Nota: qui c’è l’intero discorso di Vladimir Putin, in cui ho enfatizzato, colorandole di rosso, le parti che mi hanno colpito e cui ho aggiunto qualche mio commento scritto in blu. E mentre io non ho l’energia né il tempo per ripetere questo esercizio per la sezione di Domande&Risposte che segue il suo discorso, vi raccomando caldamente di leggervela!
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Presidente della Russia Vladimir Putin: Signore e signori,
Per cominciare, vorrei ringraziarvi per essere venuti in Russia e per aver preso parte agli eventi del Valdai Club.
Come sempre, durante questi incontri sollevate questioni urgenti e tenete discussioni approfondite su questi temi che, senza esagerare, contano per le persone di tutto il mondo. Ancora una volta, il tema chiave del forum è stato posto in modo diretto, direi addirittura a bruciapelo: Sconvolgimento Globale nel XXI Secolo: l’Individuo, i Valori e lo Stato.
Qui Putin ha chiaramente indicato che non sta parlando di questioni politiche locali o anche regionali, ma di ciò a cui stiamo assistendo, una crisi planetaria e uno sconvolgimento planetario dell’ordine mondiale internazionale.
Viviamo, infatti, in un’epoca di grandi cambiamenti. Se posso, per tradizione, esporrò le mie opinioni in merito all’ordine del giorno che avete elaborato.
In generale, questa frase, “vivere in un’epoca di grandi cambiamenti”, può sembrare banale, poiché la usiamo molto spesso. Inoltre, questa era di cambiamento è iniziata molto tempo fa, e i cambiamenti sono diventati parte della vita quotidiana. Da qui la domanda: vale la pena soffermarsi su di loro? Sono d’accordo con chi ha stilato l’ordine del giorno di questi incontri; ovviamente lo sono.
Negli ultimi decenni, molte persone hanno citato un proverbio cinese. I cinesi sono saggi e hanno molti pensatori e pensieri preziosi che possiamo ancora usare oggi. Uno di loro, come forse saprete, dice: “Dio non voglia di vivere in un tempo di cambiamento”. Ma ci stiamo già vivendo, che ci piaccia o no, e questi cambiamenti stanno diventando più profondi e fondamentali. Ma consideriamo un’altra saggezza cinese: la parola “crisi” è composta da due geroglifici – probabilmente ci sono rappresentanti della Repubblica Popolare Cinese tra il pubblico e mi correggeranno se sbaglio – ma due geroglifici che significano “pericolo” e “opportunità”. E come diciamo qui in Russia, “combatti le difficoltà con la tua mente e combatti i pericoli con la tua esperienza”.
Questa frase contiene due componenti molto importanti: in primo luogo, Putin contrappone le difficoltà ai pericoli, alludendo al fatto che ciò che la Russia considerava principalmente come “difficoltà” in passato si sta trasformando in un pericolo reale. In secondo luogo, indica anche come la Russia ha combattuto i pericoli in passato. Le esperienze collettive più importanti nella storia recente della Russia sono, ovviamente, le due rivoluzioni del 1917 (febbraio e ottobre) e la Seconda Guerra Mondiale. I primi due erano interni, l’altro esterno. Quindi potrebbe essere riassunto come “nessuna rivoluzione all’interno della Russia e nessuna aggressione esterna contro la Russia”.
Naturalmente, dobbiamo essere consapevoli del pericolo ed essere pronti a contrastarlo, e non solo una minaccia, ma molte e diverse minacce che possono sorgere in questa era di cambiamento. Tuttavia, non è meno importante ricordare una seconda componente della crisi: opportunità da non perdere, tanto più che la crisi che stiamo affrontando è concettuale e anche di civiltà. Questa è fondamentalmente una crisi di approcci e principi che determinano l’esistenza stessa degli umani sulla Terra, ma dovremo comunque rivederli seriamente. La domanda è: dove trasferirsi, a cosa rinunciare, cosa rivedere o aggiustare. Nel dire questo sono convinto che sia necessario lottare per valori veri, sostenendoli in ogni modo.
Come ripeto su questo blog da più di un decennio, la crisi attuale non è (solo) di risorse, è una crisi di civiltà e, ecco il fattore cruciale, mentre nel 2010 Putin parlava ancora della Russia come europea, ora il tono è cambiato, contrappone nettamente due modelli di civiltà: quello occidentale e quello russo. Tra l’altro, ciò implica chiaramente che, almeno come civiltà, la Russia non fa parte dell’Occidente.
L’umanità è entrata in una nuova era circa tre decenni fa, quando si sono create le condizioni principali per porre fine al confronto politico-militare e ideologico. Sono sicuro che ne avete parlato molto in questo club. Ne ha parlato anche il nostro Ministro degli Esteri, ma vorrei comunque ripetere diverse cose.
Fu allora avviata la ricerca di un nuovo equilibrio, di relazioni sostenibili in ambito sociale, politico, economico, culturale e militare, e di sostegno al sistema mondo. Cercavamo questo supporto ma dobbiamo dire che non l’abbiamo trovato, almeno finora. Intanto, quelli che si sentivano vincitori dopo la fine della Guerra Fredda (abbiamo parlato tante volte anche di questo) e credevano di aver scalato l’Olimpo, scoprirono presto che il terreno stava cedendo anche lì, e questa volta fu il loro turno, e nessuno poteva “fermare questo momento fugace”, non importa quanto fosse giusto.
Questo è un insulto diretto a quelle persone narcisistiche in Occidente che pensavano di aver “sconfitto il Comunismo” mentre, in realtà, il PCUS si era sconfitto da solo, e che pensavano che da quel momento in poi l’Occidente avrebbe governato il mondo per sempre e incontrastato. Alcuni hanno persino ricevuto medaglie per “aver vinto la Guerra Fredda” mentre, in realtà, l’URSS e il PCUS si erano semplicemente suicidati.
In generale, doveva sembrare che ci fossimo adattati a questa continua incostanza, imprevedibilità e stato di transizione permanente, ma nemmeno questo è accaduto.
Vorrei aggiungere che la trasformazione alla quale stiamo assistendo e di cui facciamo parte è di un calibro diverso rispetto ai cambiamenti che si sono ripetutamente verificati nella storia umana, almeno quelli di cui siamo a conoscenza. Non si tratta semplicemente di un cambiamento nell’equilibrio delle forze o di scoperte scientifiche e tecnologiche, anche se entrambe si stanno verificando. Oggi siamo di fronte a cambiamenti sistemici in tutte le direzioni: dalla condizione geofisica sempre più complicata del nostro pianeta, a un’interpretazione più paradossale di cosa sia un essere umano e quali siano le ragioni della sua esistenza.
Qui, ancora una volta, Putin sta cercando di svegliare il suo pubblico, specialmente le persone deliranti in Occidente, sulla natura e l’entità dei cambiamenti che stanno avvenendo sotto i nostri occhi: una serie di cambiamenti sistemici in tutte le direzioni.
Diamo un’occhiata in giro. E lo ripeto: mi permetto di esprimere alcuni pensieri cui mi associo.
In primo luogo, il cambiamento climatico e il degrado ambientale sono così evidenti che anche le persone più disattente non possono più ignorarli. Si può continuare ad impegnarsi in dibattiti scientifici sui meccanismi alla base dei processi in corso, ma è impossibile negare che questi processi stiano peggiorando e che qualcosa debba essere fatto. I disastri naturali come siccità, inondazioni, uragani e tsunami sono quasi diventati la nuova normalità, e ci stiamo abituando. Basti ricordare le devastanti e tragiche inondazioni dell’estate scorsa in Europa, gli incendi in Siberia: gli esempi sono tanti. Non solo in Siberia, anche i nostri vicini in Turchia hanno avuto incendi, negli Stati Uniti e in altri luoghi del continente americano. A volte sembra che qualsiasi rivalità geopolitica, scientifica e tecnica, o ideologica diventi inutile in questo contesto, se i vincitori non avranno abbastanza aria da respirare o niente da bere.
La pandemia di coronavirus è diventata un altro promemoria di quanto sia fragile la nostra comunità, quanto sia vulnerabile e il nostro compito più importante è garantire all’umanità un’esistenza sicura e resilienza. Per aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza di fronte ai cataclismi, dobbiamo assolutamente ripensare a come conduciamo le nostre vite, come gestiamo le nostre famiglie, come si sviluppano le città o come dovrebbero svilupparsi; dobbiamo riconsiderare le priorità di sviluppo economico di interi stati. Ripeto, la sicurezza è uno dei nostri principali imperativi, in ogni caso ormai è diventato ovvio, e chiunque tenti di negarlo dovrà in seguito spiegare perché si è sbagliato e perché non è stato preparato alle crisi e agli shock che intere nazioni stanno affrontando .
Questo è molto importante. Qualunque cosa si pensi del virus e della pandemia, il caos totale in cui ogni paese ha fatto le sue cose ha dimostrato che anche una grande crisi NON unisce l’umanità, per molte ragioni oggettive. Inoltre, le società capitaliste, lungi dall’essere solide, sopravvivono tutte a malapena, per un filo molto sottile, per lo più stampando denaro, mentendo alla gente e creando bolle. L’inaffondabile Titanic occidentale sta affondando, ma l’orchestra sta ancora suonando, a volume molto alto.
Secondo. I problemi socio-economici dell’umanità sono peggiorati al punto che, in passato, avrebbero innescato shock mondiali, come guerre mondiali o sanguinosi cataclismi sociali. Tutti dicono che l’attuale modello di capitalismo, che è alla base della struttura sociale nella stragrande maggioranza dei paesi, ha fatto il suo corso e non offre più una soluzione ad una miriade di differenze sempre più intricate.
Marx capì le contraddizioni interne del capitalismo, come tanti tanti altri, ma nessuno lo legge più, e gli altri sono dimenticati. Personalmente, non dimenticherò mai il discorso di un delegato pakistano all’ONU a Ginevra che disse che “le contraddizioni interne del Comunismo hanno raggiunto l’Unione Sovietica prima che le contraddizioni interne del capitalismo raggiungessero l’Occidente”. Quanto aveva ragione, e ora è difficile negarlo! Il capitalismo, essendo di natura parassitaria, poteva vivere solo del saccheggio del pianeta (da qui l’osservazione di Lenin sul fatto che “l’imperialismo è l’ultima fase del capitalismo”). L’Occidente è “sopravvissuto” all’URSS per tre decenni solo perché questi decenni sono stati decenni di saccheggio di paesi indifesi: ora che non c’è più nessun altro da saccheggiare e derubare (quello che resta è troppo povero o troppo forte), tutti vedono esplodere la crisi del capitalismo.
Ovunque, anche nei paesi e nelle regioni più ricche, la distribuzione ineguale della ricchezza materiale ha esacerbato la disuguaglianza, in primo luogo la disuguaglianza delle opportunità sia all’interno delle singole società che a livello internazionale. Ho menzionato questa formidabile sfida nelle mie osservazioni al Forum di Davos all’inizio di quest’anno. Senza dubbio, questi problemi ci minacciano con grandi e profonde divisioni sociali.
Questo è rivolto soprattutto a chi odia Putin per essere andato a Davos: non solo la sua presenza lì non prova affatto che sia “in combutta con i capitalisti occidentali”, dimostra che quando Putin li incontra (come dovrebbe, sono i veri poteri che governano l’Impero), li mette in guardia sul proprio futuro e indica loro come agirà la Russia quando arriverà la crisi. Questo è qualcosa su cui la gente in Occidente sembra avere un blocco mentale: i russi parlano sempre con tutti, perfino con i loro peggiori nemici. Mille anni di guerra esistenziale hanno insegnato loro la saggezza di questo approccio: c’è un tempo per ogni cosa, compreso un tempo per parlare e un tempo per uccidere, e i russi sono molto esperti in entrambi! Questo è il motivo per cui la Russia parla con Israele, Iran e Arabia Saudita, ed è per questo che la Russia parla con i Talebani (che secondo la legge russa sono ancora terroristi, anche se Putin ha lasciato intendere che questo potrebbe cambiare in futuro, a seconda di cosa faranno i Talebani). I russi non rifiuteranno mai di parlare con qualsiasi entità, non importa quanto sia malvagia o pericolosa, purché abbia una vera autonomia! La gente di Davos ha una reale autonomia? Diavolo sì! Quindi CERTAMENTE i russi parleranno con loro. Infine, parlare con un nemico pericoloso semplicemente non è visto come una cosa negativa, i principi russi lo hanno fatto con i Tatari per diversi secoli. Poi i russi vinsero, militarmente.
Inoltre, numerosi paesi e persino intere regioni sono regolarmente colpiti da crisi alimentari. Probabilmente ne parleremo più avanti, ma ci sono tutte le ragioni per credere che questa crisi peggiorerà nel prossimo futuro e potrà raggiungere forme estreme. Ci sono anche carenze di acqua ed elettricità (probabilmente ci occuperemo anche di questo oggi), per non parlare della povertà, degli alti tassi di disoccupazione o della mancanza di assistenza sanitaria adeguata.
Qui Putin è molto preciso: mette in guardia su una futura crisi alimentare che raggiungerà una forma estrema. Potete essere abbastanza sicuri che questo avvertimento si basi sulle analisi dell’SVR sul rischio molto reale di rivolte violente, comprese le rivolte per il cibo, che accadono in Occidente. Per quanto riguarda la Russia, ha le più grandi riserve di acqua dolce del pianeta, è tra le maggiori potenze agricole del pianeta e ha abbastanza energia per andare avanti per secoli. Ultimo ma non meno importante, la Russia ora ha l’esercito più potente del pianeta e non permetterà all’Occidente, nemmeno a un Occidente affamato, di venire semplicemente a derubarla delle sue stesse ricchezze.
I paesi in ritardo ne sono pienamente consapevoli e stanno perdendo fiducia nelle prospettive di raggiungere sempre quelli più avanzati. La delusione stimola l’aggressività e spinge le persone ad unirsi ai ranghi degli estremisti. Le persone in questi paesi hanno un crescente senso di aspettative disattese e fallite e di mancanza di opportunità non solo per loro stessi, ma anche per i loro figli. Questo è ciò che li spinge a cercare vite migliori e si traduce in una migrazione incontrollata, che a sua volta crea un terreno fertile per il malcontento sociale nei paesi più prosperi. Non ho bisogno di spiegarvi nulla, poiché potete vedere tutto con i vostri occhi e, probabilmente, siete esperti in queste cose anche meglio di me.
Come ho notato in precedenza, le potenze leader prospere hanno altri problemi sociali urgenti, sfide e rischi in ampia offerta, e molte di loro non sono più interessate a combattere per l’influenza poiché, come si dice, ne hanno già abbastanza nei loro piatti. Il fatto che la società e i giovani di molti paesi abbiano reagito in modo eccessivamente duro e persino aggressivo alle misure per combattere il coronavirus ha dimostrato – e lo voglio sottolineare, spero che qualcuno lo abbia già menzionato prima di me in altre sedi – quindi, io penso che questa reazione ha mostrato che la pandemia era solo un pretesto: le cause di irritazione e frustrazione sociale sono molto più profonde.
La questione della necessità di non confondere mai causa e pretesto è qualcosa che Putin menziona spesso. In questo caso, sta dicendo che i lockdown non sono stati la causa delle proteste, ma piuttosto la scintilla che ha innescato l’esplosione sociale le cui vere cause sono nella natura insostenibile e, francamente, disumana, ipocrita, immorale dell’ordine capitalista occidentale e della sua visione del mondo (il capitalismo è entrambi).
Ho un altro punto importante da esporre. La pandemia, che in teoria avrebbe dovuto unire le persone nella lotta contro questa grande minaccia comune, è invece diventata un fattore di divisione, più che unificante. Ci sono molte ragioni, ma una delle principali è che hanno iniziato a cercare soluzioni ai problemi tra i soliti approcci – una varietà di esse, ma sempre quelli vecchi, anche se semplicemente non funzionano. O, per essere più precisi, funzionano, ma spesso e stranamente peggiorano lo stato di cose esistente.
Il capitalismo occidentale è tutto incentrato sull’individualismo. Si basa sull’idea che la somma delle nostre avidità porterà alla migliore società umana possibile. Certo, questa è una menzogna, e sebbene costringa le persone a lavorare sodo motivate dall’avidità (i ricchi) o dalla sopravvivenza (i poveri), non può generare una società, una civiltà, che possa agire insieme contro una minaccia comune: tutti tirano le coperte a sé, ecco tutto quello che c’è da dire sui cosiddetti “valori della civiltà occidentale”: il resto è solo prolefeed ideologico per le masse ingannate.
A proposito, la Russia ha ripetutamente chiesto, e lo ripeterò, di fermare queste ambizioni inappropriate e di lavorare insieme. Probabilmente ne parleremo più avanti, ma è chiaro cos’ho in mente. Parliamo della necessità di contrastare insieme il contagio da coronavirus. Ma nulla cambia; tutto rimane lo stesso nonostante le considerazioni umanitarie. Non mi riferisco alla Russia ora, tralasciamo le sanzioni contro la Russia per ora; intendo le sanzioni che restano in vigore contro quegli stati che hanno un disperato bisogno di assistenza internazionale. Dove sono i fondamenti umanitari del pensiero politico occidentale? Sembra che non ci sia niente lì, solo chiacchiere. Capite? Questo è ciò che sembra essere in superficie.
Qui Putin enuncia persino la verità evidente che non è impossibile nascondere: dove sono i fondamenti umanitari del pensiero politico occidentale? Sembra che non ci sia niente lì, solo chiacchiere. Il fatto che l’abbia detto due volte, così pubblicamente, è una delle affermazioni più importanti di tutta la sua carriera e uno dei motivi chiave per cui le classi dirigenti occidentali stanno ora entrando in profonda crisi isterica: si sentono come il proverbiale re nudo.
Inoltre, la rivoluzione tecnologica, i risultati impressionanti nell’intelligenza artificiale, nell’elettronica, nelle comunicazioni, nella genetica, nella bioingegneria e nella medicina aprono enormi opportunità, ma allo stesso tempo, in termini pratici, sollevano questioni filosofiche, morali e spirituali che erano fino a poco tempo fa le dominio esclusivo degli scrittori di fantascienza. Che cosa accadrà se le macchine supereranno gli umani nella capacità di pensare? Dov’è il limite d’interferenza nel corpo umano oltre il quale una persona cessa di essere se stessa e si trasforma in qualche altra entità? Quali sono i limiti etici generali nel mondo in cui le potenzialità della scienza e delle macchine stanno diventando quasi sconfinate? Che cosa significherà questo per ognuno di noi, per i nostri discendenti, i nostri discendenti più prossimi – i nostri figli e nipoti?
Questi cambiamenti stanno guadagnando slancio e certamente non possono essere fermati perché di regola sono obiettivi. Tutti noi dovremo affrontare le conseguenze indipendentemente dai nostri sistemi politici, condizioni economiche o ideologia prevalente.
Verbalmente, tutti gli Stati parlano del loro impegno per gli ideali della cooperazione e della volontà di lavorare insieme per risolvere problemi comuni ma, purtroppo, queste sono solo parole. In realtà sta accadendo il contrario e la pandemia è servita ad alimentare le tendenze negative emerse molto tempo fa e che ora stanno solo peggiorando. L’approccio basato sul proverbio, “la tua camicia è più vicina al corpo”, è finalmente diventato comune e ora non è più nemmeno nascosto. Inoltre, spesso si tratta anche di vantarsi e brandire. Gli interessi egoistici prevalgono sulla nozione di bene comune.
Ci sono troppi esempi per elencarli qui, quindi ne sceglierò uno: le “molecole di libertà” che lo Zio Shmuel ha promesso ai suoi vassalli europei sono ora in Asia. Come volevasi dimostrare.
Il problema non sta solo nelle cattive intenzioni di determinati Stati e di ben conosciute élites. Ritengo che sia più complesso. In linea generale, le cose sono solo raramente in bianco o nero. Governi e leader sono prima di tutto responsabili verso i loro concittadini, ovviamente. L’obiettivo principale è assicurare sicurezza, pace e prosperità. Perciò, per i leader nazionali, le questioni transnazionali e internazionali non saranno mai al pari della stabilità interna, il che è normale e corretto.
Dobbiamo prendere atto del fatto che le istituzioni della “governance” globale non funzionano sempre e che le loro capacità non sempre sono all’altezza delle sfide poste dalle dinamiche dei processi globali. In questo senso, la pandemia è stata un chiaro indicatore di quali istituzioni hanno le capacità e quali invece richiedono degli aggiustamenti.
Il riallineamento negli equilibri di potere ne richiede la redistribuzione in favore di quei paesi emergenti e in via di sviluppo che sinora ne sono stati esclusi. Detto senza giri di parole, il dominio occidentale nelle questioni internazionali, iniziato diversi secoli fa e che è stato quasi assoluto per un breve periodo alla fine del XX secolo, sta cedendo di fronte ad un sistema molto più diversificato.
