La Russia non può ignorare le scuse presentate dal presidente turco, ma ha molto da imparare da tutta questa vicenda. Ne ha parlato in un’intervista con EADaily il direttore del Centro di Studi Orientali, Relazioni Internazionali e Diplomazia Pubblica, l’esperto di Turchia Vladimir Avatkov.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha infatti ricevuto un messaggio dal leader turco Recep Tayyip Erdogan, che gli ha espresso la sua intenzione di risolvere la vicenda dell’abbattimento dell’aereo militare russo. Come comunica il servizio stampa del Cremlino, nel suo messaggio Erdogan ha rilevato in particolare come la Russia sia un Paese amico della Turchia e un suo partner strategico, con cui le autorità turche non vorrebbero rovinare i rapporti: “Non abbiamo mai avuto né il desiderio né l’intenzione di abbattere un aereo che avessimo saputo appartenere alla Federazione Russa”.
Secondo Avatkov, a causa della sua politica aggressiva nei confronti dei vicini, la Turchia si è ormai spostata da tempo da un’area di stabilità a una di instabilità, rimanendovi invischiata, e proiettando tale instabilità anche sul territorio dell’Unione Economica Aurasiatica, compreso il Caucaso, cosa che la Russia voleva assolutamente evitare.
Come ha dichiarato Avatkov, “In questo contesto, il regime di Erdogan, che è riuscito a litigare con numerosi Paesi di tutto il mondo, si trova a disporre di uno spazio di manovra sempre più limitato. L’abbattimento dell’aereo russo da parte della Turchia ha rappresentato una «pugnalata alla schiena» della Russia, come ha detto in senso figurato il Presidente Putin, soprattutto perché è giunto inaspettato, dato il tipo di rapporti che esistevano tra i due Paesi. Eravamo ben consapevoli che ci fosse un problema nel campo della sicurezza e della geopolitica, ma partivamo dal presupposto che l’interesse economico avesse prevalso su tutto il resto. Non è stato così”.
“Dopo l’abbattimento del Su-24 russo – ha aggiunto – non sono state adottate delle misure proporzionate nei riguardi della Turchia, ma la Russia le ha comunque imposto delle sanzioni economiche che si sono rivelate un colpo molto doloroso. E’ aumentata la pressione interna su Erdogan così come quella dall’esterno, essendo apparso evidente che Russia e Stati Uniti stanno trovando un terreno d’intesa comune nello scenario siriano, per cui il leader turco si è andato trovando gradualmente in un crescente isolamento. Inizialmente, Erdogan ha provato a fare una sorta di autopromozione, cercando di ergersi a capo del mondo islamico; tuttavia, l’Arabia Saudita e l’Iran non hanno gradito. Bisognava trovare un nuovo approccio”.
“Nonostante l’aggressività e l’autoritarismo del regime, non possiamo comunque ignorare la Turchia: si tratta di un vicino di casa, ed essa resta un grande e importante Paese. In realtà, il messaggio di Erdogan non soddisfa tutte e tre le condizioni poste dalla Russia, ma solo una: saranno accettate anche le altre due? D’altra parte, la Russia non può ignorare queste scuse, e con la Turchia dobbiamo comunque avere delle relazioni. Sia come sia, il fatto è che dobbiamo trarre un insegnamento da quel che è successo, e capire che non si possono costruire i rapporti basandosi su un solo aspetto, non importa quale, perché se esso appare dominante e gli altri vengono trascurati, è impossibile mantenere relazioni adeguate a lungo termine. Questa è la prima lezione da trarre”, ha affermato Avatkov.
La seconda lezione, a suo parere, è che in ogni caso non ci si possa fidare troppo della Turchia, specie quando i Paesi sono in conflitto: in questo caso, ci si riferisce al conflitto in Siria.
“Ciò che Erdogan sta facendo adesso è infatti un tentativo di recuperare lo status anteriore all’incidente. Il Presidente turco aspira di ripristinare la sua influenza nello spazio post-sovietico, con l’aiuto della Russia“, ha aggiunto Avatkov.
L’esperto si è detto fiducioso che la Russia disponga di una sufficiente visione strategica da permetterle di non ripristinare tutto come prima, ma di costruire dei rapporti su basi nuove e sulla cooperazione di entrambe le parti.
