Il presidente russo, a Sochi, detta legge a favore del conservatorismo – dice che l’Occidente woke è in declino

La sessione plenaria è il tradizionale momento clou delle discussioni annuali e imperdibili del Valdai Club [in inglese], uno dei principali incontri intellettuali dell’Eurasia.

Vladimir Putin è spesso l’oratore principale. A Sochi quest’anno, come ho riferito in un articolo precedente [in inglese], il tema generale era “Lo Sconvolgimento Globale nel 21° Secolo: l’Individuo, i Valori e lo Stato”.

Putin l’ha affrontato a testa alta, in quello che può essere già considerato uno dei più importanti discorsi geopolitici della memoria recente (qui si può trovare una trascrizione finora incompleta) – sicuramente il suo momento più forte sotto i riflettori. E’ stato seguito da una sessione completa di domande e risposte [entrambi i link in inglese] (a partire da 4:39:00).

Com’era prevedibile, ad un assortimento di Atlantisti, Neoconservatori e interventisti Liberali verrà un colpo apoplettico. Questo è irrilevante. Per gli osservatori imparziali, specialmente nel sud del mondo, ciò che conta è prestare molta attenzione a come Putin ha condiviso la sua visione del mondo – inclusi alcuni momenti molto sinceri.

Fin dall’inizio, ha evocato i due caratteri cinesi che raffigurano “crisi” (come in “pericolo”) e “opportunità”, fondendoli con un detto russo: “Combatti le difficoltà con la tua mente. Combatti i pericoli con la tua esperienza.

Questo elegante e obliquo riferimento alla partnership strategica Russia-Cina ha portato ad una valutazione concisa dell’attuale scacchiera:

Il riallineamento dei rapporti di forza presuppone una ridistribuzione delle quote a favore dei paesi emergenti e in via di sviluppo che finora si sono sentiti esclusi. Per dirla senza mezzi termini, il dominio occidentale degli affari internazionali, iniziato diversi secoli fa e, per un breve periodo, quasi assoluto alla fine del XX secolo, sta lasciando il posto ad un sistema molto più diversificato.

Ciò ha aperto la strada ad un’altra caratterizzazione obliqua della guerra ibrida come nuovo modus operandi:

In precedenza, una guerra persa da una parte significava vittoria per l’altra parte, che si assumeva la responsabilità di ciò che stava accadendo. La sconfitta degli Stati Uniti nella Guerra del Vietnam, ad esempio, non ha reso il Vietnam un “buco nero”. Al contrario, sorse lì uno stato in via di sviluppo con successo, che, certamente, faceva affidamento sul sostegno di un forte alleato. Le cose ora sono diverse: non importa chi prende il sopravvento, la guerra non si ferma, ma cambia solo forma. Di norma, l’ipotetico vincitore è riluttante o incapace di garantire una pacifica ripresa postbellica, e non fa che peggiorare il caos e il vuoto che rappresentano un pericolo per il mondo.

Un discepolo di Berdjaev

In diversi casi, soprattutto durante la sessione di domande e risposte, Putin ha confermato di essere un grande ammiratore di Nikolaj Berdjaev [in inglese]. È impossibile capire Putin senza capire Berdjaev (1874-1948), che era un filosofo e teologo – essenzialmente un filosofo del cristianesimo.

Nella filosofia della storia di Berdjaev, il significato della vita è definito in termini di spirito, rispetto all’enfasi della modernità laica sull’economia e sul materialismo. Non c’è da stupirsi che Putin non sia mai stato un marxista.

Per Berdjaev, la storia è un metodo di memoria del tempo attraverso il quale l’uomo lavora per il suo destino. È il rapporto tra il divino e l’umano che plasma la storia. Egli attribuisce un’importanza enorme al potere spirituale della libertà umana.

Nikolaj Berdjaev. Foto del Centro per gli Studi Sofiologici.

Putin ha fatto diversi riferimenti alla libertà, alla famiglia – nel suo caso, modesta – e all’importanza dell’istruzione; ha elogiato di cuore il suo apprendistato presso l’Università Statale di Leningrado. Parallelamente, ha completamente distrutto l’ideologia woke, il transgenderismo e la cultura dell’annullamento promossa “sotto la bandiera del progresso”.

Questo è solo uno di una serie di passaggi chiave:

Siamo sorpresi dai processi in atto in paesi che si consideravano pionieri del progresso. Gli sconvolgimenti sociali e culturali in atto negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, ovviamente, non sono affari nostri; non interferiamo con loro. Qualcuno nei paesi occidentali è convinto che la cancellazione aggressiva di intere pagine della propria storia – la “discriminazione alla rovescia” della maggioranza a favore delle minoranze, o la richiesta di abbandonare la consueta comprensione di cose basilari come madre, padre, famiglia o anche la differenza tra i sessi – sono, a loro avviso, pietre miliari del movimento verso il rinnovamento sociale.

Quindi gran parte del suo discorso di 40 minuti, così come le sue risposte, hanno codificato alcuni indicatori di ciò che in precedenza aveva definito “sano conservatorismo”:

Ora che il mondo sta vivendo un collasso strutturale, l’importanza di un ragionevole conservatorismo come base per la politica è aumentata molte volte, proprio perché i rischi e i pericoli si stanno moltiplicando e la realtà intorno a noi è fragile.

Tornando all’arena geopolitica, Putin è stato irremovibile sul fatto che “siamo amici della Cina. Ma non contro qualcuno”.

Dal punto di vista geoeconomico, ha ancora una volta preso tempo per impegnarsi in una spiegazione magistrale, completa – persino appassionata – di come funziona il mercato del gas naturale, insieme alla scommessa autodistruttiva della Commissione Europea sul mercato contante, e perché il Nord Stream 2 cambia le carte in tavola.

Afghanistan

Durante la sessione di domande e risposte, lo studioso Zhou Bo dell’Università Tsinghua ha affrontato una delle sfide geopolitiche chiave e attuali. Riferendosi all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, ha sottolineato che “se l’Afghanistan ha un problema, l’SCO ha un problema. Quindi come può l’SCO, guidata da Cina e Russia, aiutare l’Afghanistan?”

Putin ha sottolineato quattro punti nella sua risposta:

  • L’economia deve essere ripristinata;
  • I Talebani devono sradicare il traffico di droga;
  • La responsabilità principale dovrebbe essere assunta “da coloro che sono stati lì 20 anni” – riecheggiando la dichiarazione congiunta [in inglese] dopo l’incontro tra la troika allargata e i Talebani a Mosca mercoledì; e
  • I fondi statali afghani dovrebbero essere sbloccati.

Ha anche menzionato, indirettamente, che la grande base militare russa in Tagikistan non è un mero oggetto decorativo.

Bunker addestrativo della base militare russa in Tagikistan. Foto del Moscow Times.

Putin è tornato sul tema dell’Afghanistan durante la sessione di domande e risposte, sottolineando ancora una volta che i membri della NATO non dovrebbero “assolversi dalle responsabilità”.

Ha ragionato che i Talebani “stanno cercando di combattere i radicali estremi”. Sulla “necessità di iniziare con la componente etnica”, ha descritto i tagiki come responsabili del 47% della popolazione afgana complessiva – forse una sopravvalutazione, ma il messaggio era sull’imperativo di un governo inclusivo.

Ha anche trovato un equilibrio: per quanto “stiamo condividendo con loro [i Talebani] una visione dall’esterno”, ha sottolineato che la Russia è “in contatto con tutte le forze politiche” in Afghanistan – nel senso che ci sono contatti con ex funzionari di governo come Hamid Karzai e Abdullah Abdullah e anche membri dell’Alleanza del Nord, ora all’opposizione, che si sono autoesiliati in Tagikistan.

Quei fastidiosi russi

Ora confrontate tutto quanto sopra con l’attuale circo della NATO a Bruxelles, completo di un nuovo “piano generale per scoraggiare la crescente minaccia russa[in inglese].

Nessuno ha mai perso denaro sottovalutando la capacità della NATO di raggiungere le profondità della stupidità irrilevante. Mosca non si preoccupa nemmeno più di parlare con questi pagliacci: come ha sottolineato il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov, “la Russia non pretenderà più che alcuni cambiamenti nei rapporti con la NATO siano possibili nel prossimo futuro”.

Mosca d’ora in poi parla solo con i padroni, a Washington. Dopotutto, la linea diretta tra il Capo di Stato Maggiore Generale, Generale Gerasimov, e il Comandante Supremo della NATO, Generale Todd Wolters, rimane attiva. I fattorini come Stoltenberg e la massiccia burocrazia della NATO a Bruxelles sono ritenuti irrilevanti.

Questo accade, secondo Lavrov, subito dopo che “tutti i nostri amici in Asia centrale” ci hanno “detto che sono contrari… Agli approcci sia degli Stati Uniti che di qualsiasi altro stato membro della NATO” che promuovono lo stazionamento di qualsiasi apparato “anti-terroristico” in uno qualsiasi degli “stan” dell’Asia centrale.

E ancora il Pentagono continua a provocare Mosca. Il lobbista-wokeista-Segretario alla Difesa Lloyd “Raytheon” Austin, che ha supervisionato la Grande Fuga americana dall’Afghanistan, sta ora pontificando che l’Ucraina dovrebbe de facto aderire alla NATO.

Questo dovrebbe essere l’ultimo paletto che impalerà lo zombi “cerebralmente morto” (copyright di Emmanuel Macron), mentre incontra il suo destino delirando sugli attacchi russi simultanei al Baltico e al Mar Nero con armi nucleari.

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su The Saker.is il 23 ottobre 2021
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]


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