D’accordo, però lasciatemi precisare che dissi la stessa cosa prima di Putin, e in maniera molto più diretta e precisa 🙂 . Si veda questo articolo [in italiano], dove indicai persino le date: “l’Impero è morto l’8 gennaio 2020, e gli USA sono morti quasi esattamente un anno dopo, il 6 gennaio 2021”. Per vedere le reazioni, senza moderatore e perciò spontanee, a queste affermazioni, si veda la sezione dei commenti [in inglese] nella versione dello stesso articolo pubblicata da Unz. Mi aspetto che le reazioni alle parole di Putin replichino l’isteria dei commenti su Unz: rabbia impotente, odio personale, dichiarazioni sciovinistiche ed una salva di insulti triti e ritriti. Tutto quel chiasso non incide minimamente sul risultato. Lo Zio Shmuel e il suo Impero sono morti, anche se la forza di inerzia li fa sembrare ancora vivi (ed anche il lavaggio dei cervelli nella Zona A operato in maniera magistrale); un altro ordine mondiale, nel quale nella migliore delle ipotesi l’Occidente sarà un attore secondario, sta prendendo forma di fronte ai nostri occhi.
Questa trasformazione non è un processo meccanico ed è a suo modo, si potrebbe anche dire, del tutto eccezionale. La storia politica non fornisce esempi di un ordine mondiale stabile, stabilito senza grandi guerre all’origine, com’è il caso della Seconda Guerra Mondiale. Per questo motivo è possibile stabilire un precedente molto favorevole. Il tentativo di creare un ordine mondiale dopo la fine della Guerra Fredda sulla base della dominazione occidentale è fallito, come ben possiamo costatare. L’attuale stato delle relazioni internazionali è un prodotto di quel fallimento, e questo deve servire da lezione.
Si tratta di un argomento all’attenzione di molti storici e analisti russi. Nel passato, tutte le maggiori riorganizzazioni dell’ordine internazionale sono sfociate in guerre che ne hanno definito i contorni, e questo fino alla crisi successiva. È la questione che i russi stanno sollevando: è possibile che l’Occidente collassi e si fondi nel nuovo ordine internazionale senza scatenare una grande guerra, in particolar modo visto che sarebbe probabilmente nucleare e minaccerebbe la sopravvivenza della specie umana? La Russia ha fatto tutto quanto in suo potere per far desistere l’Occidente, ha organizzato delle forze armate che per capacità sono pari o addirittura superiori a quelle di tutto l’Impero occidentale messo insieme, e su tutti i livelli, da quello tattico, operativo fino a quello strategico. E se l’Occidente dovesse decidere di andare avanti con il proprio Götterdämmerung, allora la Russia farà in modo che nessuno le sopravviva (come disse Putin: “che bisogno abbiamo di un mondo senza la Russia?” e “almeno noi moriremo come martiri, loro semplicemente creperanno”). Ma, alla fine, se i leader dell’Impero Anglo-Sionista scateneranno l’olocausto finale per l’umanità, sarà solo una loro scelta. Non c’è nient’altro che la Russia possa fare per cambiare quel possibile esito.
Ci si chiederà: a che punto siamo arrivati? Siamo giunti ad un punto in qualche modo paradossale. Un esempio: per due decenni le nazioni più potenti al mondo hanno condotto campagne militari in due Paesi con i quali non ci può essere alcun paragone, da nessun punto di vista. Ma alla fine, hanno dovuto terminare le operazioni senza ottenere nessuno dei risultati che si erano prefisse vent’anni prima, e si sono ritirate con grande danno agli altri e a loro stessi. In realtà, la situazione è peggiorata in maniera decisa.
Ma il punto non è questo. Una volta, una guerra persa da una parte era una vittoria per l’altra, che si assumeva la responsabilità degli avvenimenti. Ad esempio, la sconfitta degli Stati Uniti in Vietnam non lo rese un “buco nero”. Al contrario, il Vietnam ne uscì sviluppandosi con successo, affidandosi anche all’aiuto di un alleato potente. Oggigiorno le cose stanno in maniera molto diversa. Non importa chi vince, la guerra non si ferma ma semplicemente cambia forma. La regola è che l’ipotetico vincitore non vuole o non può garantire una pacifica ripresa post-bellica, ma non fa altro che peggiorare il caos e il vuoto creati, che sono anche un pericolo per il mondo intero.
Colleghi,
quali pensate possano essere i punti di partenza di questo complesso processo di riallineamento? Consentitemi di riassumere i punti centrali.
In primo luogo, la pandemia da coronavirus ha chiaramente indicato che l’ordine internazionale si fonda sugli Stati nazionali. Oltretutto, gli sviluppi recenti hanno mostrato che le piattaforme digitali globali, con tutto il potere di cui dispongono, che abbiamo potuto notare nei processi politici interni agli Stati Uniti, non sono riuscite ad usurparne le funzioni politiche e statali. Sono stati tentativi effimeri. Le autorità statunitensi, come dicevo, hanno immediatamente rimesso al loro posto i proprietari di queste piattaforme, il che è esattamente quello che sta anche succedendo in Europa, se si guarda alla dimensione delle multe comminate e alle misure di de-monopolizzazione che sono attuate. Di questo siete a conoscenza.
Non c’è stata una risposta internazionale coordinata alla pandemia. Ogni paese ha fatto quello che ha ritenuto opportuno. Lo stesso succederà con altre minacce future. È questa la natura dell’attuale (dis)organizzazione planetaria, e le istituzioni internazionali non fanno differenza.
Nei decenni più recenti sono stati in molti a diffondere concetti bizzarri secondo i quali il ruolo dello stato era ormai obsoleto e in fase di superamento.
La globalizzazione, così si presumeva, ha reso anacronistici i confini statali, e la sovranità, un ostacolo alla prosperità. Lo sapete, l’avevo già detto e lo ripeto. Questo è anche quello che sostengono chi ha cercato di aprire i propri confini statali a beneficio del proprio vantaggio competitivo. Questo è quello che è successo nella realtà. E quando si è iniziato a vedere che qualcuno da qualche parte otteneva ottimi risultati, si è corsi in generale a richiudere i confini in via generale, ma soprattutto, nel particolare, le barriere doganali, e si è iniziato a costruire muri. Bene, non ci si aspettava che lo notassimo, o cosa? Tutti vedono tutto e ciascuno capisce tutto perfettamente. Certo che lo capiscono.
È una gomitata ai libertari occidentali: Putin è senza dubbio uno “statista” e crede, come tutti i russi, non solo nell’utilità dello Stato, ma nella sua importanza vitale.
Non ha senso stare a discuterlo. È un fatto ovvio. Ma gli eventi, quando parlammo della necessità di aprire i confini, gli eventi, come dicevo, si sono svolti nella direzione opposta. Solo gli stati sovrani possono rispondere efficacemente alle sfide attuali e alle esigenze dei cittadini. Allo stesso modo, qualunque ordine internazionale efficace deve tenere conto degli interessi e delle capacità degli Stati e agire di conseguenza, anziché tentare di dimostrare che questi non dovrebbero esistere. In più, è impossibile imporre tutto a tutti, sia che tratti dei principi fondamentali della struttura sociopolitica, sia di valori che qualcuno, per le sue proprie particolari ragioni, ha deciso di definire universali. Dopotutto, è chiaro che quando c’è una crisi vera c’è un unico valore che resta e questo è la vita umana, che ogni Stato decide da sé come meglio proteggere secondo le proprie possibilità, cultura e tradizioni.
