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L’incontro a Berlino
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Il 19 ottobre 2016 il presidente russo Vladimir Putin è arrivato a Berlino per i colloqui sull’Ucraina nel “formato Normandia”. Il programma della visita a Berlino prevedeva anche colloqui del presidente russo con il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese François Hollande in merito alla situazione in Siria. Insieme a Putin, hanno partecipato ai negoziati sull’Ucraina Vladislav Surkov, consigliere del presidente russo, e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, e il solo Lavrov ai negoziati sulla Siria. L’incontro sull’Ucraina è durato più di cinque ore e si è svolto a porte chiuse.

E’ da sottolineare che il presidente russo ha visitato la Germania dopo una lunga pausa di quattro anni dal suo ultimo viaggio, alla fiera di Hannover nel 2013. Nel periodo post-sovietico, non era mai passato tanto tempo tra le visite del capo di Stato russo in Germania. L’ultima volta che il presidente russo aveva visitato Berlino era stato nel 2012. Putin allora era appena stato rieletto, e i suoi colloqui con il cancelliere Merkel e il presidente Gauck furono piuttosto freddi. La guerra strisciante in Siria stava divampando sempre di più. La crisi in Ucraina scoppiata in seguito ha reso le relazioni tra la Russia e l’Europa, e soprattutto la Germania, estremamente tese. Sono ora molti in questo paese a parlare dell’inizio di una nuova guerra fredda con la Russia.

Un altro risultato di questo incontro a Berlino è stato che il formato Normandia è ancora in vigore. Infatti la possibilità di negoziati non era certa fino a 48 ore prima. L’ultima parola affinché l’incontro avesse luogo è stata quella del presidente russo. A fine agosto, Putin aveva parlato dell’inutilità dei negoziati in formato Normandia: dopo tutto, la parte ucraina era venuta meno ai propri impegni. Alla vigilia della riunione di Berlino, dalla cancelleria tedesca è stato anticipato di non aspettare risultati concreti dall’incontro, ritenendo tuttavia necessario continuare il dialogo.

E infatti, pur non essendo avvenuto alcun importante passo avanti nel corso del vertice di Berlino, come previsto da tutti gli osservatori, c’è stato tuttavia qualche significativo progresso. Prima di tutto, la riunione di Berlino ha raggiunto almeno il ripristino della comunicazione diretta tra i presidenti di Ucraina e Russia.

Secondo, la riunione di Berlino in formato Normandia ha avuto luogo alla vigilia del vertice della UE sulla questione delle sanzioni contro la Russia, configurandosi come la reazione russa alle possibili tendenze negative del vertice. Il giorno prima, i ministri degli Esteri dei paesi della UE non erano riusciti a concordare una posizione comune sulle eventuali ulteriori sanzioni contro la Russia a causa della guerra in Siria. La situazione ad Aleppo ha dimostrato che Mosca potrebbe ricevere dall’Europa un nuovo pacchetto di sanzioni. In effetti, al termine della riunione trilaterale sulla Siria, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha detto di non escludere l’introduzione di nuove sanzioni della UE contro la Russia, questa volta, naturalmente, per la Siria. “Quel che sta accadendo ad Aleppo è un crimine di guerra”, ha detto in una conferenza stampa congiunta il presidente francese Hollande. Così, se prima dell’intervento russo in Siria si intravedeva, attraverso l’interesse reciproco, il desiderio di arrivare a un accordo sull’Ucraina, adesso la situazione, alla luce del fallimento dell’accordo con gli Stati Uniti sulla Siria, ha richiesto alla Russia di sfruttare questa volta la crisi ucraina per ridurre la tensione in Siria.

Per quanto riguarda l’esito dell’incontro a Berlino nel formato Normandia sull’Ucraina, un anno fa il presidente russo, in occasione della riunione di Parigi, aveva acconsentito alla correzione degli accordi di Minsk. Così si è creato un precedente, di cui hanno approfittato gli avversari della Russia. Hanno cominciato a insistere sugli ulteriori adeguamenti degli accordi. Il processo di Minsk è diventato un lento e doloroso tira e molla di diverse linee politiche. La parte ucraina ha dimostrato di riuscire molto bene ad accordarsi su qualcosa, per poi spiegare perché l’accordo in realtà non si può attuare. La partecipazione dei leader tedeschi e francesi al formato Normandia non ha dato alla Russia ciò che essa si aspettava dagli europei: una pressione su Kiev. Per tutto l’anno scorso, gli europei sono sicuramente rimasti dalla parte dei nazionalisti ucraini. Inoltre, la recente risoluzione OSCE sull’Ucraina ha in realtà sconfessato gli accordi di Minsk. Gli europei hanno di fatto sostenuto Kiev nell’inadempimento degli impegni presi. Per questo, a Berlino la posizione di Germania e Francia era orientata a rimuovere Minsk-2 dal suo binario morto, facendo significative modifiche agli accordi di Minsk.

