Articolo di Israel Shamir:
Ho dovuto farmi coraggio per andare in Ucraina. C’è stata una recente ondata di omicidi politici in quell’infelice e delizioso paese, e i colpevoli non sono stati arrestati; tra le vittime c’è stato Oles’ Buzina, noto scrittore e caro amico. Due anni fa, ben prima dei torbidi, abbiamo condiviso un drink sotto un albero di castagno in un bar lungo il fiume. Buzina era sulla quarantina, piuttosto alto e snello, aveva un volto lungo e sarcastico da Mefistofele, una testa calva, un accenno di baffi e un brutto carattere. Era un anti-eroe tra i nazionalisti bellicosi di Kiev, un Tersite che si faceva beffe dei loro miti sacri dell’eterna Ucraina al di sopra di tutto. Aveva definito il loro amato poeta nazionalista, il primo a scrivere in dialetto locale, “un vampiro” per la sua predilezione per le scene di sangue. Buzina scriveva in russo, la lingua che gli scrittori eruditi dell’Ucraina avevano preferito e perfezionato dai tempi di Gogol’, e rifiutava la narrativa parrocchiale del recente colpo di Stato.
Gli hanno sparato a mezzogiorno, in una strada vicina alla sua casa nel centro di Kiev, e gli assassini sono svaniti nell’aria di aprile. Non era solo: sono stati uccisi giornalisti di opposizione, assassinati come Buzina e Suchobok; parlamentari, governatori e funzionari sono stati defenestrati come il deputato Chechetov in “epidemie di suicidi”. Sono stati uccisi da estremisti locali che operano liberamente nel paese, o sono diventati vittime del Seal Team Six, i temuti assassini americani che uccidono i nemici dell’Impero a migliaia, dall’Afghanistan all’Ucraina al Venezuela? Chi lo sa. Molti più giornalisti e scrittori indipendenti sono fuggiti per un pelo – in Russia come Aleksandr Chalenko o in Europa come Anatolij Sharij.
Li ho incontrati a Kiev prima dei torbidi, li ho incontrati nel loro esilio, e mi hanno raccontato di minacce, di bande di tifosi armati e di neo-nazisti che vagano per il paese. Avevo paura, nella mia età avanzata non ho voglia di fare un soggiorno in una cella delle torture, ma la curiosità, il desiderio di vedere con i miei occhi e giudicare da me stesso, e, soprattutto, l’attrazione dei castagni in piena fioritura hanno sconfitto la paura, e ho preso uno dei rari treni Mosca-Kiev. Sempre pieno nei giorni normali, ora era mezzo vuoto. Anche gli altri viaggiatori erano preoccupati: le guardie di frontiera ucraine erano note per arrestare la gente al minimo sospetto o per vietare l’ingresso, dopo alcune ore in una cella della polizia.
La guardia di frontiera che ha controllato il mio passaporto israeliano era un uomo enorme in mimetica militare con una grande fascia che mostrava in grassetto il suo gruppo sanguigno in cifre latine: IV Rhesus –. Tuttavia, mi ha lasciato passare dopo un controllo al suo computer e alcune domande. Avrei visto molti soldati e ufficiali in tenuta da combattimento in tutta l’Ucraina, come molti in Israele, forse. Il governo di Kiev, ovviamente, ha seguito la ricetta dal libro di cucina di Israele: la pubblicità sdolcinata per l’esercito è onnipresente, inclusi gli appelli a unirsi all’esercito, a sostenere i soldati, a nutrire i soldati, a intrattenere i soldati, come se questi loro soldati stessero difendendo la patria dai barbari. In realtà, stanno bombardando e saccheggiando le province separatiste, come gli yankees in Via col vento.
Per un po’, il saccheggio ha reso la guerra molto popolare tra i media ucraini. Cioè, fino a quando hanno cominciato ad arrivare le bare da due importanti sconfitte dell’esercito di Kiev, presso Ilovaisk e Debaltsevo. Foto di giovani che sono morti combattendo per riconquistare il Donbass vengono mostrate in punti ben visibili nelle città ucraine – ci sono un po’ troppi di questi martiri, per una piccola guerra vittoriosa. Il flusso di volontari si è prosciugato, e il regime ha iniziato gli arruolamenti uomini validi. Un certo numero di reclute ha scelto di fuggire in Russia o è andato a nascondersi, ma l’esercito è stato rinforzato lo stesso – anche dai mercenari di compagnie private occidentali.
Gli accordi di Minsk hanno sedato la guerra, anche se i bombardamenti continuano. La ripresa delle ostilità su vasta scala è ancora molto possibile: gli Stati Uniti vogliono una guerra per procura contro la Russia. Il regime può scegliere la guerra per ragioni economiche, poiché le cose vanno di male in peggio. Il tenore di vita è sceso drasticamente: la grivna, la valuta, è crollata, i prezzi sono saliti, mentre stipendi e pensioni sono rimasti com’erano.
La gente si lamenta, rimpiange di aver sostenuto il colpo di stato del febbraio 2014? Non proprio. Dà la colpa di tutte le proprie disgrazie alla Russia di Putin, riferendosi a lui con un soprannome osceno. “Putin è invidioso di noi perché entreremo nell’Unione Europea”, mi ha detto un corpulento proprietario in mimetica di un internet café, anche se in quello stesso momento, a Riga, i leader dell’Unione Europea hanno chiarito che in nessun modo l’Ucraina diventerà membro a pieno titolo dell’UE. Piuttosto, un membro associato, come la Turchia o il Nord Africa. La propaganda militarista (“sostenete i nostri ragazzi”) ha avuto un impatto. Come quella nazionalista. Molti ucraini parlano con odio palpabile della Russia, anche se con sorprendente facilità vanno a lavorare e a vivere in Russia, se e quando si presenta l’occasione.
I russi credono che privazioni renderanno sobrio il popolo ucraino, ma questo sembra improbabile. Gli ucraini, come tutti i russi (ed è quello che sono, perché l’Ucraina è la parte sud-occidentale della Russia storica, ed è tanto russa come qualsiasi posto in Russia) sono resistenti, testardi, pazienti, frugali e in grado di sopravvivere nelle condizioni più avverse. Un’inversione potrebbe essere possibile: nel 2004, il primo colpo di stato del Maidan (anche questo sponsorizzato dall’Occidente) ha installato un presidente filo-occidentale, ma questi ha guadagnato un disprezzo universale e non è riuscito a farsi rieleggere. Il secondo colpo di stato del Maidan potrebbe subire un destino simile, ma questa volta il regime ha deciso di vietare i partiti d’opposizione. Il Partito Comunista è vietato, e il Partito delle Regioni un tempo dominante è stato smantellato e ai suoi membri è proibito di partecipare alle elezioni. Il regime di Kiev non ha bisogno di una parvenza di democrazia, in quanto ha il sostegno dell’Occidente.
Non voglio esagerare: Kiev non è l’inferno sulla terra; è ancora una città confortevole. La gente è riluttante a esprimere le proprie opinioni in pubblico, e alcuni non vogliono essere visti con un uomo di Mosca, ma la loro paura non è schiacciante. I comunisti e i filo-russi, in generale, hanno più probabilità di perdere il lavoro che la vita. E un sacco di ucraini guarda alla Russia con amore e dolore, ed esprime questi sentimenti. Lo fanno i comunisti, che soffrono minacce quotidiane; lo fanno i cristiani ortodossi, perché il regime favorisce la Chiesa cattolica uniate di rito orientale e scaccia a mano armata gli ortodossi dalle loro chiese; lo fanno scrittori e intellettuali che hanno visto i loro giornali chiusi e i libri in lingua russa rimossi; ultimo ma non meno importante, lo fanno gli operai impiegati nelle industrie che ancora sopravvivono, perché l’Ucraina era la parte più industrializzata della Russia.
Nel sud-est dell’Ucraina, combattono con le armi; altrove, continua a passo lento una guerra di parole e idee. Per cosa combattono? La versione russa della storia – i seguaci di Bandera, neo-nazisti di etnia ucraina, perseguitano i russi di Ucraina – è un grande eccesso di semplificazione. Allo stesso modo lo è la versione ucraina dell’Ucraina che sceglie l’Europa contro la Russia tirandosi indietro dal suo abbraccio non voluto. La realtà è ben diversa. La capisci che quando incontri i russi pro-ucraini in Russia. Sono numerosi, influenti, in posti di evidenza a Mosca, al contrario dei numerosi ma diseredati ucraini filo-russi a Kiev. La guerra civile scorre in Ucraina e in Russia, e non è un conflitto etnico, come entrambe le parti spesso fingono che sia.
La lotta in corso è tra la borghesia compradora e i suoi nemici: industriali, operai, militari. Questa lotta è andata avanti dal 1985, per 30 anni. Nel 1991, l’Impero ha vinto. L’Unione Sovietica è stata annullata. La sua industria e le forze armate sono state smantellate. La scienza è state eliminate. I lavoratori hanno perso il lavoro. Lo stato (sia in Russia sia in Ucraina) è diventato asservito all’Impero. Questa è stata una tragedia per la gente comune, ma un’opportunità per i collaborazionisti.
Molte persone hanno prosperato allo smantellamento dell’Unione Sovietica. Non solo gli oligarchi – un’intera classe di persone che ha potuto mettere le mani su qualcosa nella privatizzazione. Le società occidentali hanno comprato un sacco di industrie e le hanno smantellate. Il complesso agricolo è stato distrutto. Russia e Ucraina sono state agganciate all’economia globale imperiale: hanno acquistato manufatti e cibo dall’Ovest, o dalla Cina per dollari USA. Gli unici prodotti della Russia erano il suo petrolio e il suo gas.
Ci sono stati due tentativi falliti di invertire la marea in Russia. Eltsin li ha bloccati entrambi con i carri armati. Esaurito e odiato, ha nominato Putin a succedergli. Putin è stato scelto e sostenuto dagli oligarchi e dall’Occidente per governare la Russia con un pugno di ferro in un guanto di velluto e per tenerla bloccata e sottomessa. Molto lentamente ha cominciato a spostarsi verso l’indipendenza. La Russia di Putin è ancora lontana dalla piena indipendenza; è tutt’altro che chiaro se Putin lo vuole davvero. Putin non è un comunista, non vuole ripristinare l’Unione Sovietica; è leale verso i ricchi della Russia, resta attaccato alla scuola di pensiero monetarista, commercia in dollari attraverso le banche occidentali, non ha nazionalizzato le molte industrie e terre prese in consegna dagli imbroglioni.
Eppure Putin è diventato il terzo tentativo di invertire la tendenza. Ha fatto molto di più di quanto gli consentisse l’Impero. Si è spinto oltre i limiti massimi nelle sue politiche interne, vietando alle aziende occidentali di acquistare risorse russe; ha superato il limite nella sua politica estera, proteggendo la Siria e assicurandosi la Crimea. Ha iniziato a re-industrializzare la Russia, a produrre grano e ad acquistare prodotti cinesi bypassando il dollaro. Ha limitato potere degli oligarchi.
Ma la gente di Eltsin, i compradores reaganiani, ha mantenuto le proprie posizioni di potere a Mosca. Controllano le più prestigiose università e la Scuola Superiore di Economia, possiedono riviste e giornali, hanno il sostegno finanziario degli oligarchi e di fondi esteri, sono rappresentati nel governo, hanno la mente dell’intellighentsija russa, rimpiangono i tempo di Eltsin, amano l’America e sostengono il regime di Kiev perché lo vedono correttamente come diretta continuazione di quello di Eltsin.
Sì, c’è comunque una grande differenza: Eltsin era un nemico dei nazionalisti, mentre Kiev usa il nazionalismo come mezzo per consolidare la sua presa. Kiev è anche molto più militarizzata di quanto Mosca lo sia mai stata. Il terreno comune è il loro odio per il passato sovietico, il comunismo e il socialismo. Kiev ha deciso di distruggere tutti i monumenti di epoca sovietica e rinominare tutte le strade che portano nomi sovietici. Gli anti-comunisti di Mosca hanno sostenuto a gran voce questa mossa e hanno fatto appelli a emularla in Russia. Anche l’élite intellettuale di Gorbaciov, anziana ma ancora forte, ha sostenuto il risoluto anticomunismo di Kiev.
Putin non ha certamente rimosso queste persone fuori potere. Ha legami con Anatolij Chubajs, un arci-ladro dei tempi di Eltsin, e con Kudrin, l’economista emulo di Friedman. Recentemente ha cominciato a occuparsi delle loro linee di rifornimento: le ONG e le fondazioni occidentali devono registrarsi, le loro transazioni sono state rese visibili ed enormi iniezioni di fondi dall’estero sono state rivelate nei loro media. Eppure, le persone identificate come pro-Putin sono una minoranza nelle istituzioni di Mosca. Questo per quanto riguarda la sua immagine di “dittatore spietato”!
Questa dualità nella struttura del potere russo influenza la politica russa nei confronti dell’Ucraina. Una minoranza che è “più filo-Putin di Putin”, chiede la guerra e la liberazione delle province orientali dell’Ucraina, e vede il confronto con l’Occidente come inevitabile. Il potente gruppo dei compradores esorta ad abbandonare il Donbass e a fare la pace con Kiev e New York. Vogliono che la Russia segua le orme di Kiev, senza il suo nazionalismo. Putin rifiuta entrambi gli estremi e percorre un sentiero di mezzo, dando fastidio a entrambi i gruppi.
Il regime di Kiev potrebbe utilizzare questa riluttanza di Putin e mediare una buona pace stabile. Ma i loro sponsor vogliono la guerra. Il Donbass separato era il motore che dava potenza a tutta l’Ucraina. Il nuovo regime è pronto alla de-industrializzazione del paese: i lavoratori industriali e gli ingegneri parlano russo e guardano all’Unione Sovietica e alla Russia come sua erede, mentre e sostenitori di lingua ucraina del regime sono soprattutto piccoli agricoltori o commercianti. Si tratta della moneta corrente dell’ex-URSS: la de-industrializzazione è l’arma scelta dai regimi filo-occidentali dal Tagikistan alla Lettonia. E anche dalla Russia: la prima cosa effettuata dai riformisti filo-occidentali ai tempi di Gorbaciov e di Eltsin è stata la de-industrializzazione. Si dice che l’area di libero scambio transatlantica di Obama (TAFTA) porterà alla de-industrializzazione di Germania e Francia. Così il Donbass industriale ha buone ragioni per resistere alla sua inclusione nell’Ucraina, a meno che questa non sia uno stato federale che lascia gran parte della sua autorità alle province. Kiev preferisce la guerra spopolando la regione.
Quindi, in Ucraina ho trovato un seguito dei drammatici eventi degli anni ’90. Chi vincerà: la prossima generazione di riformatori di Gorbaciov in abito folk nazionalista – o gli operai? Forse Putin potrebbe rispondere a questa domanda, ma non ha fretta di farlo. In un secondo articolo ci occuperemo di Mosca e delle sue recenti mosse.
E’ sempre un piacere leggere gli articoli di Israel Shamir, intellettuale raffinato e onesto 🙂
Si indubbiamente Vladimir Putin, seppur non direttamente coinvolto da quegli eventi fu sicuramente figlio ideologico di quell’ambiente contro-rivoluzionario che cospirò a vari livelli contro l’URSS.
Forse non tutti loro avrebbe voluto il crollo del paese ma sicuramente tanti di loro auspicavano un superamento del modello socialista e quindi mettere una pietra tombale sulla contrapposizione est/ovest, che poi in senso pieno voleva dire mettere fine alla contrapposizione ideologica socialismo/capitalismo in nome di un luminoso futuro non ben definito ma illusorio come poi si è visto
Dietro questo va detto potevano anche esserci ragioni oggettive (ad esempio l’innalzamento a livelli insostenibili delle spese militari portate avanti dall’Amministrazione USA, Reagan in particolare, il disastro Sovietico in Afghanistan, i palesi errori della dirigenza Sovietica ormai ridotta ad una mera gerontocrazia ecc.) ma ciò venne astutamente usato per distruggere tutto e smantellare il paese in barba a quello che il popolo Sovietico realmente voleva … qualcuno si ricorda del Referendum indetto il 17 Marzo 1991 dove ben il 76,4% degli elettori votò per la conservazione dell’Unione Sovietica ?
E come dimenticare il 1993, anno del criminale cannoneggiamento della Casa Bianca dove i comunisti avevano ottenuto la maggioranza relativa nel Soviet Supremo e avrebbero potuto senza troppe difficoltà sfiduciare Yeltslin e la sua cricca filo occidentale !
Per non parlare delle varie (almeno 2) elezioni truffa che si sono susseguite nel corso degli anni.
http://www.affaritaliani.it/esteri/russia-truccate-le-elezioni130313.html
Insomma senza questi tristi eventi il corso positivo della rinascita Russa avrebbe potuto avvenire molto prima, ma fu bloccato con la forza e fu bloccato principalmente a causa del tristo legame che teneva aggrappata la Russia agli “aiuti” occidentali
Un tempo, ammetto avrei tranquillamente abbinato la figura di Putin a quella di un qualsiasi altro leader occidentale post-moderno e liberista, ma il tempo e la non perfetta conoscenza dell’uomo mi ha fatto ricredere, Putin si sta dimostrando l’uomo giusto e forse per una strappo definitivo allora era troppo presto …
Sono convinto che al tempo del suo ingresso in politica né lui nè nessun altro avrebbe mai pensato di ritrovarsi da li a poco più di un decennio in una sorta di nuova guerra fredda, cioè nella situazione di una nuova e rinnovata contrapposizione est/ovest causata da motivazione politiche e financo ideologiche
Ma la colpa è dell’occidente, Putin non si è mai visto come un avversario dell’occidente, non ha mai voluto esserlo ma da corretto uomo di Stato (non quisling) avrebbe solo voluto un dialogo partitario ma questo non è mai stato possibile a causa della naturale conflittualità dell’imperialismo ordoliberista, questa vorace macchina tritatutto che non poteva di certo accontentarsi della sola caduta del comunismo, volevano e continuano a volere l’intero mondo ai loro piedi, come dice lo stesso Putin, l’occidente non vuole dei partner, vuole dei vassalli
E’ stata questa triste consapevolezza a formare la figura odierna di Putin, e in generale l’intera classe dirigente post sovietica, a cambiare credo la loro stessa percezione nei confronti del significato stesso di occidente e della sua cosiddetta democrazia
Io credo che sia anche a causa di questo, di questa lenta consapevolezza se ancora oggi la politica Russa abbia difficoltà a svincolarsi pienamente da certi retaggi ideologici occidentalisti (un certo liberismo economico in primis), ma piano piano le cose stanno mutando, già da tempo sia in seno al popolo che nell’elite sta maturando un generale ripensamento, una graduale ritorno anche se per il momento per lo più simbolico dei migliori valori espressi dal periodo sovietico, sappiamo già dell’ottima politica estera degli ultimi anni, ma pensiamo anche ad aspetti laterali come il ripristino del vecchio inno nazionale, il ritorno a relazioni fruttuose con paesi quali Cuba, il Venezuela e altri, una rinnovata lotta contro il revisionismo storico e quindi contro il fascismo interno e esterno, una maggiore (seppur ancora insufficiente) attenzione al popolo ed ai lavoratori in tutte le loro forme, ma anche alla rivalutazione di feste quali quella del Primo Maggio, per anni snobbata ma da pochissimo ritornata in auge sulla Piazza Rossa … certo sono astrazioni simboliche, per lo più esteriori ma danno un idea del progressivo ricollocamento mentale che sta avvenendo nella Russia di questi ultimi anni, oggi anche a cause delle sanzioni ci sono buone possibilità per riscoprire il senso di una nuova reindustrializzazione, questo non potrà che far del bene al paese allontanando sempre di più dalle cattive pratiche economiche dell’ultimo ventennio.
Ironicamente potremmo dire che dove falli Gorbachev nel salvare il socialismo (ammesso che c’abbia realmente provato) potrebbe aiutare l’occidente con la sua irrazionale e ostile politica estera 😀
Insomma, la storia è ciclica, non si ripete mai allo stesso modo ma non può mai essere considerata “finita” come sosteneva il celebre Fukuyama, certamente il futuro ci riserverà sorprese 🙂