I membri della NATO, fra i quali gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, la Norvegia, la Spagna, la Danimarca e i Paesi Bassi, hanno cominciato ad intraprendere i primi passi pubblici per la definizione delle linee guida concernenti il dispiegamento delle armi cibernetiche.
La Reuters, nel suo articolo [in inglese] “La NATO pensa alla ‘difesa offensiva’ con regole di guerra informatica”, ha dichiarato:
Un gruppo di alleati della NATO sta considerando una risposta più muscolare agli hacker informatici sponsorizzati dagli stati che potrebbe implicare l’uso di attacchi informatici per far cadere le reti nemiche, hanno detto alcuni funzionari.
La Reuters ha anche riferito:
La dottrina potrebbe cambiare l’approccio della NATO, da un atteggiamento difensivo ad un contrasto degli hacker, quelli che alti ufficiali della NATO affermano essere usati da Russia, Cina e Corea del Nord per indebolire i governi occidentali e rubare tecnologia.
L’articolo ha rilevato anche che gli Stati Uniti e i loro alleati già possiedono armi informatiche, e hanno minacciato di usarle in modo offensivo, citando il virus Sutxnet del 2010 lanciato contro l’infrastruttura nucleare iraniana come un possibile esempio. Altri esempi citati di possibili applicazioni includevano la chiusura di centrali elettriche con malware piuttosto che bombardarle.
La Reuters ha anche riferito che la NATO sta creando “comandi informatici”, tra cui uno in Estonia apparentemente destinato a lanciare attacchi informatici in Russia.
Estendere nel ciberspazio l’aggressione della NATO
A prima vista, sviluppare la capacità di difendersi e di effettuare contrattacchi contro gli aggressori stranieri, ciberspazio incluso, appare una politica legittima per una nazione.
Per la NATO, tuttavia, i suoi precedenti di aggressione seriale ed espansione oltre i suoi confini, basate intenzionalmente su falsi pretesti, indicano che l’alleanza militare porterà semplicemente la sua aggressione nel ciberspazio.
L’invasione e l’occupazione della NATO in Afghanistan sono seguite agli attacchi dell’11 settembre 2001 su Washington D.C. e su New York City. Nonostante nessuno dei presunti sospettati coinvolti nell’attacco provenisse effettivamente dall’Afghanistan e il governo dell’Afghanistan non avesse avuto alcun ruolo negli attacchi, la NATO lo invase e da allora ha occupato la nazione negli ultimi 16 anni.
L’invasione dell’Iraq del 2003, guidata dagli Stati Uniti e da altri membri di spicco della NATO, era basata esclusivamente su menzogne. Si sostenne che il governo iracheno, in quel momento, possedesse armi chimiche e biologiche ma, successivamente, si scoprì essere stato un pretesto fabbricato intenzionalmente per giustificare un’invasione che, secondo alcune stime, costò la vita a oltre un milione di iracheni e quella di migliaia di soldati statunitensi ed europei. L’invasione e l’occupazione hanno portato a conflitti regionali che continuano ancora oggi.
Nel 2011, quando i terroristi affiliati ad Al Qaeda si sono mossi contro il governo della Libia, la NATO ha descritto il conflitto risultante come un giro di vite su quelli che i media occidentali chiamavano “combattenti per la libertà”. La NATO ha armato i militanti e, alla fine, è intervenuta in una campagna aerea che ha rovesciato il governo, lasciando la Libia in rovina.
Tra il 2013 e il 2014, gli Stati Uniti e i suoi partner della NATO hanno fomentato apertamente le proteste contro il governo eletto dell’Ucraina. Sostenendo le milizie neonaziste e i partiti politici affiliati, la NATO è riuscita a rovesciare il governo e a mettere al potere organizzazioni e partiti coinvolti nelle proteste. Da allora, la NATO è intervenuta a vari livelli, eccetto un intervento militare, per proteggere il regime di Kiev sia dagli sfidanti politici che da un possibile contro colpo di Stato.
Ad ogni modo, sin dalla Primavera Araba del 2011, gli Stati Uniti e i loro partner della NATO hanno già usato qualche sorta di arma informatica per destabilizzare e attaccare le nazioni prese di mira. Nelle prime settimane di proteste, i social media furono manipolati, si trasmisero false informazioni, tecnologia e software vennero distribuiti tra i gruppi di opposizione finanziati dagli Stati Uniti e dalla NATO, il tutto nel tentativo di allontanare dal potere i governi presi di mira.
Oggi i membri della NATO sono coinvolti nel bomardamento, invasione, occupazione e nella guerra dei droni, dall’Africa all’Asia. Vengono impiegati gli strumenti della moderna disinformazione e propaganda per interferire e manipolare i processi politici delle nazioni di tutto il mondo.
L’idea che la NATO svilupperà e dispiegherà armi informatiche offensive non solo potenzierà l’aggressione in corso ma, a causa della loro natura e della possibilità di mascherare la provenienza dell’attacco, potrebbe espanderle in aree dove attualmente l’uso di mezzi militari convenzionali non è giustificato.
Considerando la vasta esperienza acquisita dalla NATO nel fabbricare pretesti per l’aggressione e la percepita benignità della guerra cibernetica nei confronti delle armi convenzionali, possiamo aspettarci di vedere la NATO usare questo nuovo concetto di “difesa offensiva” per minacciare ulteriormente le nazioni e i popoli di questo pianeta con un livello e una frequenza molto al di sopra e al di là delle sue solite operazioni militari.
Mentre la Reuters cita la Russia, la Cina e la Corea del Nord come probabili bersagli degli attacchi informatici della NATO, è probabile che tutti gli attori, sia statali che non statali, si troveranno come bersagli di aggressione da parte della NATO qualora i loro interessi fossero in conflitto con quelli dei firmatari dell’alleanza NATO.
Sviluppare i mezzi per mettere queste capacità sotto controllo e impedire alla NATO di sviluppare qualsiasi tipo di vantaggio nel cyberspazio sarà un prerequisito per la pace e la stabilità future, online e offline.
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Articolo di Ulson Gunnar apparso su New Eastern Outlook il 25 dicembre 2017
Traduzione in italiano di Cinzia Palmacci per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
le “armi informatiche” funzionano solo con i “trogloditi” che non hanno sviluppato una informatica “nazionale”..
Ad esempio per gestire impianti strategici si possono ( anzi si DEBBONO ) usare sistemi operativi “grezzi” , costruiti ” ad hoc” e non modificabili via ” rete”.
Va aggiunto poi l’ effetto boomerang ; ad esempio il successo del sutnext dipese dal fatto che esso era calibrato sulle centrifughe siemens acquistate dagli iraniani , ma alla siemens ( e alla industria “occidentale”) quanto è costato in ordinativi poi questo “successo” ?