Il periodo compreso fra il primo attacco a Slaviansk e il primo accordo di Minsk è stato non solo quello più difficile per la DPR e l’LPR, ma anche quello in cui si sono consolidate le opinioni dei cosiddetti “militaristi” e “pacificatori”. Metto di proposito questi termini fra virgolette perché sono entrambi abbastanza approssimativi. Se si fa uno spaccato delle opinioni giornalistiche sull’argomento, si vede che la gran maggioranza dei politici e degli esperti sottolinea come sia impossibile risolvere la questione ucraina senza uno scontro militare. In altre parole, non c’è differenza di opinioni quando si tratta di valutare la situazione.
Non ci sono forze politiche credibili che vogliano a tutti costi la pace (l’opposizione liberale, completamente emarginata, non conta nulla). L’attuale disaccordo fra i “pacificatori” e i “militaristi” non è sul se ci sia bisogno di combattere (è stupido dibattere sull’appropriatezza di una guerra che si trascina ormai da tempo), ma sul come combattere. E anche se sarebbe stato più opportuno utilizzare l’esercito russo nelle prime fasi del conflitto per rovesciare la giunta nazista prima che si consolidasse.
I “militaristi” direbbero sì, e io sarei completamente d’accordo con loro se si trattasse solo di un conflitto fra Russia ed Ucraina. E’ francamente innaturale vedere un regime nazista prendere forma e maturare proprio di fianco a te, un regime che ha già dichiarato come il suo scopo sia quello di distruggere il tuo Stato, la tua nazione, e non fare niente. Non è un segreto che le autorità ucraine, fin dall’inizio del 2014, hanno organizzato così tante provocazioni da scatenarne come minimo dieci di guerre. Il trasferimento della Crimea sotto la giurisdizione russa necessita almeno di una rifondazione dello Stato ucraino. L’Ucraina attuale considererà sempre la Crimea come sua proprietà e, dal punto di vista della legislazione internazionale (e non secondo quello dei nazional-patrioti russi), la faccenda non sarà mai definitamente chiusa. Ne deriva che, in un modo o in un altro, lo Stato ucraino deve essere distrutto. Potrei elencare una lunga lista di argomentazioni a favore di un’invasione che si sarebbe potuta fare fin dal febbraio 2014. Ma perché? La classe dirigente russa, a giudicare dai risultati che ha ottenuto negli ultimi 15 anni, è molto più scaltra di qualche blogger isterico, e vede quello che succede molto meglio di quanti asseriscono di avere “fonti esclusive” all’interno del governo, dal momento che l’”esclusività” di queste informazioni è usata solo per disinformare. Se gli sciovinisti del patriottismo si rendono conto dell’inevitabilità pratica che la Russia ad un certo punto sia trascinata in un conflitto vero e proprio, è strano pensare che il Cremlino non se ne accorga o che sottostimi il pericolo. Se si guarda al lavoro fatto dagli organi di informazione ufficiali russi negli ultimi 18 mesi, si vede come essi abbiano riplasmato l’opinione pubblica da quello che allora era il sentimento più diffuso: “di questo non abbiamo bisogno, lasciamo che gli ucraini se la sbrighino da soli”, al: “se necessario arriveremo fino a Parigi”. Non si porta avanti una campagna di informazione del genere per puro divertimento. Non si cambia l’immagine degli Stati Uniti da “amico pessimo” a quella di “nemico comico” solo per il gusto di farlo.
In ogni caso, tutte quelle forze che si ammassavano minacciosamente ai confini dell’Ucraina, in Ucraina non si sono mai viste. Non si sono viste nonostante ci fosse l’assenso del Consiglio della Federazione e la richiesta di Yanukovych, allora legittimo Presidente. Teniamo conto anche che questi permessi non si danno per capriccio e tali richieste non si fanno alla leggera. Invece di un esercito abbiamo avuto Minsk, e il gioco è diventato di lunga durata. Allora, perché la Russia si prepara alla guerra ma non ne incomincia una?
Perché solo la ristrettezza mentale dei “militaristi” e l’ossessione degli ucraini, impedisce loro di capire che la guerra di distruzione globale fra Russia e Stati Uniti non riguarda Kiev e il Donbass. Riguarda il futuro dell’umanità, compreso il nostro di futuro. E’ un conflitto globale, sistemico. Il vecchio mondo americano, ammalato terminale ormai sul viale del tramonto, sta combattendo per prolungare la sua agonia. Quel mondo non può sopravvivere, una vittoria significherebbe solo posporre la morte. Ma anche morendo, quel mondo può infliggere danni letali a quel nuovo assetto che sta nascendo di fronte ai nostri occhi e con la nostra partecipazione. Per realizzare questo nuovo ordine mondiale, dove non sia possibile una egemonia unilaterale degli Stati Uniti (o qualcosa di simile), la Russia deve uscire dal confronto con gli Stati Uniti in posizione forte, avendo conservato o anche incrementato il proprio potenziale, senza bruciarselo in un inutile conflitto. Solo l’esistenza di una Russia forte e autoritaria, che non si arroghi il titolo di egemone assoluto, ma che sia capace di rimettere in riga chiunque provi ad occupare il trono lasciato vacante dagli Stati Uniti, potrà garantire che tutte le sofferenze patite dall’umanità nell’ultimo conflitto della vecchia era non saranno state invano e che quello che noi riceveremo sarà un mondo nuovo bellissimo e non una riedizione di quello vecchio. Solo in questo caso non saranno state versate invano le lacrime dei bambini del Donbass, di Damasco, Baghdad e Belgrado.
Se guardiamo alla situazione da questo punto di vista, vediamo come gli Stati Uniti stessero preparando in Ucraina una classica trappola per la Russia. Hanno deliberatamente portato al potere un regime non solo semplicemente russofobo (Yushchenko era molto più russofobo di vecchia data di Poroshenko), ma malvagiamente russofobo. Non per caso hanno dato a questo regime carta bianca per il massacro di Odessa, per l’eliminazione illegale di attivisti a Dnepropetrovsk, Kharkov, Zaporozhye, per gli omicidi politici a Kiev, per le camere di tortura di Settore Destro e per tutte le altre atrocità naziste. Hanno creato una situazione tale per cui la dirigenza russa non avrebbe potuto far altro che passare all’azione. Sarebbe stato necessario intervenire sotto la pressione dell’opinione pubblica, l’esercito avrebbe dovuto invadere l’Ucraina, dopodiché la Russia avrebbe avuto il suo Vietnam e la sua Cecenia, tutto insieme.
Primo, l’esercito ucraino è chiaramente incapace di alcunché, a parte una anemica resistenza che sarebbe stata spazzata via nel giro di giorni, se non di ore. Ma i volontari nazisti e quelle decine di migliaia di sempliciotti che al grido di “difendiamo la madrepatria” e “tutti contro l’aggressione russa nel Donbass” ora raccolgono fondi per l’esercito, cibo, uniformi e armi, o conducono campagne di disinformazione mediatica, quelli non sarebbero semplicemente scomparsi. Alcuni sarebbero diventati partigiani, altri avrebbero compiuto atti di sabotaggio, altri avrebbero semplicemente odiato il nuovo governo. La Russia si sarebbe trovata invischiata in un enorme territorio in bancarotta con 40 milioni di poveri, ostili o sleali nella migliore delle ipotesi. Tutto questo avrebbe vincolato le risorse della Russia, che non sono infinite.
