Il primo articolo sui motivi del crollo dell’URSS è diventato di colpo uno dei più commentati sul sito [quello russo, NdT]. Sono lieto che questo argomento abbia attratto così tanta attenzione. Sfortunatamente la percezione dell’URSS è troppo idealizzata da entrambe le parti: alcuni la considerano il diavolo incarnato, altri il Paradiso in Terra.

Naturalmente l’Unione sovietica non era nessuna delle due cose. E’ tempo di studiare la nostra storia recente, riflettere, essere in disaccordo gli uni con gli altri, dibattere, pensare e cercare di arrivare alla verità.

Nella prima parte abbiamo visto come modelli economici di scarso successo e dipendenza eccessiva dalle esportazioni di energia avessero condotto l’URSS ad una grave crisi nella seconda metà degli anni ’80. Queste non sono novità e molti ricercatori hanno giustamente puntualizzato che la situazione in cui si era venuta a trovare l’Unione Sovietica a causa della caduta del prezzo del petrolio, non era poi così drammatica. Infatti, nonostante il fatto che, a metà degli anni ’80, il 50% di tutte le esportazioni fosse costituito da petrolio e gas, il contributo totale di questo settore sul PIL era solo del 7-8%. Nella storia moderna della Russia l’export energetico ha un peso significativamente maggiore e fluttuazioni simili del prezzo del greggio si sono verificate già due volte e, nonostante tutto, siamo ancora in vita.

La spiegazione è abbastanza semplice. L’Unione Sovietica aveva dovuto sopportare l’enorme peso di essere il principale esponente del confronto mondiale con l’Occidente. Negli anni ’80 l’URSS era ormai logorata da questo lungo confronto e non c’erano più margini di sicurezza. Alla fine, difficoltà economiche serie, ma non di per sé fatali, furono la pagliuzza che ruppe la schiena di una grande nazione.

Il confronto conosciuto con il nome di Guerra Fredda cominciò infatti prima della fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1944 gli Alleati erano praticamente in disaccordo sul destino della Polonia. All’epoca la nostra nazione disponeva del più potente esercito terrestre e, da vincitori della Germania, potevamo dettare legge a tutta l’Europa e nessuno osava obiettare.

Tutto cambiò nell’agosto del 1945, quando gli Stati Uniti fecero uso dell’arma atomica. Come il Revolver nel Selvaggio West la bomba atomica divenne la livella nelle contese fra le nazioni. Il tono dell’Occidente cambiò immediatamente: la proposta sovietica sul Giappone, che avrebbe dovuto seguire l’esempio della Germania [ed essere diviso in zone di influenza, NdT], fu accolta con un categorico rifiuto che pose fine ad ogni discussione.

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Quelli che hanno familiarità con l’arte della guerra sanno che una campagna militare corta e rapida si può vincere usando vantaggi tattici: buona posizione, sorpresa, preparazione attenta, comandanti di talento ecc. Ma in una lunga guerra di logoramento conta solo una cosa: le risorse; quanto uno Stato può spendere per combattere e per soddisfare le necessità della società e del suo sviluppo.

Per combattere occorrono un sacco di risorse, ma tutte si possono ricondurre a due indicatori fondamentali: popolazione e dimensioni dell’economia.

Anche se approssimativamente uguale agli Stati Uniti in termini di popolazione, lo sviluppo economico dell’Unione Sovietica era sempre stato inferiore a quello dell’America: la produzione industriale di 1,5 volte (la percentuale sulla produzione mondiale nel 1990 era il 12,9% per l’URSS e il 19,4% per gli USA) e, in termini di PIL il divario era esattamente il doppio (2,6 trilioni contro 5,5 trilioni per gli USA nel 1990).

Nonostante un esercito poderoso, dalla Seconda Guerra Mondiale noi uscimmo sconfitti. I morti effettivi fra militari e popolazione civile erano 16 milioni, con 1700 città e villaggi distrutti, insieme a 200.000 aziende agricole e 30.000 attività industriali.

Sopratutto si stima che le perdite materiali dell’URSS dovute alla guerra siano state un buon terzo di tutta la ricchezza nazionale. Nello stesso periodo gli Stati Uniti parteciparono alla guerra senza molto sforzo. Ci furono 418.000 caduti nell’esercito e 8 fra i civili. Non ci furono virtualmente perdite materiali dal momento che sul territorio degli Stati Uniti non avvenne nessun combattimento.

Si può discutere su chi abbia dato inizio alla Guerra Fredda: l’URSS o l’Occidente? Quello che è importante è che con un tale rapporto fra forze e perdite l’Unione Sovietica, a differenza dell’Occidente non poteva permettersi un confronto lungo e globale. Inoltre, a differenza della Grande Guerra Patriottica, che era stata per noi una questione di vita o di morte, la nazione avrebbe potuto benissimo fare a meno di un simile confronto che avrebbe portato unicamente ad un conflitto a somma zero, dove si vince solo se l’altro perde.