Si è quindi materializzato un nuovo schema di coordinamento tra questioni politiche e “sicurezza”, che ha cominciato a realizzarsi a Berlino.
Si è appreso che, prima del vertice di Berlino, a Minsk si sono riuniti gli assistenti dei leader del quartetto Normandia per discutere il documento per la riunione dei vertici, una tabella di marcia per l’attuazione degli accordi di Minsk. L’obiettivo principale di questo documento è di agganciare i “problemi della sicurezza” all’attuazione degli accordi di Minsk. Al vertice di Berlino hanno concordato che, dopo la messa a punto e l’approvazione di una road map da parte dei ministri degli esteri tedesco, francese, ucraino e russo, il documento sarà firmato dai capi di Stato e di governo del quartetto Normandia. Tale accordo potrebbe essere chiamato convenzionalmente Minsk-3. Al termine dei colloqui di Berlino, il Presidente ucraino Petr Poroshenko ha confermato che la road map per l’attuazione degli accordi di Minsk dovrebbe essere elaborata e approvata dalle parti prima della fine di novembre di quest’anno. Poroshenko ha anche detto che la Russia ha sostenuto la presenza della missione di polizia OSCE nel Donbass. Kiev insiste che per garantire la sicurezza prima e durante le elezioni, il confine tra la Russia e le repubbliche ribelli sia controllato dall’OSCE. Invece, secondo il presidente russo, c’è solo una disponibilità della parte russa di estendere la missione OSCE nelle zone di separazione e nei siti di stoccaggio degli armamenti pesanti, e non del controllo del confine da parte dell’OSCE. Su questo punto, le parti conservano un’incomprensione reciproca.
 Inoltre, secondo le decisioni del vertice di Berlino, le parti devono separare le truppe nel Donbass nei tre luoghi che sono già stati concordati precedentemente e cominciare i negoziati su altri quattro. E ancora, secondo il presidente russo, dopo la riunione di Berlino la soluzione politica deve prevedere una sorta di “accordo su uno status speciale in alcune zone delle regioni Lugansk e Donetsk, nella Repubblica Popolare di Lugansk e nella Repubblica Popolare di Donetsk.” Non è chiaro di cosa si tratti e se quest’accordo sia garantito dai partecipanti europei per l’autonomia del Donbass, o si tratti di qualcos’altro.

Ricordiamo che l’idea di base degli accordi di Minsk era di reintegrare il Donbass in Ucraina con la condizione dell’autonomia della regione. Tuttavia, questo modello di reinserimento non soddisfa i nazionalisti ucraini, che semplicemente si rifiutano di attuare gli accordi di Minsk. La situazione che si è creata in seguito non ha costituito l’alternativa auspicata dalla Russia, cioè il congelamento del conflitto. Se gli accordi vengono violati, secondo logica il conflitto dovrebbe essere congelato. Ma le attività belliche, anche se di bassa intensità, sul fronte del Donbass continuano. Così, gli accordi di Minsk non hanno congelato il conflitto, perché per soddisfare le condizioni di sicurezza la parte russa non ha richiesto la cosa più importante – la cessazione dell’«operazione antiterroristica» nel Donbass e il ritiro delle unità dell’esercito ucraino coinvolte nei siti di dislocamento permanente. Dal momento che questo ancora non è stato fatto, le ostilità a bassa intensità nel Donbass continueranno anche quando comincerà il processo della correlazione dei “problemi di sicurezza” e l’attuazione degli accordi politici.

Tutto ciò determina la continua ambiguità delle relazioni russo-ucraine – né guerra né pace. La crisi militare nel Donbass non ha ancora provocato la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due paesi, non c’è stata nessuna dichiarazione formale di guerra e neanche la risoluzione politica della crisi. I “dispetti” continuano anche sul piano economico. Ora l’Ucraina ha introdotto nuove sanzioni contro la Russia, che si rivelano sensibili per gli affari russi in Ucraina, in particolare per i sistemi di pagamento bancari e per l’impianto di Nicolajev della Rusal. Inoltre, alla vigilia del vertice di Berlino, la società ucraina Naftogaz ha avviato un procedimento arbitrale nei confronti delle autorità russe sugli asset in Crimea del valore di 2,6 miliardi di dollari.

E’ chiaro che gli accordi Minsk hanno stabilito dei limiti per questo tipo di conflitto ibrido su diversi aspetti. E sebbene non sia stato realizzato nessun punto del programma degli accordi Minsk, essi restano formalmente in vigore perché il loro ripudio non sarebbe vantaggioso per nessuno dei partecipanti. Per questo il problema più importante del formato Normandia diventa un prolungamento nel 2017 del processo di Minsk.

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Articolo pubblicato da EA Daily il 20 Ottobre 2016
Traduzione dal Russo a cura di Elena per SakerItalia.it

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