlato della prima garanzia di sopravvivenza umana: il sistema missilistico balistico Sarmat riduce umanamente la parte industrializzata degli Stati Uniti, dopo di che la parte superstite della popolazione statunitense trasforma le fantasie dell’Hollywood “post-apocalittico” in pratica economica nazionale. E così facendo, cessa di essere un fastidio per l’umanità, come quando imponeva i “valori democratici” con uno stivale da ranger sulla gola.

Tuttavia, il noto esperto militare Alexei Leonkov, che ha ricordato questa arma piuttosto caritatevole, ha ricordato in parallelo anche delle armi a prima vista estremamente inumane – i droni sottomarini russi Poseidon. Secondo lo specialista, “l’80% della popolazione degli Stati Uniti vive prevalentemente sulle coste occidentali e orientali, dove si trovano le aree più densamente popolate del paese”.

Se, per qualche ragione, delle cariche nucleari da duecento megatoni venissero fatte detonare nell’oceano vicino a queste coste, le conseguenze dello scoppio sarebbero semplicemente catastrofiche.

Beh, 200 megatoni provocano veramente un disastro, anche se fatti esplodere in Antartide. Un tempo, in Unione Sovietica, fu testata una bomba da 50 megatoni. La sua “sorellina” è ancora conservata, in forma di modellino, nel museo di Sarov, dove nel 1961 fu creata la “Bomba-Zar”.

Allora la sola palla di fuoco della sua esplosione raggiunse un diametro di quasi 10 km. Il fungo nucleare salì a 67 chilometri e l’onda d’urto fece tre volte il giro del mondo. E visto che la dottrina ideologica dell’epoca era l’ateismo scientifico, gli autori del cosiddetto “articolo AN602” [nome tecnico della bomba] lodarono il Partito comunista e personalmente il suo leader Nikita Sergeyevich [Krushchev] perché non gli diedero il via libera all’esplosione dei 101,5 megatoni originariamente previsti…

Naturalmente le supposizioni sui circa 200 Mt si basano sulla fuga di notizie che i Poseidon potranno facilmente essere caricati di 100 Mt per portarli allegramente verso le frontiere di quel Nuovo Mondo che tre quarti dell’umanità vorrebbero di nuovo richiudere.

Saranno ben in grado di trasportare questo carico: il veicolo sottomarino, immergendosi a 1000 metri e muovendosi sott’acqua alla velocità di 56 nodi, non viene intercettato dai mezzi disponibili dal nemico. E un raggio d’azione di 10 mila chilometri consente ai marinai russi di distruggere la base della flotta statunitense a San Diego, senza distogliere lo sguardo dalla foschia sulla collina di Avachinskaya, e continuando a sorseggiare una tazza di caffè.

Poi buona parte dei commentatori fanno a gara a descrivere con più fantasia quel che lo tsunami sorto a seguito di un’esplosione simile produrrà in America.

Possiamo capire: la gente era ancora sotto l’impressione della presentazione del manufatto dal nome di “Status-6“, che la telecamera casualmente ha sbirciato alle spalle di un generale durante la riunione col presidente sulle questioni di sicurezza nazionale. Tutti capiscono che sarebbe ridicolo parlare di una casualità durante un evento simile, e quindi gli autori dei commenti sono rimasti molto colpiti da ciò che è stato detto:

“Colpire gli oggetti importanti dell’economia nemica nell’area costiera e arrecare danni inaccettabili e garantiti al territorio del paese creando in queste aree zone di estesa contaminazione radioattiva inadatte per attività militari, economiche e di altro tipo per molto tempo”.

Non c’è dubbio: la stragrande maggioranza degli abitanti della Terra guarderà affascinata uno spettacolo con tali risultati, astenendosi dagli applausi solo per non perdere i dettagli – la Casa Bianca o una strada di New York spazzate via da un’onda. Però dobbiamo ammettere onestamente: ciò non sarà né umano né selettivo. Sarà la soluzione finale della questione americana proprio nella modalità “e loro creperanno”. In altre parole, questa è l’ultima arma dell’ultima ora del giorno del giudizio, quando tutto sia già perduto e rimanga solo l’ultima consolazione dell’anima russa: morendo trascinare con sé all’altro mondo più nemici possibile.