Secondo, gli Stati Uniti sarebbero stati in grado di consolidare e costringere l’Europa ad un atteggiamento anti-russo più velocemente e più incisivamente. Quelle forze politiche che ora si muovono su posizioni filo-russe sarebbero state semplicemente azzittite dal fatto che un infido orso bruno armato fino ai denti aveva attaccato un pacifico e democratico coniglietto giallo e blu. Questo avrebbe posto fine alle discussioni. L’Europa deve difendere se stessa e i suoi valori. E’ anche possibile che avremmo visto una versione europea del Maccartismo, le sanzioni sarebbero state applicate immediatamente e portate al massimo e avrebbero colpito molto duramente un’economia russa ancora impreparata. L’Ucraina Occidentale, con l’assistenza di “volontari” europei, istruttori americani, armi della NATO e altre piacevolezze del genere sarebbe diventata l’equivalente del Donbass per la Russia: una piccola guerra di logoramento che non può essere vinta in modo definitivo e che può durare decadi. L’esercito sarebbe stato vincolato dalla necessità di controllare l’Ucraina occupata e sopprimere la resistenza banderista, l’economia sarebbe entrata in crisi. La gente avrebbe cominciato a chiedere spiegazioni alle autorità sul “ma che cosa ce ne facciamo noi di questo?”, la società sarebbe entrata in un circolo vizioso di destabilizzazione. I “militaristi” se ne sarebbero lavati le mani, avrebbero accusato il Cremlino di incompetenza e, in accordo con i liberali, avrebbero detto che loro mai avrebbero permesso una simile catastrofe.
Terzo, gli alleati della Russia in Eurasia, i BRIK, l’Organizzazione di Shanghai, ecc, che già non vedono di buon occhio la leadership di Mosca, sospettandola di “resuscitare l’URSS” o di voler prendere il posto dell’America e cominciare a comandare il mondo, avrebbero abbandonato tutti i progetti congiunti. Alcuni avrebbero pensato che se l’esercito può essere mandato in Ucraina, nello stesso modo potrebbe essere mandato ovunque. Altri, più furbescamente, sarebbero arrivati alla conclusione che non è saggio legarsi ad una nazione che non sa prevedere le conseguenze delle sue stesse azioni.
Così, invece di tutto questo, abbiamo avuto Minsk.
Che cosa ne ha ricavato la Russia?
Prima di tutto, nel periodo di tempo da Slaviansk a Minsk, i cittadini russi che dirigevano la ribellione e che, come Portos, combattevano per il gusto di combattere, sono stati rimpiazzati con gente del posto maggiormente controllabile. La dirigenza di LPR e DPR è diventata presentabile ed è stato possibile mostrarla al mondo senza che ci si chiedesse “come mai una rivolta nazionale in Ucraina è guidata da cittadini russi?”. L’anarchia incontrollabile e completamente imprevedibile è stata trasformata in una normale struttura organizzativa. “Comandanti” di campo che combattevano senza supporto logistico e che consideravano i “civili” un peso sono diventati ufficiali negli eserciti di LPR e DPR.
Fra Mink1 e Minsk2 sono state create delle normali strutture amministrative civili, il banditismo, i furti d’auto e nelle case efficacemente contrastati. E’ apparso un sistema finanziario e l’economia delle repubbliche ha cominciato a risollevarsi, sono state ricostituire (anche sotto il fuoco) quelle strutture che permettono una vita normale. Le repubbliche non se la sarebbero cavata senza questi cambiamenti poco visibili ma importantissimi. L’”oca selvaggia” non sarebbe sopravvissuta senza il sostegno popolare, e, si sa, la popolazione smette presto di aiutare quelli che fanno la guerra per il loro proprio piacere o per la loro ideologia sul loro stesso territorio, infischiandosene pure di come sopravvive la gente.
Inoltre la Russia ha costretto Kiev, prendendola per i capelli, a sedere allo stesso tavolo degli insorti, facendoli così diventare ufficialmente parte in causa nei negoziati. Poi, nella seconda fase, la Merkel e Hollande si sono seduti allo stesso tavolo. Mosca ha ottenuto così quello che aveva chiesto fin dai tempi dell’Accordo di Associazione con l’Ucraina: un dialogo diretto con l’Europa sull’Ucraina. Ora, con il gruppo Karasin-Nuland c’è anche una piattaforma per un dialogo diretto con gli Stati Uniti. Tutto quello che Washington aveva cercato di evitare per 18 mesi, è successo. Gli Stati Uniti, contro il loro volere, hanno riconosciuto il loro coinvolgimento nella crisi ucraina (la precedente versione ufficiale era la lotta del popolo ucraino contro il regime corrotto). Ora Washington e Bruxelles hanno la responsabilità di come si sviluppa la situazione, sia dal punto di vista politico che legale. E’ impossibile pretendere che sia la Russia a fare il prepotente con i deboli senza vedere il coinvolgimento degli Stati Uniti. Poroshenko, che aveva chiesto negoziati diretti con Putin, ora si ritrova nella stessa sala d’attesa con Zakharchenko e Plotnitskiy, aspettando di vedere cosa decideranno le vere parti in causa del conflitto.