Qui, di nuovo, Putin non è ideologico, ma anzi rimanda alla questione fondamentale della sopravvivenza. E la chiave per la sopravvivenza è l’esistenza di uno Stato veramente sovrano e forte, con una vera ed effettiva capacità di agire.
A questo proposito, devo di nuovo osservare quanto grave e pericolosa sia diventata la pandemia. Come sappiamo, più di 4,9 milioni di persone ne sono morte. Questi numeri terrificanti possono essere paragonati e persino superano le perdite militari dei più importanti belligeranti nella Prima Guerra Mondiale.
Questo è per quelli che ancora credono nella sciocchezza che “non c’è pandemia” e impone una domanda: quanto serve per prendere atto della realtà? Cinque o dieci milioni? Venti?
Il secondo punto sul quale vorrei richiamare la vostra attenzione è la scala del cambiamento, che ci costringe ad agire con estrema cautela, se non altro per una questione di auto-conservazione. Lo Stato e la società non devono rispondere in maniera radicale a mutamenti tecnologici qualitativi, al drammatico cambiamento climatico o alla distruzione dei sistemi tradizionali. Distruggere è più facile che creare, come ben sappiamo. In Russia lo sappiamo perfettamente, purtroppo, da quello che abbiamo sperimentato più volte.
Putin si riferisce alle tremende rivoluzioni attraverso le quali la Russia è passata durante il XX secolo: due nel 1917, poi il 1991 e il 1993. Putin è molto contrario alle rivoluzioni violente e motivate ideologicamente. Ciò non significa che ritenga un bene ciò che le precedette, o che meritasse di essere preservato, bensì che i cambiamenti debbano essere graduali e cauti, mai all’insegna di urla isteriche e slogan di pazzoidi imbevuti di certezze ideologiche.
Appena un secolo fa la Russia ha fronteggiato problemi oggettivamente molto seri, tra i quali quelli legati alla Prima Guerra Mondiale. Tuttavia i suoi problemi non erano peggiori o minori o più acuti di quelli di altri Paesi, e la Russia avrebbe potuto affrontarli in modo graduale e civile. Ma lo shock rivoluzionario ha fatto collassare e disintegrare una grande potenza. La seconda volta è successa trent’anni fa, quando una nazione potenzialmente molto forte, non riuscì ad affrontare lo stato di urgenza come sarebbe servito, cioè con riforme flessibili ma attentamente realizzate nel momento giusto, e come conseguenza è diventata vittima di tutti i tipi di dogmatismi, sia reazionari sia cosiddetti progressisti. Ognuno fece la sua parte, ogni parte lo fece.
Questi esempi della nostra storia ci permettono di dire che le rivoluzioni non risolvono le crisi ma, anzi, le aggravano. Nessuna rivoluzione è valsa il danno che ha provocato al potenziale umano.
Un veloce pro-memoria: anche le rivoluzioni dichiaratemente “incruente” finiscono per versare più sangue di quanto di possa immaginare. A questo proposito vorrei citare Gandhi “Mi oppongo alla violenza perché anche quando è utilizzata a fin di bene, il bene è solo temporaneo; il male che porta è per sempre”. Forse non proprio per sempre, ma di sicuro dura molto, MOLTO più a lungo di qualunque “bene” la violenza si era prefissa di ottenere.
Terzo. L’importanza di un solido sostegno nella sfera della morale, dell’etica e dei valori sta aumentando moltissimo nel fragile mondo moderno. In realtà, i valori sono un prodotto, il risultato particolare dello sviluppo culturale e storico di ogni nazione. L’interlacciamento reciproco tra le nazioni sicuramente le arricchisce, l’apertura espande i loro orizzonti e consente loro di rinfrescare le tradizioni, ma questo processo deve essere organico e non può mai essere troppo rapido. Qualunque corpo estraneo sarebbe rifiutato in ogni caso, anche in maniera molto netta. I tentativi di imporre i propri valori, con esiti imprevedibili ed incerti, non fanno altro che complicare ulteriormente una situazione già grave e di solito portano a reazioni opposte, così come a risultati opposti a quelli desiderati.
Questa è una gomitata allo pseudo-Wakanda ispirato ai valori “woke” che i folli dell’Occidente stanno promuovendo. La questione è affrontata più approfonditamente più avanti.
Osserviamo con stupore i processi in corso nei paesi che sono stati tradizionalmente considerati i portabandiera del progresso. Naturalmente, i traumi sociali e culturali che si stanno verificando negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale non sono affari nostri; ci stiamo tenendo fuori da questo. Alcuni, in Occidente, credono che l’eliminazione aggressiva d’intere pagine dalla propria storia, che la “discriminazione inversa” contro la maggioranza nell’interesse di una minoranza, e che la richiesta di rinunciare alle nozioni tradizionali di madre, padre, famiglia e persino genere, siano i pilastri del percorso verso il rinnovamento sociale.
Si parla degli Stati Uniti e di come si sono suicidati. Quello che Putin sta dicendo è questo: vuoi suicidarti, con tutti i mezzi, fallo, ma non cercare di farti seguire da noi, perché non lo faremo mai e poi mai.
Ascoltate, vorrei sottolineare ancora una volta che hanno il diritto di farlo, ci stiamo tenendo fuori da tutto questo. Ma vorremmo pure chiedere loro di tenersi fuori dai nostri affari interni. Abbiamo un punto di vista diverso, almeno la stragrande maggioranza della società russa, sarebbe più corretto dirlo in questo modo, ha un’opinione diversa su quest’argomento. Crediamo di dover fare affidamento sui nostri valori spirituali, sulla nostra tradizione storica e sulla cultura della nostra nazione multietnica.
È tutto vero. Alla maggior parte dei russi, indipendentemente dalla loro etnia, religione o idea politica, piacciono le coppie differenziate per genere, con un padre e una madre, ciascuno nel proprio ruolo. Nessun problema se gli Stati Uniti vogliono trasformarsi in un “Transessistan”, gestito da creature fluide, di genere, natura e funzione indeterminati. Ma la Russia rifiuta apertamente e categoricamente un tale modello, non importa quanto sarà forte la protesta che qualche organizzazione sui “diritti umani” (o diritti dei transessuali) dell’Occidente solleverà.
I sostenitori del cosiddetto “progresso sociale” credono di introdurre l’umanità in una sorta di coscienza nuova e migliore. Buona fortuna, issate le bandiere come diciamo noi, andate pure avanti. L’unica cosa che voglio dire ora è che le loro prescrizioni non sono per nulla nuove. Può essere una sorpresa per alcune persone, ma la Russia c’è già passata. Dopo la rivoluzione del 1917, i bolscevichi, basandosi sui dogmi di Marx ed Engels, dissero anche che avrebbero cambiato i modi e i costumi esistenti e non solo quelli politici ed economici, ma la nozione stessa di moralità umana e le fondamenta di una società sana. La distruzione di antichi valori, religione e relazioni tra le persone, fino al rifiuto totale della famiglia (abbiamo avuto anche questo), l’incoraggiamento a spiare sui propri cari, tutto questo è stato proclamato progresso e, a proposito, è stato ampiamente sostenuto in tutto il mondo di allora ed era abbastanza di moda, come oggi. A proposito, i bolscevichi erano assolutamente intolleranti verso le opinioni diverse dalle loro.
