Il casino è iniziato la scorsa settimana quando il direttore dell’intelligence nazionale ha sganciato la bomba nella Commissione Giustizia del Senato.
Ieri sera [6 ottobre 2020], a casa da solo e a quanto sembra ringalluzzito dagli steroidi prescritti, il presidente Donald Trump ha tempestato Twitter di messaggi, tra i quali anche una sfida aperta all’FBI ed alla CIA a smetterla a porre ostacoli alla desecretazione dei documenti sul Russiagate e su Hillary Clinton.
Saranno i sondaggi in picchiata, saranno gli steroidi che gli hanno dato vigore retorico, fatto sta che Trump ha pubblicamente gettato il guanto di sfida all’apparato della Sicurezza Nazionale.
Certo, è il presidente, ma non è detto che possa averla vinta facilmente.
Se il presidente non sapeva cosa volesse dire l’avvertimento pubblico del 3 gennaio 2017, fatto dal senatore capo della minoranza Chuck Schumer, cioè che la comunità dell’intelligence può far fuori un presidente come e quando vuole, ora lo sa.
Trump sa benissimo che prendersela con l’FBI e la CIA presenta dei rischi. I suoi rimproveri pubblici e le disposizioni via Twitter sono segni di disperazione.
L’impressione in queste settimane che precedono le elezioni è quella di impulsività e di impotenza perché, se il passato insegna qualcosa, i servizi segreti probabilmente opporrano alla desecretazione un’ulteriore e maggiore lentezza e maggiori ritardi.
Gli alti funzionari dell’FBI, della CIA e del ministero della Giustizia hanno troppo in gioco. Ricordatevi che si aspettavano una vittoria certa della Clinton nel 2016, che si presero le loro libertà di fronte alla legge per fare in modo che ciò accadesse, e, quando non accadde, dovettero fare di tutto per nascondere le tracce dei loro intrallazzi.
Disposizioni cinguettanti
Martedì sera Trump ha twittato:
Ho pienamente autorizzato la totale desecretazione di ogni singolo documento riguardante il più grande CRIMINE politico nella storia americana: la bufala russa. Che è come dire lo scandalo delle e-mail di Hillary Clinton. Senza alcuna omissione!
In un tweet successivo (sembra poi cancellato) il presidente ha aggiunto:
Avevo già desecretato lo scandalo della bufala russa parecchio tempo fa. Purtroppo per il nostro Paese, la gente è stata lenta a reagire, specialmente considerato che si tratta forse del più grande crimine politico nella storia del nostro Paese. Muovetevi!!!
“Diverso tempo fa?” Il presidente ha il potere di desecretare praticamente tutte le informazioni dei servizi coperte da segreto, ed autorevoli senatori repubblicani lo hanno supplicato più e più volte di usare quel potere.
Per esempio, in un’intervista televisiva di domenica il repubblicano Devin Nunes, membro di spicco della commissione intelligence della Camera, visibilmente agitato ed arrabbiato, ha affermato:
Ogni senatore repubblicano ed ogni membro del Congresso dovrebbe dire … voglio ogni singolo piccolo pezzo di prova in possesso di ogni singolo servizio segreto, oppure è arrivato il momento di smantellarli tutti, quei servizi.
Gli altalenanti tweet di Trump
Prendersela comoda nell’adempiere ad un compito è diventata di recente prassi normale da parte dei vertici di FBI e CIA, soprattutto se desecretare significa metterli in cattiva luce o esporli a responsabilità penali.
I capi dell’apparato nazionale di sicurezza si sono dimostrati molto bravi a svicolare, ritardare e trovare modi per non obbedire (quasi che invocassero i diritti del Quinto Emendamento sull’auto-incriminazione).
Volendo proprio seguire la lettera dell’Ordine esecutivo 13526, articolo 1.7, qualunque informazione che costituisca prova di reato non dovrebbe essere coperta da segreto.
In conformità a quanto previsto da una legge approvata dal Congresso il 21 ottobre 2017, Trump aveva twittato:
Come presidente farò in modo che i documenti riguardanti il caso JFK a lungo bloccati e secretati, siano resi pubblici.
Sei giorni dopo il Washington Post titolava [in inglese], “Gli archivi JFK: la promessa di rivelazioni vanificata da CIA e FBI”.
La decisione di Trump di ritardare di altri sei mesi la pubblicazione di 30.000 tra i potenzialmente più sensibili documenti ha seminato frustrazione tra gli storici. La questione doveva essere riconsiderata in 180 giorni, ma non se n’è sentito più parlare.
Quindi, 54 anni dopo l’assassinio del presidente John F. Kennedy la CIA e l’FBI hanno di nuovo richiesto più tempo per decidere quali segreti debbano rimanere tali – e un contrito [in inglese] presidente Trump si è piegato di fronte al loro potere.
Doppio ritardo
Ci vuole più di qualche tweet presidenziale per smuovere personaggi recalcitranti del calibro dei direttori dell’FBI Christoper Wray e della CIA Gina Haspel, ed i potenti apparati sotto il loro comando.
Wray si è dimostrato un duro scoglio, e resterà orientato a dare priorità alla protezione dei colleghi che l’hanno preceduto. Haspel, della quale si dice che sia stata direttamente coinvolta nelle operazioni estere del Russiagate dalla sua posizione privilegiata di capo della CIA a Londra, ha il suo proprio sedere da parare, oltre che quello dei suoi collaboratori.
Trump avrebbe potuto già licenziarli per via dei ritardi nella pubblicazione di elementi di prova. Potrebbe licenziarli anche adesso ma è difficile che, anche sotto steroidi, possa essere così temerario da farlo.
L’attuale parapiglia è iniziato una settimana fa, quando il direttore dell’intelligence nazionale John Ratcliffe ha sganciato la bomba in risposta alla richiesta del presidente della Commissione Giustizia del Senato, Lindsay Graham, di informazioni circa la gestione delle investigazioni sul Russiagate da parte dell’FBI.
Tanto fumo, poco arrosto

A sinistra John Ratcliffe con il presidente Donald Trump nel 2017. (White House, Shealah Craighead)
Ratcliffe ha fornito alla commissione le seguenti informazioni [in inglese] desecretate:
A fine luglio 2016 i servizi segreti americani sono entrati in possesso di informazioni su analisi dell’intelligence russa secondo cui la candidata presidente Hillary Clinton avrebbe approvato un piano per creare uno scandalo ai danni del candidato presidente Donald Trump, collegandolo a Putin e all’hackeraggio russo del Comitato nazionale democratico. L’intelligence non è al corrente del grado di esattezza di queste affermazioni, né se e quanto l’analisi dell’intelligence russa possa essere esagerata o una montatura.
Secondo quanto risulta dalle note autografe del precedente direttore della CIA Brennan, questi ha informato il presidente Obama ed altri alti funzionari della sicurezza anche dell’asserita approvazione di Hillary Clinton del 26 luglio 2016 di una proposta formulata da un suo consigliere di politica estera per diffamare Donald Trump, creando uno scandalo sull’interferenza dei servizi segreti russi.
Il 7 settembre 2016 funzionari dell’intelligence USA hanno rinviato l’investigazione al direttore dell’FBI Hames Comey e al vice direttore del controspionaggio Peter Strzok riguardante “l’approvazione della candidata presidente Hillary Clinton di un piano riguardante il candidato presidente Donald Trump e hackers russi finalizzato ad intralciare le elezioni americane, per distogliere l’attenzione pubblica dal suo uso di un server mail privato”.
Ratcliffe ha notato che “restano sul tavolo ulteriori desecretazioni e pubblicazioni di intelligence correlate al caso”.
Chi nutriva speranze per una piena desecretazione è rimasto comunque deluso quando martedì Ratcliffe ha reso noti gli appunti di John Brennan, direttore della CIA, di una riunione con il Presidente Barack Obama riguardanti l’asserito piano di Hillary Clinton di infangare la campagna di Trump collegandolo all’affare hackeraggio del DNR [Comitato Nazionale Democratico]/Russia. Erano pieni di omissis e non aggiungevano nulla a quanto Ratcliffe aveva già pubblicato [in inglese] una settimana fa.
Anche se quella particolare “desecretazione” è stata fatta prima che Trump iniziasse a twittare a pioggia martedì sera, l’esperienza insegna che potrebbe essere foriera di altri eventi, anche se Trump adesso proclama “No omissis!”.
Vedere per credere. Bisognerà desecretare decisamente meglio per soddisfare Nunes ed altri, che si aspettano la pubblicazione di ulteriori “pistole fumanti”, le quali si dice contegano particolari sull’intelligence russa riguardanti l’asserita autorizzazione di Hillary Clinton ad associare il presidente Trump al Cremlino ed alle ingerenze nelle elezioni del 2016.
Ha fatto tutto Hillary?

Hillary Clinton al raduno di Phoenix, Arizona, 21 marzo 2016. (Gage Skidmore, Flickr)
Se gli americani leggessero più del New York Times non si sorprenderebbero di una simile eventualità. Non sanno forse che il NYT è ben lungi dal pubblicare proprio tutto quello che fa notizia?
Se avessero guardato un po’ oltre saprebbero che esattamente cinque mesi fa, il 7 maggio 2020, il presidente della Commissione Intelligence della camera Adam Schiff fu costretto a produrre la dichiarazione giurata [in inglese] rilasciata dall’ex funzionario FBI Shawn Henry, capo della sicurezza informatica di CrowdStrike, secondo cui non ci sono prove tecniche che le e-mail del DNC pubblicate da Wikileaks fossero state hackerate, né dalla Russia né da altri.
Per aggiungere al danno la beffa, Schiff è riuscito a nascondere la deposizione di Henry dal 5 dicembre 2017 al 7 maggio 2020. Presto! Dite al Times che non hanno altri 5 mesi.
Se ancora non sapevate che le accuse ai russi di avere hackerato le e-mail del DNC sono miseramente cadute per mancanza di prove, ricordatevi allora che l’allora direttore dell’FBI James Comey incaricò CrowdStrike di eseguire tutte le perizie del cosiddetto “hackeraggio russo” del DNC. Il fatto è che non c’è nessuna perizia giudiziale. CrowdStrike non ha nemmeno consegnato [in inglese] all’FBI un rapporto completo [in inglese].
In realtà, ripercorrendo gli eventi di fine luglio 2016 e concentrandosi su come la Clinton e i democratici riversarono ogni colpa su Trump e sui russi con l’appoggio dei servizi segreti, in particolar modo l’FBI e la CIA – per non dire dell’appoggio aperto da parte dei media mainstream – non serve nessun rapporto sull’intelligence russa per capire chi possa esserci dietro al Russiagate e perché.
Allora, signor presidente, proceda con la desecretazione senza omissis. Anche se ormai si sa già molto, anche se non dalla stampa mainstream. E può iniziare su Consortiumnews.com.
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Articolo di Ray McGovern pubblicato su Consortium News il 7 ottobre 2020
Traduzione in italiano di DS per SakerItalia
[le note in questo formato sono del traduttore]
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