Inoltre, mentre la guerra va avanti e i negoziati di Minsk continuano, cresce lo scontento verso gli stessi politici ucraini che avevano promesso la bella vita e che invece hanno portato una guerra, verso l’Europa che non aiuta e verso gli Stati Uniti che non li hanno salvati. Il processo può essere lento, ma è continuo, proprio come il crescere delle contraddizioni all’interno del regime. I ragni nel barattolo hanno incominciato a divorarsi l’un l’altro. Significa che quando l’Ucraina si sarà liberata dal regime nazista, solo alcuni gruppi marginali della sua popolazione continueranno a rifiutare la Russia (lo zoccolo duro dei nazisti, dell’intelligentzia liberale, quella parte di burocrazia che perde il lavoro quando sparisce lo Stato, p.e. gli impiegati del Ministero degli Esteri e dei Servizi di Sicurezza, gli ideologi del neo-banderismo e i creatori della nuova storiografia ucraina). Tutti gli altri, delusi dalla scelta europea, non avranno nessun’altra alternativa che quella di rivolgersi a Mosca, bisogna pur vivere in qualche modo.
Idealmente, nell’ipotesi della sua piena realizzazione, il piano dei “pacificatori” potrebbe portare a tutto questo, senza perdite e battaglie, solo un po’ più tardi. Un’Ucraina federata, con una nuova costituzione e ampie autonomie, non solo riconoscerebbe la Crimea come parte della Russia (la Crimea non verrebbe menzionata come territorio ucraino nella nuova costituzione), ma si integrerebbe gradualmente nell’Unione Doganale Eurasiatica. Non avrebbe semplicemente nessun altro posto dove andare perché ne gli Stati Uniti, ne l’UE sosterrebbero l’Ucraina. E’ fattibile questo piano? No. Nessun piano ideale può essere sviluppato appieno, va già bene se si arriva al 50%. Gli Stati Uniti volevano trascinare la Russia in un conflitto e creare il Vietnam in Ucraina, perciò Kiev non era assolutamente disposta al negoziato e ha iniziato la guerra nel Donbass anche prima di avere il pieno controllo dell’esercito. Come risultato, i Minsk(1&2) sono diventati una piattaforma per le manovre di Mosca e Washington su chi creerà il Vietnam per chi, e su chi sarà l’aggressore agli occhi della comunità internazionale. E di certo la Russia è molto più brava in questa manovre.
Ma tutti i maneggi ad un certo punto devono finire. La settimana scorsa si è creata una situazione unica quando l’amministrazione Obama ha mostrato interesse ad una risoluzione pacifica del conflitto. E’ comprensibile, devono abbandonare l’Ucraina entro il 2016 senza perdere la faccia, altrimenti i Democratici non potrebbero neanche presentarsi alle elezioni (presidenziali). I Repubblicani li farebbero a pezzettini per la loro “indecisione”. Il regime di Kiev, nonostante i proclami degli ultra-patrioti sulla crescente efficienza delle Forze Armate Ucraine, diventa sempre più debole, come farebbe ogni regime che porta avanti una guerra civile in una nazione in bancarotta. La vecchia Europa, anche se non osa abbandonare l’ombrello americano non è affatto contenta delle perdite associate al bisogno di dimostrare “solidarietà atlantica”. L’EU vuole girare pagina.
