Riprendo l’analisi dei fronti della guerra in Siria dopo una pausa di 15 giorni. Dal punto di vista operativo sul campo non vi sono stati particolari episodi degni di menzione, sul piano diplomatico invece sì.

Gli accordi di Astana:

                                                                           Siria e Astana maggio 2017

Con gli accordi sottoscritti ad Astana, in Kazakistan, sono state individuate alcune aree in Siria, 4 per la precisione, dove è prevista una de-escalation bellica, che significa una diminuzione o azzeramento (se vi fosse pieno rispetto da ambo le parti dell’impegno di fermare gli scontri) delle attività belliche.

Sono individuate anche aree in cui le parti si impegnano a non utilizzare le forze aeree, e i settori dove invece le parti sono autorizzate a farne uso.

Partendo da nord e procedendo verso sud, agli USA è stato consentito di utilizzare forze aeree sulla zona denominata Rojava, regione del nord della Siria che ha un’importante presenza di popolazione di origine curda. Gli Usa potranno operare, in funzione esclusivamente anti ISIS, anche con truppe di terra e rifornire i combattenti curdi che coadiuvano.

Alla Turchia è stato consentito di operare nella zona a nord-ovest della Siria, dove i gruppi di turcomanni da lei guidati hanno combattuto ISIS, ma anche i Curdi. Resta il punto interrogativo della zona di Afrin dove al momento truppe siriane e russe fungono da garanzia per le popolazioni curde contro eventuali attacchi turchi.

Due sono le zone centrali. Quella della provincia di Idlib, suddivisa molto bene in aree occupate da Jaish al Islam, e da quegli sparuti gruppi ancora aderenti alle FSA. Entrambi sono in lotta contro l’esercito siriano e gli alleati da una parte, ma da diversi mesi anche contro l’Alleanza Qaedista, una volta chiamata Jaish Al Fateh e che oggi invece si fa chiamare Hayat Tahrir Al Sham, nata il 28 gennaio 2017, e formata da diversi gruppi, i maggiori dei quali sono: Jabhat Fateh al-Sham (già noto come Al Nusra), Ansar al-Din, Jaish al Sunna, Liwa al Haqq e Nour al-Din al-Zinki (noto per le malefatte dei suoi componenti, alcuni dei quali si macchiarono di atrocità inenarrabili durante l’occupazione di Aleppo est, come la decapitazione filmata di un dodicenne palestinese). Decine di migliaia di combattenti ben armati e ben addestrati che ora sono in lotta con le fazioni definite “moderate”, lotta sanguinosa che procede ormai da alcuni mesi.

Sui territori occupati dai terroristi qaedisti, in maggioranza nella provincia, le truppe siriane potranno utilizzare l’aviazione per colpirli, stessa cosa le forze turche; potranno essere avviate anche operazioni di terra per eliminare del tutto questi gruppi terroristi, lavoro lungo e davvero complicato, ma se la Turchia davvero dovesse collaborare, cosa di cui dubito, allora si arriverebbe entro un tempo relativamente breve (mesi) alla stabilizzazione di questa provincia.

La seconda zona centrale interessata dagli accordi di Astana è la Sacca a nord della città di Homs. In questi giorni partono le ultime carovane di autobus con a bordo i terroristi che se ne vanno, sconfitti, da alcune piccole sacche che rimanevano alle periferie della città, che ora formalmente è libera. In questa sacca, al momento non sembrano segnalate attività legate direttamente ad Al Qaeda, per cui dovrebbe trattarsi di una tipica zona di de-escalation.

Nella Zona di Damasco c’è la zona del Goutha-est, qui ci dovrebbe essere una delle zone di de-escalation ma, proprio in questi giorni, riprendono gli scontri sanguinosi tra le fazioni terroriste che la occupano.

Tratteremo più avanti delle importanti operazioni militari dei giorni scorsi.

Arriviamo al confine con la Giordania ed Israele, Paesi che malcelatamente hanno appoggiato ed aiutato il diffondersi del terrorismo armato in Siria; la zona di de-escalation appare limitata alla fascia di confine con gli stati summenzionati, per cui l’area desertica a nord e poi ad est di Daraa potrà essere interamente ripresa dall’esercito siriano (che infatti si è già riappropriato del tratto di autostrada n.2, dall’incrocio con la n.53 a quello con la n.45, una zona strategica che preannuncia ulteriori positivi sviluppi).

Vedremo nelle prossime settimane come questi accordi saranno fatti rispettare e come le potenze che gettano continuamente benzina sul fuoco della guerra interferiranno col processo di de-escalation del conflitto.

Primo segnale preoccupante in tal senso, la nuova montatura mediatica divampata proprio tra ieri ed oggi in tutto il mondo. Gli USA, dimentichi di ciò che il mondo imparò la scorsa volta, leggi le prove delle armi di distruzione di massa in Iraq, si ripropone in uno show patetico, mostrando un edificio adiacente un carcere siriano, indicato come luogo di detenzione di prigionieri del conflitto, probabilmente terroristi ISIS o di Al Qaeda, e dicono che si tratti di un forno crematorio adibito all’incenerimento dei corpi delle migliaia di vittime delle esecuzioni di questi giorni.

