È difficile non dispiacersi per Volodymyr Zelenskyj. È il talentuoso comico che si è fatto eleggere presidente dell’Ucraina lo scorso aprile perché era tutto ciò che Petro Poroshenko all’epoca non era. Laddove Poroshenko utilizzava lo slogan “Esercito, lingua, fede”, Zelenskyj è un ebreo che parla meglio il russo dell’ucraino ed è particolarmente freddo nei confronti della guerra contro i ribelli filorussi nell’est. Era il non-Poroshenko, motivo per cui le masse prostrate dell’Ucraina, stanche e stufe della guerra, del nazionalismo di destra, del fallimento economico e della corruzione, hanno votato per lui con un fattore di tre contro uno.

Da allora, si è impegnato in atti di equilibrismo senza rete di sicurezza, degni dei Flying Wallendas [nota troupe di equilibristi e acrobati tedesco-americani]. Assediato da oligarchi corrotti come Ihor Kolomojskyj da un lato e dai seguaci dell’estrema destra del collaborazionista Nazista Stepan Bandera dall’altro, nel frattempo ha dovuto respingere gli attacchi di Vladimir Putin, Donald Trump e persino del presidente polacco Andrzej Duda. L’ultimo vuole dare il benvenuto a Zelenskyj nell’ovile del risorgente nazionalismo dell’Europa dell’est, ma solo se starà al suo gioco.

Ciò che questo significa è diventato evidente il 27 gennaio, quando Duda lo ha invitato a Varsavia per commemorare il settantacinquesimo anniversario della liberazione di Auschwitz. Il presidente polacco stava boicottando la commemorazione a Gerusalemme perché gli israeliani avevano invitato Putin a tenere un discorso, senza invitare anche lui. Quindi Duda ha invitato il suo equivalente ucraino ad una cerimonia alternativa che avrebbe inviato un messaggio fortemente anti-russo e anti-sovietico.

Disperatamente in cerca di amici, Zelenskyj non poteva dire di no. Così il 27 gennaio ha pronunciato un discorso [in inglese] di sette minuti che sintetizzava in modo chiaro la retorica Neonazista, che ora è uno standard in quello che Józef Piłsudski chiamava “Intermarium”, il fronte anti-russo di 1600 chilometri esteso dal Baltico al Mar Nero.

“La tragedia dell’Olocausto ha lasciato per sempre ferite nei cuori di ogni ucraino”, ha dichiarato. “Non dimenticheremo mai che tra i sei milioni di vittime della Shoah, un quarto di esse proveniva dall’Ucraina. Non dimenticheremo mai i terribili crimini accaduti a Babij Jar, quando i Nazisti uccisero più di 150.000 persone innocenti”.

Sì, non dimenticheremo mai. Ma se la tragedia ha lasciato ferite così profonde in Ucraina, come mai Bandera – i cui seguaci erano “straordinariamente attivi” nel massacrare ebrei e comunisti secondo i rapporti nazisti – nel 2010 è stato dichiarato ufficialmente “Eroe dell’Ucraina”? Per quanto sia importante ricordare le esecuzioni di massa avvenute nei pressi di Kiev nel settembre del 1941, perché menzionare solo il ruolo Nazista? E la Polizia Ausiliaria Ucraina che vi ha preso parte?

Quando Anatolij Kuznetsov pubblicò il suo acclamato Babij Jar: un Documento in Forma di Romanzo nel 1966, i censori non pubblicarono tutti i riferimenti ai collaborazionisti ucraini, in modo da preservare il mito dell’unità sovietica. Ora Zelenskyj sta facendo lo stesso per preservare il mito dell’unità ucraina.

“Non dimenticheremo mai Igor Bubirchenko, comandante del reggimento di carri armati T-34 che per primo sfondò i cancelli di Auschwitz”, ha continuato, “o i soldati della 100a Divisione Fucilieri di Leopoli che entrarono nel campo sotto il comando di Anatoly Shapiro, un ebreo di Poltava [una regione nell’Ucraina centrale] che, insieme ai combattenti della 322a Divisione Fucilieri del 1° Fronte Ucraino, liberò il campo”. Ma Zelenskyj non ha fatto menzione della forza militare di cui tali unità facevano parte, ovvero l’Armata Rossa. È come celebrare il ruolo della 29th Infantry Division al D-Day senza menzionare gli Stati Uniti.