Questo è anche qualcosa che ho detto molte volte: molte delle cosiddette “minoranze” in Occidente sono altrettanto intolleranti e persino violente, come i trotskisti nella Russia sovietica. Mentre si avvolgono nei mantelli di “accettazione”, “positività” o “diversità”, la verità è che è meglio essere d’accordo con loro, altrimenti…. Posso personalmente attestare che questo blog ha perso alcuni lettori (non quanti come molti di loro vogliono credere!) e anche autori sul mio rifiuto di considerare l’omosessualità come una “variazione normale e naturale della sessualità umana”. Alcune di queste persone mi hanno anche scritto lunghe lettere d’insulti nell’apparente convinzione che questo mi avrebbe impressionato. Ci sono molte minoranze in Occidente e nel mondo, e i governanti dell’Impero le usano con grande efficacia per, per prima cosa, distrarre dai problemi reali e, in secondo luogo, distruggere la civiltà occidentale (ne ho ripubblicato uno di recente qui). Nella mia esperienza, il singolo gruppo più intollerante e ideologicamente cablato sono gli omosessuali, lasciando le femministe militanti molto indietro. Ma i soggetti BLM o Antifa mostrano anche una mentalità tipicamente trotskysta. Per quanto riguarda l’Alt-Right, Q-anon e il resto della gente “non pestarmi i piedi” (che è stata calpestata sin dalla nascita e non ha mai avuto il cervello o la consapevolezza della realtà per comprenderlo!), sognano “Evropa”, vanno in giro sulle Harley, fanno scorta di munizioni e pistole e talvolta sembrano persino credere che Putin o la Russia siano dalla loro parte. E sì, mentre sono piuttosto patetici, sono molto MENO ideologicamente intolleranti e, quindi, meno potenzialmente violenti, rispetto alle loro controparti “progressiste”. Le classi dominanti degli Stati Uniti li usano TUTTI al solo scopo di rimanere al potere.
Questo, credo, dovrebbe richiamare alla mente alcune delle cose cui stiamo assistendo ora. Guardando a ciò che sta accadendo in un certo numero di paesi occidentali, siamo stupiti di vedere le pratiche interne, che, fortunatamente, abbiamo lasciato, spero, nel lontano passato. La lotta per l’uguaglianza e contro la discriminazione si è trasformata in un dogmatismo aggressivo, al limite dell’assurdità, quando le opere dei grandi autori del passato, come Shakespeare, non sono più insegnate nelle scuole o nelle università, perché le loro idee sono ritenute arretrate. I classici si ritengono arretrati e si reputano ignoranti sull’importanza del genere o della razza. A Hollywood si distribuiscono memo sulla narrazione corretta e su quanti personaggi di quale colore o genere devono esserci in un film. Questo è anche peggio del dipartimento agit-prop del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
Ha detto chiaramente: “…dogmatismo aggressivo, al limite dell’assurdità”. E, credimi, dopo settant’anni di dominio bolscevico, i russi sanno tutto quello che c’è da sapere sul “dogmatismo aggressivo, al limite dell’assurdità”. Perciò NON vogliono farne parte.
Contrastare gli atti di razzismo è una causa necessaria e nobile, ma la nuova “cultura dell’annullamento” l’ha trasformata in “discriminazione inversa”, cioè razzismo inverso. L’enfasi ossessiva sulla razza sta dividendo ulteriormente le persone, quando i veri combattenti per i diritti civili sognavano proprio di cancellare le differenze e rifiutare di dividere le persone per colore della pelle. Ho chiesto espressamente ai miei colleghi di trovare la seguente citazione di Martin Luther King: “Io ho un sogno, che i miei quattro bambini possano vivere un giorno in una nazione in cui non siano giudicati dal colore della loro pelle ma dal loro carattere”. Questo è il vero valore. Tuttavia, lì le cose stanno andando diversamente. A proposito, la maggioranza assoluta dei russi non pensa che il colore della pelle di una persona o il loro genere siano una questione importante. Ognuno di noi è un essere umano. Questo è ciò che conta.
Questo è per quegli idioti ignoranti che credono che la Russia si preoccupi della “razza bianca”, tra cui, ahimè, alcune persone che si considerano russe, o lo dicono, ma la cui visione del mondo è categoricamente opposta a quella tradizionale russa: i russi non pensano o usano categorie come il colore della pelle o l’etnia (l’ultimo zar, per esempio, era più tedesco che russo e sua moglie era tedesca). A differenza dell’Occidente, che è nato nel XII secolo e che è stato imperialista fin dalla Prima Crociata, la Russia, come l’Impero Romano d’Oriente (cioè Bisanzio) o, prima ancora, l’Impero Romano Alessandrino, è sempre stata multi-etnica, multi-culturale e multi-religiosa, e certe nozioni occidentali, come la “razza bianca”, non hanno significato alcuno nella tradizione russa e nella sua visione del mondo (perfino i bolscevichi erano ufficialmente internazionalisti, anche se alcuni erano per lo più russofobi, ma questo è un altro argomento).
In un certo numero di paesi occidentali, il dibattito sui diritti degli uomini e delle donne si è trasformato in una fantasmagoria perfetta. Sentite, fate attenzione a non andare dove i bolscevichi avevano una volta pianificato di andare, mettere in comune non solo i polli, ma anche le donne. Un altro passo e sarete lì.
Sì, ha osato dirlo: “il dibattito sui diritti degli uomini e delle donne si è trasformato in una fantasmagoria perfetta”. Posso solo immaginare la rabbia che queste parole scateneranno.
Inoltre, a proposito di “mettere in comune” polli o donne. Si riferisce alle varie ideologie, da Platone a Marx, che volevano sovvertire la famiglia tradizionale e rendere le donne “comuni”. Per chi non ha idea a cosa mi riferisco, posso solo raccomandare il seguente libro di Igor Shafarevich “Il fenomeno socialista”.
Gli zeloti di questi nuovi approcci arrivano addirittura a voler abolire del tutto questi concetti. Chiunque osi dire che gli uomini e le donne esistono davvero, il che è un fatto biologico, rischia di essere ostracizzato. “Genitore numero 1” e “genitore numero 2”, “genitore di nascita” invece di “mamma”, “latte umano” che sostituisce “latte materno” perché potrebbe turbare le persone che non sono sicure del proprio genere. Ripeto, questo non è nulla di nuovo; nel 1920, i cosiddetti Kulturtraegers sovietici inventarono anche qualche parola nuova credendo di creare una nuova coscienza in modo da cambiare i valori. E, come ho già detto, hanno fatto un tale caos che a volte fa ancor oggi rabbrividire.
Anche in questo caso, Putin denuncia APERTAMENTE l’intera ideologia “Woke”, paragonandola all’ideologia nazista (da qui il suo uso del termine Kulturtraeger), ai suoi ideologi e ai suoi CRIMINI, come vedremo avanti.
Per non parlare di alcune cose veramente mostruose quando ai bambini è insegnato fin dalla tenera età che un ragazzo può facilmente diventare una ragazza e viceversa. Cioè, gli insegnanti in realtà impongono loro una scelta che tutti presumibilmente abbiamo. Lo fanno mentre escludono i genitori fuori dal processo e costringono il bambino a prendere decisioni che possono sconvolgere tutta la loro vita. Non si preoccupano nemmeno di consultarsi con gli psicologi infantili, un bambino di questa età è persino in grado di prendere una decisione di questo tipo? Chiamiamo le cose con il loro nome, questo rasenta un crimine contro l’umanità, ed è fatto in nome e sotto la bandiera del progresso.
Quello che gli ideologi statunitensi stanno facendo ai bambini è un crimine contro l’umanità. È un abuso sui minori del peggior tipo. Putin ha il coraggio di dirlo apertamente. Beh, almeno i ‘folli di genere’ in Occidente non possono farlo licenziare o comunque “annullare”. Meno male!
Beh, se a qualcuno piace questo, lasciamoglielo fare. Ho già detto che, nel plasmare i nostri approcci, saremo guidati da un salutare tradizionalismo, è stato qualche anno fa, quando le passioni sulla scena internazionale non erano ancora intense come lo sono ora, anche se, naturalmente, possiamo dire che le nuvole si stavano radunando già allora. Ora, quando il mondo sta attraversando una rottura strutturale, l’importanza del ragionevole conservatorismo come base per un corso politico è aumentata alle stelle, proprio a causa dei rischi e dei pericoli che si moltiplicano e della fragilità della realtà che ci circonda.
Stesso messaggio: goditi il tuo desiderato Wakanda ma stai lontano da noi, dalle nostre famiglie, dalle nostre tradizioni e soprattutto dai nostri bambini!
Quest’approccio conservatore non riguarda un tradizionalismo ignorante, una paura del cambiamento o un gioco restrittivo, tanto meno il ritirarsi nel nostro guscio. Si tratta principalmente di affidarsi a una tradizione collaudata nel tempo, alla conservazione e alla crescita della popolazione, a una valutazione realistica di se stessi e degli altri, a un preciso allineamento delle priorità, a una correlazione tra necessità e possibilità, a una prudente formulazione degli obiettivi e a un rifiuto fondamentale dell’estremismo come metodo. E francamente, nell’imminente periodo di ricostruzione globale, che potrebbe richiedere molto tempo, con il suo progetto finale incerto, il conservatorismo moderato è la linea di condotta più ragionevole, per quanto vedo. Cambierà inevitabilmente a un certo punto, ma finora, non nuocere, il principio guida in medicina, sembra essere il più razionale. Noli nocere, come si suol dire.
In primo luogo, “non nuocere” non dovrebbe essere una nozione controversa. Ma l’Occidente e tutte le sue ideologie e incarnazioni ha affrontato questa regola di base in modo molto semplice: “l’assioma è: quando lo facciamo NOI, non è male, per definizione”. Questa è la summa di mille anni d’imperialismo occidentale, violenza e intolleranza: “quando lo facciamo NOI, è buono, perché siamo buoni”, e questo è un dogma.
Ancora, per noi in Russia, questi non sono alcuni postulati speculativi, ma lezioni impartite dalla nostra difficile e talvolta tragica storia.
I costi degli esperimenti sociali mal congegnati sono talvolta impossibili da stimare. Tali azioni possono distruggere non solo le fondamenta materiali dell’esistenza umana ma anche quelle spirituali, lasciandosi dietro una rovina morale in cui nulla può essere costruito per lungo tempo.
Questo è l’ultimo avvertimento: continuate così e non lascerete altro che una rovine morale in cui nulla può essere costruito per lungo tempo. A chi sono rivolte queste parole? Non ai leader dell’Impero. Non ai tizi “Woke” e neanche ai mezzi cervelli di “Non pestarmi i piedi”. Non alla gente tipo Greta Thunberg di sicuro. Credo che questo avvertimento sia rivolto a chi ha ancora qualcosa da conservare: i paesi mediterranei, il Medio Oriente, l’America Latina e gran parte del continente asiatico.
Infine c’è ancora un argomento che voglio trattare. Sappiamo fin troppo bene che risolvere i problemi urgenti che il mondo sta affrontando sarebbe impossibile senza una cooperazione internazionale molto stretta. Tuttavia occorre essere realisti: la gran parte di quegli slogan carini sul dare soluzioni globali ai problemi globali che stiamo ascoltando fin dalla fine del XX secolo, non diventeranno mai realtà. Per arrivare a soluzioni globali, gli stati e i popoli dovrebbero trasferire i loro diritti sovrani a strutture sovranazionali in una misura tale che pochi, o nessuno, accetterebbero. Questo è in gran parte attribuibile al fatto che devi rendere conto dei risultati di quelle politiche non a un qualche pubblico globale, ma ai tuoi cittadini e votanti.
Tuttavia, questo non vuole dire che sia impossibile esercitare un po’ di moderazione per amore di dare soluzioni ai problemi globali. Dopotutto, una sfida globale è una sfida per tutti noi insieme, e per ognuno di noi in particolare. Se ognuno vedesse il modo con cui trarre beneficio dal cooperare nell’affrontare queste sfide, allora saremmo meglio equipaggiati a lavorare insieme.
Uno dei modi in cui si possono promuovere questi sforzi potrebbe essere, per esempio, stilare, al livello delle Nazioni Unite, una lista delle sfide e delle minacce affrontate da paesi specifici, con dettagli su come loro possono influenzare altri paesi. Questo impegno coinvolgerebbe esperti di varie nazioni e di diversi ambiti accademici, inclusi voi, colleghi miei. Noi crediamo che lo sviluppo di un piano d’azione di questo tipo possa ispirare molte nazioni a considerare i problemi globali in una nuova luce e a capire quali benefici possa portare loro la cooperazione.
Ho già menzionato le sfide cui si trovano di fronte le istituzioni internazionali. Sfortunatamente, questo è ovvio: adesso è una questione di riformare o chiudere alcune di loro. Tuttavia, le Nazioni Unite conservano il loro duraturo valore come istituzione internazionale centrale, almeno per ora. Io credo che, nel nostro mondo turbolento, siano le Nazioni Unite a portare un tocco di ragionevole conservatorismo nelle relazioni internazionali, un qualcosa di molto importante per normalizzare la situazione.
I leader dell’Occidente hanno cercato di sovvertire e di screditare le Nazioni Unite già da molti decenni. Perché? Semplice: essi non hanno là uno status superiore e i P5 possono mettere il veto su qualunque proposta. Da qui vengono tutte le panzane raccontate da vari presidenti statunitensi sul nuono “ordine internazionale basato sulle regole” o sulla “alleanza delle democrazie”. Queste sono solo sciocchezze dette al solo scopo di sovvertire le Nazioni Unite a causa della Russia e della Cina. I leader dell’Occidente vogliono il monopolio totale sul potere e quando non possono averlo, ignorano semplicemente le regole sulle quali essi stessi si sono accordati dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Molti criticano le Nazioni Unite per non riuscire ad adattarsi ad un mondo in cambiamento rapido. Questo è in parte vero, ma la maggior parte della colpa non va data alle Nazioni Unite quanto ai suoi membri. Inoltre, quest’organismo internazionale promuove non solo le norme internazionali, ma anche lo spirito che le anima, basato sui principi di uguaglianza e massima considerazione per l’opinione di tutti. La nostra missione è quella di riformare l’organizzazione preservando quest’eredità. Tuttavia, nel fare questo, bisogna essere certi di non buttare via il bambino con l’acqua sporca, come si suol dire.