Già mi domando dove possano stare tante migliaia di prigionieri in edifici non più grossi di un normale carcere italiano, ma certamente non si pongono troppi problemi, e dico di più, nessuna evidenza appare indicare che di forno crematorio di adeguate dimensioni si tratti; è un edificio come tanti, forse alloggi per le guardie carcerarie o magazzino o nuovo edificio di custodia; può trattarsi di qualsiasi utilizzo, e sarebbe sicuramente più logico e meno improbabile di un forno crematorio, ma siccome sono gli USA a diffondere la notizia, non odo alcun dubbio tra i giornalisti televisivi, nessuna perplessità, nessuna domanda da porre… solo certezze di fronte al nulla…

Eppure ancora vedo il povero generale Powell arrabattarsi con una provetta di “bicarbonato” in mano, dicendo che avevano le prove certe della presenza di armi di distruzione di massa in Iraq; costrinsero i soldati americani ad usare in clima desertico tute anti-NBC, rigirarono il paese come un calzino e non trovarono nulla. Tony Blair stesso, allora premier britannico, se ne scusò, come se ciò lavasse la sua coscienza ed il crimine dalle responsabilità di centinaia di migliaia di morti che quel conflitto causò, durante e dopo le operazioni belliche principali.

US Secertary of State Colin Powel holds up a vival that he said could contain anthrax during a meeting of the United Nations Security Council, Wednesday, Feb. 5, 2003. (AP Photo/Elise Amendola)

U.S. Army 3rd Infantry Division soldiers from A Company 3rd Battalion 7th Infantry Regiment put on their gas masks after U.S. forces attacked an Iraqi tanker nearby containing unknown fluids near Karbala Friday, March 28, 2003.(AP Photo/John Moore)

Ora ci troviamo nuovamente di fronte a grosse mistificazioni, grosse e ripetute: prima un finto attacco chimico, ed ora un immaginario forno crematorio.

Vediamo ora la situazione sui campi di battaglia.

Devo ammettere che in vista dei colloqui di Astana le operazioni militari hanno subito un certo rallentamento.

Diverse unità pare siano state ridispiegate su altri fronti.

Fronte di Hama

Hama 16 maggio 2017

Il fronte a nord di Hama ad esempio si è calmato di colpo, i terroristi hanno perduto ogni guadagno ricavato nei mesi scorsi a fronte di enormi sforzi bellici e numerosissime perdite. Tutte le cittadine che avevano occupato sono state infatti liberate dall’esercito siriano.

Il finto attacco con gas, avvenuto in una zona lontana dal fronte di combattimento, ha garantito ai terroristi che ad oggi nessuna commissione indipendente e nemmeno di parte abbia potuto accedere ai luoghi dell’ipotetico attacco, e quindi nessun campione di terreno o esame diretto sulle vittime sia stato compiuto sul posto. Altra prova che si è trattato di un falso attacco.

Fronte del Goutha est

Goutha est 16-5-2017

Goutha est come appariva due mesi fa, marzo 2017, notare a sinistra, la piccola sacca del quartiere di Qaboun

Ottime notizie dalla zona a nord est di Damasco, prima di tutto il quartiere di Al Qaboun, sacca di terroristi isolata da mesi dalla principale sacca del Goutha est: si è arreso, oggetto di pesanti combattimenti ravvicinati, i terroristi erano davvero in gravi difficoltà e non hanno avuto altra scelta che arrendersi ed essere trasferiti. Già due gruppi molto numerosi, circa 2000 finora, hanno lasciato le aree prima occupate alla volta della grande sacca del Goutha est. Tutti i trasferiti sono membri del gruppo Faylaq al Rahman rivale di Jaish al Islam.

All’interno della sacca principale la lotta per il dominio tra le fazioni è ormai conclamata: Jaish al Islam intende imporsi su tutti gli altri gruppi e dominare il territorio. Da alcune settimane è in corso la lotta, che con gli ultimi arrivi si è riaccesa. Di sicuro l’esercito siriano li guarda e ride.

La lotta potrebbe trovare anche cause possibili nella gestione delle sempre più magre risorse di approvvigionamenti e in disaccordi sul rifiuto opposto alle offerte siriane per una resa dei combattenti.

Fronte nord est di Aleppo

Provincia est di Aleppo, combattimenti 16-5-2017

Sono ripresi in maniera vigorosa i combattimenti in questo settore che vede ISIS arretrare con sempre maggiore velocità. L’esercito siriano con una rapida proiezione ha conquistato la base aerea di Jirah.

Al momento le truppe procedono ancora verso sud con tutta la prudenza del caso, ma la direzione appare chiara: scendere lungo le sponde del lago Al Assad e raggiungere le truppe curdo-americane impegnate nei pressi di Tabqa.

Le Unità Tigre guidano le operazioni, e nelle ultime ore tre villaggi, Jarrah Saghir, Lahdoumah e per ultimo Baylonah, sono stati liberati.

Fronte di Palmira

Palmira al 16-5-2017

Continuano gli arrivi di rinforzi e mezzi nel settore di Palmira. I recenti guadagni siriani in direzione nord lasciano intendere la relativa debolezza del Califfato, ma ritengo che differente sia lo schieramento lungo la M20 in direzione di Al Shukna, che sarebbe il trampolino per poi arrivare a Deir Ezzour. In mezzo, infatti, null’altro che deserto.

Ancora non è partita alcuna operazione in forze, vedremo nei prossimi giorni.

Fronte di Deir Ezzour

Deir Ezzour al 16-5-2017

Nelle ultime settimane sono giunti in città rinforzi siriani trasportati da elicotteri, queste forze sono state preziose per recuperare diverse posizioni strategiche sia nel settore del cimitero che in quello della base aerea.

Per il resto non vi sono state grosse modifiche dei settori di competenza. Ormai pare chiaro che ISIS abbia trasferito nella zona da lei occupata gran parte delle attività di gestione del Califfato, dato che Raqqa è chiaramente persa e resiste solo per inerzia. Intanto le truppe curdo-americane, si avvicinano sempre più.

Stefano Orsi

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