No, è solo l’ultimo deterrente

Ma chi ha creato e, ancor più, chi ha preso la decisione di creare tali costosissime armi, veniva ispirato da consimili romantiche considerazioni? È più che dubbio.

Perché allora le hanno create? La risposta è nelle proprietà e caratteristiche del Poseidon.

Cosa vediamo in questo dispositivo? Primo, la sua capacità distruttiva. Uno, cento, o duecento megatoni – non ha importanza. Fondamentalmente, è il vettore di una testata nucleare, pertanto è un’arma destinata a un conflitto nucleare o alla trasformazione di un conflitto convenzionale in uno nucleare.

Secondo: le sue – per così dire – proprietà di trasporto. Il Poseidon trasporta il carico sott’acqua, e quindi verso obiettivi legati alle forze navali, dagli ormeggi ai cantieri navali.

Terzo: il Poseidon non è esposto alle minacce che la difesa missilistica presenta per i missili balistici intercontinentali. E alla luce della differenza del potenziale militare con i nostri nemici, non è esposto ai pericoli di un primo attacco disarmante. E nemmeno la moderna difesa anti-sottomarino può fargli nulla.

Da qui seguono i due compiti principali del Poseidon.

Il primo è la distruzione delle basi e dei gruppi navali del nemico, quelli che possono scatenare il primo attacco anche non nucleare sugli obiettivi strategici della Russia. Anche 100 chilotoni sotto il gruppo di attacco – e quelli non sparano più da nessuna parte, e possono correre solo verso il fondale. Per questo, il drone sottomarino non ha nemmeno bisogno di autodistruggersi: chi ha detto che non può trasportare un paio di siluri con munizioni speciali?

I bersagli poi non sono tantissimi: secondo gli esperti, ci sono solo 32 basi navali in tutto il mondo che dovranno essere distrutte subito dopo il primo attacco contro di noi. Una coincidenza curiosa, in proposito: la profondità del canyon sottomarino presso la base principale della US Navy a Norfolk è esattamente di 1000 metri…

Il secondo compito è costituire una minaccia vitale che non può essere eliminata dal nemico in caso di un vero conflitto nucleare. I media russi e stranieri hanno pubblicato molti materiali sul sistema Perimetr, conosciuto anche col nome più romantico di “Mano del Morto“. E’ un sistema automatico di bombardamenti nucleari del nemico, anche se questo è riuscito a danneggiare in modo irreparabile la dirigenza militare e statale russa. Cioè, in ogni caso non ci sarà nessuna vittoria per il nemico, in nessuna circostanza: noi andiamo in Paradiso e loro semplicemente creperanno.

Tuttavia, è chiaro che sulla Terra ci sono minacce al funzionamento sicuro del sistema. Un attacco nucleare è un attacco nucleare, potrebbe anche non funzionare qualcosa. Ma sott’acqua non ci sono tali minacce. Vai a trovare un drone negli oceani. E se improvvisamente lo trovi sul fondo vicino a Norfolk? Lo colpisci con un siluro nucleare? Peggio per te!

Quando tutto questo diventa chiaro, cominciamo allora a capire che nel caso del Poseidon sia i suoi ideatori sia il governo della Russia che ne ha autorizzato la creazione sono rimasti fedeli all’umanesimo. Infatti, tali dispositivi sono semplicemente un analogo di un braccialetto elettronico ai piedi di un condannato. Ad esempio, se la flotta statunitense è cara al presidente degli Stati Uniti, che costui si preoccupi allora di non dare mai ordine di usarla contro la Russia o i suoi alleati. Altrimenti, boom e giù.

Insomma, i Poseidon diventano semplicemente una parte del sistema di deterrenza strategica verso gli Stati Uniti, l’ultimo elemento di questo contenimento. E se nemmeno un simile strumento fermerà gli americani, allora nessuno si dovrà più preoccupare di questioni umanitarie.

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Articolo pubblicato su Kont il primo febbraio 2019
Traduzione in italiano a cura di Elena per Saker Italia

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