Alcune comunità europee – di solito quelle del settore aziendale, ma talvolta anche politici di alto rango come Sigmar Gabriel – hanno espresso pubblicamente la propria volontà di risolvere le cose con la Russia e arrivare almeno ad una tregua che consentirà all’Europa di alleviare le sanzioni e, si spera, rientrare nel movimentato mercato russo. E probabilmente fanno sul serio, ma sono sardine che nuotano contro la corrente degli ideologi
Ecco che finalmente il modello di comportamento della Russia nelle attività non ufficiali sul piano internazionale ha cominciato a delinearsi. La Russia è entrata nella fase finale di trattative, che non saranno menzionate dalla stampa ed i cui risultati non diverranno mai pubblici. La Russia è stata riconosciuta come importante referente geopolitico ed in questo momento si stanno svolgendo le “trattative” per la definizione delle rispettive sfere di influenza. Stanno cercando di buttar fuori la Russia dal Donbass, facendole mancare l’ossigeno per mezzo delle sanzioni, sottoponendola a pressioni politiche, stanno tentando di destabilizzarne la sua sfera sociale dall’interno. La Russia si attiene ad una linea ben determinata, che è contraria agli interessi della comunità mondiale. Ma dopo la visita di Putin a New York e gli incontri di Parigi, nel quadro delle consultazioni quadrilaterali in formato “normanno”, tutta la situazione ha cominciato a cambiare. La Russia corregge la sua posizione riguardo alle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, ma parallelamente manda le truppe in Siria. Sembrerebbe che non ci sia nessuna logica nel rinunciare alle repubbliche, che si trovano appena oltre il confine, in cambio del diritto, sul quale ci possono essere dei dubbi, di sostenere Assad e colpire ISIL (organizzazione fuorilegge nel territorio russo per decisione della Corte Suprema). Che ISIL sia una minaccia diretta anche per la Russia è un dato di fatto. Ma il Donbass? Hanno concesso alla Russia l’annessione della Crimea. Non avevo praticamente nessun dubbio su questo. Ma non possono concedere il Donbass alla Russia. Quest’ultimo diviene quindi oggetto di trattativa. Si aggiunge il desiderio espresso dalla Francia e anche da tutta una serie di paesi dell’Unione Europea, di porre fine alla politica delle sanzioni nei confronti della Russia. Si capisce che le cose non stanno semplicemente così. Anche a Poroshenko sono stati imposti limiti rigorosi. Tali limiti si chiamano “Accordi di Minsk”. É giunta l’ora di mettere in atto ciò che è stato sottoscritto. Per tutti. Dopo l’incontro di Parigi Putin si è espresso in modo abbastanza inequivoco: “è assolutamente necessario portare a compimento gli accordi di Minsk”. In primo luogo ha richiamato a far ciò Poroshenko, al quale ha ricordato della riforma costituzionale. É necessario portarla a compimento, nei termini degli accordi raggiunti, invece che secondo una libera interpretazione, così come ha fatto Kiev. Le correzioni apportate alla costituzione dell’Ucraina, riguardanti lo statuto speciale del Donbass, senza accordarsi su di esse con i governi delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, costituiscono una flagrante violazione degli accordi di Minsk e possono costituire causa sufficiente per il loro annullamento. Così si è espresso Putin. Poroshenko lo ha ascoltato,