Sette anni dopo essere stata lanciata dal presidente Xi Jinping, prima ad Astana e poi a Giacarta, la Nuova Via della Seta sta sempre più facendo impazzire l’oligarchia plutocratica americana.
L’inarrestabile paranoia della “minaccia” cinese ha molto a che fare con la via d’uscita offerta da Pechino al Sud del Mondo, permanentemente indebitato a causa dello sfruttamento da parte del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.
Nel vecchio ordine, le élite politico-militari venivano regolarmente corrotte in cambio di un accesso illimitato delle aziende alle risorse delle loro nazioni, abbinato a schemi di privatizzazione a go-go e a una totale austerità (“aggiustamenti strutturali”).
Le cose sono andate avanti per decenni, fino a quando la Nuova Via della Seta è diventata la nuova opzione per costruire delle infrastrutture, offrendo un’alternativa all’influenza imperiale.
Il modello cinese permette tutti i tipi di tasse, vendite, affitti, locazioni – e profitti – paralleli. Ciò significa fonti di guadagno extra per i governi ospitanti, con un importante corollario: libertà dai diktat degli irriducibili neoliberisti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. E’ ciò che sta al centro della notoria strategia cinese “win-win” [io vinco-tu vinci].
L’attenzione strategica globale della Nuova Via della Seta allo sviluppo delle infrastrutture non solo in tutta l’Eurasia ma anche in Africa comporta, inoltre, un’importante svolta geopolitica. La Nuova Via della Seta sta mettendo vaste fasce del Sud del Mondo nella posizione di diventare completamente indipendenti dalla trappola debitoria imposta dall’Occidente. Per molte nazioni è una questione di interesse nazionale. In questo senso, la Nuova Via della Seta dovrebbe essere considerata come il meccanismo post-colonialista definitivo.
La Nuova Via della Seta infatti è piena di semplicità alla Sun Tzu applicata alla geoeconomia. Mai fermare un nemico quando sta facendo un errore, e cioè, in questo caso, schiavizzare il Sud del Mondo con un debito infinito. Poi, utilizzare le sue proprie armi – in questo caso l’“aiuto” finanziario – per destabilizzare la sua superiorità.
Mettersi in viaggio con i Mongoli
Niente di quanto detto finora, ovviamente, è destinato ad essere una serenata per il vulcano paranoico, che continuerà a sputare un diluvio di allarmi rossi [in inglese] 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, deridendo la Nuova Via della Seta come “mal definita, mal gestita e chiaramente fallimentare”. “Chiaramente”, ovvio, solo per gli eccezionalisti.
Come previsto, il vulcano paranoico si nutre di un mix tossico di arroganza e crassa ignoranza della storia e della cultura cinesi.
Xue Li, direttore del Dipartimento di Strategia Internazionale presso l’Istituto di Economia e Politica Mondiale dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali, ha evidenziato [in inglese] come “dopo che nel 2013 è stata proposta la Nuova Via della Seta, la diplomazia cinese è cambiata, passando dal mantenere un basso profilo ad essere più proattiva negli affari mondiali. Ma non è cambiata la politica della “partnership al posto dell’alleanza” ed è improbabile che cambi in futuro. Il fatto indiscutibile è che il sistema della diplomazia delle alleanze delle nazioni occidentali è la scelta di pochi Paesi nel mondo, mentre la maggior parte dei Paesi sceglie la diplomazia non-allineata. Inoltre, la stragrande maggioranza di essi sono Paesi in via di sviluppo in Asia, Africa e America Latina”.
Gli Atlantisti sono disperati perché il “sistema della diplomazia delle alleanze” è in declino. La schiacciante maggioranza del Sud del Mondo si sta ora riconfigurando in un rinnovato Movimento Non-Allineato [NAM, Non-Aligned Movement], come se Pechino avesse trovato un modo di far rivivere lo Spirito di Bandung [in inglese] del 1955.
Gli studiosi cinesi amano citare un manuale imperiale del XIII secolo, secondo cui i cambiamenti politici dovrebbero essere “vantaggiosi per il popolo”. Se ne traggono beneficio solo dei funzionari corrotti, il risultato è il “luan” (il caos). Da qui l’enfasi cinese del XXI secolo sulla politica pragmatica invece che sulla ideologia.
Rivaleggiando in consapevoli paralleli con le dinastie Tang e Ming, è in realtà la dinastia Yuan che offre una affascinante introduzione alle dinamiche interne della Nuova Via della Seta.
Facciamo quindi un breve viaggio a ritroso nel XIII secolo, quando l’immenso impero di Gengis Khan fu sostituito da quattro khanati.
C’era il Khanato del Gran Khan (che diventò poi la dinastia Yuan) che governava su Cina, Mongolia, Tibet, Corea e Manciuria.
C’era l’Ilkhanato, fondato da Hulagu (il conquistatore di Baghdad), che governava su Iran, Iraq, Azerbaijan, Turkmenistan, parte dell’Anatolia e del Caucaso.
C’era l’Orda d’Oro che governava sulla steppa euroasiatica nordoccidentale, dall’Ungheria orientale alla Siberia, e su gran parte dei principati russi.
E c’era il Khanato di Chaghadaid (che prende il nome dal secondo figlio di Gengis Khan) che governava l’Asia centrale, dallo Xinjiang orientale all’ Uzbekistan, fino a quando Tamerlano prese il potere nel 1370.
Quest’epoca vide un’accelerazione enorme del commercio lungo le strade mongole della Via della Seta.
Tutti questi governi controllati dai Mongoli privilegiavano il commercio locale e internazionale, che si è tradotto in un boom di mercati, tasse, profitti…e prestigio. I khanati gareggiavano nell’accaparrarsi le migliori menti commerciali. Avevano predisposto le infrastrutture necessarie per i viaggi transcontinentali (la Nuova Via della Seta del XIII secolo, prego?) e aperto la strada agli scambi multipli e trans-civiltà tra Est e Ovest.
Quando i Mongoli conquistarono i Song nel sud della Cina, il commercio terrestre della Nuova Via della Seta si estese addirittura nella Via della Seta marittima. A quel tempo la dinastia Yuan controllava i potenti porti meridionali della Cina. Quindi, quando c’era una qualche turbolenza via terra, il commercio si spostava sui mari.
Gli assi principali passavano attraverso l’Oceano Indiano, tra la Cina meridionale e l’India, e tra l’India e il Golfo Persico o il Mar Rosso.
I carichi viaggiavano via terra verso Iran, Iraq, Anatolia ed Europa; via mare verso l’Europa, attraverso l’Egitto e il Mediterraneo; verso l’Africa orientale da Aden.
Tra i porti dell’Orda d’Oro sul Mar Nero e l’Egitto era attiva anche una tratta marittima di commercio di schiavi, gestita da commercianti musulmani, italiani e bizantini. Nei porti del Mar Nero transitavano merci che arrivavano via terra dall’Oriente. E le carovane viaggiavano nell’entroterra dalla costa indiana durante le pericolose stagioni dei monsoni.
Questa frenetica attività commerciale era la proto-Nuova Via della Seta, che ha raggiunto il suo apice nel secondo e terzo decennio del XIV secolo, fino al crollo della dinastia Yuan nel 1368, in parallelo con l’epidemia di peste nera in Europa e nel Medio Oriente. Il punto chiave è questo: tutte le vie terrestri e marittime erano collegate tra di loro. I pianificatori della Nuova Via della Seta del XXI secolo hanno il vantaggio di una lunga memoria storica.
