Il recente discorso di Donald Trump sulla politica estera è stato esplicitamente biasimato dall’establishment degli affari esteri statunitense.
È stato anche ridicolizzato, definendolo confuso e contraddittorio.

“Grazie a tutti per le meravigliose recensioni del mio discorso sulla politica estera. Parlerò presto in dettaglio di numerose altre questioni”.
Ma sono tentativi di travisare il suo pensiero. Mentre Trump non ha fornito un programma dettagliato – farlo nel mezzo di una campagna elettorale sarebbe stato poco saggio – il messaggio sottinteso è abbastanza chiaro.

“L’economia è messa male e peggiora – crescita quasi ZERO in questo trimestre. Nessuno mi può battere sull’economia (e sull’occupazione). RENDIAMO DI NUOVO GRANDE L’AMERICA”.
Invece di una politica estera basata sull’ideologia di una egemonia statunitense sul mondo, “eccezionalismo” e “promozione della democrazia”, Trump promette una politica estera basata puramente sul perseguimento degli interessi nazionali degli Stati Uniti.
Per capire cosa significherebbe nella pratica, considerate il contrasto fra quello che gli americani vogliono e quello che l’America ha veramente fatto nelle amministrazioni che si sono succedute.
Mentre in America dall’11 Settembre il pubblico si è decisamente concentrato sul terrorismo islamico ritenendolo la più grande minaccia per gli Stati Uniti, l’apparato degli affari esteri in americano si è interessato solo minimamente a questo problema. La sua priorità è assicurare l’egemonia degli Usa nel mondo, rimodellando la mappa geopolitica del globo.
Innanzitutto questo ha significato far fronte alle due grandi potenze – Russia e Cina – che gli Stati Uniti vedono come gli ostacoli principali alla propria supremazia.
E ha significato anche una serie di avventure geopolitiche in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia e Siria, un lungo conflitto con l’Iran, e scontri frontali con Russia e Cina in Ucraina e sul mare della Cina meridionale.
Gli americani dalla loro hanno mostrato poco o niente interesse in tutte queste vicende.
Mentre invece l’establishment statunitense ha mostrato poco entusiasmo nel voler far fronte allo Stato Islamico/Daesh.
La campagna militare che sta mostrando di condurre contro Il Daesh è essenzialmente una “iniziative di facciata” per le relazioni pubbliche. La vera battaglia contro lo Stato Islamico la stanno combattendo l’Iran e la Russia.
Altrove – in Cecenia, Libia e Siria – gli Stati Uniti hanno collaborato volentieri con i terroristi della jihad per raggiungere i loro obbiettivi geopolitici.
Trump minaccia di cambiare tutto ciò radicalmente.
Al posto del confronto con Russia e Cina egli dice di voler fare con loro accordi, ritenendo – giustamente – che non siano una minaccia per l’America.
Invece di una collaborazione con il terrorismo promette di avere come unico obbiettivo la sua distruzione.
Anche altri pilastri della politica estera statunitense attuale sono messi in discussione.
Mentre gli ideologi della politica estera statunitense attualmente in carica trattano gli alleati degli Usa come ideologiche anime gemelle con la missione di diffondere i “valori occidentali” (cioè l’egemonia degli Stati Uniti), Trump vede le relazioni degli Usa con i suoi alleati come transazioni: gli Usa li aiuteranno se loro li aiutano, senza che ciò abbia una qualche causa ideologica comune.
Avendo abbandonato questa filosofia e la politica estera che ne consegue, Trump promette di concentrarsi sul risolvere i problemi interni, che sono le priorità per il popolo statunitense.
Trump si esprime spesso in un linguaggio crudo, per esempio minacciando di “bombardare a tappeto” lo Stato Islamico.
Non è coerente. Continua a parlare dell’Iran come di un nemico – ignorando il fatto che sia un potenziale partner per gli Stati Uniti tanto quanto Russia e Cina.
Alcune cose che Trump dice – per esempio di essere a favore della tortura – sono francamente preoccupanti.
Resta da vedere se il Presiedente Trump una volta eletto sarebbe disposto o capace – come promette – di cambiare l’intera direzione della politica estera degli Stati Uniti.
Rimane comunque il fatto che Trump ha messo in pericolo le fondamenta ideologiche sulle quali è costruita la politica estera, offrendo un’alternativa che ha suscitato forti reazioni da parte degli americani.
Questo è il motivo per cui l’establishment politico è così preoccupato.
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Articolo di Alexander Mercouris per Sputnik Int. pubblicato il 2 Maggio 2016
Traduzione in Italiano a cura di Chiara per SakerItalia.it
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