Trump, nel momento in cui sto scrivendo, è lacerato dalla scelta fra Romney e Giuliani come Segretario di Stato, entrambi con differenze di vedute piuttosto modeste riguardo alla politica estera e alla guerra nucleare. Forse ad essere scelto sarà Giuliani, il più arrogante e schietto tra i due, ma questo non importa: entrambi sono capaci, come Trump, di creare uno scenario da fine dei tempi quando le circostanze sembreranno appropriate ad ognuno. Quali circostanze? Un crescente accumulo di paura, sospetto e presunzione ideologicamente rigida, quando la perdita dell’onore (ovvero, la perdita di fiducia nell’ascendente globale del capitalismo, e in patria, una nazione gerarchica organizzata per classi, basata sulla subordinazione degli operai) rimpiazzerà la volontà di ottenere il dominio del mondo legittimato su basi unilaterali.
Il problema è che il sistema internazionale si evolve di continuo e non si fermerà: l’America ha mostrato il modo in cui militarizzare l’egemonia, il genio non può essere fatto tornare nella lampada, e la conquista è nell’aria; il futuro dell’America dipende apparentemente da essa. Ho detto “apparentemente” perché ciò che può arrestare la sua letalità, ovvero la democratizzazione integrale dell’ordine sociale, non ha posto nella politica economica americana e nella sua futura pianificazione (e probabilmente non ce l’ha mai avuto). Da Bill Clinton a Hillary Clinton, da Obama a Trump, e perché non andare indietro (?), da Kennedy a Reagan, da Bush a Bush, l’America ha avuto un record senza rivali di antiradicalismo e reazionarismo, entrambi definiti a vicenda e operativi, così che i limiti del processo decisionale ci hanno lasciato, come con così tanto altro, come l’arida terra desertica priva di sentimenti umani e dell’affermazione stessa della vita.
Il Dottor Stranamore venne considerato un’esagerazione quando uscì al cinema nel 1962, ma ora può essere visto come una grossolana sottovalutazione dell’odio condensato che ribolle, apparentemente ed esclusivamente, a partire dalla classe operaia, ma che attualmente caratterizza l’America (cosa che dimostra, con la recente elezione, il trionfo della Reazione bipartisan). Trump ha fatto venire alla luce il fascismo plebeo degli operai, la Clinton ha mostrato la forma più completamente sviluppata dei suoi sostenitori, con i radicali neutralizzati e, cosa ancora peggiore, in qualità di terza forza instabile numericamente in diminuzione, sviati dalla politica culturale, perché la conquista della potenza combinata del sistema affaristico e militare si è dimostrata infattibile o in qualche modo errata. La Vecchia Sinistra? La Nuova Sinistra? Inghiottite entrambe nel vortice incessante del capitalismo, si sono ritrovate col loro strato esterno rimosso, solo per poi rivelare una mentalità totalitaria composta da sudicie aspirazioni di ricchezza, status e potere, sottilmente travestite da individualismo ma che intenzionalmente non hanno ingannato nessuno.
Scegliere tra Romney o Giuliani (o qualche generale o ammiraglio dietro le quinte), così come la scelta fra Trump e la Clinton, è una presa in giro delle scelte umane – una parte importante della libertà. La scelta viene negata perché troppo pericolosa per gestire un’organizzazione sociale, e con essa viene negato lo stato di diritto, perché in conflitto, reale o potenziale, con la sicurezza, l’identità, i privilegi strutturali-ideologici e le abitudini delle classi superiori, che ora regnano inconsapevolmente per mero diritto, nel modo in cui credono che il sistema sia stato progettato. Su questo, potrebbero avere ragione; il capitalismo non è mai stato inteso per distribuire la ricchezza in modo equo, almeno così come è stato definito dalle sue élite. Perché fingere anche di essere giusti ed equi, quando i fatti parlano diversamente? La disuguaglianza è il fattore dinamico nel processo di accumulo del capitale dell’individuo, ed è quello che fa tendere la società verso la bellicosità. È quello che oggi fa sorgere e tramontare il sole per la grande maggioranza delle persone in America, sia essa demarcata da una classe operaia bianca senza laurea, o da una comunità nera vulnerabile alla brutalità della polizia. La disuguaglianza è iscritta nel puro e semplice processo di Americanizzazione: imparare a inginocchiarsi di fronte a chi è migliore di voi, memorizzare i tratti e i valori sociali che riducono le ansie di coloro che si trovano in una classe sociale superiore alla vostra, e fornire la carne da cannone che permetta al Sistema di raggiungere il suo potenziale autodefinito, sia essa l’aggressione, la sovranità o la penetrazione dei mercati.
L’attuale allineamento dei partiti, con poche speranze di nutrimento interno od esterno, cala un velo intorno alle prospettive strutturali-economiche della trascendenza sistemica. Questo è un motivo per il pessimismo o per la paralisi? Enfaticamente e assolutamente NO. Quando una società ha le spalle al muro, come credo che sia l’America, non è il momento di ritirarsi; perché adesso non c’è niente da perdere. I campi di internamento potrebbero essere dietro l’angolo per tutti noi – agli immigrati irregolari è stato già consegnato il preavviso (e ovviamente quello che può accadere ad un segmento della popolazione può accadere agli altri). Trump può non essere Hitler, la Clinton può non essere Ilse Koch, ma entrambi, occasionalmente, forniscono una buona imitazione dell’originale. Se gli eventi futuri instilleranno la paura in quelli che verranno presi di mira, tramite l’insinuazione, la diffamazione mirata (piuttosto che la pratica utilizzata all’estero dell’omicidio mirato), o semplicemente la discriminazione sul posto di lavoro o sotto altre forme, il dissidente si troverà moralmente obbligato ad opporre resistenza: l’Americanizzazione al suo meglio.
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Articolo pubblicato da Norman Pollack su Counterpunch il 29 Novembre 2011.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
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