Uno dei mantra adottati dall’amministrazione Biden da quando circa 10 mesi fa si è insediato il 46° Presidente degli Stati Uniti, è il dichiarato desiderio di cercare “relazioni stabili e prevedibili con la Russia”.

Quella frase è stata articolata dal Presidente Joe Biden e dai suoi più stretti collaboratori. Sembra arrogante, per quanto abbia un tono riluttante di desiderio di collaborazione.

Perché non “relazioni normali e cordiali”? E’ evidentemente chiedere troppo a un apparato politico americano che è gravato dalla ideologia da Guerra Fredda di “rivalità tra super potenze” e da una visione delle relazioni internazionali come un semplicistico prisma manicheo del “bene contro il male”. Ovviamente, un prisma in cui i buoni sono sempre, insensatamente (sì, avete indovinato), gli Americani.

Volendo considerare un lato leggermente positivo, la prima mossa del Presidente Biden è stata l’estensione dell’accordo New START che limita le scorte delle armi nucleari strategiche detenute sia dagli Stati Uniti che dalla Russia. La precedente amministrazione Trump aveva minacciosamente fatto intendere che il fondamentale accordo sarebbe stato stracciato insieme all’accordo INF sulle armi nucleari a medio raggio e al trattato Open Skies.

Inoltre, dopo cinque mesi di mandato alla Casa Bianca, Biden ha partecipato al faccia a faccia di Ginevra con il Presidente russo Vladimir Putin. L’incontro è sembrato cordiale e produttivo, malgrado gli offensivi e immotivati commenti di Biden fatti prima dell’evento, secondo cui Putin è un “killer”. Dopo il summit di Ginevra, ci sono stati scambi reciproci sugli ambiti del rafforzamento del controllo degli armamenti, della cybersecurity e di altre aree di interesse.

Sembra, comunque, che non ci sia molta sostanza oltre la retorica. Durante la visita del mese scorso a Mosca, l’esperta diplomatica dell’amministrazione Biden, Victoria Nuland, ha ripetuto il mantra di cercare “relazioni stabili e prevedibili”. Dai suoi incontri, però, si è capito che la parte americana non era disposta ad ascoltare o a capire il punto di vista russo su una serie di questioni fondamentali. Tali questioni includono la crescente presenza presso i confini russi di forze militari dell’alleanza NATO guidata dagli Stati Uniti, nonché il destabilizzante sostegno militare da parte di Washington al regime anti-russo dell’Ucraina.

Come per l’altro mantra preferito dall’amministrazione Biden, e cioè “ordine globale basato sulle regole”, sembra che Washington voglia semplicemente imporre la propria visione unilaterale di ciò che rappresenta i suoi interessi. Un ordine globale basato sulle regole suona ragionevole e conforme alle norme: in realtà significa condizioni imposte dagli Stati Uniti.

Vale anche per le “relazioni stabili e prevedibili” che riguardano Mosca. Non c’è molta reciprocità o discussione, si tratta invece di imporre ciò che è stabile e prevedibile per Washington.

La prova di quella tacita logica americana è la notizia [in inglese] di questa settimana secondo cui gli Stati Uniti hanno respinto la proposta dalla Russia di revocare tutte le restrizioni diplomatiche tra le due nazioni. Anatoly Antonov, l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, ha affermato che la proposta di normalizzare le relazioni è stata respinta sia dal Dipartimento di Stato sia dalla Casa Bianca. In altre parole, l’atteggiamento dell’apparato politico statunitense sembrerebbe endemico, e non può essere attribuito a qualche anomala decisione.

Durante l’amministrazione Trump gli uffici consolari russi negli Stati Uniti sono stati chiusi dalle autorità americane, e sono state effettuate diverse tornate di espulsioni di diplomatici russi. La Russia ha giustamente risposto in maniera reciproca limitando i servizi consolari americani nel suo territorio.

Il deterioramento delle relazioni diplomatiche è stato ampiamente causato dalle accuse degli Stati Uniti di interferenze russe nei loro affari interni. Il cosiddetto scandalo “Russiagate” sulle presunte interferenze russe nelle elezioni americane è una bufala gigantesca, che ha un disperato bisogno di fatti. L’incriminazione [in inglese] che questa settimana l’FBI ha fatto ad una fonte dietro gran parte delle dichiarazioni, è ancor più una prova di quanto rozzamente falsa sia l’intera saga. Il vero scandalo qui è la corruzione interna della politica e della legge degli Stati Uniti, che non ha nulla a che vedere con la presunta condotta malevola della Russia.

Ciò nonostante, invece di porre rimedio alle relazioni diplomatiche, Washington continua a mantenere i canali a un livello anormale di minimalismo.

La ragionevole offerta di Mosca di rimuovere senza condizioni tutte le restrizioni è stata respinta. Il che significa inevitabilmente che viene intralciata la normale attività dei diplomatici e delle comunicazioni tra le nazioni. In che modo questa realtà è coerente con l’apparente impegno dell’amministrazione Biden a cooperare su questioni di sicurezza mondiale di importanza vitale, come il controllo delle armi strategiche? In una fase di crescenti e pericolose tensioni tra le due superpotenze nucleari dovute ai movimenti della NATO in Ucraina, Georgia e nei Balcani, la politica più plausibile sarebbe sicuramente provare ad intensificare le comunicazioni, non a ridurle al minimo.

Come per molte altre cose che riguardano l’amministrazione Biden, si parla molto e si agisce poco. Biden dice di non volere una Guerra Fredda o uno scontro con la Russia e la Cina, eppure la sua amministrazione si contraddistingue per i segnali contraddittori.

Quando questo presidente americano parla di relazioni “stabili e prevedibili” con la Russia, la traduzione sembra voler dire avere relazioni stagnanti e prevedibilmente cattive.

Una tale negativa e non produttiva posizione è deplorevole, specialmente da parte di una nazione che dichiara, in maniera ridicola, di essere la più potente e la più saggia al mondo.

Certamente, la spiegazione di questo paradosso è piuttosto banale: il capitalismo corporativo americano non può tollerare delle pacifiche relazioni internazionali, perché uno stato così positivo degli affari mondiali è un anatema per la sua economia iper-militaristica. Prevalendo le condizioni del capitalismo disfunzionale americano, le relazioni con la Russia (e con Cina, Iran e così via) sono progettate per essere, necessariamente, cattive. Da qui, la perversa posizione di Washington di questa settimana: distruggere ogni apertura diplomatica con la Russia.

 *****

Editoriale pubblicato su Strategic Culture il 5 novembre 2021
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[I commenti in questo formato sono del traduttore]


La redazione di Saker Italia ribadisce il suo impegno nella lotta anti-mainstream e la sua volontà di animare il dibattito storico e politico. Questa che leggerete è l’opinione dell’autore; se desiderate rivolgere domande o critiche purtroppo questo è il posto sbagliato per formularle. L’autore è raggiungibile sul link dell’originale presente in calce.

L’opinione dell’autore non è necessariamente la nostra. Tuttavia qualsiasi commento indecente che non riguardi l’articolo ma l’autore, sarà moderato, come dalle regole in vigore su questo sito.

Condivisione: