È chiaro oramai che l’Occidente gioca la partita finale contro la Russia. Quale sarà la reazione?

Durante il mio viaggio a Donetsk la settimana scorsa ho potuto constatare che la Russia è completamente assente, in ogni aspetto: ovviamente non ci sono segni né di soldati né di materiale militare; ma non solo questo, la Russia non partecipa alla costituzione di un nuovo Stato a Donetsk in alcun modo. Non si è nemmeno occupata di aggirare il blocco economico ucraino, riconoscendo i documenti doganali emessi dalle autorità di Donetsk. L’unica presenza russa è rappresentata dagli aiuti umanitari che periodicamente arrivano sotto forma di convogli di camion bianchi.

Si direbbe che la Russia intenda osservare ad ogni costo il trattato di Minsk, e che stia tentando di convincere le milizie locali di fare altrettanto.

La Russia ha dunque nuovamente scelto di usare la soluzione legale. Molti ne sono turbati, sapendo che l’altro firmatario è soltanto un burattino mosso dall’Occidente e che non può essere meno interessato. Certo la Russia deve sapere che non può impressionare l’Occidente in alcun modo con tale rispetto per gli accordi. Qualunque cosa faccia, è continuamente accusata di violazione degli accordi e delle incursioni in Ucraina.

Orbene, credo che in realtà la Russia sia motivata da ben altre questioni che le prevedibili reazioni occidentali. Anzitutto, è chiaramente importante che il trattato sia attuato; e poi, attenendosi alla legalità, la Russia dimostra ai suoi veri alleati (la Cina ed i BRICS, molti Paesi dell’Asia, dell’America latina e dell’Africa) che vuole veramente la pace.

Va notato, però, che gli accordi di Minsk in realtà non impongono alcun obbligo alla Russia: è solo una questione di opportunità  astenersi da azioni che potrebbero essere viste come appoggio al separatismo.

Ora la mano è passata a Kiev che deve cessare le ostilità militari e ritirare gli armamenti pesanti dal fronte. Sia Donetsk sia Lugansk lo hanno già fatto, mentre Kiev continua ad attaccare e bombardare pesantemente Donetsk. Io stesso ne sono stato testimone con un gruppo di giornalisti giovedí scorso, quando eravamo all’aeroporto: il rombo delle artiglierie in sottofondo era incessante.

A parte l’aspetto militare, tutti gli obblighi sono precisamente ed unicamente per Kiev, che dovrebbe emendare la Costituzione al fine di sancire una maggiore autonomia di Donetsk e Lugansk e approvare altri atti giuridici, come indicato nel protocollo di Minsk. Ma il governo se ne beffa e la scadenza legale è ormai prossima.

Si gioca a temporeggiare. Alla Russia ed al governo del Donbass basta aspettare il termine imposto. Chi, dunque, non rispetta le regole? Se la tregua fallisce, come probabile, a Donetsk e Lugansk basterà constatare la violazione del trattato e proclamare lo Stato indipendente, con la Russia libera di aiutarli legalmente.

Nel frattempo, le nubi oscure del conflitto si sono addensate in Europa. Il sistema di sicurezza si è molto deteriorato, specialmente a causa degli sviluppi su tutti i lati del Mar Baltico. Questo potrebbe spingere la Russia a riconsiderare il suo ruolo nel Donbass. I governi di Polonia, Lituania ed Estonia, sotto la pressione di un’isterica paura di un’invasione russa, hanno chiesto alla NATO di rinforzarli con armamenti e truppe. Idem in Finlandia, dove i mass media hanno aizzato il governo a fare altrettanto. Si è però scoperto che nel 2014 è stato firmato segretamente un patto con la NATO – in violazione palese della Costituzione finnica – che accorda al Paese lo statuto di Base-di-appoggio, trasformandolo de facto in alleato (idem in Svezia, che ha abbandonato la sua neutralità ufficiale firmando un patto simile).

L’intento è di permettere lo schieramento di truppe NATO. Il Presidente Niinisto, il Primo Ministro Stubb ed il Ministro della Difesa Haglund si sono industriati a tal fine durante tutto l’anno, rinvigorendo la loro retorica bellica contro la Russia tanto che, qualche giorno fa, Haglund ha pubblicato un articolo scritto con gli altri ministri della difesa dei quattro paesi nordici (la Scandinavia in senso lato) per propugnare una difesa comune contro “l’aggressore russo”.

Soltanto l’opinione pubblica, fieramente avversa all’associazione con la NATO, ha impedito un’alleanza esplicita della Finlandia, ma è oramai chiaro che questo è lo scopo; dopo le elezioni nazionali del 19 aprile, la minima scusa basterà ad imporre l’adesione e le provocazioni attuali genereranno senza dubbio il casus belli voluto.

Non vi è piú via d’uscita. I 1.340 chilometri di frontiera comuni tra la Russia e Finlandia sono ormai il confine diretto più lungo fra Russia e NATO, e minacciano direttamente San Pietroburgo e le comunicazioni con Mosca.

È oramai lampante che l’Occidente sta spingendo la Russia ad un finale di partita, e la Russia dovrà rispondere ad un certo punto. Al nord saranno richieste più truppe, ma non vedo come la Russia possa far cadere il Donbass.

 *****

Articolo di Jon Hellevig apparso su Russia Insider il 13 aprile 2015

Traduzione in italiano a cura di Lvca per Sakeritalia.it

Condivisione: