Sono appena tornata dai Nuclear-Free Future Awards a Basilea, in Svizzera, che quest’anno si sono svolti in contemporanea con la conferenza Diritti Umani, le Generazioni Future e i Crimini dell’Era Nucleare. La conferenza è stata ospitata da IPPNW Svizzera. L’International Physicians for the Prevention of Nuclear War ha vinto il premio Nobel per la pace nel 1985.
Fortunatamente, possiamo ancora intravedere un futuro senza nucleare. A Basilea abbiamo onorato gli individui che hanno dedicato la loro vita alla realizzazione di quella visione. Il prossimo anno sarà il 20° anniversario del premio. Speriamo di poter ancora parlare di un futuro senza nucleare.
La firma, questa settimana, del trattato delle Nazioni Unite sul bando globale delle armi nucleari, è un passo nella giusta direzione che fa ben sperare. Sebbene ignorato dagli stati dotati di armi nucleari, riporta la questione sotto i riflettori internazionali, introducendo una stigmatizzazione senza precedenti delle armi nucleari all’interno di un quadro giuridico internazionale. Non è perfetto, ma è un primo passo necessario.
Ironia della sorte, il giorno in cui sono tornata da Basilea, è arrivata la notizia della morte di Stanislav Petrov. Era morto il 19 maggio, ma lo si è saputo solo adesso perché la notizia non è mai stata riportata. Un documentarista tedesco aveva telefonato per fare gli auguri di compleanno a Petrov, e ha invece ricevuto la notizia del suo trapasso dal figlio di Petrov, Dmitrij.
Senza Petrov, non avremmo avuto nessun futuro senza nucleare, e probabilmente nessun futuro affatto. È forse la persona che più merita di essere premiata col Nuclear-Free Future Award, anche se purtroppo non lo ha mai ricevuto. Forse può essergli tributato postumo. Questa sarebbe una rottura con la tradizione, ma ne varrebbe la pena per via del suo contributo.
Petrov era il tenente colonnello delle Truppe di Difesa Aerea dell’Unione Sovietica che, nella notte del 26 settembre 1983, aveva il compito di controllare il sistema satellitare del suo paese che doveva rilevare un potenziale lancio di armi nucleari da parte degli Stati Uniti. Nelle prime ore di quel giorno, sembrò che fosse avvenuto un lancio simile.
Petrov aveva solo pochi minuti per decidere se il lancio fosse vero. Doveva riferire l’allarme alla catena di comando, e così facendo avrebbe quasi certamente portato ad un contrattacco, innescando uno scambio nucleare tra l’Unione Sovietica e gli USA. Invece, Petrov esitò e dubitò.
L’allarme suggeriva il lancio di cinque missili, troppo pochi per un attacco nucleare americano, ma il tempo era essenziale: se i dubbi di Petrov erano infondati e quello era un vero attacco, il suo dovere era quello di informare i suoi superiori in modo da poter lanciare un attacco di rappresaglia.
Ma Petrov non fece mai quella chiamata, decise invece di verificare se ci fosse un malfunzionamento del computer. Si scoprì poi che era proprio così: un satellite aveva scambiato il riflesso del sole sulla cima delle nuvole per un lancio di missili, e anche il sistema informatico aveva fatto lo stesso errore.
La sua decisione era seguita a ruota dall’abbattimento di un aereo di linea coreano da parte dell’Unione Sovietica, avvenuto qualche giorno prima. Il gesto di Petrov di scovare un errore prima della catastrofe venne invece visto dalla burocrazia sovietica come un altro motivo di imbarazzo.
Di conseguenza, le azioni di Petrov non vennero divulgate nel paese. Peggio ancora, fu rimproverato per degli errori nel suo registro, e visse per lo più nell’ignominia fino alla sua morte. Anche allora, non c’è stato alcun annuncio ufficiale.
Poiché gli atti di Petrov sono rimasti segreti per così tanto tempo, è stato l’incidente norvegese del 1995 che ha acquisito un’attenzione più ampia, un’altro disastro sfiorato che avrebbe potuto concludersi con la nostra cancellazione. Un razzo norvegese-americano venne lanciato per studiare l’aurora boreale, ma inizialmente venne scambiato dalle forze nucleari russe per un lancio nucleare ostile, e questo portò l’allora presidente russo Boris Eltsin, non certo noto per la sua sobrietà, ad aprire e attivare la valigetta per il controllo delle armi nucleari russe.
Eltsin aveva solo pochi minuti per decidere se il razzo fosse o meno un attacco nucleare ad alta quota e lanciare una rappresaglia nucleare. Fortunatamente, il razzo cambiò rotta, rendendo chiaro che la Russia non era stata presa di mira.
Più tardi, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, Petrov fu infine premiato per la sua inazione di salvavita, anche se, a detta di tutti, era un uomo molto modesto, che non accoglieva necessariamente di buon grado tali riconoscimenti e attenzioni.
Nel 2006 ricevette un premio presso le Nazioni Unite dalla Association of World Citizens per “il ruolo svolto nell’evitare una catastrofe”.
Nel 2013 è stato premiato con il Premio Dresda per la pace. Un film-documentario danese del 2014 definì Petrov “l’uomo che ha salvato il mondo”. Quando venne intervistato per il film, disse: “Io non sono un eroe, ero semplicemente al posto giusto nel momento giusto”.
Martedì prossimo [26 settembre] sarà il quarto anno dall’indizione della Giornata per l’Abolizione delle Armi Nucleari da parte delle Nazioni Unite, una scelta non casuale.
Stanislav Petrov non chiese nulla. Ma noi gli dobbiamo tutto.
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Articolo di Linda Pentz Gunter pubblicato su Counterpunch il 22 settembre 2017.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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