“Le scuse di oggi rappresentano un simbolo del fatto che la Turchia ha compreso il suo ruolo nell’attuale politica mondiale. Saranno magari scuse non sincere, ma è importante che la Turchia e i suoi leader abbiano capito di dover assumere una posizione corrispondente al proprio peso sulla scena politica mondiale. E anche per noi questo è molto importante, sia in termini di immagine che di lezione appresa da quel che è successo”, ha concluso Vladimir Avatkov.
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Articolo apparso su Eurasia Daily il 27 giugno 2016
Tradotto da Elena Petrova per Saker Italia il 29 giugno 2016
Putin non farà l’errore di spianare la strada della riconciliazione a Erdogan e ciò per la buona ragione che in Politica INTERNAZIONALE il nemico, in veste di agnello, che sia stato umiliato o diminuito nel suo prestigio sia all’interno del suo Paese sia all’estero, è un pericolo da eliminare poco a poco con il sorriso.
Erdogan non starà a lungo sul suo Seggio di Presidente: l’élite laica dei Turchi si darà da fare per scalzarlo e Putin potrebbe evitare di aiutare un delinquente se non vorrà perdere la fiducia dei russi e non solo.
La Russia non ha bisogno della Turchia che dev’essere tuttavia indebolita almeno fino a quando esisterà Erdogan al potere.
Se e’ valdo il fatto che ISIS sia uguale USA….bisogna vedere l’ultimo attentato in aeroporto come avertimento da parte USA, di non gradire l’avvicinamento di Erdogan alla parte russa….. ???
La megalomania irresponsabile che pur gli appartiene, è stata fomentata dagli americani che gli avevano adombrato la possibilità di rendere realtà il grande sogno di un redivivo impero ottomano. Gli Israeliani e i neoconservatore americani credevano di trovare in Erdogan, per il carattere delinquenziale del suo profilo, un ottimo alleato. Non avevano fatto i conti con la fermezza, la lungimiranza, e la disponibilità a soprassedere anche su gli errori più grossolani da parte di Putin. La semplice realtà, che lo stesso Erdogan non può negare, è che la Turchia ha vissuto un grande momento di vitalità e sviluppo grazie alla sua politica di distensione con gli altri paesi dell’area, compresa la Siria, una politica che gli aveva permesso, nonostante la sua adesione ai Fratelli Musulmani, di assumere il ruolo si protettore dell’identità e degli interessi dell’Islam tutto, Scjjta e Sunnita. Era questo che stava facendo della Turchia di nuovo un grande paese. Sembra che Putin, in possesso di un’intelligenza pratica e un’attitudine realista, sappia che in tutti c’è una parte di “ombra” e una parte più disponibile, non dico al bene ma quanto meno, più capace di valutare con intelligenza dove risiede la vera convenienza. E’ evidente che la Russia non permetterà la capitolazione di Bashar al-Assad e che la presenza del suo esercito rafforza l’Iran, l’Iraq e l’intero fronte Sciita, e che per il terrorismo non ci sarà scampo; che gli americani giocano sporco, e che la logica della pugnalata alle spalle della Russia, da loro ispirata, si è ripetuta nei suoi confronti quando hanno sostituito il progetto di un Califfato tra Siria e Iraq con uno stato curdo ai confini con la Turchia. Putin non ha due, tre o più facce e questo Erdogan lo sa, e sa anche dell’attitudine della Russia a mettere allo stesso tavolo, per trattare la cooperazione, soggetti con una storia e interessi divergenti, come ha fatto con l’India e il Pakistan e con la Cina e l’India; è evidente che la Brexit ha indebolito l’Unione Europea, che di conseguenza indebolirà la NATO. Erdogan non può non prendere atto che in definitiva fuori della logica del partenariato e della multipolarità, c’è solo il caos di un tutti contro tutti. Se esce dalla NATO, se chiuderà il passaggio all’Isis e compagni e ritirerà le truppe dall’Iraq, avrà il pieno perdono, e non mi meraviglierei, una volta liberata la Siria, della creazione di un partenariato per lo sviluppo dell’area in cui potrebbe essere coinvolta anche la Turchia.