“Non cambierà fondamentalmente nulla”
Ora, paragonate questa ricchezza di scambi commerciali e culturali con la pedestre, provinciale, anti-Nuova Via della Seta e soprattutto anti-cinese paranoia degli Stati Uniti. Quello che otteniamo è il Dipartimento di Stato sotto un Pompeo in uscita (detto Mike “noi mentiamo, noi prendiamo in giro, noi rubiamo”), che lancia una misera diatriba sulla “sfida cinese”[in inglese]. Oppure la Marina americana che incarica nuovamente la Prima Flotta [in inglese], che farà probabilmente base a Perth, di “avere un’influenza indo-pacifica” e così mantenere “un dominio marittimo in un’era di grande competizione di forze”.
In maniera più minacciosa, a questo link [in inglese] trovate un riassunto del gigantesco Atto di Autorizzazione della Difesa Nazionale (NDAA) [National Defense Authorization Act] del 2021, di 4.517 pagine e del valore di 740,5 miliardi di dollari, appena approvato dal Congresso per 335 voti a favore e 78 contrari (Trump ha minacciato di porre il veto).
Si tratta di finanziamenti al Pentagono per il prossimo anno, che saranno in teoria supervisionati dal nuovo generale della Raytheon, Lloyd Austin, l’ultimo “comandante generale” degli Stati Uniti in Iraq, a capo di CENTCOM dal 2013 al 2016 e poi ritiratosi dall’incarico per alcune succose e imprevedibili esibizioni come il Consiglio della Raytheon e, soprattutto, il Consiglio della Nucor, azienda ultra-tossica inquinatrice di aria, acqua e suolo.
Austin è un personaggio imprevedibile, che ha sostenuto la guerra in Iraq e la distruzione della Libia, e ha supervisionato l’addestramento dei “ribelli moderati” in Siria (ovvero, il riciclaggio di al-Qaeda), che hanno ucciso moltissimi civili siriani.
L’NDAA, come previsto, è pesante sugli “strumenti deterrenti contro la Cina”. E include:
- Una cosiddetta “Iniziativa di Deterrenza nel Pacifico” (PDI), un codice per il contenimento della Cina nella regione indo-pacifica attraverso il potenziamento del Quad.
- Massicce operazioni di controspionaggio.
- Un’offensiva contro la “diplomazia del debito”. Il che non ha senso: gli accordi della Nuova Via della Seta sono volontari, si basano sulla logica “win-win” e aperti alla rinegoziazione. Le nazioni del Sud del Mondo li preferiscono perché i prestiti sono a basso tasso d’interesse e a lungo termine.
- Ristrutturazione delle catene di approvvigionamento mondiali che portano verso gli Stati Uniti. Buona fortuna. Le sanzioni alla Cina rimarranno in vigore.
- Pressione su tutta la linea per costringere le nazioni a non utilizzare il 5G di Huawei.
- Rafforzare Hong Kong e Taiwan, da usare come cavalli di Troia per destabilizzare la Cina.
Il Direttore dei Servizi Segreti Nazionali, John Ratcliffe, ha già fatto capire come andranno le cose [in inglese]: “Pechino vuole dominare gli Stati Uniti e il resto del pianeta dal punto di vista economico, militare e tecnologico”. Abbiate paura, molta paura, del cattivo Partito Comunista Cinese “la più grande minaccia alla democrazia e alla libertà mondiali dalla Seconda Guerra Mondiale”.
Ecco qua: Xi è il nuovo Hitler.
Quindi, non cambierà fondamentalmente nulla dopo gennaio 2021, come ufficialmente promesso da Biden-Harris: ci sarà di nuovo una guerra ibrida contro la Cina, dispiegata su tutti i fronti, come Pechino ha perfettamente capito.
E allora? La produzione industriale della Cina continuerà a crescere, mentre gli Stati Uniti continueranno a declinare. Gli scienziati cinesi faranno passi da gigante, come il calcolo quantistico fotonico, che ha elaborato 2.6 miliardi di anni di calcolo in 4 minuti. E lo spirito della dinastia Yuan del XIII secolo continuerà ad ispirare la Nuova Via della Seta.
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su The Saker il 9 dicembre 2020
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.
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