Qui c’è molto da aggiungere: per esempio, l’Occidente ho preso il totale controllo di organismi come l’Organizzazione per la Proibizione della Armi Chimiche [OPCW], la Corte Penale Internazionale [ICC] o perfino il Comitato Olimpico Internazionale [IOC]. La lista di tali organizzazioni internazionali totalmente controllate è molto, molto lunga. L’Occidente controlla anche Amnesty, WWF, ICRC, eccetera. Avendo lavorato (molto poco) alle Nazioni Unite e al Comitato Internazionale della Croce Rossa [ICRC], lo posso personalmente confermare. Putin è troppo diplomatico a dirlo così ma, credetemi, i russi ne sono assolutamente coscienti e a ragione.
Questa non è la prima volta che uso questo alto podio per sollecitare un’azione collettiva rivolta ad affrontare problemi che continuano ad accumularsi e a diventare più pressanti. È grazie a voi, amici e colleghi, che il Valdai Club sta emergendo o già si è affermato come un formu di alto profilo. È per questa ragione che ritorno a questa piattaforma per riaffermare la nostra disponibilità a lavorare insieme per risolvere i problemi più urgenti che il mondo sat oggi affrontando.
Amici,
I cambiamenti menzionati qui prima di me, come del resto i miei, sono rilevanti per tutte le nazioni e per tutti i popoli. La Russia, naturalmente, non è un’eccezione. Proprio come tutti gli altri, stiamo cercando risposte alle più urgenti sfide del nostro tempo.
Naturalmente, nessuno ha la ricetta pronta in tasca. Tuttavia, mi avventurerei ad affermare che il nostro paese ha un vantaggio, lasciate che ve lo spieghi. Ha a che fare con la nostra esperienza storica, dovreste aver notato che vi faccio riferimento spesso in questi miei appunti. Sfortunatamente, ci riporta alla mente molte storie tristi ma, almeno, la nostra società ha sviluppato quello che oggi si chiama un’immunità di gregge verso l’estremismo che fa strada ai sovvertimenti e ai cataclismi sociali. La gente attribuisce veramente un grande valore alla stabilità e all’essere capace di vivere delle vite normali e prospere mentre, al contempo, ci sia fiducia che aspirazioni e piani non vengano ancora rovesciati dalle ambizioni irresponsabili di un ennesimo gruppo di rivoluzionari. Molti hanno ricordi vividi di quel che accadde trent’anni fa e di tutte le pene subite per uscire dalla fossa in cui si ritrovarono il nostro paese e la nostra nazione dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica.
“La nostra società ha sviluppato quella che oggi si chiama un’immunità di gregge verso l’estremismo che fa strada ai sovvertimenti e ai cataclismi sociali”. Questo è assolutamente vero, grazie a tre rivoluzioni terribili, numerosi bagni di sangue (inclusi quello nel 1993 e in Cecenia), l’autodistruzione totale dell’Ucraina del post-Maidan e ora il suicidio collettivo dell’Occidente, riportato quasi ogni giorno in Russia sui media, sugli organi governativi, sulle piattaforme aziendali e sui social. È per questo che le voci su un complotto contro Putin sono così sciocche: lui ha non soltanto il controllo pieno e totale di tutti i “ministri più potenti” e il sostegno della maggioranza dei russi, ma appena ci fosse in Russia un qualsiasi tentativo di simil-”Maidan” (come quello recente tentato in Bielorussia dall’Occidente), ci sarebbe spontaneamente un anti-Maidan infinitamente più grande.
Le opinioni conservatrici che abbiamo sono di una prudenza ottimista, il che è quello che conta di più. Noi crediamo possibile uno sviluppo stabile e positivo. Tutto dipende principalmente dai nostri sforzi. Ovviamente, siamo pronti a lavorare con i nostri partner sulle nobili cause comuni.
Voglio ringraziare ancora una volta tutti i partecipanti per la vostra attenzione. E com’è ormai tradizione, risponderò con piacere, o almeno ci proverò, alle vostre domande.
Grazie per la vostra pazienza.
Conclusione: questo è di gran lunga il più importante discorso mai fatto da Putin, ed è un’aperta e diretta sfida all’Occidente. Tutti noi umani stiamo veramente entrando in un periodo molto pericoloso. Quando arrivò al potere, Putin capiva perfettamente quanto fosse debole la Russia. Perciò si impegnò in quelli che apparvero due decenni di costanti concessioni russe, una ritirata su tutti i fronti, e questo portò tanta gente ad essere frustrata e arrabbiata con lui. Ma ora, nel 2021, vediamo che ha scambiato tempo (e spazio!) per trasformare fondamentalmente la Russia, da una nazione saccheggiata, umiliata e morente, ad una potenza che può finalmente lanciare una sfida diretta all’Occidente collettivo: il morto Impero Anglo-sionista, la morente anglosfera e un’Europa diventata completamente pazza. E i suoi nemici occidentali possono farci ben poco, a parte lanciare una guerra suicida che non possono vincere. Dopo due decenni di preparazioni molto attente, la Russia sta ora guardando l’Occidente negli occhi, senza alcuna paura e con una ferma intenzione di non permettergli di trascinare la Russia nella sua stessa direzione suicida.
The Saker
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Articolo di The Saker pubblicato su The Saker il 24 ottobre 2021
Traduzione in italiano di Raffaele Ucci, Pappagone, DS, Fabio_San per SakerItalia
[le note in questo formato sono dei traduttori]
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La redazione di SakerItalia ribadisce il suo impegno nella lotta anti-mainstream e la sua volontà di animare il dibattito storico e politico. Questa che leggerete è l’opinione dell’autore; se desiderate rivolgere domande o critiche purtroppo questo è il posto sbagliato per formularle. L’autore è raggiungibile sul link dell’originale presente in calce.
L’opinione dell’autore non è necessariamente la nostra. Tuttavia qualsiasi commento indecente che non riguardi l’articolo ma l’autore, sarà moderato, come dalle regole in vigore su questo sito.
Putin e Saker ,un binomio che sa guardare al mondo occidentale senza ipocrisie e che interpreta ,con intelligenza , i fatti ed i comportamenti degli attori internazionali sia delle élite sia dei popoli che essi rappresentano.
Un tempo per denigrare un popolo si usava dire “avete il governo che vi meritate” che ha lo stesso significato di ” avete il governo che NON vi meritate”, senza considerare che il governo era stato scelto o era stato imposto dall’esterno, soprattutto alle nazioni perdenti la seconda guerra mondiale, quasi tutte riunite, per punizione, nell’Unione Europea, secondo un progetto funzionale alla Nato,ovvero degli USA.
Su questo aspetto non dice nulla, mette nella categoria Occidente tutti i popoli che vi appartengono senza esplicitare che nel capitalismo i popoli non hanno e non possono e non devono avere parola ma solo le loro élite ,che sono state corrotte dai Vincitori della Guerra Fredda.
Ho un’aspirazione: che l’impero si frantumi , con la sua economia finanziaria farlocca,e che crede di salvarsi aumentando la circolazione di capacità di acquisto per mezzo dell’inflazione da stampa monetaria.