La situazione generale in Ucraina e dintorni sta uscendo fuori dal controllo degli Stati Uniti. Obama sta cercando di conservare, attraverso compromessi, la possibilità di giocare ancora in futuro sulla scacchiera ucraina. La leadership russa potrebbe venirgli incontro a mezza strada. Il Cremlino è continuamente in testa rispetto alla Casa Bianca e il problema di attrarre l’Ucraina all’interno dei progetti di integrazione russi, solo due anni fa era assolutamente impensabile anche solo come questione di principio. Si può attendere con calma che si sviluppino gli eventi, dopo tutto Kiev non ha un posto dove andare: l’UE non vuole ammetterla, non vuole dar soldi e l’economia è già distrutta. Tutto quello che le rimane è inchinarsi davanti alla Russia, che la salverà solo perché non vuole ritrovarsi con una zona di povertà ed instabilità di 40 milioni di persone ai suoi confini, sopratutto perché gli ucraini, che sono indistinguibili dai russi, porterebbero velocemente l’instabilità all’interno della Russia stessa. Ma sono assolutamente certo che lo scenario pacifista, anche se favorevole agli interessi di lungo periodo sia russi che americani, non passerà. I “falchi” a Washington sono troppo forti. Entrambi i partiti fanno campagna elettorale su un programma di rafforzamento delle sanzioni alla Russia. Ammettere il fallimento in Ucraina (come sarebbe l’assenso ad un compromesso) stroncherebbe troppe carriere promettenti alla CIA e al Dipartimento di Stato. I politici di Kiev non riescono a cambiare il ritornello della propaganda, a rinunciare alla guerra o a raggiungere un accordo con il Donbass. Perché in questo caso si ritroverebbero ad essere nemici non solo degli anti-fascisti, ma anche dei fascisti. Per che cosa si combatteva allora se l’eventuale accordo era già nei termini proposti all’inizio delle ostilità? I nazisti ideologicamente indottrinati dei battaglioni di volontari e quella parte di esercito motivato alla guerra come principio potrebbero non perdonare questo “tradimento”. Una cosa è quando si arrende un esercito sconfitto e demotivato, un’altra completamente diversa quando gli ufficiali si mettono in testa che i politici abbiano “rubato” la vittoria.
In altre parole, tutto lascia credere che, nonostante un rallentamento delle ostilità che va di pari passo ai negoziati, una grossa guerra in Ucraina sia inevitabile e che una qualche provocazione intesa a rilanciarla sia già stata messa a punto dagli Stati Uniti.
Anche se non riescono a realizzare il loro piano di pace ideale, i “pacificatori” hanno comunque ottenuto un ottimo risultato, considerando quali fossero le condizioni iniziali per una campagna militare. La Russia, per la maggior parte del pianeta non è diventata un “aggressore”, la situazione in Ucraina, dal punto di vista dell’Occidente è in un vicolo cieco e non può essere risolta senza la Russia, il che significa che la Russia può anche prendersela comoda. Il prestigio internazionale della classe dirigente russa è cresciuto, contrariamente a quanto stanno dicendo i nazional-patrioti. Anche l’Egitto ha deciso di condurre manovre congiunte con la nostra flotta nel Mediterraneo, quello stesso Egitto che fin dalla metà degli anni ’70 è stato sotto il completo controllo statunitense. Non si può neanche parlare di gesto, è proprio la campana che suona per tutta l’influenza di Washington nel Medio Oriente.
E a tutti quelli che hanno paura che, dal momento che siamo in ritardo con l’”invasione”, la propaganda nazista a Kiev possa creare milioni di zombi che odieranno la Russia per intere generazioni, voglio ricordare che la maggior parte di quelli che ora combattono contro i russi nel Donbass e che hanno creato l’attuale russofobica Ucraina, sono cresciuti e si sono formati politicamente durante l’epoca di propaganda comunista che ha operato costantemente ed efficacemente per 74 anni. Quello che gli è stato insegnato è qualcosa di completamente diverso da quello che stanno facendo proprio adesso.
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Articolo di Rotislav Ishchenko pubblicato su Fort Russ il 23 giugno 2015
Traduzione in italiano a cura di Mario per Sakeritalia.it
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