La dottrina sovietica durante la Guerra Fredda era basata sul principio di parità: ogni mossa dell’Occidente (principalmente degli Stati Uniti) doveva essere seguita da una adeguata risposta. Ogni elemento delle forze armate USA e NATO doveva essere bilanciato da un elemento simmetrico.

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Dal momento che l’iniziativa strategica era per la maggior parte del tempo tenuta dall’Occidente, ci ritrovavamo sempre a dover rincorrere. Lo slogan propagandistico di quegli anni era “la corsa agli armamenti scatenata dai circoli imperialistici aggressivi”.

Naturalmente ci furono risposte asimmetriche da parte nostra (per esempio lo sviluppo della difesa antiaerea) e in certi campi eravamo avanti (i progetti missilistici degli anni ’50) e ci furono guerre vittoriose condotte da altri (Corea e Vietnam). Ma il più delle volte, la dirigenza sovietica andava avanti senza valutare le reali necessità, lottava per controbilanciare gli Stati Uniti a livello mondiale, e così ci fu la fallita spedizione lunare e il progetto Energia-Buran, anch’esso nato morto.

Per tutto il periodo post bellico le forze armate sovietiche avevano continuato a prepararsi ad una guerra terrestre sul teatro europeo e avevano creato sistemi offensivi, blindati, fabbriche di carri armati, basi missilistiche avanzate e cosìBuran via. Durante gli anni della Guerra Fredda le nostre industrie avevano costruito decine di migliaia di carri armati, migliaia di aerei e molte migliaia di tonnellate di munizioni, comprese quelle d’artiglieria. Questi armamenti non videro mai il combattimento e molte unità non parteciparono neanche alle manovre, ma anno dopo anno l’Unione Sovietica lavorava alla loro produzione, manutenzione, immagazzinamento e smaltimento. E tutto questo nonostante il fatto che dalla fine degli anni ’40 era evidente che una guerra in Europa era impossibile.

Furono impiantate basi sovietiche in tutte le parti del mondo, Australia esclusa. E comunque, di queste non c’era nessuna necessità strategica. L’URSS non era mai dipesa per i rifornimenti dalle nazioni del Terzo Mondo, per cui non c’era la necessità di proteggere le vie di comunicazione. Le stazioni radar erano importanti negli anni ’60 ma erano diventate presto inutili con lo sviluppo della sorveglianza satellitare.

Per assicurarsi una presenza mondiale l’Unione Sovietica aveva sostenuto attivamente alcuni regimi in nazioni del terzo mondo. A differenza del cinico Occidente, noi non avemmo mai una politica coloniale e non riducemmo mai sul lastrico le nazioni satellite. Al contrario, la nostra nazione ha dato sempre più di quanto ha ricevuto. Tutte le repubbliche sovietiche (eccetto Russia e Bielorussia), secondo le statistiche dell’epoca, furono sovvenzionate in varia misura, abbiamo dato alle nazioni del Patto di Varsavia (non solo le abbiamo aiutate nella ricostruzione postbellica, ma le abbiamo rifornite di energia a prezzo di costo per tutta la seconda metà del secolo scorso) e, naturalmente abbiamo aiutato i regimi del Terzo Mondo con prestiti con garanzia su merci e supporto logistico diretto.

Al tempo del crollo dell’Unione Sovietica le nazioni del Terzo Mondo ci dovevano 176 miliardi di $ (300-350 miliardi al cambio attuale).

Secondo diverse stime questa cifra copre da un quarto a un terzo l’assistenza diretta ed indiretta fornita dall’Unione Sovietica a governi stranieri.

Questo approccio potrà essere utile per il Karma, ma in economia fa solo danni. Dove l’Occidente guadagnava, noi spendevamo. Dove gli Stati Uniti avevano una rete finanziaria globale invisibile ma forte, noi pagavamo per avere delle alleanze e, come si dice, nulla è più economico del comprarsi la lealtà.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il complesso industriale militare diventò il motore del progresso nell’Unione Sovietica e negli Stati Uniti: i maggiori sviluppi nella scienza e nella tecnologia venivano dal settore difesa. In ogni caso, fu il sistema occidentale pubblico/privato che riuscì a convertire meglio e a rendere disponibili sul mercato le applicazioni militari. Abbiamo molti esempi, centrali nucleari come sottoprodotto delle armi atomiche, aerei a reazione ecc. In generale, la nostra tecnologia militare rimaneva classificata come “segreta”, con il risultato che non veniva fornita alla gente che avrebbe pagato per averla e non c’era produzione di massa ad uso civile.

In Occidente, e sopratutto negli Stati Uniti, ogni scoperta militare, in un modo o nell’altro, era entrata nel mercato. Teflon, penne gel, Internet e telefonia mobile, forni a microonde, microprocessori, ci sono centinaia di esempi. Ognuna di queste invenzioni ha una controparte sovietica.

L’esercito sovietico era il più grosso al mondo, con quasi 4 milioni di uomini (nel 1988), contro i 2,3 milioni di quello americano. La spesa militare, tenendo conto delle variazioni del potere d’acquisto fra URSS e USA, era all’incirca la stessa. Per noi erano 300 miliardi di $ nel 1988, ma, a causa del ridotto volume dell’economia, e al fatto che il nostro PIL era circa la metà di quello americano, noi spendevamo il 13% del PIL, contro il loro 6,5%. Questo rapporto è rimasto inalterato per tutto il periodo post-bellico ed ha permesso all’America di partecipare alla corsa agli armamenti e sviluppare allo stesso tempo il settore civile. In conseguenza di ciò il reddito pro-capite e la qualità della vita negli Stati Uniti sono cresciute significativamente più in fretta che da noi.

I risultati delle spese della difesa erano spesso insoddisfacenti. La dottrina militare sovietica (e in seguito russa) era basata sulla mobilitazione di massa e sulla coscrizione obbligatoria. Questo approccio è giustificato in presenza di un alto tasso di fertilità e di crescita della popolazione, ma con la demografia degli anni ’70 e ’80, quando il tasso di natalità era sceso sotto i 10 punti, ciò significava sottrarre all’economia un grosso numero di lavoratori giovani. Bisogna aggiungere che l’equipaggiamento militare sovietico era complesso e non si poteva apprenderne l’uso solo con la chiamata alle armi. Negli Stati Uniti la coscrizione era stata abolita nel 1970 e da allora l’esercito è costituito esclusivamente da soldati di professione.

Il minor livello tecnologico dell’Unione Sovietica aveva come conseguenza anche una spesa inefficiente. Per esempio, i satelliti-spia americani erano già equipaggiati con apparati da ripresa, potevano scendere su un’orbita bassa e riprendere. Lo stesso satellite poteva rimanere in orbita per mesi. Noi abbiamo avuto un sistema simile solo alla fine degli anni ’80. Una volta in orbita, il satellite compiva alcune rivoluzioni, portava a termine il programma e scendeva a terra. Un lancio continuo di satelliti cartografici per le mappe militari “Zenith” veniva fatto regolarmente una volta alla settimana. Questi esempi sono numerosi. Sebbene un esercito più avanzato tecnologicamente non combatta necessariamente meglio, sicuramente consuma meno energia a meno risorse.

La filosofia della mobilitazione permeava la vita sovietica in tutti i campi: in ogni università c’era un Dipartimento Militare, ogni garage sotterraneo poteva essere sigillato e trasformato in rifugio antiaereo, ogni vagone ferroviario per passeggeri era così robusto che poteva trainare anche pesanti carri merci. Ogni aereo di linea era progettato per essere rapidamente convertito in trasporto truppe. Tutto questo richiedeva risorse preziose e tutto quanto si rivelò alla fine inutile.

Il presidio globale costava all’Unione Sovietica spese esorbitanti, sussidi e politiche generose con i Paesi satelliti che non venivano compensate neanche indirettamente. La spesa pro-capite per la difesa era il doppio di quella degli Stati Uniti e 5-6 volte maggiore di quella dell’Europa Occidentale. In più, le cose mancavano e le caratteristiche della struttura economica dell’URSS non consentiva l’introduzione e lo sviluppo della tecnologia militare nel comparto civile bloccando così ogni possibile introito da questo processo.

Tutto questo, unito ad un potenziale economico più debole di quello dei suoi rivali portò al sovraccarico le capacità dell’Unione Sovietica. Le riforme sistemiche urgenti venivano continuamente rimandate. Per portare a termine le riforme occorrevano risorse, ma queste venivano impiegate tutte per il confronto con l’Occidente. Il governo non aveva fatto neanche per un momento marcia indietro per confrontarsi con i problemi arretrati. Invece di perseguire una strategia di lungo respiro, anno dopo anno, la preferenza fu data alle soluzioni tampone, cercando di turare le falle alla meglio.

Alla metà degli anni ’80 la nazione era sfinita dalla Guerra Fredda e da decenni di malgoverno. Anche se a prima vista sembrava superficiale, la crisi economica causò una reazione a catena e portò a conflitti interni, alla rivoluzione e alla disintegrazione della nazione.

La prossima volta parleremo della “terza morte” dell’URSS: l’ambito della politica interna e della società.

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Articolo di Sergei Poletaev pubblicato su FortRuss il 6 settembre 2015
Traduzione in italiano a cura di Mario per Sakeritalia. it

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