Ma, capite, l’Unione Sovietica era l’“impero malvagio”, quindi anche il suo ruolo nella liberazione di Auschwitz deve essere eliminato – e così ha fatto Zelenskyj. Ma poi è arrivato il momento che i suoi ospiti stavano aspettando.

“Signore e signori”, ha detto, “la Polonia e il popolo polacco sono stati i primi a sentire le conseguenze della collusione criminale dei regimi totalitari. Ciò causò l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, e permise ai Nazisti di far partire il volano mortale dell’Olocausto. Oggi tutti gli stati democratici dovrebbero unire i loro sforzi. L’Europa e il mondo non hanno il diritto di tacere come nel 1939. L’Europa e il mondo non hanno diritto all’indifferenza e all’inattività. Solo gli sforzi uniti possono fermare qualsiasi aggressione e salvare l’umanità da nuove sofferenze”.

Ha dato un’immagine della Polonia come vittima eterna e del totalitarismo nazi-sovietico – con un forte accento sulla seconda parola – come fonte di tutti gli orrori che sarebbero seguiti, incluso l’Olocausto.

Tutto ciò non potrebbe essere più falso. In effetti, i volani non iniziarono a girare con l’invasione della Polonia l’1 settembre 1939, ma undici mesi prima, con lo smembramento della Cecoslovacchia. Non solo Francia e Gran Bretagna furono d’accordo sul diritto di Hitler di smantellare qualsiasi paese che si fosse messo in mezzo, ma la Polonia si unì al divertimento accaparrandosi una provincia ceca nota come Zaolzie, che desiderava da tempo. Fu questo sorprendente atto di collusione con l’aggressore Nazista che fece iniziare a Stalin i negoziati con Berlino che sarebbero culminati nel 1939 con il patto di non aggressione tedesco-sovietico. Dato che tutti gli altri stavano collaborando, pensò che avrebbe potuto farlo anche lui.

Per quanto fosse riprovevole, non aveva nulla a che fare con l’Olocausto. In effetti, fu solo dopo che i Nazisti infransero il trattato invadendo il quartier generale del “Giudeo-Bolscevismo” nel giugno 1941 che la Soluzione Finale venne messa in moto. E anche allora furono i Fascisti locali che aprirono la strada scatenando un’ondata di violenza antiebraica e anticomunista da Vilnius a Kiev, che fu così orribile che almeno un feldmaresciallo tedesco si lamentò. Eppure il vetriolo antisemita non è cessato per un minuto. A metà del 1942, il movimento clandestino nazionalista polacco emise una dichiarazione in cui affermava:

“Che ci piaccia o no, il Comunismo ci sta attaccando. Lo sterminio degli ebrei in Europa da parte dei tedeschi, che sarà il risultato finale della guerra Ebraico-tedesca, rappresenta dal nostro punto di vista uno sviluppo indubbiamente favorevole, poiché indebolirà il potere esplosivo del Comunismo al momento del collasso tedesco – o prima”. (Citato in Reuben Ainsztein, La Rivolta del Ghetto di Varsavia, New York, 1979, p. 50.)

Come i Nazisti, anche i nazionalisti polacchi stavano combattendo una doppia guerra contro Ebrei e Bolscevichi. Invece di lamentarsi dell’Olocausto, lo hanno accolto con favore nell’interesse di una Polonia Judenfrei [libera da ebrei]. Oggi, gli stessi elementi sono di nuovo al potere a Varsavia: persone che, con l’incoraggiamento degli Stati Uniti, danno la colpa ai sovietici e alla Russia per tutto ciò che li affligge, e che ribollono di un antisemitismo mal celato. Zelenskyj sta giocando con il fuoco avvicinandosi a queste persone, soprattutto ora che i nazionalisti di destra sono di nuovo in marcia in patria.

*****

Articolo di Daniel Lazare pubblicato su Strategic Culture il 10 febbraio 2020
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.

[le note in questo formato sono del traduttore]

__________

La redazione di Saker Italia ribadisce il suo impegno nella lotta anti-mainstream e la sua volontà di animare il dibattito storico e politico. Questa che leggerete è l’opinione dell’autore; se desiderate rivolgere domande o critiche purtroppo questo è il posto sbagliato per formularle. L’autore è raggiungibile sul link dell’originale presente in calce.

L’opinione dell’autore non è necessariamente la nostra. Tuttavia qualsiasi commento indecente che non riguardi l’articolo ma l’autore, sarà moderato, come dalle regole in vigore su questo sito.

Condivisione: